L’attesa è finita: con la vittoria dei Miami Heat in gara-7 che vanifica la pazzesca rimonta dei Boston Celtics da 3-0 a 3-3 la finale NBA del 2023 vedrà opposta la squadra allenata da Erik Spoelstra ai Denver Nuggets di Mike Malone, dominatori assoluti della Western Conference e a caccia del primo Larry O’Brien Trophy della loro storia.

Il trofeo NBA intitolato a Larry O'Brien, NBA commissioner dal '75 all''84

Il trofeo NBA intitolato a Larry O’Brien, NBA commissioner dal ’75 all”84

Sul cammino delle due squadre nelle rispettive finali di Conference ci siamo già espressi nei nostri due articoli dedicati con i quali abbiamo descritto il secco 4-0 con cui Denver ha vendicato la sconfitta avvenuta nello stesso turno contro i Los Angeles Lakers nel 2020 e il folle saliscendi della serie tra Miami e Boston che come accennato ha visto gli Heat andare 3-0 per poi andare vicinissimi a subire la prima rimonta della storia NBA da tale svantaggio ma concludendo la battaglia espugnando il Boston Garden.

E’ quindi il momento di cercare di rispondere all’ignobile domanda: sarà quarto anello per i Miami Heat (e quarto personale per, udite udite, l’idolissimo della Florida Udonis Haslem) o primo alloro in assoluto per i Denver Nuggets? O meglio, riusciranno gli uomini del mago Spoelstra a giocarsela anche contro la corazzata di Malone dopo aver sbaragliato la concorrenza a Est?

Sulla carta è infatti inevitabile vedere come favoriti i Nuggets che hanno comandato nella loro Conference fin dalla prima gara di regular season, sono imbattuti in casa nei playoff e soprattutto non stanno mostrando attualmente punti di debolezza.

La squadra di Malone dopo molti anni a gravitare nei piani alti dell’Ovest può contare sul solito, straripante Nikola Jokic che quest’anno è meno costretto a far da sè tanto che accanto ai 29.9 punti a gara nella postseason troviamo un massimo in carriera playoff di 13.3 rimbalzi e 10.3 assist (lo scorso anno questi ultimi erano 5.8 in cinque gare, l’anno prima 5 in 10 gare)

A beneficiare della sapienza passatoria del fenomeno di Sombor sono soprattutto i tiratori sul perimetro: Michael Porter Jr. tira da tre col 40.8% in questi playoff (career high) e addirittura uno scorer mai troppo prolifico come Kentavious Caldwell-Pope ha visto la sua percentuale dall’arco salire al 41.1%.

Non si può quindi non partire dal frontcourt nel tentativo di ipotizzare l’andamento della serie. Dopo la coppia Towns-Gobert, un DeAndre Ayton a tratti umiliato e un Anthony Davis al top della forma toccherà a Bam Adebayo l’ingrato compito di contenere il Joker, pienamente nel suo periodo migliore della carriera.

Il 25enne Bam si presenta alla terribile sfida con Jokic col biglietto da visita di 16.8 punti a gara con 9.2 rimbalzi, numeri indubbiamente di tutto rispetto ma in calo se paragonati ai 20.2 punti a gara della regular season. Tuttavia non servirà tanto il suo fatturato offensivo quanto la sua aggressività in difesa, chiudendo quanto più possibile le linee di passaggio che il serbo riesce a trovare in qualsiasi modo e cercando magari di togliergli fiducia.

Entrambi compiti difficilissimi per non dire quasi impossibili ma va detto che Adebayo non si è mai tirato indietro di fronte a questo tipo di sfide e quindi il confronto promette faville.

A proposito di fiducia uno dei punti di forza dei Miami Heat è da molti anni quello di continuare a interpretare la pallacanestro messa in campo da Spoelstra a prescindere dalla situazione. Nel corso della postseason la squadra floridiana è stata bersagliata dagli infortuni e ha avuto a che fare con avversari quotatissimi e nonostante ciò gli uomini continuano a ruotare con precisione svizzera, ognuno svolge esattamente il proprio ruolo senza sforare, la circolazione di palla è sempre fluida.

Ne sanno qualcosa Gabe Vincent, che è passato dal tirare col 30% da tre gli scorsi playoff al 39% quest’anno e Caleb Martin che sforacchia le retine avversarie addirittura col 43% nella postseason anche lui partendo dal 30% della scorsa stagione. Poi nel backcourt c’è sempre l’esperienza di Kyle Lowry che selezionerà con cura le partite in cui esplodere, ma quelle che seleziona tendono ad essere pesanti.

