Il giro di boa delle NBA Finals 2022 vedeva i Golden State Warriors apparentemente con le spalle al muro. La formazione allenata da Steve Kerr si apprestava a disputare gara-4 in svantaggio 2-1 e con i Boston Celtics che potevano approfittare della spinta del TD Garden per tornare a San Francisco in vantaggio di due partite e mettendo una seria ipoteca sul ritorno in Massachussetts del Larry O’Brien Trophy dopo 14 anni.

La pressione sulle spalle dei Warriors non poteva che aumentare esponenzialmente dopo l’inizio della partita in cui i Celtics hanno messo in campo una difesa aggressiva e asfissiante che ha forzato palle perse in quantità e propiziato il primo break dopo 4 minuti col vantaggio 11-4 per i padroni di casa.

Può essere l’inizio della cavalcata verso il 3-1 in favore di Boston, è l’inizio di qualcosa che i tifosi di tutto il mondo registreranno nel libro dei ricordi per molto, moltissimo tempo: in contropiede arrivano infatti i primi due punti dal campo di Wardell Stephen Curry.

Non è esattamente l'espressione di un giocatore con la pancia piena...

Non è esattamente l’espressione di un giocatore con la pancia piena…

Ciò che ha messo in campo l’ormai leggendario numero 30 dei Warriors è un’opera d’arte cestistica in cui la cosa meno importante sono le cifre. E allora togliamoci subito il pensiero: 43 punti, 7/12 da due, 7/14 da tre, 10 rimbalzi, 4 assist. Anche 5 palle perse per la verità a ricordarci che è un mortale.

Non sono tuttavia i numeri a rendere la performance di Steph tra le migliori della sua carriera (qualcuno dice addirittura la migliore in assoluto, personalmente ci vado piano solo perchè sono davvero troppe le partite stellari nella carriera di Curry) quanto il fatto che ogni singolo punto ha un’importanza pesantissima all’interno di quello che potrebbe rivelarsi il pivotal game delle finali di quest’anno.

Con due triple e un pazzesco appoggio al tabellone Steph ha dato il primo vantaggio a Golden State già negli ultimi minuti di un primo quarto che sembrava come detto indirizzato verso la strada dei Celtics; nel terzo quarto sono 14 i punti del figlio di Dell con 4/5 da tre incluse due conclusioni pazzesche (ambedue con probabile fallo) per riportare sopra i Warriors dopo che Boston si era riportata in vantaggio. Dulcis in fundo nell’ultimo quarto i suoi missili hanno definitivamente chiuso la partita contribuendo a un devastante parziale di 15-3 in favore della sua squadra.

E pensare che dopo il probabile infortunio in gara-3 la sua presenza era anche in dubbio.

In difesa su di lui peraltro Derrick White ha fatto davvero tutto ciò che poteva aggiungendoci anche 16 punti con 3/5 da tre e confermando un’ottima serie dopo tante gare di postseason deludenti per l’ex Spurs. Ma quando basta letteralmente mezzo secondo a Curry per sparare e segnare anche con contatti tutt’altro che leggeri durante il tiro non si può che dire “bravo lui”. 

La pressione di cui parlavamo si è quindi immediatamente spostata sulle spalle dei Celtics che pur trovandosi molto spesso in vantaggio hanno trovato sulla loro strada dei Warriors a cui il ruolo di inseguitori non va per nulla male data la loro esperienza infinitamente superiore nelle battute finali della postseason.

Così mentre in attacco l’identità di squadra di Boston si è tutto sommato mantenuta complice anche una gara assolutamente deludente di Draymond Green, nella metà campo dei locali Curry ha mandato completamente in tilt l’ingranaggio difensivo di Ime Udoka e a fare il resto sono stati un Klay Thompson letale (7/17 dal campo per l’altro Splash Brother ma canestri tutti decisivi anche per lui) e soprattutto un protagonista che a inizio anno in pochi avrebbero previsto in grado di decidere una gara di finale.

