Ultima settimana di regular season e ultima settimana della vostra rubrica preferita (cioè questa, cosa avete capito?) Non temete, non vi lasceremo certo soli ora che la competizione entra nel vivo: seguiremo quotidianamente i playoff, con post sui social network e approfondimenti dedicati. Potete già leggere, ad esempio, tutte le preview delle sfide del primo turno. In sostanza, qualche ora di sonno in più al lunedì mattina per me e Giorgio, e un po’ di lavoro anche per il resto della redazione. Ma partiamo con gli highlights degli ultimi sette, intensissimi giorni.

 

LUNEDÌ 9 APRILE – LA DESCRIZIONE DI UN ROOKIE

A lezione di lingua inglese con Donovan Mitchell

La classe dei rookie 2017 verrà ricordata come una delle migliori degli ultimi anni. Parte del merito va a un intruso, Ben Simmons, che fu scelto nel 2016 ma ha pazientato un’intera stagione, causa infortunio, prima di debuttare. La discussione per il premio di rookie of the year sta tutta tra lui e il prodigio di Utah, Donovan Mitchell, entrambi peraltro impegnati nei playoff con ottime possibilità di passare almeno il primo turno. Il filotto di vittorie di Phila (17 mentre scriviamo) sembra spingere il trofeo nelle mani di Simmons, che dopo aver superato il rookie wall di metà stagione ha ripreso a inanellare triple doppie. Simmons si presenta alla stampa con una certa spocchia, sostiene di non vedere competizione intorno a sè, ma Mitchell ha opinioni differenti e ci tiene a condividerle con tutti.

Di solito i battibecchi sui riconoscimenti di fine stagione sono roba da tifosi o da giornalisti, non è così comune che gli stessi protagonisti si esprimano sulla faccenda – avanzando, come in questo caso, la propria candidatura. Con un paio di felpe messe in bella mostra durante le camminate negli spogliatoi, col marchio Adidas in posizione tattica, Mitchell invita a riflettere sulla definizione di rookie e sostiene che Simmons, visti i mesi passati a lavorare con lo staff dei Sixers, non dovrebbe essere valutato nella sua stessa categoria. Secondo il regolamento, le proteste di Mitchell non sono fondate: ricordiamo Blake Griffin, che in tempi recenti fu eletto rookie of the year con un anno di ritardo. Querelle a parte, noi ci siamo goduti lo spettacolo di entrambi.

 

MARTEDÌ 10 APRILE –  THE GREY MAMBA

Andre, ci serve il decimo per giocare a calcetto. Vieni tu?

L’originale, il Mamba Nero, lo conosciamo tutti: è Kobe Bryant. Poi abbiamo l’autoproclamatosi White Mamba, l’intramontabile Brian Scalabrine, e la sua versione meno iconica, Matt Bonner, ribattezzato Red Mamba. Da oggi, e proprio da Los Angeles dove tutto è cominciato, alla tassonomia si aggiunge anche il Mamba Grigio: Andre Ingram. Non preoccupatevi se non l’avete mai sentito nominare, siete in buona compagnia. 33 anni e qualche capello grigio di troppo in testa, Ingram è stato integrato al roster dei Lakers dopo dieci anni da stacanovista in G-League – dove peraltro detiene il record per triple segnate.

Un premio alla carriera, insomma, un contentino di fine stagione coi Lakers che non hanno più nulla da perdere. Il lieto fine della storia, però, è tutta farina del sacco di Ingram. Esordisce con 19 punti, il massimo per un Laker dai tempi di Nick Van Exel, tirando con 6-8 dal campo. Lo Staples Center, per una notte, è tutto suo.

 

MERCOLEDÌ 11 APRILE – TRISTAN L’INFEDELE

Two, anzi, three, is meglio che one

A complicare la già travagliata stagione dei Cleveland Cavaliers arrivano anche notizie fuori dal campo, che peraltro non fanno che confermare la sinistra Kardashian Curse di cui vi avevamo parlato su queste pagine. Tristan Thompson, chi è avvezzo ai pettegolezzi lo saprà di sicuro, è da tempo legato sentimentalmente con Khloe Kardashian – la quale è famosa per motivi a me francamente sconosciuti. I due aspettano anche un figlio, a coronamento della relazione.

