Una delle prime sorprese in questo torneo è stata l'eliminazione di Xavier ad opera di Marquette

Nella notte italiana si sono giocate tutte le quattro partite della parte bassa del regional East: i pronostici sono stati rispettati, a parte la vittoria di Marquette contro Xavier (66-55).

Ed è proprio da questa gara per partiamo con il nostro recap. Xavier, che insieme a Michigan state era l’unico programma ad aver raggiunto le Sweet Sixteen negli ultimi tre anni, deve cedere il passo, sorpresa da una Marquette che è riuscita ad entrargli sotto pelle.

Certo, è difficile vincere nel momento in cui il tuo miglior giocatore viene praticamente annullato: Tu Holloway, infatti, era giustamente considerato (da miglior giocatore dell’Atlantic 10) come il primo obiettivo da eliminare cestisticamente per Marquette, come confermato da Jimmy Butler a fine gara: “Devi accettare la sfida e toglierlo dalla gara, rendergli le cose difficili”.

Holloway ha capito poco dall’inizio alla fine, segnando il suo primo canestro con dodici minuti da giocare sul cronometro della partita, e chiudendo con la miseria di cinque punti e uno su otto dal campo (la sua media stagionale era di 20.2 punti con il 43% dal campo): soltanto in altre due occasioni, nella stagione, aveva segnato meno di dieci punti.

Se lui, affranto, a fine gara si limita a descrivere la partita come una cattiva serata di tiro, coach Chris Mack argomenta un po’ di più il problema: “Per lui era difficile tirare da libero e trovare spazio per le penetrazioni, ha preso quello che la difesa gli ha concesso. Ma, allo stesso tempo, quando ti raddoppiano e ti forzano a dare via la palla, non ha molto senso prendere dei tiri forzati”.

Marquette, invece, ha tirato benissimo dal campo (50% nella gara, addirittura 57% nel secondo tempo), costruendo piano piano il vantaggio che li ha poi portati alla vittoria grazie a Johnson-Odom e Butler, top scorers della serata per Marquette (hanno segnato rispettivamente 19 e 15 punti).

I Golden Eagles sono quindi riusciti a festeggiare insieme alla massa di loro tifosi arrivati a Cleveland dal Wisconsin. E’ a loro che coach Buzz Williams ha dedicato la vittoria: “E’ stato bello avere il tempo, alla fine, di ringraziarli per essere venuti, siamo contenti di rimanere altre due notti. Perché so che le persone che sono venute non lo hanno fatto perché siamo 20-14, ma per quello che Marquette significa per loro”.

Marquette se la dovrà vedere, nella prossima gara, contro Syracuse: le due squadre si sono già incontrate il ventinove Gennaio, e sono stati i Golden Eagles, in quell’occasione, ad avere la meglio.

La gara tra Syracuse e Indiana State è’ stata particolare, se non altro, per l’orario di inizio di gara, le dieci di sera, che l’ha fatta terminare ben oltre la mezzanotte. Jim Boheim aveva addirittura programmato, in settimana, un allenamento alla stessa ora per far abituare i giocatori a scendere in campo così tardi.

Chissà se l’allenamento ha aiutato Rick Jackson a giocare un’ottima gara, nella quale ha segnato ventitre punti,  suo massimo stagionale. Lui, come tutti gli Orangemen, sa di avere un conto in sospeso con il Torneo NCAA, vista la prematura eliminazione, da numero uno, la passata stagione, alle Sweet Sixteeen.

Syracuse deve continuare a giocare così se vuole andare avanti, con l’unica preoccupazione dell’infortunio al polso subito da Scoop Jardine, un preoccupante flash back dello scorso anno, quando l’infortunio di Arinze Onuaku condizionò i piani della squadra.

Indiana State, nella sua prima apparizione al torneo dal 2001, non ha assolutamente sfigurato, rimanendo a contatto con gli avversar per buona parte della gara: alla fine i Sycamores hanno subito la storica difesa 2-3 di Syracuse che, con il passare dei minuti, ha reso più difficile trovare spazi.