Questa tenacia è stata a mio avviso una delle due armi in più degli Heat nella loro cavalcata partita dal play-in tournament e arrivata alla seconda finale NBA in quattro anni. L’altra non può che avere un nome e un cognome: Jimmy Butler III from Houston.

Ormai abbiamo abbondantemente parlato di come Jimmy Buckets non sia da tempo più solo Buckets. Partito come scorer dal carattere spigoloso a Chicago e Minnesota, passato per un anno negli ultimi disfunzionali Philadelphia 76ers di Brett Brown (una sola stagione è stata sufficiente per farsi rimpiangere da Joel Embiid) Erik Spoelstra è riuscito a renderlo il vero leader dei Miami Heat, l’uomo capace di guidare con autorevolezza la squadra in campo e capace di prendere le responsabilità pesanti sgravando quindi i compagni da esse.

Non ci sono sufficienti parole per esprimere quanto stia portando Butler alla causa degli Heat, proviamo quindi a iniziare dai numeri: 28.5 punti a gara nei playoff, massimo in carriera, 48% dal campo e 7.4 rimbalzi. Con picchi come la sparatoria da 56 punti in gara-4 con i Milwaukee Bucks concedendo il bis in gara-5 con 42 punti.

Ciò che colpisce dietro queste statistiche pur imponenti resta però come Jimmy continui a giocare con la calma del leader, sapendo quando concedersi iniziative personali e quando invece cercare di coinvolgere la squadra. Un vero uomo-franchigia in cui i tifosi di Miami ripongono le loro speranze di giocarsela anche coi Nuggets.

Contenere Jokic, continuare a giocare di squadra senza perdere d’intensità e Jimmy Butler: queste quindi le qualità su cui gli Heat puntano per rendere credibile la loro sfida a Denver. Dall’altra parte però non c’è solo il Joker; d’altra parte se così fosse stato difficilmente i Nuggets sarebbero arrivati fino in fondo e comunque non in modo così netto e convincente.

Parlando di singoli è il momento di riconoscere i giusti meriti a Jamal Murray. Trascinatore del frontcourt di Denver nei playoff giocati nella bolla di Disneyworld del 2020, come sapete il canadese si è scontrato col più terribile degli infortuni: quello al legamento crociato. Una volta rientrato in campo all’inizio della stagione corrente dopo aver saltato l’intero anno precedente Murray non è comprensibilmente riuscito a restituire immediatamente l’impatto avuto prima dell’infortunio tanto che c’è chi ha parlato di fuoco di paglia.

Queste voci sono state smentite a grandissima voce da Jamal sul campo proprio nel momento più importante, la prova del nove per l’intensità di qualsiasi cestista: i playoff NBA. 27.7 punti a gara nei playoff, 48% dal campo su 21 tentativi a gara, 39.8% da tre, 92.5% ai liberi con sparatorie dall’arco senza pietà nel momento in cui sembrano mettersi male per i suoi Nuggets. Murray non teme alcun tipo di difesa e per una squadra che punta molto sull’identità difensiva corale può essere devastante.

A prescindere dai singoli se del gioco di squadra di Miami abbiamo abbondantemente parlato non è che quello di Denver sia da meno, anzi. Avere un giocatore totale come Jokic ha prodotto un sistema offensivo devastante, capace di colpire dall’arco come di far male in area anche con l’atletismo di Aaron Gordon che col tempo è diventato un ottimo complemento per il Joker capace di coprire i suoi obiettivi limiti difensivi.

In più c’è una discriminante potenzialmente pesante in favore dei Nuggets: la condizione fisica. Denver arriva alle Finals dopo lo sweep ai Lakers e quindi col massimo possibile dei giorni di riposo a disposizione e si trova di fronte una squadra, come accennato, martoriata dagli infortuni e con rotazioni non esattamente lunghe data l’assenza, come si sa, di Tyler Herro e Victor Oladipo che potrebbe costituire peraltro un discreto “what if” in caso di vittoria di Denver.

Vittoria di Denver che quindi resta il risultato più preventivabile. Altrettanto preventivabile però è il fatto che gli Heat se la giocheranno fino alla fine e punteranno proprio sulla loro irriducibilità per cercare di impensierire Denver, resistendo alle bordate avversarie e sperando di instaurare dei dubbi in un roster che sembra lanciatissimo verso l’obiettivo di portare in Colorado il Larry O’Brien Trophy.

Volendo sbilanciarmi in un pronostico (bell’e pronto per essere smentito) dico 4-2 per i Denver Nuggets.

Individualmente ha già ricevuto il premio di MVP, gli manca solo l'alloro più importante: l'anello NBA

Individualmente ha già ricevuto il premio di MVP, gli manca solo l’alloro più importante: l’anello NBA

 

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