Con la conclusione della spettacolare e seguitissima serie tra Sacramento Kings e Golden State Warriors il tabellone del secondo turno dei playoff NBA è completo e la corsa alle finali di Conference è già iniziata in due serie su quattro.

Il menu delle semifinali della Eastern Conference è potenzialmente ancora più ricco dell’abbuffata del primo turno che ha visto eliminazioni illustri come quella dei Milwaukee Bucks, squadre che non sono riuscite a confermarsi dopo una grande regular season come Cleveland ma anche tanti, tantissimi infortuni (Giannis Antetokounmpo e Tyler Herro giusto per dirne due) che peraltro non accennano a smettere di funestare i roster delle squadre pretendenti al Larry O’Brian Trophy come vedremo.

Giannis e Herro, vittime degli infortuni nella loro serie

Giannis e Herro, vittime degli infortuni nella loro serie

Le due sfide rimanenti a Est propongono comunque uno spettacolare mix di campioni ancora a secco di titoli come Jimmy Butler e James Harden, quattro squadre in attesa da tempo di tornare a vincere il massimo alloro (la stessa Boston è a secco di titoli dal 2008, ovvero quindici anni) e tanto altro ancora che ci proponiamo di analizzare nel dettaglio raccontandovi ciò che è successo al primo turno e cercando di prevedere, compito tanto ingrato quanto consueto, cosa succederà al secondo.

NEW YORK KNICKS (5) vs MIAMI HEAT (8)

Uno dei due turni già inaugurati domenica 30 aprile è la sfida tra i New York Knicks di Tom Thibodeau e i Miami Heat di Erik Spoelstra e non a caso abbiamo evidenziato i due allenatori in quanto si scontrano soprattutto due sistemi corali costruiti con pazienza e che hanno portato le rispettive squadre fin qui: la difesa asfissiante di Thibo (citofonare Cleveland Cavaliers per ragguagli, lasciati a 79 punti in gara-3) contro la catena di montaggio di Spo con Jimmy Butler a dirigere i lavori.

A proposito di Jimmy Buckets, giusto sottolineare i meriti di squadra che hanno avuto i Miami Heat nell’eliminare la prima classificata Milwaukee in cinque gare, poi però c’è da esporre questi numerini che hanno già fatto il giro del mondo:

56 punti, 19/28 dal campo, 15/18 ai liberi, 9 rimbalzi e una sola palla persa in una gara-4 vinta di cinque punti
42 punti, 17/33 dal campo, 8 rimbalzi in una gara-5 vinta di due punti.

98 in totale nelle ultime due gare della serie. Ma soprattutto il frutto di un Butler che nei rispettivi finali di partita ha fatto passare chiarissimo alla sua squadra il messaggio: “voi assistetemi in difesa, al resto penso io”.

La perdita di Tyler Herro non ha quindi condizionato Miami che ha compiuto lo sgambetto ai danni dei Bucks, i quali hanno confermato il loro punto debole: non avere un piano B quando qualcosa va storto. 

Così come l’infortunio di Khris Middleton ha portato all’eliminazione in favore di Boston lo scorso anno, in questi playoff è stata l’assenza di Giannis Antetokounmpo a indirizzare pesantemente la serie sulla via della Florida complice anche una gara-3 in cui gli Heat hanno dominato in lungo e in largo chiudendo sul +28. Poi quando il Greek Freak è tornato ha dovuto inchinarsi di fronte alla magistrale prova di Jimmy Butler.

A ricevere gli Heat si ripropongono i New York Knicks in un revival della grande semifinale di Conference del 2000 con gli ultimi Knickerboxers davvero vincenti che furono protagonisti di una battaglia conclusa solo in gara-7 in favore della formazione della Grande Mela.

Un punto in comune tra quella squadra guidata da Jeff Van Gundy in panchina e da Latrell Sprewell e Allan Houston in campo e i Knicks attuali non può che essere l’attitudine difensiva.

Ai tempi di coach Van Gundy tra Knicks e Heat non correva esattamente buon sangue...

Ai tempi di coach Van Gundy tra Knicks e Heat non correva esattamente buon sangue…

Nonostante lo smacco pesante dello scorso anno e la brutta uscita dai playoff al primo turno contro Atlanta di due stagioni fa Tom Thibodeau ha proseguito sulla via della coerenza: area chiusa, pressione conseguente sui tiratori da tre, costringere gli avversari a farne uno in meno più che cercare di farne uno in più di loro.

La tattica si è rivelata vincente contro i Cleveland Cavaliers quarti classificati in una regular season in cui avevano raccolto vari e meritati consensi ma che hanno pagato l’inesperienza playoff ad alti livelli di quasi tutti i loro effettivi, figuriamoci poi se il ritorno ai playoff prevede un accoppiamento contro una New York che ti costringe a sforzi immani per superare le mura erette nella loro area da Mitchell Robinson e Isaiah Hartenstein.

