oregstlouis32532Finisce il terzo turno e ora nel Midwest regional si comincia a fare sul serio. Louisville ha spazzato via Colorado State con una scioltezza imbarazzante. Una facilità che paradossalmente potrebbe essere un problema in vista del match di Sweet 16 contro Oregon anche se i Cardinals ad oggi sembrano quasi imbattibili.

L’analisi della partita è presto fatta. Colorado State è un’ottima squadra e… ha giocato bene. Sì, avete letto correttamente: hanno perso di 26 punti, ma hanno giocato bene. Tirando con buone percentuali, lottando a rimbalzo. Semplicemente Louisville gioca un altro sport e ha costretto anche i Rams a 19 palle perse e a un ritmo forsennato.

Il coach di Colorado State, Larry Eustachy, che è uno tosto. A fine partita ha detto “Ora, non voglio mettere troppa pressione su Rick (Pitino) e i suoi ragazzi, ma sono speciali”. Certo, “per vincere il torneo dovranno avere anche un pizzico di fortuna, come tutti. Ma sono senza dubbio la squadra più forte che io abbia mai dovuto affrontare“. Bello. Peccato che poco prima coach Pitino avesse commentato: “Bah, possiamo giocare molto meglio di come abbiamo fatto oggi. Sì, è vero, era da parecchio che non eravamo così continui sia in attacco sia in difesa, ma se siamo onesti possiamo fare meglio e migliorare”.

Sembra una presa in giro e invece Pitino è serio. E la guardia Kevin Ware lo ha confermato: “Il coach ci impedisce di sederci o rilassarci”. Invece Greg Smith (Colorado St) ha confermato un’altra cosa: che giocare contro Louisville è un incubo. “Sapevamo come giocano, ci eravamo preparati, avevamo visto i video e studiato. Ma affrontarli in campo è un’altra cosa. Sembra che volino da una parte all’altra. E’ un caos totale, alcuni sono così veloci che anche quando sei sicuro di avere un tiro aperto o una linea di passaggio te li ritrovi subito addosso”.

Alle Sweet 16 Louisville affronterà Oregon, vincitrice in maniera netta contro Saint Louis. Hanno voluto dare ai Ducks la testa di serie numero 12 della Midwest? Ecco, per punizione Oregon ha eliminato prima Oklahoma State e Marcus Smart e poi la quotatissima Saint Louis. Come? Giocando di squadra e difendendo a zona. I Billikens sono infatti incappati in una delle loro serate storte al tiro (3-21 dalla lunga distanza) non trovando rimedi per “aprire la scatola” della difesa chiusa di Orgeon.

Pian piano che il match proseguiva Saint Louis è sembrata anche perdere la forza nervosa per riuscire a recuperare. Quasi come se la sua annata fantastica si fosse fondata in parte anche sulla reazione emotiva dopo la scomparsa di coach Rick Majerus. La sensazione è che a un certo punto i Billikens abbiano mollato, sopraffatti da una stanchezza che probabilmente era stata accumulata nelle settimane passate.

Oregon dal canto suo ne ha approfittato, spinta dall’iraniano Arsalan Kazemi sotto i tabelloni, da Damyean Dotson e Carlos Emory nel tiro da fuori e da un instancabile Johnathan Loyd nel macinare gioco sia in difesa (3 recuperi) sia in attacco (6 assist). I Ducks sono compatti, con una rotazione a 8 abbastanza serrata e hanno anche trovato la serata perfetta dalla lunga distanza (8-11 finale) che ha spezzato le reni a Saint Louis sia all’inizio sia nei momenti chiave del match.

Sulla carta, dalle Sweet 16 sono tutte partite nel complesso equilibrate e sempre sulla carta Oregon ha i mezzi per battere Louisville. Poi però i Cardinals trasformano le partite in una specie di circo caotico nel quale solo loro trovano punti di riferimento ed è difficile non pronosticarli vincenti alla fine.

Nella parte inferiore del tabellone alle Sweet 16 è arrivata Michigan State che ha sconfitto Memphis. I Tigers ci hanno provato e per un tempo sono riusciti a contenere la forza fisica degli Spartans. Ma coach Tom Izzo aveva detto che si aspettava una partita dura e fisica e deve aver caricato così tanto i suoi che alla fine hanno fatto il vuoto sotto canestro. “Ci hanno ucciso a rimbalzo”, ha commentato senza mezzi termini Joe Jackson. “Ogni volta che avevamo una chance di accorciare il distacco prendevano un rimbalzo in attacco e si riallontanavano”.

