Orlando, Disneyland, Bubble. Fino a tre anni fa erano parole con due soli sinonimi: Los Angeles Lakers e fluke. Perché alla fine della fiera cosa vuoi che sia giocare sullo stesso parquet che sia in casa o fuori casa. Senza una voce di tifo e con un centinaio di facce collegate via Zoom e proiettate su schermi. Ma se non fosse propriamente così? Se invece la Bolla floridiana abbia solo fatto vedere chi vive solo della garra agonistica e chi, oltre a quella, ha abbastanza talento da arrivare fino in fondo?

Lakers-Nuggets e Heat-Celtics. E nel 2020 con l’asterisco? Heat-Celtics. E nel 2022? Heat-Celtics. Sarà anche merito della famosa storia ciclica che si ripete, ma forse c’è qualcosa in più sotto.

Boston Celtics (2) vs Philadelphia 76ers: 4-3

Che dire… Philly special, per usare un termine tanto amato agli Eagles. Con quella giusta ironia che incorona un fallimento durato sei anni, riassunto con l’iconica frase Trust the Process. E quanta ragione ha Joel Embiid, con il “Processing……………..” nella description dei suoi account social. Dichiarazione d’amore? Piccato umorismo? Perché se è vero che bisogna avere fiducia nel lungo termine, forse è arrivato il momento di dichiarare il famoso “Processo” un piano fallito.

Gara 1 al TD Garden è l’emblema della serie. I Sixers si presentano senza Embiid, ancora fuori per infortunio. Doesn’t matter: 119-115. James Harden decide di reincarnarsi nella sua versione houstoniana e piazza 45 punti con 17/30 dal campo e il 50% da tre. Tyrese Maxey con 26, De’Anthony Melton con 17 e Tobias Harris con 18 completano l’opera. A poco valgono i 38 con 11 rimbalzi di Jason Tatum. Philly ribalta subito il fattore campo.

La seconda partita della serie sarà combattuta, vero? Dipende… se un 121-87 per Boston è classificabile come tale, allora sì. La parte che fa ridere e piangere allo stesso tempo è che Embiid questa volta era in campo. Solo 15 punti e un -23 di plus/minus. Il miglior realizzatore degli ospiti è Harris, con 16 punti. Da brividi di orrore. Dall’altra Payton Prichard gioca 12 minuti: può bastare per far capire il dominio verde. E con un Tatum che si può permettere solo 7 punti, salgono in cattedra Jaylen Brown e Malcolm Brogdon (25 e 23 punti).

Si va in Pennsylvania. Sembra di essere al TD Garden. I Celts giocano con molta fiducia, i Sixers provano a rimanere aggrappati. Brown e Tatum combinano per 50 punti. Il risultato finale ridà il vantaggio di campo a Boston: 114-102. Harden continua a fare il fantasma in campo, Embiid almeno ci prova con 30 punti e 13 rimbalzi. I soliti gregari ai servigi di coach Mazzulla fanno il loro lavoro. 2-1 Celtics.

Gara 4 è un must-win game per Doc Rivers. E ne esce una delle partite più clamorose della stagione. Philly la porta sul 2-2 con una vittoria all’overtime 116-115. E, guarda guarda, il Barba decide di tornare a giocare. Sono 42 punti, 8 rimbalzi e 9 assist per lui, con i 34 punti e 13 rimbalzi di Embiid. Che Boston l’abbia guidata per molta parte del secondo tempo e l’abbia buttata da sola negli ultimi secondi fa capire il livello infimo di tutti quelli che giocano in casacca blu e rossa e non si chiamano Harden né Embiid. E quando vuole anche Maxey. Perché se le tue opzioni dalla panchina sono Niang e Reed non puoi davvero pensare di essere una contender. Sono 68 i punti del trio Tatum-Brown-Smart. La mano calda di Harden condanna i Verdi bostoniani. Ma Brown deve ancora spiegare il motivo per cui ha deciso di raddoppiare in centro area Embiid lasciando solo soletto un cecchino letale come il Barba.

Si torna a Boston per Gara 5, e Philly ruba di nuovo il fattore campo: 115-103. Gara controllata fin dalla palla a due dai Sixers, che non hanno mai lasciato in mano il pallino del gioco a Boston. Sono 66 per la coppia Embiid-Maxey (Harden, in giornata di riposo, ne piazza solo 17). Tatum-Brown rispondono con 60 punti, 36 solo del primo, ma non c’è molto da fare. Lo zero sul tabellino del veteranissimo Al Horford sono l’immagine di una Boston in bilico.

Pennsylvania, Philadelphia. Win-or-go-home game per i Celtici. Possibilità di chiudere la serie per Rivers. Non una buona notizia per i padroni di casa.

Che infatti vengono irretiti dalla difesa di Boston: 95-86 e si torna in Massachusetts per la seconda Gara-7 di questi Playoff. Top scorer degli ospiti è Marcus Smart con 22 punti. Sì, è stata una partita di mattonate e difesa. Harden continua a faticare enormemente (13 con 4/16 dal campo e neanche una tripla segnata), Embiid è in un picco da 26 punti in mezzo ad un rendimento altalenante.

