kansduk67554L’occasione è la sfida al Champions Classic allo United Center di Chicago, Illinois, tra Jayhawks (secondi per vittorie ogni epoca) e Blue Devils (quarti), la prima a livello collegiale tra Jabari Parker e Andrew Wiggins, ossia il secondo contro il primo prospetto del prossimo draft NBA (Julius Randle permettendo).

La sfida era affascinante, nonostante sia solo novembre, sia per la presenza di due Università con eccellenti programmi sportivi che per il duello tra due coach di livello e tanti giocatori interessanti da osservare.

Per prima cosa, vien da dire che gli staff della NCAA lavorano sodo e sul serio. Nonostante i roster siano farciti di freshmen, alcuni dei quali parecchio acerbi, Duke e Kansas hanno proposto del buon basket, organizzato e definito, con Duke più controllata, dotata di passatori complessivamente migliori ma con un roster meno dotato di talento puro, che per tutto il primo tempo ha imbrigliato i levrieri di Kansas, alti, leggeri, atletici e pronti a correre ad ogni occasione.

È stata una bella partita tra due squadre forti, combattuta fino in fondo, sempre punto a punto. Se era stata venduta come un Wiggins vs. Parker, è presto apparso chiaro che in campo c’erano dieci giocatori e non solo due fenomeni. La sfida tra le due stelle è quasi passata in secondo piano mentre Ellis, Selden e Hood hanno rubato la scena in un contesto di basket corale, con i tantissimi fans dei Jayhawks a trasformare il campo dei Bulls in una specie di succursale dell’Allen Fieldhouse.

Ha ben figurato Perry Ellis, ala al secondo anno di 205 centimetri che ha chiuso la passata stagione con il 66% dal campo, e che allo United Center ha raggranellato 24 punti, 9 rimbalzi e 3 rubate oltre a tante giocate intelligenti e una buona difesa su Jabari Parker. I centimetri non sono forse sufficienti per fare il 4 in NBA e non ha il tiro del numero 3, ma è un cestista interessante, un perfezionista con la mentalità giusta per far parte di un gruppo vincente. L’anno scorso ha faticato parecchio ma poi è cresciuto nel finale, con 23 contro Iowa State e 12 contro Kansas State nella Big 12.

Ha fatto bella mostra di sé Wayne Selden Jr, guardia scattante e completa, capace di finire sia di destro che di sinistro e che ha messo assieme 15 punti, 6 rimbalzi e 4 assist, di cui uno splendido, in pick n’ roll per Ellis, che ha affondato la schiacciata. Difensivamente si è preso qualche pausa, ma è un giocatore promettente, con tanti punti nelle mani senza essere mai monocorde perché non vive di solo atletismo.

Non ci è piaciuto per nulla Naadir Tharpe, il playmaker dei Jayhawks, che è un ottimo atleta, e costituisce probabilmente il giocatore adatto per questo tipo di basket che richiede tanto contropiede, ma ha mani davvero rivedibili. Chiude con 5 assist e 3 palle perse e ha effettuato passaggi non degni di un playmaker titolare di Kansas, in tutta franchezza. Smart ha posto l’asticella molto in alto per quanto riguarda le prestazioni che si attende dal suo numero 1, ma fino ad ora, le attese non hanno trovato riscontro sui 28 metri del campo.

Dalla panchina è spuntato il camerunense Joel Embiid, che Dick Vitale, telecronista per ESPN, ha paragonato più volte ad Hakeem Olajuwon.
Al momento Embiid è un progetto in divenire, più simile ad Hasheem Thabeet che ad Olajuwon, ma ha comunque chiuso con 5 assist e 7 rimbalzi in 20 minuti di utilizzo. I centimetri non s’insegnano, e Embiid ne ha per giocare centro al piano di sopra, dispone di buonissima coordinazione ma fino a 16 anni giocava a pallavolo, quindi tecnicamente è un cantiere aperto. Speriamo per lui che rimanga a Kansas almeno due anni, perché è un giocatore veramente molto interessante e passa la palla in modo sorprendente.

Di sicuro avrà spazio, perché alla rotazione dei Jayhawks, che rispetto alla passata stagione hanno cinque starter diversi, occorre il suo apporto, vista la carestia di lunghi che li affligge. Giocare in velocità li aiuterà a sopperire alla mancanza di peso e centimetri, ma contro alcune avversarie sarà indispensabile avere un corpo da mettere addosso ai lunghi avversari e Embiid ha le carte in regola per essere quel giocatore, perché ha molti più centimetri del tostissimo Tarik Black.