Andrew Wiggins era arrivato ai Warriors in una situazione emergenziale dovuta al secondo infortunio di Thompson e ha trascorso un anno senza convincere. In questa stagione però Steve Kerr lo ha lentamente trasformato da scorer tendente all’hero ball in uomo squadra capace di fare il lavoro sporco e di colpire dal perimetro quando le difese blindavano Curry.

Gara-4 ha visto definitivamente compiuta la maturazione dell’ex prima scelta assoluta capace di tirare giù un career high di 17 rimbalzi di cui 3 offensivi e chiudendo con un plus minus addirittura di +20.

Boston perde il fattore campo ma non è la sconfitta casalinga la notizia peggiore per i detentori del titolo di campioni nella Eastern Conference. La squadra di Udoka aveva infatti portato a casa gara-1 rispondendo colpo su colpo alle bordate di Curry e soci (ricordiamo che Steph nel primo quarto dell’opening game delle Finals aveva realizzato addirittura 6 triple consecutive) continuando a giocare la propria pallacanestro ed emergendo alla distanza. Nelle tre gare successive tuttavia ciò non si è più verificato.

In gara-2 Boston ha ceduto al devastante terzo quarto dei Warriors (proprio nella terza frazione di gioco tra l’altro Golden State ha fatto più male ai Celtics in questa serie) mentre nell’esordio casalingo i verdi del Massachussetts sono stati sempre avanti riuscendo a neutralizzare un solo vero momento di difficoltà come era stato il furioso tentativo di rientro degli avversari manco a dirlo al rientro dalla pausa lunga. La squadra più titolata della NBA non è più riuscita (soprattutto difensivamente) a trovare delle contromisure davvero efficaci quando Golden State piazza i suoi parziali tanto veloci quanto letali e questo non può lasciare affatto tranquilli i tantissimi tifosi di Boston nel mondo in vista del prosieguo della serie.

Al Horford è definitivamente tornato sulla terra dopo i bagordi di gara-1 (8 punti senza mai tirare da 2 in gara-4 anche se l’unico canestro di Boston nel 15-3 finale è stata la seconda delle sue due triple) mentre Robert Williams III ha iniziato stoppando Curry ma alla lunga è stato pesantemente limitato da un Kevon Looney sempre più a suo agio nel ruolo di gregario per eccellenza e dallo stesso Wiggins. La coperta di Udoka si è rivelata inoltre piuttosto corta dato che dalla panchina il solo White ha dato un contributo rilevante e i tiratori Grant Williams e Payton Prichard hanno tirato la miseria di 4/13 da tre in due tra gara-2, 3 e 4.

Così Jay&Jay si sono ritrovati troppo soli: Jaylen Brown conclude con 21 punti ma 5 falli e 9/19 dal campo mentre Jayson Tatum ancora una volta è titolare del poco ambito riconoscimento di losing effort con i suoi 23 punti ma anche per lui con un non esaltante 8/23 dal campo e soprattutto con Klay Thompson che negli ultimi minuti lo ha letteralmente annullato. Non ha certo aiutato un Marcus Smart da 18 punti ma dal plus-minus che recita addirittura -17.

Dopo 4 gare siamo al punto di partenza: 2-2 e fattore campo in mano ai Warriors. Le certezze di Boston di cui abbiamo parlato tante volte sono però attualmente piuttosto vacillanti al cospetto di uno Steph Curry stellare come negli anni ’10 e di una squadra che sta facendo alla lunga pesare il fatto che i giocatori di Boston siano tutti esordienti nelle Finals.

La serie è tutt’altro che conclusa e Boston ha dimostrato più di una volta di non morire cestisticamente mai ma i favoriti per l’anello NBA 2022 ad oggi sembrano i Golden State Warriors. A Ime Udoka e ai suoi giocatori il compito di smentire ancora una volta i pronostici della vigilia a partire da una gara-5 al Chase Center dal peso specifico incommensurabile. 

 

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