Ovvero una lista di 5 giocatori da tenere sott’occhio, che possono fare il “salto” e diventare degli All Star nella stagione NBA che ha appena riaperto i battenti.

Non sono e non saranno sorprese, perchè per un motivo o per un altro sono giù giovani emergenti proiettati verso un luminoso futuro. Quello che mi aspetto da loro è la definitiva consacrazione, e uno status di rilievo in seno ai rispettivi team.

Paul George

PaulGeorge_InsideOnly1Il realtà lui All Star lo è di già e la scorsa edizione a Houston è stato anche uno dei migliori per l’est. E’ però un giocatore talmente lanciato che per lui non si vede il punto di arrivo.

Cresce tecnicamente di anno di anno, e lo fa aggiungendo di volta in volta un pizzico di cattiveria agonistica, completezza tattica e fiducia nei propri mezzi in più. Dopo James e Durant, considerando Melo oramai un 4 quasi finito, c’è lui in un ipotetico ranking di ali piccole.  

Lo scorso anno ha ereditato dall’infortunio di Granger il ruolo di go to guy di una squadra competitiva che si è fermata alle soglie delle Finali NBA battuta in gara 7 dagli Heat. I suoi canestri si sono alternati a vuoti mentali clamorosi, tipo l’errore in gara 1 nel concitato finale di anticipare James prima ancora che mettesse palla a terra.

Se l’esperienza è la somma dei propri errori e delle proprie delusioni, George dovrebbe essere a buon punto della propria crescita personale. L’obbiettivo ora è – in una squadra che compete senza mezzi termini per lo scettro dell’est, forte di un nucleo che ormai sta per diventare maturo – dare più continuità al suo gioco.

Gli alti e bassi non verranno più tollerati, e dopo gli exploit che lo hanno portato sulla bocca di tutti, è giunto il momento di fare il passo necessario verso la consacrazione. Anche visto il sostanzioso rinnovo che ha appena firmato e le rende il franchise player dei Pacers.

Fondamentalmente non ha nessun punto debole in attacco visto che per struttura fisica, atletismo, centrimetri, agilità e bagaglio tecnico può fare tutto anche se non è uno scorer puro e un tiratore sempre affidabile: segnare in traffico, alzarsi in volo, isolarsi, creare separazione per un jumper, tirare piedi a terra, occupare il post basso e sfruttare il vantaggio di stazza contro la maggior parte delle guardie/ali delle lega, giocare in movimento.

A ciò abbina una propensione difensiva di primo livello, potendo marcare 2 se non 3 tipologie di giocatori differenti. La scorsa stagione è stato uno dei migliori James/Durant/Melo stopper, per dire. Proiezione: 22 punti, 8 rimbalzi, 5 assist a partita.

Greg Monroe

NBA: NOV 03 Pistons at HawksTecnicamente uno dei lunghi più completi tecnicamente, marchio di fabbrica dei bigman in uscita da Georgetown. Proprio data la sua provenienza è avvezzo a leggere situazioni in modo rapido e nei tempi e modi adeguati per fare la scelta giusta, nonostante un suo parziale imbastardimento tattico in quel di Detroit negli ultimi anni.

Nei Pistons ha giocato spesso attorniato da capre cestistiche di primo livello incapaci di dare un senso strutturato di gioco e un contesto tecnico in grado di far risaltare le doti nascoste di Monroe, che (colpa sua) si è adeguato.

In attacco è un enciclopedia di movimenti spalle e fronte a canestro, un passatore sublime, un tiratore frontale sottovalutato dal tocco morbido.  Probabilmente un po molle, difetto ancestrale dei lunghi di scuola Hoyas, poco avvezzo al sacrificio ed al gioco fisico, sia in attacco che in difesa.

Proprio in difesa si porta dietro i grandi punti interrogativi che dovrà fugare per fare l’atteso salto di qualità. Intimidazione quasi inesistente per un lungo di quella mole fisica, nemmeno 1 stoppata a partita, rimbalzista sospetto dal buon senso della posizione ma non sempre a suo agio quando deve andare a conquistarsi un pallone, un po troppo superficiale e svogliato nel difendere sull’uomo e senza timing per gli aiuti a centro area.

Finora gli è stato concesso il beneficio del dubbio in un sistema che, senza troppi difensori e senza un input tecnico difensivo ben preciso, aveva falle da ogni parte. Ma i Pistons escono da questa estate fortemente rafforzati e con ambizioni che non avevano da almeno un lustro, per cui è questo il momento opportuno di emergere e presentarsi la prossima estate, in sede di rinnovo contrattuale con i numeri e mezzi per contrattare il massimo salariale. In sintesi deve dare molta più sostanza al suo gioco. Proiezione: 20 punti, 10 rimbalzi, 4 assist a partita.

John Wall

John-WallIl play dei Wizards dopo due stagioni non troppo entusiasmanti contrassegnate da lampi di talento e vuoti abulici, ha stupito tutti, mettendo d’accordo anche i suoi detrattori (tra cui io) con una stagione sorprendente di ritorno dall’infortunio a ginocchio e piede che gli ha fatto iniziare la stagione a gennaio.

Durante la sua assenza il record dei Wizards recitava un impietoso 5-28 che aveva fatto vacillare più volte la credibilità di una squadra non certo da corsa ma neppure tanto brutta.

Il ritorno in campo di John Wall, il nuovo John Wall, quello che non vive più di lampi o sprazzi, ma sembra a suo agio e concreto per tutta la partita, ha cambiato il volto dei Wizards, facendoli uscire dalla depressione in cui erano piombati registrando un record di 24-25, clamoroso vista la base di partenza, sporcato dalla striscia di sconfitte di 6 vittorie consecutive di fine stagione, a babbo morto, e con infortuni a decimare il roster.

