And here we go! Frase resa famosa da Heath Ledger nella sua interpretazione di Joker in The Dark Knight. E a una settimana dall’inizio dei Playoff NBA, quando già sono arrivati i primi verdetti (vedi 4-0 Sixers sui Nets), è una frase detta a dir poco in ritardo. Tant’è… la pazzia, l’eccitazione, il cocktail di emozioni che le sfide “alla meglio di 7” regalano è qualcosa di unico.

Senza perdermi troppo nel poetico, devo svolgere il mio compito: riassumere in breve gli scorsi otto giorni della Western Conference. Insomma, tutto quel marasma di sfottò, espulsioni, trollate, infortuni e chi più ne ha più ne metta. Che se si guarda bene, tra una polemica e un’altra, si possono forse intravedere i parquet dove si stanno decidendo le sorti di questa stagione NBA.

Denver Nuggets (1) vs Minnesota Timberwolves (8): 3-0

Il secchione contro il ragazzino che “è intelligente ma non si applica”. Un riassunto calzante per una serie che – possiamo dirlo con tutta serenità – era finita prima ancora di cominciare. Dalla telenovela Gobert-Anderson nel play-in alla completa inefficienza di una squadra che in estate ha regalato a Utah Kessler e cinque prime scelte per il gigante francese. Perché si sa che, un po’ come contrappasso della trickle-down economics di Raegan, gli errori scriteriati del front office ricadono sempre e pesanti sul coach.

Gara 1 nella Ball Arena di Denver: 109-80. T’Wolves non pervenuti con un irriconoscibile Karl-Anthony Towns da soli 10 punti in 30 minuti.  I Lupi sono travolti nel terzo quarto con un parzialone di 32-14 in favore dei padroni di casa, che danno così lo strappo decisivo per prendersi il primo punto.

Gara 2: altro giro altra corsa. Questa volta non è un asfaltamento completo, ma Denver si limita ad un 122-113. Una partita in realtà combattuta fino all’ultimo minuto, con una meravigliosa sfida a distanza tra Jamal Murray (40 con 5 assist per lui) e Anthony Edwards (41 con 4 assist).

Da guardare e riguardare il jumper di Ant-Man al minuto 3. Non solo per la caratura del canestro, ma per quell’urletto prima che il pallone faccia muovere la retina. Perderanno 4-0, con tutta probabilità, ma se l’ex-Georgia si diverte sul parquet lo spettacolo è assicurato. A dare manforte a Murray i 27 punti, 9 rimbalzi e 9 assist di Nikola Jokic. Continuano invece i Playoff con il freno a mano tirato di KAT: di nuovo 10 punti in 34 minuti.

Gara 3, questa volta al Target Center di Minneapolis. Lo script è simile a quello di gara-2: 120-111 con una partita giocata punto a punto per 48 minuti. Per la squadra di casa, è ancora Edwards il protagonista (38 con 7 rimbalzi e 5 assist). Questa volta alla festa si aggiunge pure Towns, con 27 punti. Una festa rovinata dalla tripla doppia di Joker (20-11-12) e dai 25 punti + 9 rimbalzi di Micheal Porter Jr. Con gara 4 stanotte la squadra di Malone proverà chiuderà la pratica, e garantirsi qualche giorno di riposo prima di sfidare una tra Suns (più probabile) e Clippers.

Che Denver fosse una potenza non c’erano molti dubbi. Lo certificava la posizione in classifica (prima nella Western Conference, quarta in tutta l’NBA). E la candidatura di Jokic al terzo MVP consecutivo (che non vincerà complice Embiid ma che a parer mio si merita). Ha sorpreso il modo in cui le Pepite Dorate hanno affrontato le tre partite. Sette giocatori sono andati almeno una volta in doppia cifra. Lo stesso Joker serbo non deve fare gli straordinari per portarsi a casa le partite. Anzi, si veda gara-1, può permettersi serate quasi inefficenti (sta comunque tirando con il 57% dal campo).

Alla ribalta, invece, Murray (quasi un trentello a partita) e Porter Jr. MPJ potrebbe essere la chiave andando avanti: ha saltato 20 gare quest’anno, e non ha mai convinto dopo essere rientrato dall’infortunio. I dati di inizio Playoff raccontano però un’altra storia: 53,7% dal campo e 50% da tre. Per chi ha le potenzialità per essere uno dei migliori lunghi tiratori della Lega, è un segnale fondamentale. Se il contributo di questi due sarà costante, aggiunto a quello sempre solido di Gordon… Suns siete avvisati.

Memphis Grizzlies (2) vs Los Angeles Lakers (7): 1-2

Boom! Gara-1, 112-128 e i Lakers corsari rubano subito il fattore campo. Doveva essere la partita di Ja Morant, LeBron James e Anthony Davis. Alla fine è stata quella di Jaren Jackson Jr, Austin Reaves e Rui Hachimura. Il giapponese con un career-high (29 punti in 30 minuti) e l’ex-Oklahoma con 23 punti e un sonoro I’m him! urlato in quel di Memphis. A nulla valgono i 31 di JJJ.