Per quanto riguarda Duke, si è visto Rodney Hood, ala di oltre due metri proveniente da Mississipi State che contro Davidson aveva messo assieme 22 punti e 9 rimbalzi e che contro KU ha infilato solo 11 punti, ma con 5 assist e dando l’impressione d’essere un giocatore destinato a crescere molto sotto Mike Krzyzewski, soprattutto perché è uno di quelli “coachable”, come dicono in America. Era essenzialmente un tiratore senza un atletismo debordande, ma sembra che sia tornato in campo con un jab step difficile da difendere e capace di dare un apporto più tridimensionale, complice l’anno di apprendistato imposto dalle regole NCAA dopo il transfer.

Notevoli, in uscita dalla panchina, Frank Mason per i Jayhawks e Rasheed Sulaimon per i Blue Devils. Entrambi guardie, hanno portato rispettivamente 15 e 13 punti per le rispettive squadre.

Kansas conferma di essere una squadra da corsa, atletica e veloce, mentre Duke, che ha meno talento atletico, è una squadra più ragionata. Nel primo tempo della partita, quando i Blue Devils hanno gestito i possessi, sono sembrati in grado di vincere, complici anche due falli commessi troppo presto da Wiggins, finito a scaldare il pino. Poi, dopo l’intervallo, il tasso di atletismo dei Jayhawks ha preso il sopravvento e non c’è stato nulla da fare, i lunghi di Duke non hanno avuto abbastanza impatto e la partita è sfuggita di mano in modo inesorabile, mentre Kansas continuava a trovare canestri e Parker finiva in calando.

La fotografia dell’incontro? Il fallo numero 5 di Jabari Parker su Andrew Wiggins, lanciato a canestro per una schiacciata: canestro e fallo (tiro libero sbagliato) e partita definitivamente in ghiaccio per Kansas, sull’87-81.

Non occorre però trarre conclusioni affrettate, Wiggins non ha assolutamente dominato Parker, che giocava peraltro in casa, essendo originario proprio di Chicago; ha frequentato la Simeon High School, quella di Derrick Rose (e Benjamin Wilson, che era un grandissimo prospetto ma morì, freddato a colpi di pistola nel 1984, a pochi passi dalla scuola), e ha vinto 4 titoli dello Stato dell’Illinois consecutivi.

È stato considerato da Sports Illustrated il miglior giocatore di High School dai tempi di LeBron James, e lo show messo in campo contro il futuro rivale a livello NBA non lascia spazio ai dubbi: Parker è un giocatore completissimo, al di là della linea statistica che recita 27 punti con il 50% dal campo e 9 rimbalzi. Che voto si da Jabari? C-.

Sì, Parker ha range di tiro e varietà di soluzioni, buona visione di gioco, movimenti in penetrazione, palleggio, gioco spalle a canestro e buona forza fisica; certo, non è velocissimo, ma i centimetri sono tanti e il bagaglio tecnico è molto più completo di quello del dirimpettaio canadese.

Eppure.. C-; perché, ha spiegato, l’attacco non è un problema, ma è la difesa che vince i campionati. I compagni dicono che sia un perfezionista, e di certo c’è che il suo preparatore atletico è Tim Grover, quello di Michael Jordan, Dwayne Wade, Kobe Bryant e via dicendo.

Parker ha una qualità, sopra tutte le altre: è un giocatore intelligente. Ha messo a segno solo un assist, ma è abile nel riconoscere le situazioni: marcato da gente più piccola ma più veloce e che quindi non avrebbe battuto dal palleggio, ha messo a segno due triple consecutive. Quando ha visto che c’era Wiggins a marcarlo, l’ha portato in post basso con lo scuolabus, facendogli commettere fallo, approfittando della propria forza fisica.

Jabari è un personaggio molto positivo; ha scelto Duke, e sebbene non nasconda che quasi certamente lascerà l’ateneo dopo la sua stagione da freshman, nella scorsa primavera dichiarava di non escludere una permanenza più lunga se dovesse rendersi conto di non essere al punto in cui vuole arrivare, cestisticamente parlando.

Figlio di un ex giocatore NBA, Sonny, di lui dicevano che doveva maturare e imparare ad avere più personalità e prendere il controllo della situazione. Lo asseriva anche il suo coach, Robert Smith, che lo ha paragonato a Carmelo Anthony, e sebbene li accomuni il fisico imponente e le buone doti di palleggiatore, Parker non ha altrettanto tiro; in compenso, è un passatore migliore (e sicuramente più entusiasta) di Melo.