Gara 7, i primi due quarti sono uno spettacolo di agonismo. Tecnici, trattenute dalle panchine (Niang, sto pensando a te), allunghi da una parte e contro allunghi dall’altra. Si va al riposo con Philadelphia sopra di tre e che esprime un gioco abbastanza convincente. Quasi non sembra una squadra di Doc Rivers in un momento decisivo della postseason. I problemi arrivano nel terzo quarto.

I Sixers sono obliterati da un Jason Tatum in totale trance agonistica. Il record di punti, segnato da Curry contro i Kings, dura solo due settimane. Tatum ne fa 51 (60% dal campo e 60% da tre), con 13 rimbalzi e 5 assist. Harden si ferma a 9 con un misero 3/11 dal campo. Bye-bye Doc. Il 112-88 regala ai Celtics un altro, ennesimo, incontro con i Miami Heat.

New York Knicks (5) vs Miami Heat (8): 2-4

È successo di nuovo. Perdono il play-in con Atlanta. Arrancano terribilmente con Chicago qualificandosi per il rotto della cuffia e con la ottava testa di serie. Poi, 4-1 sui favoritissimi Bucks e 4-2 contro degli agguerriti Knicks. E, per la terza volta negli ultimi quattro anni, sono nelle Eastern Conference Finals. In America sono chiamati “gli zombie di Spoelstra“. Ma forse si tratta solo di quella Heat Culture che molti credono solo una leggenda.

Il copione è praticamente identico alla serie con Milwaukee. Miami ruba gara 1 fuori casa, perde la seconda, e difende l’home court tornando sul campo nemico sul 3-1. In questo caso, però, la star infortunata non è Giannis ma Jimmy Butler. O Jimmy Buckets che dir si voglia. A cinque minuti dalla fine di game 1, quando ha già registrato 26 punti e 11 rimbalzi, Jimmy ha una delle più classiche storte alla caviglia. È in tribuna la partita successiva, e zoppica vistosamente lungo tutta la serie. Poco cambia.

Jimmy a mezzo servizio, Herro e Oladipo ai box. Gabe Vincent meno costante della regular season (si può davvero pretendere da lui?). In cattedra ci salgono due zombie veteranissimi: Kevin Love e Kyle Lowry. Butler torna per gara 3, con 28 punti, e gara 4, con 27. I Knicks sembrano defunti.

Risorgono solo momentaneamente trascinati da Jalen Brunson. L’ex-Mavs ha giocato una serie pazzesca: 31 punti a partita, 6.3 assist e 5.5 rimbalzi. Medie da star. Nelle ultime tre partite, quelle “della sopravvivenza”, ne segna 32, 38 e 41. Miami può solo limitarlo. Il mid-range drop shot è immarcabile. Gli uomini di Thibodeau riescono a strappare Gara-5 in un Madison Square Garden infiammato. Il miracolo sembra possibile.

Ma Miami non è dello stesso avviso. Si torna a South Beach, e gli Heat chiudono la serie nella maniera più da Heat. Sotto quasi tutta la partita, a faticare, con percentuali di tiro infime. E poi un ultimo quarto di difesa impressionante e di attacco fisico. 96-92, e Knicks spediti a Cancun.

Forse un’analisi troppo rapida, ma non c’era davvero molto da dire. Oltre a Brunson, per i Knicks ci sono stati davvero ben poche luci. Josh Hart è stato messo fortemente in crisi da gara 3 in poi, fino a essere tolto dalla rotazione. Obi Toppin uguale. Mitchell Robinson, dopo una serie straordinaria contro i Cavs, è tornato comune mortale. Julius Randle sembrava essersi dimenticato come si gioca a pallacanestro. Se a questo si aggiunge la svogliatezza con cui gioca…

Miami cavalca ancora le ali di Jimmy Butler. Un giocatore straordinario, fatto e costruito proprio per questi momenti.

Ogni obiettivo che si pongono i floridiani sembra sempre alla loro portata. E se non c’è Jimmy e non c’è Herro, ci pensano Strus, Lowry e anche un Bam Adebayo che è in netta crescita rispetto all’inizio dei Playoff. ESPN dà attualmente un 3% di possibilità di passare il turno ai Miami Heat. Sì, Boston è avvantaggiata. Ha molti matchup a suo favore. Ma occhio agli zombie.

One thought on “Heat vs Celtics: le finaliste della Eastern Conference

  1. Due squadre vintage che dimostrano la nullità del marketing (dai process alla sabermetrica alle decision – Lebbros senZa Spoelstra, Allen e Wade e per ultimi Davis+Rondo… lasciamo stare, va’) applicato allo sport di squadra.
    Sarà una serie appassionante comunque vada a finire. Celtics favoriti ma con i 76ers dovevano chiuderla prima (Tatum deliZia e pure croce).
    Speriamo che dall’altra parte il mago serbo riesca a coronare una stagione di luminosa eccellenZa con la giusta finale.

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