Domenica, invece, nell’altra gara del tabellone, si sfideranno Washington e UNC, che hanno battuto rispettivamente Georgia e Long Island nelle gare di ieri notte.

Washington ha faticato non poco (68-65 il punteggio finale) contro Georgia, facendosi recuperare un vantaggio di dieci punti negli ultimi due minuti di gara.

Georgia, che non ha vinto una partita al Torneo dal 1996, aveva bene chiaro il proprio piano partita: rallentare il ritmo di Washington. I Bulldogs, per la verità, ce l’avrebbero anche fatta, visto che hanno tenuto gli Huskies quindici punti sotto la loro media stagionale (83.5 punti a partita).

Sono, non a caso, rimasti in partita per tutta la prima metà, riuscendo a controllare il ritmo di gara e cercando di non far correre gli Huskies (che hanno comunque segnato quindici punti in contropiede contro i quattro degli avversari) il meno possibile. Ci sono riusciti fino al secondo tempo, dove Washigton è riuscita a prendere le misure ai propria avversari, costruendo un vantaggio che stava quasi per buttare via, come detto, nei minuti finali.

A togliere le castagne dal fuoco, come al solito, ci ha pensato Isiash Thomas, miglior giocatore della Pac-10, che ha chiuso in doppia cifra per la novantunesima volta su centoquattro partite giocate con la maglia degli Huskies. In questo caso gli Huskies non avevano bisogno di un tiro allo scadere, come nella finale della conference, ma di un recupero difensivo. Detto, fatto, e Thomas devia la palla che avrebbe potuto portare gli avversari al pareggio.

Per descrivere il suo impatto, non ci sono parole migliori di quelle del suo compagno di squadra C.J. Wilcox: “E’ speciale ogni partita, è il nostro leader. Si mette in spalla la squadra e fa tutto quello che deve per vincere. Se abbiamo bisogno che tiri o che difenda, lui lo fa”.

UNC, nel suo ritorno al torneo NCAA dopo un anno di purgatorio all’NIT, non sfavilla come invece ci si poteva attendere contro una squadra obiettivamente molto più debole. La principale indicazione positiva, per coach Roy Williams, è ovviamente rappresentata dalla vittoria (102-87): “Sono contento della vittoria? Assolutamente sì. Sono contento di alcune della palle perse? Assolutamente no. Sono contento di aver tirato con 3/17 da tre punti? Assolutamente no. Ma dobbiamo lavorare su questo per essere pronti per la prossima partita”.

LIU, che cavalcava la striscia di vittorie in trasferta più lunga della nazione (13), ha giocato una partita solida nella sua prima apparizione al torneo dal 1997. alla fine, va a casa con un’altra sconfitta (0-4 nella sua storia al torneo), ma comunque soddisfatta, come ha detto a fine gara Olasewere: “Credo che abbiamo dimostrato qualcosa anche se abbiamo perso: siamo scesi in campo, abbiamo giocato duro e lottato contro North Carolina, una squadra della ACC e la numero due del seed”.

Tutto, compreso il pubblico, visto che si giocava a due ore da Chapel Hill, sede del campus di North Carolina, era a favore dei Tar Heels. Ciò che ha rappresentato il loro vantaggio più grande è dato dalla loro altezza, dalla taglia dei giocatori, alla quale i giocatori di Long Island University non erano assolutamente abituati, come spiega il loro coach Jim Ferry: “Non vediamo giocatori così grossi, non credo ci siano squadre più lunghe di loro. Siamo una squadra che cerca di andare dentro e subisce falli, ma loro ci hanno stoppati dieci volte. Non siamo abituati a questo”.

I due big men di North Carolina, Tyler Zeller e John Henson, hanno segnato rispettivamente trentadue e ventotto punti, con 22/29 ai tiri liberi, a dimostrazione del fatto che Long Island avesse ben poche armi contro di loro.

Già dalla prossima gara, contro la numero sette Washington, i Tar Heels dovranno migliorare il loro livello di gioco, se vogliono procede nel torneo.

Stay tuned.

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