Il campo ha emesso le sue sentenze: come nel 2020 la finale della Western Conference in NBA vedrà affrontarsi i Denver Nuggets di Nikola Jokic e i Los Angeles Lakers di LeBron James.

I due giocatori simbolo delle finaliste della Western Conference

I due giocatori simbolo delle finaliste della Western Conference

Un traguardo ampiamente meritato da parte di ambedue le franchigie ma se i Nuggets avevano chiuso al primo posto la regular season del loro girone e apparivano sicuramente favoriti per arrivare a giocarsi la serie che vale le NBA Finals, fino a nemmeno troppo tempo fa in pochi avrebbero puntato sui Lakers come loro avversari.

Merito sicuramente dei cambiamenti avvenuti nel roster a disposizione di Darvin Ham (che raggiunge la finale di Conference all’esordio da head coach) ma ad essere cambiata è anche la mentalità della storica franchigia losangelina che col proseguire dei playoff, raggiunti passando per il doppio supplementare del play-in tournament contro i Minnesota Timberwolves, è apparsa sempre più convinta della propria volontà di fare strada nella postseason.

Analizziamo quindi il percorso che ha portato a questa finale di Western Conference mantenendo più di un occhio sui possibili destini che potrebbero attendere le due squadre eliminate: i Golden State Warriors campioni in carica, che per la prima volta sotto la guida di Steve Kerr perdono una serie playoff che non sia una finale, e i Phoenix Suns a cui l’innesto di Kevin Durant non è bastato per migliorare il risultato dello scorso anno.

DENVER NUGGETS (1) vs PHOENIX SUNS (4): 4-2

Non sarà arrivato il terzo titolo consecutivo di MVP per Nikola Jokic (che a tal proposito ha già ricevuto le scuse pubbliche di Mark Jackson) ma il fenomeno serbo ha ottenuto dalle semifinali di Conference dei suoi Denver Nuggets la possibilità di continuare a concorrere per il primo anello NBA sia per lui che per la sua franchigia e soprattutto di farlo da pretendente più che seria.

Dopo aver eliminato senza troppi problemi i Minnesota Timberwolves a cui l’esperimento Gobert è servito finora solo ad ottenere il punto della bandiera nel 4-1 con cui si è conclusa la serie al primo turno la squadra allenata da Mike Malone si trovava di fronte a un avversario ben più ostico come i Phoenix Suns, anche loro vincitori in cinque gare contro ciò che restava dei Los Angeles Clippers (anche riguardo al progetto della franchigia californiana sul cui futuro ora ci sono pesanti dubbi) e determinati a competere per l’ultimo atto dei playoff.

Il risultato della semifinale di Conference però è stato un 4-2 in favore di Denver che è anche non pienamente esplicativo di quanto la squadra di Malone si sia dimostrata superiore agli avversari che hanno dovuto fare a meno di Chris Paul già dopo metà gara-2 per un infortunio muscolare e che senza il loro direttore d’orchestra hanno puntato sul talento di Durant e Devin Booker ritrovatisi però alla fine troppo soli, anche a causa di un DeAndre Ayton, anche lui assente in gara-6, che è stato letteralmente annientato da Jokic tanto da vedere dalla panchina vari momenti caldi della serie in favore di Jock Landale.

Sarebbe comunque ingeneroso attribuire la vittoria Nuggets esclusivamente ai demeriti altrui. Nonostante i dubbi sulla tenuta della squadra ad alt(issim)i livelli, soprattutto sul supporting cast che affianca il Joker, Denver ha imposto la sua pallacanestro sin dalle prime battute della serie con gara-1 vinta per 125-107 soprattutto grazie alla gragnuola di triple che si è abbattuta sui Suns nel primo tempo.

A metà partita il tabellone della Ball Arena di Denver diceva 68-51 per la squadra di casa e il boxscore diceva 9/17 da tre per i Nuggets (e solo 2/5 per i Suns) con il 2/2 di Aaron Gordon, il 2/4 di Jamal Murray e soprattutto il 3/5 di un tiratore tutt’altro che micidiale come il veterano Kentavious Caldwell-Pope.

Dall’altra parte Phoenix ha cercato di aggrapparsi a un Kevin Durant da 29 punti finali con 12/19 dal campo che è però rimasto l’unico a cercare di rispondere all’avanzata Nuggets mentre i 27 con 10/18 da due di Devin Booker sono maturati soprattutto quando i buoi erano già scappati dalla stalla.