In estate si pensava che la scelta di Donovan Mitchell di andare a Cleveland invece che sposare la causa dei Knicks fosse l’ennesima sconfitta delle free agency di New York e invece è stato l’ex Jazz ad alzare bandiera bianca col suo apparente rimpiazzo, Jalen Brunson, che diventa il nuovo idolo di un Madison Square Garden di nuovo pieno e rovente per sostenere una squadra finalmente competitiva.

Il pubblico di New York però ha visto i propri nuovi beniamini cedere subito il fattore campo in gara-1 di semifinale di Conference con Miami che ha resistito ai tentativi di allungo dei Knicks nel primo tempo per poi prendere il largo nel secondo e non fermarsi più. Erik Spoelstra vince dunque la prima partita a scacchi col collega Thibo soprattutto perchè se la difesa Knicks si è confermata anche ieri granitica, l’attacco invece continua a funzionare molto poco.

NY ha tirato col 7/34 da tre punti e 4 di queste 7 triple sono arrivate dall’idolo Obi Toppin, certamente uomo di grinta ed energia ma non proprio un tiratore fatto e finito. Approfittando di queste percentuali avversarie (Brunson 0/7, RJ Barrett 1/5) Miami è riuscita ad aprire la scatola dal perimetro affondando i Knicks con le triple di Gabe Vincent (5/12 ma tutte in momenti topici) e di Kyle Lowry (3/6) che ha mostrato di poter offrire il suo prezioso contributo di esperienza vincente nel momento del bisogno.

Non è però solo questione di triple: Brunson e Barrett hanno soprattutto l’attaccare personalmente come prima opzione lasciando a Robinson, Hartenstein o Toppin il compito di facilitargli la via e quando rientrerà un Julius Randle comunque deludente (ad eccezione, a mio avviso, di gara-1) ci sarà un terzo attaccante dal palleggio senza ancora nessun costruttore di gioco. L’attacco di squadra è una lacuna che New York non ha colmato sin dai playoff 2021 contro Atlanta ed è preoccupante per i Knicks che il loro punto debole sia ancora questo.

Vittoria e fattore campo girato per Miami ma con la festa rovinata, tanto per cambiare, da un infortunio capitato proprio a Jimmy Butler che ha subito una bruttissima torsione alla caviglia. Il leader degli Heat ha voluto restare in campo per i sei minuti finali successivi all’infortunio ma in condizioni visibilmente precarie e sulla sua tenuta fisica quindi non si può purtroppo non porre un punto interrogativo per il resto della serie.

Miami ha mostrato di avere le carte in regola per approdare di nuovo alla finale di Conference come nel 2020 quando arrivò a giocarsi l’anello contro i Lakers ma la sorte, che l’ha favorita togliendo Antetokounmpo nel turno precedente, ora si sta accanendo mettendo fuori gioco Herro e forse Butler. Dal canto loro i Knicks dovranno offensivamente fare molto di più per ribaltare nuovamente la serie, Jimmy Buckets o no.

BOSTON CELTICS (2) vs PHILADELPHIA 76ERS (3)

Nemmeno il tempo di festeggiare lo sweep ai danni di ciò che resta dei Brooklyn Nets per i Philadelphia 76ers che subito sono arrivate due notizie poco piacevoli per quanto non nuove ai tanti tifosi della ex squadra di Julius Erving e Allen Iverson: l’infortunio a Joel Embiid e l’accoppiamento con i Boston Celtics per la quarta volta dal 2012.

Tatum festeggia, i Sixers delusi sullo sfondo: dal 2012 è andata sempre così

Tatum festeggia, i Sixers delusi sullo sfondo: dal 2012 è andata sempre così

Com’è andata nelle precedenti occasioni? Tre sconfitte con solo 4 vittorie in totale e un 4-0 nella bolla di Orlando che è costata a Brett Brown il posto di head coach dei Sixers. Prima ancora nel 2012 ci fu un 4-3 in semifinale di Conference subito da quella che sembrava essere la versione definitiva del Process e un 4-1 nel 2018 sempre al secondo turno.

Cabala a parte rimangono le condizioni fisiche di Embiid ciò che preoccupa di più Phila. Il camerunense è tra i doubtfuls per la gara-1 che ci sarà la notte italiana del 1 maggio al Boston Garden e in generale sarà valutato gara dopo gara ma come affermato sia da Doc Rivers che da Shams Charania l’infortunio non è affatto lieve.

Bisogna però riconoscere come la versione playoff 2023 dei Sixers sia una squadra diversa rispetto alle precedenti per come Rivers è riuscito a dare gerarchie e ruoli chiari a un roster che peccava soprattutto da questo punto di vista, convertendo definitivamente Tobias Harris al ruolo di ala difensiva (che non mi stancherò mai di dire quanto sia fondamentale per vincere il titolo NBA) e trovando risorse giovani in Tyrese Maxey, molto spesso trascinatore dei suoi, e nei tiratori De’Anthony Melton e Georges Niang.