Un risultato farina del sacco di Wall e della sua maggiore comprensione del gioco nonchè di un atteggiamento più propositivo e un accrescimento della leadership, sua grave mancanza nei primi 2 anni nella lega. Non so se l’infortunio gli ha infuso una certa dose di umiltà abbinata a voglia di rivalsa, ma sicuramente da quando è tornato ha lavorato duramente per perfezionare le lacune tecniche del suo gioco, in particolare il tiro.

Non è ancora un tiratore affidabile, ma nel fondamentale del palleggio arresto e tiro è migliorato molto, dando variabilità a un gioco che prima era solo frutto di accelerazioni verso il canestro. I Wizards hanno investito molto su di lui, lanciandolo nella stagione che sta per iniziare come il leader dichiarato e il giocatore simbolo del futuro dei Wizards, con la speranza di duettare con il sophomore Bradley Beal per centrare l’obbiettivo dei playoff. E riportare un giocatore della capitale all’All Star Game. Proiezione: 23 punti, 8 assist, 2 recuperi a partita.

Kawhi  Leonard

kawhi-leonard-flight-oneOggi i San Antonio Spurs non sono più il regno dei Big Three, ma quello dei Big Four, perchè dietro a Duncan, Parker e Ginobili è spuntato il prodotto di San Diego, che in due anni nella lega ha scalato ogni gerarchia del generale Popovich e da soldato semplice è diventato tenente.

Il primo anno nella lega era un potenziale atletico e fisico tutto da formare in un giocatore di basket dal senso compiuto. Non era un tiratore, non sapeva mettere palla a terra, giocava di istinto, pareva essere un progetto a lungo termine. Invece ha bruciato le tappe, da un punto di vista tecnico è migliorato di giorno in giorno tanto che oggi lasciarlo solo dietro l’arco significa prendere 3 punti sistematici.

E’ un Bowen senza i suoi tucchi sporchi ma con più utilità in attacco, talento e ancora tanto potenziale da scoprire. Ha 23 anni, tra l’altro. Nelle ultime Finals, è stato probabilmente il miglior Spurs nell’arco delle 7 partite. Ha marcato (con successo) il miglior giocatore del mondo costringendolo per 5 partite e mezzo in zone del campo a lui non congeniali, a tiri forzati, a palle perse per cercare la via del canestro.

Le Finals lo hanno consacrato come uno dei giocatori più completi della lega, in grado di segnare 20 punti, prendere 10 rimbalzi, essere contemporaneamente il miglior difensore e miglior attaccante della propria squadra (senza nemmeno un singolo gioco chiamato per lui), che annovera 3 futuri Hall of Famers.

Non si può non rimanere colpiti dal suo approccio al gioco: è essenziale, non sgarra quasi mai, prende ciò la partita gli offre, gioca con la sicurezza di un veterano e la fame di un rookie. E’ uno dei migliori capolavori di coach Popovich, che lo ha fortemente voluto al draft di 2 anni fa intravedendo un giocatore capace di essere utile al suo sistema. Probabilmente non si aspettava tutto questo impatto. Attualmente è uno spot up shooter, in alternativa trova canestri nella spazzatura, in taglio o in campo aperto. Non sa crearsi un tiro da solo, e credo che non abbia mai giocato attivamente un pick & roll da prima opzione offensiva. Che impari a fare anche questo nei prossimi mesi? Proiezione: 15 punti, 6 rimbalzi, 2 recuperi a partita.

Klay Thompson

Klay-Thompson-HD-Photo-WallpaperQuest’anno dovrebbe avere il permesso del padre di prendersi qualche fallo tecnico senza rischiare la “paghetta” settimanale. Se riesce in ciò, diventa automaticamente un All Star.

Scherzi a parte, è pronto a flirtare con i 20 punti di media, al fianco di Curry, in una squadra a trazione posteriore, che negli scorsi playoff ha fatto divertire tutti. Il suo tiro è proibito, il rilascio di palla è veloce, la posizione dei piedi in uscita dai blocchi è una chicca per un giocatori così giovane.

Nei nuovi Warriors ancora più rapidi e veloci di quelli messi in campo dal reverendo negli scorsi Playoff – quando la loro batteria lunghi venne decimata dagli infortuni – con Iguodala a tappare tutti i buchi, il suo contributo sarà determinante.

Non è atletico, non è forte fisicamente, ma invece che gonfiarsi e zompare, ha seguito la via tracciata da Rip Hamilton prima di lui: lavora come un ossesso per velocizzare le sue uscite dai blocchi, per creare le giuste condizioni di equilibrio appena riceve e nel migliorare il suo gioco senza palla.

Nella scorsa stagione Jackson gli dato spesso palla in mano e il compito di creare gioco non tanto per i compagni (assist pochi) quanto per se, da pick & roll in particolare, per sfruttare la sua capacità sottovalutata di usare adeguamente l’angolo del blocco e concludere nella zona di mezzo che oggi è terra di pochi eletti.

L’unico intoppo che potrebbe nascere per la strada verso l’All Star Game è l’esuberanza di Curry. Curry non è egoista, ma l’attacco dei Warriors vive e muore delle sue interpretazioni che potrebbero togliere a Thompson i possessi necessari a mettersi in mostra. Deve comunque ampliare lo spettro del suo gioco, il range è illimatato, ma dentro va veramente poco per un giocatore con quei centimetri e da nuovo Hamilton con più tiro potrebbe involuirsi in un Kevin Martin con più fisicità. Proiezione: 20 punti, 5 rimbalzi, 4 assist a partita.

 

2 thoughts on “Make the “leap”

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.