Ragazzo religioso, Jabari è mormone ed è il tipo di persona che piace all’organizzazione di Duke: un giovanotto serio, senza grilli per la testa, con l’infanzia trascorsa nel famigerato South Side di Chicago, ma che ha imparato a giocare a basket con suo fratello Christian e suo cugino Jay nel campo della Chiesa mormone di Hyde Park a Chicago, e non in qualche periferia disastrata.

Suo padre, Sonny Parker, ha giocato in NBA per 6 stagioni con i Warriors e gestisce la propria fondazione no-profit, che si occupa della gioventù cittadina, dai programmi educativi ai sistemi di tutoraggio anche in prospettiva lavorativa, fino alle semplici attività ricreative volte a tenere i ragazzini lontano dalla strada.

La mamma, Lola, nativa di Tonga, è cresciuta a Salt Lake e, quando il figlio dovette scegliere tra l’allenamento della domenica e la Messa, gli disse chiaro e tondo che sarebbe andato in Chiesa, e coach Smith se ne sarebbe fatto una ragione.

Anche Andrew Wiggins è figlio di un cestista, Mitchell Wiggins, transitato per NBA, CBA ed Europa, e di Marita Payne, sprinter canadese originaria delle Barbados.
Nativo dell’Ontario, Andrew è un’ala di 203 centimetri, senza molti chili addosso ma asciutto, potente e rapido, oltre che dotato di atletismo e velocità fuori dal comune.

Wiggins è oggi prevalentemente uno slasher da contropiede, un giocatore che fa molto affidamento sul suo atletismo per procurarsi i suoi punti; la filosofia di gioco di Bill Self lo esalterà, forse anche nascondendone qualche difetto.

Andrew salta per davvero, è un atleta clamoroso, ha buon controllo del corpo ma anche del palleggio e dei fondamentali essenziali. La tecnica di tiro è altalenante, ed è a suo agio in situazioni dinamiche, mentre in quelle statiche soffre un po’ e non dispone della sapienza cestistica di Jabari Parker, che, se proprio vogliamo paragonare a qualcuno, ricorda un altro Blue Devil che assisteva alla partita, Grant Hill.

Ciò detto, nel match contro Duke Wiggins ha commesso due falli presto, ha passato molti minuti in panchina, è rientrato per commettere un altro fallo in marcatura su Parker ma non si è mai lamentato, si è rimesso al lavoro e l’unico momento in cui ha mostrato delle emozioni è stato dopo la schiacciata che, di fatto, ha chiuso la partita.

Zitto zitto, in 25 minuti ha scritto 22 punti e 8 rimbalzi con un rispettabilissimo 9-15 dal campo.
Il suo è lo stile di gioco che va per la maggiore al piano di sopra, quindi non ci stupiamo della considerazione di cui gode: è un giocatore ancora acerbo, ma quella velocità, combinata con l’atletismo, ne farà un fattore. Ogni palla persa avversaria, con lui in campo, si trasforma in una schiacciata.

Ha buon tempismo per la stoppata in aiuto e non è un difensore pigro, ma deve lavorare tanto perché al liceo è vissuto di rendita sul suo atletismo debordante, mentre oggi in NCAA e domani in NBA avrà bisogno di altre armi, anche perché, portato in post basso da Jefferson e da Parker, ha dimostrato limiti che la Lega più crudele del mondo non tarderà a esporre impietosamente, specialmente quando si troverà a difendere contro ali cui renderà dei chili.

Difficile valutarlo dopo il poco basket collegiale disputato, anzi, diciamo pure che valutarlo ora sarebbe sciocco; è un giocatore palesemente superiore, ma sarà interessante vederlo alla prova di test più probanti, quando le squadre avversarie avranno studiato mosse e contromosse per metterlo in difficoltà; lì scopriremo di quante risorse dispone questo ragazzo tranquillo e riservato (come tutti i canadesi, a quanto pare!) che ha impressionato per la qualità “silenziosa” dei suoi punti e del suo contributo.

 

2 thoughts on “Focus: Kansas vs Duke (non solo Wiggins vs Parker)

  1. Bell’articolo. Concordo sull’analisi relativa a Parker e Wiggins. Se dovessi scommettere un euro sul futuro NBA di questi due pero’ lo metterei su Parker. Per IQ cestistico, intangibles, fondamentali a me sembra un prospetto pazzesco.

  2. Parker che, tra l’altro, deve ancora costruirsi fisicamente…
    Talento esageratissimo.

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