 

Più che sul risultato, o su chissà quale prestazione offensiva, è necessario soffermarsi su un’altra cosa: il fantomatico fallo della charge. A 5 minuti dal termine, Morant attacca il ferro, incontra il corpo (completamente immobile) di Anthony Davis, e cade malamente sul parquet piegando la mano in modo innaturale.

Il susseguirsi nello spazio di due ore dell’infortunio di Ja Morant e di Giannis Antetokounmpo in situazioni molto simili ha fatto esplodere il dibattito a riguardo. Molti giornalisti addirittura chiedevano a gran voce alla NBA di cambiare il regolamento e vietare ai difensori di creare turnover in quel modo. Credo sia a dir poco un’assurdità, ma non è questo lo spazio per iniziare una Filippica.

Gara 2: no Morant? No problem. 103-93, e i Grizzlies rimettono in parità la serie. Un impressionante sforzo di squadra, con 6 giocatori in doppia cifra, guidati dai 22 punti + 13 rimbalzi di Xavier Tillman. Ai Lakers non bastano i 28 di LBJ e i 20 di Hachimura. Una notte sottotono per Davis condanna i gialloviola ad incassare la sconfitta. E la stoppata di Konchar proprio ai danni di AD è l’immagine di questa seconda partita.

A fine partita, uno spettacolino tanto sgradevole quanto ridicolo. Dopo qualche parolina scambiata in campo, Dillon Brooks (sì, non Steph Curry, non KD, ma Dillon Brooks) si sfoga ai microfoni della ABC. “Non mi interessa… LeBron è ormai vecchio. Non rispetto nessuno finché non segna 40 punti contro di me”. Evidentemente le Finals del 2016 non gli hanno insegnato nulla.

I Lakers si rimettono subito in carreggiata sul parquet casalingo della Crypto Arena. In Gara-3 vincono 111-101 trascinati da un Anthony Davis da 31 punti e 17 rimbalzi. Il primo quarto termina 35-9 per i padroni di casa. LeBron risponde alle paroline di Brooks con 25 punti e 9 rimbalzi mentre la sua simpatica controparte, dopo una serata da 3/15 dal campo, si fa espellere all’inizio del terzo quarto dopo una manata ai gioielli di famiglia di LBJ. If you poke the bear, you better back it up.

Doris Burke, fenomenale commentatrice per ESPN, ha definito in maniera perfetta il 24 di Memphis: “Non porta atletismo sul parquet. Ovviamente non porta nemmeno capacità di tiro”. Allora, oltre ad agonismo al di fuori delle righe e qualche buon possesso difensivo, a cosa serve Brooks?

Da lodare il ritorno di Ja MOrant, protagonista di un ultimo quarto stellare in cui è arrivato a segnare 22 punti consecutivi. I 45 totali alla sirena, conditi con 13 assist e 9 rimbalzi, non sono bastati. Questo è il risultato quando si predica nel deserto, o quasi. Adesso i Lakers hanno l’opportunità di dare uno strappo decisivo per passare il turno. Con l’aiuto di una difesa del pitturato a dir poco stratosferica. Sono 8.7 le stoppate a partita dei gialloviola: AD solo in gara-1 ne aveva messe a tabellino 7 da solo.

Sacramento Kings (3) vs Golden State Warriors (6): 2-1

Serie avvincente, con due palazzetti gremiti che esplodono ad ogni canestro. Veramente uno spettacolo. Le prime due partite sono state all’insegna del laser viola, il famoso beam ormai parte della tradizione vincente instaurata quest’anno in quel di Sacramento.

Gara-1: 126-123. I Kings strappano la vittoria con una performance da 70 punti della coppia Fox-Monk. I due ex-Kentucky prendono in mano la squadra di Mike Brown, eletto all’unanimità Coach Of The Year, e rispondono colpo su colpo alla batteria di tiratori di Steve Kerr. Nota positiva per gli Warriors? Dopo varie settimane, il rientro di Wiggins con 17 punti a referto. Ma anche la capacità di rimanere attaccati alla partita in un Golden 1 Center che avrebbe fatto tremare le ginocchia pure ai Trecento spartani.

Gara-2: 114-106. Ancora una partita giocata sul filo del rasoio fino all’ultimo. I nervi sono tesissimi. Questa volta a salire in cattedra, oltre a Fox (il nuovo Clutch Player of The Year), c’è anche Sabonis. Dopo una gara-1 solida, esplode 24 punti e 9 rimbalzi nonché guadagna l’espulsione di Draymond Green. Sì, Sabonis da terra prende la gamba di Draymond. No, quello del 23 di Golden State non è un movimento per liberarsi, ma è un cosidetto pestone. La gara disqualifica comminata dalla NBA al veterano è a mio parere troppo poco. Non perché il gesto in sé meritasse una punizione più dura, e nemmeno per il motivo che è stato dato dalla stessa Lega (è l’ennesimo comportamento antisportivo di Green). Sarebbe bastato guardare le scenate con il pubblico dello stesso Draymond.