Cambiano i fattori, non cambia il risultato per gara-2: malgrado Booker sia protagonista di una prova ben più incisiva con 35 punti e 14/29 mentre Murray, dominatore di gara-1 con 34 punti e 6/10 da tre, si fermi stavolta a soli 10 con un inguardabile 0/9 dall’arco sono ancora i Nuggets a uscire vincitori dal confronto con la prima prova da MVP di Nikola Jokic, più silente in attacco nella partita precedente (che comunque dice 24 punti con 19 rimbalzi…) infuocato nel secondo atto dove scrive 39 con 17/30 e 16 rimbalzi.

Phoenix come detto perde Chris Paul, non va oltre 87 punti segnati (59 da Booker e Durant) e il 4/4 da tre di Caldwell-Pope contribuisce a mantenere ancora la Can di Denver inviolata nella postseason.

Si va in Arizona sul 2-0 Nuggets e arriva la rivincita dei Suns con Denver che non va comunque lontana dall’andare 3-0. Sotto di 15 alla fine del primo tempo, la squadra di Malone riesce a rimontare arrivando al -2 a inizio ultimo quarto trascinata manco a dirlo da Jokic (prima tripla doppia della serie con 30 punti, 17 rimbalzi e 17 assist) oltre che da un Michael Porter Jr. da 6/10 da tre e da un Jamal Murray tornato a tutti gli effetti il cannoniere che era prima del pesante infortunio e firma 32 punti.

Nell’ultimo quarto però i Nuggets arrivano col fiato corto e lo stesso Murray sbaglia varie triple aperte per giocarsi la gara fino alla fine, ma soprattutto i Suns mettono in campo tutta la classe dei loro leader. Kevin Durant ne mette 39 con 9 rimbalzi e 8 assist ma è soprattutto Devin Booker l’hombre del partido: il figlio di Melvin, giocatore apprezzato anche in Italia a Milano e Pesaro, è protagonista di quella che a mio avviso è la sua miglior gara in assoluto nei playoff NBA.

Parlino le cifre: 47 punti, 20/25 (!!) dal campo, 9 assist e questa volta tutti i suoi punti sono stati fondamentali per rispondere ai tentativi dei Nuggets di restare in partita contrariamente ad altre occasioni nella postseason in cui non sempre il fatturato di Booker era stato incisivo per il risultato finale.

Il copione in gara-4 non è molto diverso con Denver che se la gioca ma Phoenix che esce vincente grazie a Durant&Devin. Jokic stavolta è assolutamente mostruoso con 53 punti, 20/30 dal campo e 11 assist (ma solo 4 rimbalzi) e Murray lo assiste ancora una volta degnamente con 28 punti e 13/25 ma la coppia di frombolieri in maglia Suns realizza 36 punti a testa, ancora una volta con percentuali sublimi (11/19 per KD, 14/18 e 3/4 da tre per Booker) e con Durant che carica di falli la difesa: 12/13 ai liberi dopo il 14/16 di gara-3.

Il problema per Phoenix però è sempre lo stesso: Durant e Booker ce la mettono tutta ma i compagni di squadra marcano visita. Nessun Suns va in doppia cifra oltre ai due in gara-3, mentre in gara-4 emerge solo il 5/8 da tre per 19 punti di Landry Shamet. D’altra parte come accennato senza Chris Paul non c’è un costruttore di gioco che metta in ritmo i role players e l’attacco Suns nasce e muore con le due superstars data anche la latitanza continua di un DeAndre Ayton che realizza solo 12 punti nelle due gare casalinghe con 5/12 dal campo in totale.

A Denver non resta che approfittarne e così i Nuggets presentano il conto nelle due gare che chiudono la serie. Al ritorno a Denver la gara è dominata dalla squadra di casa che chiude il primo quarto sul +11, resiste al tentativo di rientro ospite nel secondo quarto e scappa nella terza frazione di gioco con la partita che si conclude con un eloquente 118-102. Altra tripla doppia di Jokic da 29+13 rimbalzi+12 assist, altro bombardamento dall’arco di Porter Jr. con 5/8 da tre, stavolta ci si mette anche Bruce Brown con 25 punti dalla panchina mentre dal lato Suns continua a non esserci alternativa ai soliti due (26 ma con 0/3 da tre per Durant, 28 con 8/19 per Booker) a parte Ayton che segna più che nelle due gare precedenti con 14 punti.

