Saranno ben 67 le gare totali per 68 team coinvolti in 14 stadi sparsi per la nazione: questa è la March Madness, magniloquente spettacolo e miglior vetrina possibile per numerosi prospetti pronti al grande salto nel campionato NBA.

Si riporta quindi alla normalità una competizione mai così equilibrata come quest’anno. I moltissimi upset nei tornei di conference estromettono da odds originarie teste di serie poi dipartite, tipo i campioni uscenti di Baylor, premiati nel nome della Big 12 dal main draw col primo seed della East Region (26-6 di record) e stra favoriti su Norfolk St, ma battuti dalla difesa granitica di Oklahoma, snobbata assieme alla finalista SEC Texas A & M dalla selezione finale nonostante fosse poi andata vicina al bis con Texas Tech!

I Bears, pur sconfitti da Oklahoma nel torneo di Conference, rimangono i favoriti davanti a Kentucky e Purdue, ma soltanto perché prima dell’eventuale finale regionale ambedue potrebbero scontrarsi ferocemente nel Sweet Sixteen, a meno che la cenerentola Marquette (19-12, nona) e le sempreverdi North Carolina (24-9 ottava) e Ucla (25-7 quarta) non facciano scherzi ai ragazzi di Scott Drew.

Meglio comunque non avventurarsi in pronostici, sebbene nelle quote John Calipari sia il netto favorito del plotone a +800 e i Boilermakers abbiano un incoraggiante +1500: occhio perciò alle sorprese San Francisco (#10) e Murray St (#7) o alla solita Texas (#6) di Timmy Allen e Marcus Carr.

Arizona e Villanova, primo e secondo seed del South, iniziano la propria Madness in modo completamente opposto. I giovani dell’ottimo Tommy Lloyd al debutto vengono da una quasi immacolata Pac 12, con 18-2 interno e 31-3 totale, miglior record collegiale e motivo della seconda quota dietro Gonzaga, e scorgono in Illinois l’unico ostacolo precedente il Sweet Sixteen.

Villanova invece affronta un vero e proprio campo minato: nel suo lato infatti chance di arrivare all’Elite 8 ce le hanno innanzitutto Ohio St (#7) e Loyola Chicago (#10), ipotetico secondo turno per i Wildcats, ma soprattutto la vincente di Michigan/Colorado St e Tennesse/Longwood.

Kansas è la netta favorita nel lato Midwest, con la sola Auburn a disturbarla secondo le odds di Vegas. I Tigers però, in calo, dovranno stare attenti nel secondo round di Milwaukee alla vincente fra Miami (23-10) e USC, per poi eventualmente sfidare la pericolosa Wisconsin o la difesa selvaggia di LSU.

I Jayhawks di Bill Self hanno ottime referenze per arrivare fino in fondo, ma devono guardarsi dai lanciatissimi Jackrabbits (#12) di South Dakota St e dai sempre ostili Iowa Hawkeyes, reduci dalla brillante vittoria in Big Ten, con Northwestern, Rutgers, Indiana e Purdue scalpi d’autore!

La Final Four sembra oggi un miraggio per Duke e coach K, all’ultimo tentativo; secondi nella West, prima di approcciarsi agli ingiocabili Bulldogs di Mark Few, hanno davanti un percorso complicato, con Michigan St. e Davidson all’inizio e Montana St, Texas Tech o Rutgers poi a rappresentare avversarie terribili.

Se volete alcuni prospetti da tenere d’occhio, partiamo proprio da Gonzaga, con Andrew Nembhard pietra di paragone fra le point guard e determinante per l’ottavo titolo WCC in nove anni della sua scuola; oltre a lui citiamo Collin Gillespie da Villanova, segnato da infortuni ma mai sotto la double digit in quattro stagioni nonché campione 2018.

A Bryant segnaliamo la superstar Peter Kiss, focosa e controversa guardia senior di 196 cm sponsorizzato da coach Jared Grasso, divenuto il sesto giocatore nelle ultime 12 tornate a condurre la Division I per punti (25.1) e approdare al Tournament. Jabari Smith è l’asso di Baylor, big man mobile e agile che strizza l’occhio ai vari Durant, Bosh o Kevin Garnett, mentre Douglas Wilson è la senior forward di South Dakota St con 16.5 punti al 57% dal campo e 5.6 rimbalzi.

Kentucky è fra le favorite anche grazie a Oscar Tshiebwe, montagna umana dentro il pitturato e leader nazionale per rimbalzi (15.3); Kansas si culla Ochai Agbaji, rientrante a casa dopo aver annusato il draft da junior la scorsa stagione, Seton Hall fa lo stesso con Jared Rhoden e North Carolina con Armando Bacot.

Chiudiamo col “nostro” Paolo Banchero, assoldato a Duke nel 2020 dopo aver flirtato con Gonzaga, Kentucky, Tennessee ed Arizona, tanto per carpirne l’appeal; ebbene la forward è semplicemente il motivo per cui i Blue Devils sono tornati nel gotha NCAA e in predicato di dominare il futuro collegiale e non.

Menzione d’onore poi ai vari Gabe Stefanini (San Francisco), David Roddy (Colorado St), Johnny Davis (Wisconsin), Chet Holmgren (Gonzaga) e Jalen Duren (Memphis).

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