In questo modo Phila è riuscita a non patire troppo il fatto che James Harden stia sparando a salve in questi playoff (3/13 in gara-2 con i Nets, 4/18 in gara-4 per il Barba) e a portare a casa il 4-0 contro una Brooklyn che però, va riconosciuto anche questo, non era affatto un test probante una volta privata dei suoi due leader designati Durant&Irving e che è arrivata ai playoff sostanzialmente per la rendita lasciata dai suddetti.

Peraltro se Philadelphia è riuscita faticosamente a diventare una squadra, Boston invece una squadra lo è da tempo malgrado i cambi che si sono susseguiti in panchina con l’abbandono prima di Brad Stevens, artefice di questi nuovi Celtics, e poi di Ime Udoka per le note faccende extraparquet (pronto l’incarico di risollevare gli Houston Rockets per Udoka)

Joe Mazzulla si è calato benissimo nel suo ruolo di coach giovane (classe ’88, per dirne una Al Horford ha due anni in più) ma determinato a far bene e ha lasciato intatti gli ingranaggi che hanno portato Boston a disputare la finale NBA lo scorso anno aggiungendo un’arma difensiva letale come Derrick White e un ottimo sesto uomo d’esperienza come Malcolm Brogdon.

Joe Mazzulla, head coach dei Celtics

Joe Mazzulla, head coach dei Celtics

Per il resto il piatto dello chef Mazzulla ha sempre gli stessi, ottimi ingredienti: Marcus Smart come leader emotivo e difensore sugli esterni, Jaylen Brown a spaccare tutto in penetrazione, Jayson Tatum a illuminare con la sua classe assoluta, Horford e Robert Williams ad occuparsi dell’area pitturata coi rimbalzi e la licenza di colpire dall’arco per il Big Al visto anche ai Sixers nel succitato 4-0 in favore di Boston nel 2020.

Se però Brooklyn contro Phila è crollata senza troppa resistenza (ci ha provato soprattutto un Mikal Bridges da quasi 24 punti di media nella serie senza però trovare troppo sostegno dai suoi) gli Atlanta Hawks hanno fatto ciò che potevano per impensierire i Celtics.

Dopo essere andati sotto 2-0 nelle due gare del Garden gli aquilotti della Georgia hanno portato a casa gara-3 grazie all’orgoglio di Trae Young ma approfittando anche di una versione poco concentrata di Boston che non ha difeso l’area se non nel finale quando l’inerzia era in mano alla squadra di casa.

Young ha dato fondo alle ultime energie in gara-5 dopo che i Celtics avevano aggiustato ciò che c’era da aggiustare e si erano presi gara-4 espugnando Atlanta e ha firmato 38 punti nel successo Hawks in trasferta per 119-117 aggiungendo anche 13 assist (15 in gara-4, poi 10 in gara-6) nonchè la tripla dal logo che ha chiuso la gara.

Nella successiva puntata della serie è stata però Boston a chiudere il discorso approfittando delle carenze difensive degli avversari (dietro DeAndre Hunter il nulla da questo punto di vista) e di un John Collins ancora una volta quasi per nulla incisivo (solo 4.3 rimbalzi per lui oltre che 18 punti in totale da gara-2 a gara-4)

Questo signore che ormai in attacco tira solo da tre e non prende rimbalzi vale 102 milioni fino al 2026

Questo signore che ormai in attacco tira solo da tre e non prende rimbalzi vale 102 milioni fino al 2026

Boston riceve quindi Philadelphia col vantaggio del fattore campo e per quanto la serie appaia ovviamente molto equilibrata la mia personale favorita sono proprio i Celtics soprattutto se Joel Embiid ritarderà il suo ritorno in campo (che non è detto neanche che ci sia peraltro)

Ci sono senz’altro gli elementi per una grande sfida, diversa dallo sweep con cui si è conclusa l’ultima tra le due squadre, ma sono soprattutto i Sixers che hanno diverse cose da dimostrare: il funzionamento della chimica di squadra anche contro un avversario importante, la resa offensiva di James Harden, l’efficacia nella difesa d’area contro due torri come Horford e Williams soprattutto in assenza (o in presenza con precarie condizioni di forma) di Embiid.

Non è ovviamente la prima volta che vediamo Joel Embiid sofferente al tappeto

Non è ovviamente la prima volta che vediamo Joel Embiid sofferente al tappeto

Un po’ troppi se per la squadra dell’ex Doc Rivers, che dopo l’epopea dei Big Three di Boston non ha peraltro più vinto nulla e ha convinto solo parte degli analisti e degli appassionati nella sua militanza ai Clippers e poi a Phila. In attesa che parli il parquet come sempre per quanto mi riguarda è quindi Boston a partire col favore del pronostico.

 

One thought on “NBA Playoffs: cosa aspettarsi dalle sfide della Eastern Conference

  1. Dopo aver scippato l’mvp a Jokic (furto totale), l’africano Zoppo viene piallato in casa dai Celtics con +/- negativo mentre il mago serbo con +/- positivo viene fermato solo da 86 (ottantasei!) punti di Booker + Durant. ConfeZionando l’ennesima tripla doppia da record.
    Di nuovo: mvp scippato.

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