La serie si conclude nel peggiore dei modi per Phoenix che come lo scorso anno esce tra i fischi dei suoi tifosi. Se però nel 2022 c’era da giocare una gara-7 in cui i Suns erano favoriti e al completo e invece sono stati seppelliti dall’irreale primo tempo di Luka Doncic stavolta mancavano sia Paul che Ayton.
Non cambia comunque l’epilogo finale: Phoenix doveva giocarsi tutto per passare il turno e invece ha ceduto di schianto imbarcando 44 punti nel solo primo quarto, finendo sotto 81-51 a metà gara e trasformando il secondo tempo in un lunghissimo garbage time.

MVP della gara ovviamente Nikola Jokic che va ancora una volta in tripla doppia (32+10 rimbalzi + 12 assit) affiancato da un Murray nuovamente infuocato (26 con 4/7 da tre per il canadese) e da altri tre uomini in doppia cifra.

Denver approda alla finale di Conference con la fiducia e la serenità della favorita e con Jokic che quest’anno fa decisamente sul serio nel voler impossessarsi di un titolo NBA che nobiliterebbe ulteriormente la carriera di un vero e proprio gigante della pallacanestro odierna. Per Phoenix invece la fiducia nel progetto scarseggia ulteriormente; dopo la batosta subita da Dallas lo scorso anno si parlò di implosione dello spogliatoio e di una squadra che sembrava aver toccato già il suo apice e si avviava al declino.

L’acquisto di Kevin Durant ha solo tamponato queste sensazioni che oggi si rifanno più vive che mai soprattutto guardando alla situazione salariale dei Suns con il contratto di Ayton che inizia a sapere pericolosamente di zavorra. La prima scelta del draft 2019 prende 132 milioni abbondanti fino al 2026 per vedere le fasi decisive delle gare giocate da Jock Landale, il cui salario è un centesimo del suo, senza contare il fatto che puntare ancora su Chris Paul sempre più vicino ai 40 anni potrebbe non essere più una mossa saggia.

Si ripartirà per forza di cose da Durant e da Devin Booker legati ai Suns fino al 2026 e al 2028 rispettivamente. Costruire qualcosa di importante intorno ai due non sarà però un compito facile.
Nel frattempo non ci resta che assistere al proseguimento della corsa dei Nuggets al titolo NBA.

"Qualcuno viene a fare due tiri per il Larry O'Brian Trophy?"

“Qualcuno viene a fare due tiri per il Larry O’Brian Trophy?”

GOLDEN STATE WARRIORS (6) vs LOS ANGELES LAKERS (7): 2-4

Il 2023 ci ha regalato un nuovo capitolo della straordinaria sfida tra Steph Curry e LeBron James. I due nativi di Akron hanno entrambi 4 anelli nel loro palmarès e se i Golden State Warriors di Curry avevano battuto i Cavaliers di James in tre finali NBA su quattro dal 2015 al 2018 quest’anno è il Re a sconfiggere il degno rivale e a riproporsi, a 38 suonati, come pretendente per il quinto anello personale con i suoi Los Angeles Lakers.

Le emozioni non sono mancate neanche questa volta con le due squadre che arrivavano al secondo turno dopo aver battuto due formazioni giovani come i Sacramento Kings e i Memphis Grizzlies e che hanno dato vita a un’altra serie spettacolare che ha visto i Lakers rispondere sempre ai continui tentativi dei Warriors di prendere vantaggi che avevano sfiancato tutti gli avversari, compresi i Boston Celtics lo scorso anno.

Ringraziamo il professor Naismith per averci dato anche questa rivalità

Ringraziamo il professor Naismith per averci dato anche questa rivalità

Volendo trovare una chiave per la vittoria della squadra di Dervin Ham, che ad inizio anno era ridicolizzata da tutti gli appassionati e che ora si gioca le NBA Finals dopo aver cambiato pelle e mindset, possiamo dire che la squadra californiana è stata avvantaggiata dall’aver saputo sempre trovare nuove risorse che ora costituiscono peraltro un’importante dote anche per il futuro, contrariamente ai Warriors che invece hanno cavalcato una volta di più i giocatori che hanno fatto grande la squadra di Steve Kerr senza però trovare alternative al gruppo storico. Citofonare Jordan Poole per delucidazioni.