Il problema sorge quando Tristan si fa pizzicare dalle telecamere di un club in compagnia – e in atteggiamenti che lasciano poco all’immaginazione – con non una bensì due altre donne. Chissà, forse voleva emulare la condotta di Lou Williams, notoriamente bigamo e felice, ma Khloe pare non aver preso bene la scappatella. Quando annusano l’odore del sangue, e dei quindici minuti di celebrità, le wannabes del web si lanciano sulla preda ed ecco che Thompson finisce in un’altra dozzina di tweet sul tema: “l’ha tradita anche con me” (alcuni presentano anche documentazione foto e video, che non abbiamo esaminato per decenza).

Raggiunta una tale magnitudo, la vicenda non poteva rimanere confinata tra le mura domestiche. Nella partita dei Cavs di stanotte, il pubblico del Madison Squadre Garden ha fischiato Thompson per tutto il tempo.

 

GIOVEDÌ 12 APRILE – WIN OR GO HOME

Tutta ‘sta fatica per prendere 4-0 dal Barba e Chris Paul

Ottimo antipasto dei playoff questa notte al Target Center: la casualità del calendario ha programmato per l’ultima partita di regular season uno scontro a eliminazione diretta tra Timberwolves e Nuggets. Appaiate in coda al treno dei playoff, solo una potrà salire sulle otto carrozze che contano. I Nuggets arrivano di rincorsa con un Nikola Jokic che si è scaldato in tempo per il gran finale. Minnesota invece ha perso smalto durante l’assenza di Jimmy Butler, da poco riabbracciato, e rischia di vedersi sfuggire delle mani il minimo obiettivo stagionale: il posto di lavoro di coach Tom Thibodeau, in caso di sconfitta, sarebbe in serio pericolo.

Minnesota fa valere il fattore campo e si qualifica per una sfida coi Rockets, ma serviva almeno un supplementare per risolvere una partita del genere. Lasciamo parlare le immagini.

 

VENERDÌ 13 APRILE – WEST(BROOK)WORLD

Lo prometto, questa è l’ultima foto degli outfit di Westbrook. Almeno fino alla nuova edizione di 7for7 a ottobre

Mentre eravamo impegnati a seguire i destini incrociati di Minnesota e Denver, c’era un’altra narrativa che accendeva l’interesse intorno alle ultime partite di regular season. A Russell Westbrook servivano 34 rimbalzi in due partite per raggiungere una media di 10: vale a dire, la seconda tripla doppia di media, in stagioni consecutive. Missione compiuta. Nell’atto conclusivo Westbrook ne cattura addirittura 20, agevolato dai compagni che quando possibile gli lasciano conquistare il pallone – ma ehi, il basket è uno sport di squadra, dopotutto.

Con quali parole descrivere una simile impresa, che bissa il già improbabile record dello scorso anno doppiando la stagione d’oro di Oscar Robertson, ritenuta insuperabile? A giudicare dalla polemichetta esplosa tra i mille opinionisti del web, gli aggettivi negativi sarebbero in vantaggio. Poco importa che Westbrook conduca la sua squadra al quarto posto a ovest, che i Thunder vincano quasi sempre quando lui realizza una tripla doppia e che i suoi stessi compagni – George e Anthony, mica due scemi – lo ammettano a chiare lettere: diamo il meglio quando Russell spinge sull’acceleratore dall’inizio alla fine.

