Greg Reid, defensive back dei Seminoles, ha deciso la gara con le sue grandi azioni.

Si dice che sostituire una grande leggenda non sia un compito accettato da tutti con felicità, in quanto dopo le prime prestazioni scattano con regolare immediatezza paragoni sui risultati e sulle aspettative, ponendo sempre più pressione sulla persona appena arrivata per svolgere quel determinato compito.

Jimbo Fisher aveva avuto tanto tempo per prepararsi, già da un pezzo si sapeva pubblicamente che avrebbe sostituito The Legend Bobby Bowden, uno dei coach più vincenti nella storia del college football, alla guida di Florida State, università che aveva reso grande per la prima volta nella propria storia in tantissimi anni di attività, fermo sulla sideline con il suo tipico cappello in paglia.

Il primo anno di Fisher, che sotto Bowden coordinava la linea offensiva, è stato molto positivo. Non solo la squadra ha raggiunto la finale di conference per la prima volta dal 2005, traguardo ottenuto classificandosi al primo posto della Atlantic Division della Acc, il nuovo head coach è stato il primo nella storia dei Seminoles a vincere un Bowl al suo esordio, proprio con la fresca vittoria ottenuta nel Chick-Fil-A Bowl di Atlanta contro la South Carolina di Steve Spurrier, tra l’altro un vecchio nemico dei ragazzi di Talahassee.

Doveva essere una sfida di alti contenuti difensivi e così si è poi effettivamente rivelata, di fronte si trovavano due delle migliori opposizioni contro le corse che si siano viste in campo quest’anno, bilanciate da due attacchi che hanno fatto del rushing game la propria arma principale, rendendo omaggio ai pilastri fondamentali del football vincente.
Se per South Carolina la gestione della cosa era stata agevolata dalla presenza del super true freshman Marcus Lattimore, diversa era stata la trasformazione dei Seminoles, i quali, anche per gli infortuni di Christian Ponder, avevano lentamente cambiato filosofia passando dall’essere, nel giro di un paio d’anni, da team privo di un running back consistente ad attacco capace di correre dando molto più bilanciamento al proprio reparto offensivo.

I Gamecocks di Steve Spurrier sono stati sfortunati e sgraziati allo stesso tempo.

Nel prime drive dell’attacco l’asso Lattimore veniva fatto fuori da un placcaggio feroce del piccolo Greg Reid, poi nominato miglior giocatore della gara, che con un colpo di spalla perfettamente piazzato mandava anzitempo negli spogliatoi il velocissimo running back, alle prese con notevoli problemi riportati dal placcaggio, che aveva interessato soprattutto la zona interna alla bocca.
Con la sua improvvisa assenza Spurrier aveva dovuto cambiare in fretta e furia pure la strategia iniziale di gioco, non riuscendo a correre per le 45-50 volte che si era prefissato e dovendosi affidare al braccio di Stephen Garcia per dare smalto all’attacco.

Garcia è invece rientrato nella parte sgraziata del discorso, nel senso che i suoi turnovers hanno senza mezzi termini deciso la partita, una gara che i Gamecocks hanno controllato difensivamente mantenendo Fsu a due field goal ed un quarto tentativo giocato alla mano fallito dentro le 10 yards, tutte azioni arrivate di conseguenza a tre cambi di possesso dell’ovale, due dei quali proprio a responsabilità del quarterback di Spurrier, molto impreciso nel mettere per aria palloni troppo lenti per raggiungere persino i tanti centimetri di Alshon Jeffery.

Garcia terminava la prima metà di gara già a quota 3 intercetti, Florida State aveva segnato una meta solamente grazie ad un buona posizione di ripartenza offensiva con il TD su corsa di 27 yards da parte di Chris Thompson, il migliore dell’attacco Seminoles e probabile prototipo del tipo di gioco che Fisher intende pian piano installare in loco, l’antidoto al gioco monotematico visto negli ultimi anni di Bowden.

Dopo aver chiuso la prima metà sul 13-3 al passivo, i Gamecocks sono rientrati nettamente più convinti nella ripresa, forniti di un rushing game più consistente dato dall’apporto di un Kenny Miles in grado di percorrere 7 yards a portata, mischiato a corse dello stesso Garcia, per il quale venivano costruiti degli schemi più idonei che trovavano Jeffery (130 yards) e compagni soprattutto dagli screen, molto più sicuri da giocare per evitare altri sanguinosi turnovers.