Il vero uomo in più per i Lakers però è stato anche in questa serie Anthony Davis. 

Già contro i Grizzlies il Brow aveva mostrato al mondo NBA cosa voglia dire poter contare su di lui quando è sano. Nella gara-1 in cui i Lakers hanno subito ribaltato il fattore campo della serie, una delle più belle dei playoff di quest’anno peraltro, il tabellino di AD recita doppia doppia da 30 punti e 23 diconsi ventitre rimbalzi ma soprattutto Davis è stato l’uomo a cui si sono appoggiati i californiani per rispondere a tutti i tentativi di allungo dei Warriors nel primo tempo, propiziati dalle triple di Poole (6/11 dall’arco, 4/5 nel primo tempo) e Klay Thompson (6/16 da tre a fine gara).

Nel secondo tempo sono stati i Lakers a cercare di condurre la gara ma come sempre Golden State si è rivelata in grado di piazzare break devastanti in pochissimo tempo guidata manco a dirlo da Steph Curry che dopo aver iniziato 0/3 ha imbucato 6 dei suoi 10 tentativi dall’arco nella seconda frazione di gioco. Così malgrado a metà ultimo quarto Los Angeles fosse riuscita ad andare sul +14 i padroni di casa hanno raggiunto il pareggio sul 112-112 a un minuto e mezzo dalla fine ovviamente con una bomba del fenomeno col 30.

La risposta dei Lakers arriva però sotto forma dell’immediato nuovo vantaggio con D’Angelo Russell (19 anche se con 1/5 da tre) sempre più decisivo nelle sue offensive spericolate e delle due stoppate consecutive di Davis, prima dell’ 1/2 ai liberi di James, del suo errore da tre (1/8 per lui dall’arco ma con doppia doppia da 22+11 rimbalzi) e della scelta discutibile di Jordan Poole di tirare da tre per il pareggio malgrado avesse ancora secondi per gestire l’azione.

Il proseguimento della serie segue l’andamento delle singole gare con l’alternarsi di prove di forza da una parte e dall’altra. In gara-2 i Warriors hanno cercato il riscatto infliggendo 27 punti di scarto agli avversari sul 127-100 col consueto bombardamento dall’arco soprattutto ad opera di un Klay Thompson da 30 punti e 8/11 da tre, coadiuvato dallo Splash Brother Steph (20 con 7/12 e 3/5 da tre) dalla doppia doppia di Draymond Green da 11 + 11 rimbalzi e contribuendo al 21/42 dall’arco di Golden State.

Immediata la risposta Lakers quando la serie si è spostata alla Crypto.com Arena (aka Staples Center) con un trentello tondo sul groppone degli ospiti nel 127-97 finale (curiosamente le due vincenti hanno realizzato gli stessi punti) propiziato da sei uomini in doppia cifra guidati da LeBron (21 con 6/11, 8 rimbalzi e 8 assist) e Davis (25 punti con 7/10 e 11/12 ai liberi, doppia doppia con stavolta “solo” 13 rimbalzi) nonchè dai 21 con 5/8 da tre di D’Angelo Russell che si pensava potesse pestare i piedi ai due leader e invece ne è stato il perfetto complemento.

Da quando D'Lo fu scelto dai Lakers al Draft le cose sono un attimino cambiate

Da quando D’Lo fu scelto dai Lakers al Draft le cose sono un attimino cambiate

Si arriva quindi a gara-4 sul vantaggio Lakers per 2-1 e con gli ospiti decisi a tentare il tutto per tutto per tornare tra le mura amiche di nuovo col fattore campo a favore. I Warriors si presentano in vantaggio di 7 punti a inizio ultimo quarto ma nella frazione conclusiva si trovano di fronte al nuovo eroe gregario dei Lakers.

Così come era stato Rui Hachimura a fare la differenza con Memphis, stavolta a consegnare il punto probabilmente decisivo ai gialloviola è il Lonnie Walker IV di gara-4, finito ai margini delle rotazioni di Ham prima di firmare 12 punti in gara-3 e soprattutto tutti i suoi 15 nel quarto quarto dell’atto successivo.