Per Gara-3 si va al Chase Center di San Francisco. Golden State è praticamente in un do-or-die game e risponde presente. Un sonoro 114-97 per rimettere Sacramento con i piedi per terra e mandare un semplice messaggio: “Il Larry O’Brien Trophy è ancora nella nostra sala trofei”. I 36 di Curry accendono la miccia, accompagnati dai 20 punti di un sempre più fluido Wiggins e dai 20 rimbalzi di Kevon Looney. Male finora Poole, che sta rendendo fin troppo al di sotto delle aspettative (circa 12 punti a partita in media).

Stasera alle 21.30 Gara-4, decisivo per entrambi. I Guerrieri per riaprire il discorso passaggio del turno, i Re per chiudere la porta in faccia ai campioni in carica. Aspettiamoci un’atmosfera elettrica… semplicemente da Playoff NBA.

Phoenix Suns (4) VS Los Angeles Clippers (5): 3-1

Con Paul George ai box, i Clippers dovevano trovare un modo alternativo per creare difficoltà ad una delle corazzate della Lega. Ci sono riusciti, anche se solo per 48 minuti. Gara-1 nel deserto va infatti ai losangelini: 110-115. Non bastano ai ragazzi di Monty Williasm i 27 di Kevin Durant e i 26 di Devin Booker. Agli ospiti bastano i 38 di Kawhi Leonard e i 53 della panchina per strappare il primo punto della serie. Fondamentale in difesa lo sforzo di Westbrook, che nell’ultimo possesso stoppa Booker e con una giocata di grande mestiere guadagna il possesso.

Si torna sul parquet due giorni dopo, ma i Suns hanno decisamente una faccia diversa. Gara-2 si chiude con una sonora batosta rifilata ai Clippers, 123-109, in una gara controllata quasi sempre dai Soli dell’Arizona. Sono 38 i punti sul tabellino di Booker, 25 quelli di KD.

Prima di Gara-3, arriva la doccia fredda in California. Leonard ha avuto complicazioni al ginocchio e salterà almeno quella partita. Salgono allora in cattedra Westbrook, che dopo i 28 punti di tre sere prima si regala una splendida prestazione dentro la Crypto Arena (30-12-8), e Norman Powell (42 con 5 rimbalzi). La vittoria però pende dalla parte di Phoenix: 124-129. Il sorpasso nella serie è targato Devin Booker: 45 punti, 6 rimbalzi e 3 assist. Con quell’eleganza che tanto ricorda il Black Mamba.

Sempre costante e presente The Slim Reaper Kevin Durant, che piazza i suoi soliti 28 punti per suggellare la vittoria Suns.

Due giorni dopo, ed è ancora una Crypto Arena senza Kawhi sul parquet. Ancora una volta, pur dovendo trovare soluzioni di emergenza, Ty Lue riesce a rimanere attaccato alla corazzata dell’Arizona fino ai minuti finali. Gara-4, però, è di nuovo dei Suns: 100-112. Sono 30 con 9 assist e 7 rimbalzi per Booker, 31 con 11 rimbalzi per KD e 19 per un Chris Paul che per la prima volta nella serie diventa decisivo nell’ultimo quarto.

A poco valgono gli eroici 37 punti di Russel Westbrook, che sembra davvero aver ritrovato una energia che nell’altra sponda di LA era un lontano ricordo. La condanna di chi, terza stella di una squadra, è costretto per infortuni a giocare come primo violino senza aiuti consistenti dai compagni di squadra.

“Per molti ora è divertente scherzare su Westbrook. Ma a fine carriera, sarà riconosciuta da tutti la verità riguardo al suo valore”. Parole di Durant che, ai margini di Gara-4, incoronano le prestazioni di Russ. Ma vincere queste partite da solo è davvero impossibile.

Protagonista assoluto, nella metà campo opposta rispetto a Westbrook, è Devin Booker. Una partenza ai razzo in questi Playoff, di cui è il miglior marcatore con 109 punti in 4 partite. L’ex-Kentucky sta tirando con percentuali al limite dell’assurdo: 41 % da tre e 60% dal campo. Che per uno che al ferro non ci va quasi mai, è qualcosa davvero di impressionante.

Ora si torna nel deserto, con il primo match point in mano a Phoenix. Con la tangibile impressione che non ci sarà bisogno di un secondo match point.

 

 

One thought on “NBA Playoffs 2023: la situazione nella Western Conference

  1. Phoenix-Denver finale anticipata (peccato).
    Come si fa a non dare il terZo MVP a Jokic? Solo per omaggiare a posteriori Larry Bird, ovviamente. Se capita, dà la misura di quanto la NBA si sia ridotta a mero circo: un centro che chiude la stagione a 0,2 assist dalla tripla doppia di media dove si è mai visto? Forse Chamberlain. Embiid segna di più perchè tira di più, semplice.
    Memphis in rotta accoppiamento perfetto per l’uomo-marketing Lebbros J. entrato ai playoff per il rotto della cuffia (nuovo patetico regolamento per allungare la brodaglia della stagione che invece andrebbe ridotta per dei playoff dove i favoriti sono quelli in grado di scendere in campo sani) potrebbe addirittura farsi la finale di conference se i Warriors proseguono nella crisi di nervi…

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