In precedenza, anche Florida State aveva optato per un cambio tattico sensato, che aveva sostanzialmente costretto Fisher a lasciare definitivamente in panchina Christian Ponder per il riacutizzarsi del problema al gomito per il quale era stato operato da pochi giorni, responsabile di quel lancio orrendo che era costato il quarto e corto menzionato in precedenza, lanciando di nuovo E.J. Manuel, quarterback molto più propenso all’atletismo ma anche da far maturare in fase aerea che aveva preso parte anche alla finale Acc, e che aveva vinto pure il Champs Sports Bowl di un anno fa contro West Virginia.

Proprio per questo motivo South Carolina s’era rifatta sotto senza perdere la testa, sapendo che tempo ce n’era tanto e che lo svantaggio era tutt’altro che incolmabile, con Spurrier a confezionare un bel trick play proprio in prossimità della enzdone avversaria, con il tuttofare Ace Sanders a fingersi con successo quarterback per uno snap a trovare le mani proprio di Garcia per il primo touchdown di gara dei Gamecocks.

Più Manuel stentava nei passaggi, più si radicava in Spurrier la coscienza della rimonta, giunta quasi a completamento con la corsa vincente di Brian Maddox per il 19-17 con poco meno di 12 minuti da disputare, quando l’inerzia della gara pareva sul punto di passare dall’altra parte della barricata.

Fisher ha cambiato le carte in tavola quando più la sua squadra ne aveva bisogno, non ha smesso di credere in Thompson, 147 yards alla fine, ed ha cominciato ad alleggerire la pressione dalle spalle di Manuel (11/14, 84 yards, TD), ottenendo esattamente i risultati sperati, aiutandolo con schemi che gli permettessero di scegliere se correre di persona (7 x 46), oppure se lanciare lateralmente ad un compagno smarcato e libero di racimolare generose yards post ricezione, formula che ha cominciato a funzionare sempre meglio mano a mano che il sostituto di Ponder entrava in ritmo.

L’azione decisiva è sopraggiunta a poco più di 5 minuti dal termine, quando Manuel, con l’attacco posizionato sulle 7 yards a favore, ha sfruttato la sua mobilità per andare in scramble sulla sua destra attendendo di vedere qualcuno liberarsi dalle marcature, azione perfettamente eseguita dal destinatario del suo passaggio vincente, Taiwan Easterling, bravo ad invertire la sua traccia staccando di netto il difensore poi inciampato, trovandosi libero per la frazione di tempo necessaria per ricevere il pallone della vittoria, che metteva i Seminoles avanti di due possessi con poco tempo rimasto.

Le ultime speranze di South Carolina venivano sbattute a terra ancora da Greg Reid, protagonista di una partita superlativa fatta di due fumbles forzati, due ritorni di punt finiti in territorio nemico, ed una gran dose di passaggi anticipati e fatti cadere a terra, anche contro ricevitori ben più tosti di lui a livello fisico. Reid ha giocato una delle migliori partite di sempre in un’occasionale speciale, davanti al padre, finalmente riuscito ad assistere ad una gara del figlio per la prima volta da quando lo stesso era freshman addirittura alla high school.

Fisher comincia con il piede giusto quella che i tifosi di Florida State sia una lunga e prospera era di nuovi successi, e non sembra preoccupato di doversi confrontare e paragonare continuamente con i grandi traguardi raggiunti dal suo predecessore. Ha regalato ai Seminoles una stagione da dieci vittorie grazie all’affermazione in questo Bowl, in attesa di compiere il passo successivo costruendo squadre di talento per raggiungere di nuovo la finale della Acc, e questa volta conquistarla per poter partecipare ad eventi di maggior spessore.

Per Spurrier l’amaro in bocca c’è, ma è addolcito da un campionato giocato al di sopra delle possibilità di questa squadra, che ha fermato i campioni in carica di Alabama e disputato per la prima volta nella sua storia la finale della Sec, uno dei traguardi che l’ex head coach di Florida si era prefissato al suo arrivo in questo college. Garcia lascia invece il suo campus con l’etichetta di giocatore discontinuo, che non riesce a dare il meglio di sé nelle partite più importanti, proprio come recitano i suoi 7 intercetti e lo 0-3 registrato nei Bowls disputati in questa sua carriera universitaria.

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