Se Walker è stato l’hombre del partido la vittoria del 3-1 Lakers è però frutto di un altro significativo sforzo corale. LeBron James appare contenersi ancora (andando comunque a un rimbalzo da una doppia doppia con 27 punti) e lascia più spazio al solito Davis da 23 con 10/16 e 15 rimbalzi e a un Austin Rivers sempre meno sorprendente e sempre più essenziale nel suo ruolo di finalizzatore compassato con 21 punti, 7/15 dal campo e 3/6 da tre punti.

La serie sembra indirizzata sulla strada della California sponda L.A. ma i Warriors non intendono cedere lo scettro davanti al proprio pubblico e danno fondo alle proprie forze prendendosi gara-5, in cui il primo tempo si chiude sul +11 Golden State e la squadra di Kerr amministra il vantaggio fino alla fine con sei uomini in doppia cifra e senza farsi pesare le cattive percentuali degli Splash Brothers (3/11 da tre per Curry, 3/14 totale per Thompson) grazie alla doppia doppia di Draymond Green da 20+11 rimbalzi e 7/11 dal campo e alla miglior prestazione di Andrew Wiggins, assente a lungo per non meglio specificati motivi personali in stagione, che chiude gara-5 con 10/18 dal campo e 25 punti.

L’atto finale della serie vede però i Lakers dominare gara-6 con LeBron che decide di giocare una gara da superstar dopo altre da leader silenzioso centellinando le energie e i Warriors che sembrano non averne più.

Los Angeles comanda per tutta la gara e scappa già nel secondo quarto senza che stavolta i leader di Golden State riescano a opporre resistenza (Klay Thompson addirittura si ferma a 8 punti con 3/19) e con Donte DiVincenzo ultimo a mollare. Dall’altra parte però i Lakers offrono una prestazione da vero top team: James come accennato gioca da stella assoluta quale è e ne scrive 30 con 10/14 dal campo, 9 rimbalzi e 9 assist mentre Davis continua a spadroneggiare nell’area avversaria (stavolta i rimbalzi sono 20 per l’ex Pelicans)

Ancora una volta inoltre i giocatori di supporto dimostrano di essere all’altezza di una squadra da Finals contrariamente a quelli dei Warriors in cui gli unici in doppia cifra sono Curry (32 ma con 4/14 da tre) e il succitato DiVincenzo.
Walker e Austin Reaves si esaltano e firmano le giocate che incendiano il pubblico di casa e portano i Lakers alla fuga con 25 punti e 4/5 da tre per Reaves, 13 e 3/5 dall’arco per Walker.

I Lakers si avviano al confronto con i Denver Nuggets leader della Western Conference con la mentalità giusta, quella di chi ha ancora fame e sa giocare insieme alla grande con Jokic atteso alla grande sfida contro Anthony Davis. Ci aspetta senz’altro una serie spettacolare in cui per la prima volta da quando Kerr siede sulla panchina di Golden State (esclusi i due anni in cui non hanno disputato i playoff causa infortuni agli Splash Brothers) i Warriors non saranno protagonisti.

Prestissimo per dire che siamo alla fine di un ciclo, lo avevamo detto proprio dopo i due anni senza postseason e poi è arrivato il quarto anello della banda Curry. Sicuramente però i Warriors non stanno investendo sul proprio futuro: James Wiseman è andato via, Jonathan Kuminga non ha visto il campo, Jordan Poole si è letteralmente spento col prosieguo della serie e ci sarà attesa per vedere se Draymond Green eserciterà la player option per il prossimo anno.

Al di là di queste considerazioni ancora una volta i Golden State Warriors hanno offerto al pubblico la loro classe e meritano l’onore delle armi. La parola, però, passa ora ai Nuggets e ai Lakers per vedere chi sarà la vincitrice della Western Conference.

La giusta fine di un altro capitolo della storia recente NBA: l'abbraccio tra i due sfidanti

La giusta fine di un altro capitolo della storia recente NBA: l’abbraccio tra i due sfidanti

One thought on “Nuggets vs Lakers: le finaliste della Western Conference

  1. Embiid in gara 7 contro Boston ha dimostrato urbi et orbi come il vero MVP dell’NBA giochi nell’altra conference e venga dall’Europa.
    Con quella farsa la lega di pallacanestro più famosa dell’universo si è dimostrata il circo che è.
    Pensiero da fantabasket: Jokic ai Celtics.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.