Alla fine Michigan State ha vinto di 22 punti in una gara in cui il loro miglior marcatore della stagione, Keith Appling, ne ha segnati solo 2. Ma questa è la forza degli Spartans, saper trovare soluzioni nuove e giocatori diversi per ogni incontro. Di sicuro hanno aiutato i 23 punti del freshman Gary Harris, che ha scelto il torneo per mettere a segno il suo career high. La vera prestazione mostruosa però è quella di Adreian Payne che di sicuro avrà fatto luccicare gli occhi a qualche scout Nba, per potenza fisica, precisione e versatilità. Payne ha chiuso con 14 punti, 10 rimbalzi e 5 stoppate. E meno male che non gli è entrato il tiro da 3.

Curioso che a fine partita il senior D.J. Stephens ci abbia tenuto a spiegare che nonostante la sconfitta Memphis rimane superiore a Michigan State. “Senza voler mancare di rispetto”, ha detto, “ma sappiamo che siamo una squadra migliore di loro. Semplicemente abbiamo buttato via la partita”. Un commento che sa tanto di scusa e che comunque non cambia il risultato finale. Gli Spartans sono alle Sweet 16 e sono l’unica squadra (oltre a Kansas) ad esserci riusciti 5 volte negli ultimi 6 anni.

L’ultimo incontro, ci perdoneranno i tifosi dei Blue Devils, è stato il più noioso del regional: Duke ha vinto senza impressionare contro Creighton che ha fatto il suo compitino senza mai impensierire l’avversaria. Quasi si fossero messi d’accordo: io faccio una bella figura ma non ti rompo le scatole e tu passi il turno. Creighton portava alla causa un solo giocatore di talento: Doug McDermott. Il problema è che oltre a saperlo tutto il mondo, lo sapeva benissimo soprattutto coach K che ha preparato la partita per farlo ricevere il meno possibile, per fargli fare fatica fisica dopo la ricezione, e nel caso fargli fallo (12 tiri liberi realizzati, ovviamente su 12 tentativi). Alla metà del secondo tempo il talentuoso figlio dell’allenatore di Creighton non ce la faceva più.

All’inizio del secondo tempo i Bluejays si sono avvicinati a -2 (presto diventato -4), e insomma hanno tenuto botta per almeno 5 o 6 minuti, per poi cadere inesorabilmente verso i 10 punti di svantaggio che si sono ampliati nella battaglia ai tiri liberi finale, peraltro abbastanza inutile. Alla fine McDermott è stato il miglior marcatore (ne ha segnati 21, ma con 4-16 dal campo) e il miglior rimbalzista dei suoi con 9 carambole. Ma Duke non ha mai dato al sensazione di poter essere impensierita da Creighton. Tanto per dire il freshman Rasheed Sulaimon ha avuto anche lui 21 punti più belli e meno sudati di quelli McDermott, e in più è stato aiutato da altri due compagni in doppia cifra: Seth Curry con 17 e Mason Plumlee con 10.

La sensazione vedendo il match è che Duke sia ancora un po’ addormentata, e che i suoi giochino come se si fossero appena alzati dal letto. Fosse veramente così sarebbe meglio che invece i Blue Devils si svegliassero, perché alle Sweet 16 incontreranno Michigan State, che invece sembra carica come una molla. Lo svagato e falloso Plumlee e un irriconoscibile Ryan Kelly è meglio che si lav ino per bene la faccia e che entrino in campo combattivi o c’è il rischio che la partita non abbia nemmeno inizio.

Certo, pensare che una tra Duke e Michigan State non acceda nemmeno alle Elite 8 la dice lunga su come è stato costruito il bracket quest’anno. Il West regional è falcidiato dagli upset mentre il Midwest ha due squadre da Final Four che si incontrano alle Sweet 16. Ma l’avevamo detto fin dall’inizio che questa era  la parte del tabellone con la strada più complessa per arrivare ad Atlanta.

Da www.ncaabasket.net (Twitter: @NcaaBasketNet)

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