Nella parrocchia di 7for7 cerchiamo di apprezzare la grandezza degli atleti in tempo reale, senza farci traviare da antipatie personali o fantasie passatiste. Se qualcuno ritiene che apprezzare Westbrook sia sintomo di un male moderno, qui crediamo invece che la laudatio temporis acti sia una nostalgia sterile. Le sue triple doppie non sono materiale da circo. Come cercavamo di spiegare qui, sono emanazioni dell’identità di un giocatore che, pur coi numerosi difetti che lo affliggono, alla fine della fiera verrà ricordato come ciò che è: un talento generazionale.

 

SABATO 14 APRILE – M-M-M-M-MARCO B-B-B-B-B-BELINELLI!

Caldo. Come. Una. Stufa.

A Philadelphia è tutto un suonare di campane; ci si è messo pure Joel Embiid, con tanto di maschera in stile Fantasma dell’opera. Alla diciassettesima vittoria consecutiva, verrebbe da dire che i Sixers abbiano ogni buona ragione per festeggiare; a questo punto, però, è obbligatorio puntare più in alto e non accontentarsi di passare il primo turno dei playoff.

Il nostro Belinelli, da San Giovanni in Persiceto con furore, è tra gli uomini chiave del momento caldo dei Sixers, secondo cecchino preferito da Ben Simmons alle spalle di JJ Redick. Che fosse un ideale complemento tattico al gioco di coach Brett Brown si era capito subito, dopo il suo trasferimento di metà stagione. Sussistevano dubbi, però, sulla rapidità del suo inserimento nella squadra e sulla capacità di ritornare ad alti livelli dopo due anni passati in franchigie di bassa lega. Beli ha soddisfatto gli interrogativi in pochi mesi. L’NBA è tornata ad accorgersi di lui, e anche l’Italia – che ha una certa tendenza a dimenticarsi dei propri talenti. Con Philadelphia, Marco sta giocando come nei migliori giorni dei San Antonio Spurs, e tocca l’apice in gara 1 contro i Miami Heat: i 25 punti, con 4 su 7 dall’arco, rappresentano il suo career high nei playoff.

 

DOMENICA 15 APRILE – IL MISTERO DI KAWHI LEONARD

Dopo un anno di misteri, che si sia davvero creata una frattura insanabile tra Kawhi Leonard e gli Spurs?

Secondo le indiscrezioni di Adrian Wojnarowski, Kawhi Leonard sarebbe tornato in campo per gara 1 della serie contro i Golden State Warriors. Niente di più falso. Leonard non è nemmeno ad Oakland con la squadra, un atto che di per sè dimostra poco attaccamento alla franchigia. Poche ore dopo si diffondono voci opposte: Leonard salterà il resto della stagione anche in caso di passaggio del turno, fermandosi alla misera cifra di 9 partite giocate, prima della ricaduta dell’infortunio muscolare.

Far trapelare qualche informazione dal fortino dei San Antonio Spurs è un po’ come violare le riserve di Fort Knox, e lo stesso Kawhi Leonard è notoriamente riservato come un agente della CIA. Le ultime notizie diffuse dalla stampa vedrebbero la dirigenza degli speroni già al lavoro su scenari di trade, coi Boston Celtics già pronti a depositare sul tavolo delle trattative un’offerta sostanziosa. Difficile che questi dettagli corrispondano al vero, ma a questo punto è facile intuire come l’affaire Kawhi sia destinato a risolversi nel peggiore dei modi per San Antonio – a meno di un repentino cambio di direzione in estate. Le responsabilità restano tutte da distribuire, ma probabilmente non disporremo mai di indizi sufficienti per venire a capo del mistero.

 

Questa era l’ultima notizia dell’ultima settimana di regular season, il che ci conduce al momento dei saluti. Per questa stagione 7for7 si ferma qui, ma torneremo il prossimo ottobre pronti a raccontarvi l’NBA ogni sette giorni. Speriamo di avervi tenuto buona compagnia in questi mesi, di avervi fatto appassionare un pochino di più a questo fantastico campionato e di avervi strappato qualche sorriso, che non fa mai male. Da Andrea Cassini e Giorgio Barbareschi, per la stagione 2018 that’s all, folks!

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