Nello sport ciò che separa un ottimo atleta, o un’ottima squadra, dall’essere vincente è molto spesso la capacità di reagire alle avversità.

La NBA, prodotto di quegli Stati Uniti pregni fino al midollo dell’American Dream secondo cui chiunque può arrivare al successo se ha la forza di lottare contro tutto e contro tutti, non fa certo eccezione e così abbiamo visto il GOAT Michael Jordan tornare a riprendersi la lega fino all’ultimo canestro (in tutti i sensi) dopo il suo primo ritiro contorniato, tra l’altro, dalla tragica scomparsa del padre.

Successivamente, per citare un esempio che coinvolge vicende più sportive e meno personali, Dirk Nowitzki ha superato la fama di perdente e le brucianti sconfitte con Miami dopo aver buttato un vantaggio di 2-0 nelle NBA Finals e con i Golden State Warriors di Baron Davis al primo turno playoff arrivando a vincere il titolo da trascinatore vero dei suoi Dallas Mavericks.

In questo periodo la lega di pallacanestro più prestigiosa al mondo sta avendo al centro dei riflettori una franchigia che è dentro fino al collo nel periodo più avverso della sua storia recente, nonchè il primo vero momento di difficoltà da quando occupa stabilmente i primi posti nella Western Conference: i Memphis Grizzlies.

Gli orsi della città di Elvis hanno scelto una strada ben precisa per la propria ricostruzione dopo l’era luminosa di Zach Randolph e Pau Gasol imbeccati da Mike Conley: quella della gioventù al potere. Con il solo Steven Adams a fare da veterano equilibratore i Grizzlies hanno eletto a propri nuovi leader Jaren Jackson Jr., scelto allo stesso draft di Luka Doncic, Trae Young e DeAndre Ayton, e soprattutto Ja Morant, entrambi classe ’99. Al loro fianco Desmond Bane, appena un anno più vecchio e pescato da Boston con la numero 30.

Il coach Taylor Jenkins ha così potuto mettere su una gioiosa macchina da guerra che corre, segna ed entusiasma i propri tifosi e gli appassionati in tutto il mondo con Morant a volare al decimo piano, spaccare le difese col suo devastante primo passo e aprire gli spazi per le triple di Bane (nomen omen per gli avversari) e con Jackson che quando in salute aggiunge atletismo ad atletismo con la sua verticalità sotto i tabelloni potendo contare su Adams nel ruolo di addetto al lavoro sporco che ha magistralmente interpretato per tutta la carriera.

Negli ultimi anni nulla sembrava poter fermare l’ascesa di Memphis, che ha conquistato subito i playoff nel 2020-21 e ottenuto un’onorevole eliminazione al secondo turno l’anno successivo per mano dei futuri campioni e passati pluricampioni dei Golden State Warriors. Il mese di marzo 2023 però ha visto i Grizzlies affrontare quello che prima o poi si sarebbe dovuto giocoforza palesare: il momento duro, forse la prova definitiva per dimostrare di saper lottare oltre che di saper entusiasmare.

E il momento duro ha colpito soprattutto il trascinatore morale e materiale di Memphis: Ja Morant.

Morant esulta mimando gli spari, presagio di quanto accadrà...

Morant esulta mimando gli spari, presagio di quanto accadrà…

Già il 1 marzo Morant aveva dovuto affrontare una denuncia per un alterco avvenuto a settembre con un 17enne durante una partita al campetto. Secondo quanto riportato dal Washington Post, un diverbio durante la partita stessa aveva infatti portato Morant ad assalire fisicamente il ragazzo, reo di averlo provocato e minacciato lanciandogli addosso il pallone; il giocatore dei Grizzlies era poi andato a casa a recuperare una pistola.

Ancora più grave però è stato l’episodio avvenuto successivamente alla gara in casa dei Denver Nuggets. Il 3 marzo si affrontavano infatti le due capoliste della Western Conference, le uniche con i Sacramento Kings ad aver mantenuto un rendimento costante in un girone pieno di squadre dall’andamento altalenante.

Il campo ha espresso un sonoro -16 per i Grizzlies che hanno ceduto di schianto nel secondo tempo sotto i colpi della tripla doppia di Nikola Jokic da 18+18+10 (e 7/10 dal campo) e di Jamal Murray e Michael Porter Jr. che con 48 punti in due hanno devastato il perimetro avversario. Proprio il territorio di Ja Morant.

Il quale ha sfogato poi la sua frustrazione per la pesante sconfitta (o forse voleva solo divertirsi in maniera estrema) con una notte brava in uno strip club di Glendale, località del Colorado a circa 5 miglia da Denver, filmandosi per una storia su Instagram in cui brandisce, nuovamente e visibilmente, una pistola.

Un’azione di questo tipo non poteva essere priva di conseguenze. Iniziamo subito da quelle giudiziarie: la polizia del Colorado ha aperto legittimamente un’indagine che si è però conclusa senza la rilevazione di reati commessi da parte di Ja o di altre persone, sottolineando come non siano pervenute denunce o rintracciate armi da fuoco.
Legalmente, quindi, Morant esce pulito da questa storia e la palla passa alla NBA e al suo regolamento.

Qui la tegola potrebbe essere pesante per Morant e per i Grizzlies. Se fosse dimostrato che Ja era in possesso della pistola in un luogo “NBA-related” come potrebbe essere lo spogliatoio dell’arena di Denver il giocatore di Memphis potrebbe essere soggetto a una lunga sospensione con effetti devastanti sulla stagione della squadra, che intanto lo ha autonomamente già escluso dalle due gare successive e poi per altre 4 partite.

La foto fornita da Bobby Marks riguardante il regolamento CBA sulle armi da fuoco

L’immagine fornita da Bobby Marks riguardante il regolamento CBA sulle armi da fuoco

Le scuse di Morant non hanno tardato ad arrivare. Il giocatore ha rimosso tutti i suoi profili social e ha ammesso la gravità del suo gesto, affermando che è stato conseguenza di un momento di stress gestito nella maniera peggiore possibile.

Nel frattempo però senza di lui Memphis ha perso anche le successive due gare contro le due squadre di Los Angeles prima di ottenere due vittorie contro i Warriors da tempo in crisi nera (al di là della vittoria contro i Sixers di stanotte) e contro i Mavericks privi sia di Luka Doncic che di Kyrie Irving e che nonostante ciò hanno perso solo di 4 punti in casa dei Grizzlies.

La posizione di classifica della squadra allenata da Taylor Jenkins non è cambiata troppo mantenendo il secondo posto seppur con l’aggancio da parte dei Sacramento Kings (altra squadra per la quale si attende il momento avverso, anche se per la franchigia le avversità si sono protratte per anni…) ed è molto probabile che le relativamente poche gare che mancano al termine della regular season e il già citato andamento stentoreo delle avversarie facciano in modo che i Grizzlies finiscano comunque in alto in classifica (attualmente hanno un buon vantaggio di 3.5 vittorie sui Suns quarti e privi di Kevin Durant causa distorsione)

Chiaro però che anche nel caso in cui Morant non debba scontare una sospensione così lunga da fargli perdere il resto della stagione la squadra ha subito uno scossone non da poco. E’ facile dire che rientrato Ja i Grizzlies torneranno subito quella macchina da gioco apprezzata negli ultimi anni ma l’inserimento di un giocatore sospeso legittimamente dalla propria squadra e resosi protagonista di azioni gravi tali da minare l’equilibrio di una franchigia in ascesa non sarà indolore.

Aggiungiamo poi che Steven Adams, come accennato unico vero uomo d’esperienza a disposizione di Taylor Jenkins, è fuori da fine gennaio e potrebbe non rientrare più per la stagione.

Da questo punto di vista si inseriscono probabilmente le dichiarazioni spavalde di Dillon Brooks, resosi protagonista di una faida verbale con Draymond Green e anche di attacchi a Kyrie Irving e Luka Doncic prima della gara vinta contro Dallas.

I due nuovi nemici acerrimi della NBA: Dillon Brooks e Draymond Green

I due nuovi nemici acerrimi della NBA: Dillon Brooks e Draymond Green

A mio personalissimo avviso le chiacchiere di Brooks, che sin dall’anno scorso sembrava destinato a ricoprire il ruolo di “bad guy” dei Grizzlies interpretato proprio da Green a Golden State (e non solo, molte squadre vincenti hanno avuto il loro “cattivo”, pensando a giocatori come Dennis Rodman o Bruce Bowen) servono proprio a cercare di accentrare l’attenzione mediatica su di sè distogliendola almeno in parte da Morant.

Com’è e come non è gli scambi di battute tra Brooks e Green hanno dato alla carta stampata pane per i propri denti: dal “io odio i Warriors” pronunciato da Dillon al “clown” datogli dall’Orso Ballerino dei Warriors. Anche da queste situazioni di contorno comunque si capisce come la pallacanestro giocata sia attualmente l’argomento meno in voga dalle parti di Memphis.

Impossibile non pensare che la stagione dei Grizzlies sia compromessa perlomeno se si parla di puntare al titolo NBA o anche solo alle finali per le quali ora Denver è troppo più quotata e potrebbero riemergere anche squadre come i Clippers, se non crolleranno definitivamente insieme a Russell Westbrook, o i Suns se potranno avere risultati dall’inserimento di Durant. Alla squadra di Taylor Jenkins spetta però ora il compito di chiudere al meglio l’annata e di utilizzare l’offseason per mettere a posto le vicende extracampo.

Le avversità sono arrivate e belle pesanti insomma. Ma se i Memphis Grizzlies saranno in grado di risolvere avranno un’arma in più per puntare a quell’anello di cui la franchigia è ancora priva: l’esperienza che viene dall’imparare dagli sbagli.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.