Ce n’è per tutti i gusti nelle semifinali di Western Conference NBA versione 2022: una serie giocata sulla velocità e sull’atletismo come quella tra Memphis e Golden State e un’altra più fisica e rallentata come lo scontro tra Phoenix e Dallas. Battaglia doveva essere e battaglia finora è stata dentro e fuori dal campo visti i vari episodi controversi: analizziamo quindi quanto offerto da quelle che sono le 4 migliori squadre dell’Ovest sia per la regular season che per i playoff.

MEMPHIS GRIZZLIES – GOLDEN STATE WARRIORS 1-2

Due battaglie all’ultimo sangue e un quasi monologo in favore della squadra di casa per una serie che appare in mano ai Golden State Warriors ben oltre quanto visto in campo e anche ben oltre l’infortunio di Ja Morant nei minuti finali di una Caporetto per i Memphis Grizzlies come è stata gara-3.

Per quanto si sia visto del gran bel basket anche da parte della squadra allenata da Taylor Jenkins i fatti dicono che i Warriors sono finora a un finale di onnipotenza cestistica da parte di Ja Morant in gara-2 dall’essere 3-0 e comunque potranno proseguire la serie con gli avversari probabilmente menomati a tempo indeterminato della loro stella e con in mano a Curry e compagni quelle che sembrano le stesse certezze che hanno fatto grande la franchigia della Bay Area nella seconda metà dei ’10s.

Andiamo per ordine e cominciamo da gara-1, quella in cui i Grizzlies hanno perso il fattore campo e probabilmente molte possibilità di giocarsela davvero alla pari con il blasonato avversario. Gli uomini di Jenkins non hanno avuto davvero nulla di cui rimproverarsi, andando sopra di 8 nel primo tempo, ribattendo colpo su colpo alla sfuriata di Steph Curry nel terzo quarto con le triple di Jaren Jackson Jr. (doppia doppia da 33+10 rimbalzi e 7/9 da tre per un altro grande prodotto del grandissimo draft 2018) e arrivando a giocarsela punto a punto grazie anche a un Morant subito con la testa nella serie coi suoi 34 punti (anche se con 31 tiri)

In mezzo il primo episodio discusso della serie: a 1’12” dal termine del primo tempo Draymond Green abbranca Brandon Clarke pronto a segnare e lo butta giù mentre è in volo. Molto si è detto su questo fallo sanzionato poi con un flagrant: personalmente riassumerei il tutto semplicemente con un Draymond being Draymond, anche per lo spettacolino messo su dal leader difensivo di Golden State dopo l’espulsione conseguente al flagrant.

I secondi finali hanno visto prima Memphis assaporare la vittoria con lo 0/2 di Klay Thompson ai liberi sul +1 per Golden State con 4 secondi scarsi da giocare e poi le speranze degli orsi svanire a causa di una grandissima difesa proprio di Thompson sull’ultimo tiro di Morant. La seconda metà degli Splash Brothers con Curry ha infatti tenuto magnificamente sul furioso attacco del ben più giovane ed esplosivo avversario (Thompson verrebbe da due anni di martirio alle ginocchia, ricordiamolo) costringendolo all’errore.

In sostanza i Grizzlies hanno fatto quanto di meglio potevano fare ma hanno comunque perso gara-1 in casa. Per la partita successiva è servito ancora qualcosa di più per la squadra di Jenkins.

Stesso copione di gara-1: Memphis inizia avanti, Golden State riprende gli avversari, il finale è drammaticamente combattuto. Non possiamo però prescindere da quella che è stata purtroppo una delle azioni più ricordate del secondo atto nella serie: il fallo di Dillon Brooks su Gary Payton III che ha tolto dalla gara e dalla serie uno dei principali difensori dei Warriors.

Sul contropiede del figlio del Guanto dei Seattle Supersonics Brooks assesta una vera e propria bastonata sulla testa dell’avversario che cade malissimo sul gomito ed esce dal campo: flagrant 2 ed espulsione immediata per Brooks con tanto di squalifica per gara-3. A prescindere dalla volontà reale di far male da parte di Dillon Brooks (e per me tale volontà non c’è assolutamente) un fallo molto brutto che è apparso come una risposta all’episodio con protagonista Green in gara-1.

Tornando ad aspetti migliori della spicchia c’è da commentare il succitato punto a punto finale e soprattutto quel qualcosa che va oltre tutto ciò che i Grizzlies hanno messo in campo in gara-1: un Ja Morant da 47 punti anche stavolta con 31 tiri e aggiungendo 8 rimbalzi e 8 assist ma soprattutto trascinatore assoluto dei suoi nei minuti conclusivi che sembravano più volte prendere la strada di Golden State.

Memphis evita l’uno-due a domicilio quindi, ma è in gara-3 che vengono a galla tutti i punti deboli dei Grizzlies. Non solo per il punteggio inappellabile che dice 142-112 per Golden State ma soprattutto perchè Memphis ha messo in campo un piano partita alquanto discutibile: fare il gioco degli avversari, correre a velocità supersonica e prendere tanti tiri in transizione cercando recuperi con un’aggressiva difesa a metà campo, ma scontrandosi contro chi quel tipo di gioco lo ha praticamente inventato.

Così finchè le percentuali reggono la partita è in equilibrio prima che dall’inizio del secondo quarto i Warriors scappino via senza farsi più riprendere sulle ali dei soliti Splash Brothers (30 per Steph, 21 per Klay) ma anche dei 18 con 8/10 di Jonathan Kuminga che sostituiva Payton in quintetto, dei 27 dalla panchina di un Jordan Poole non più sorprendente e di un eloquente 63.1% dal campo di squadra. Poi, nel finale di partita, il terzo fattaccio su tre gare: l’infortunio di Morant.

Ricapitoliamo: a 6’31” dal termine e con la gara ampiamente decisa (e qui potremmo dire: chi glielo faceva fare a Jenkins di lasciare Morant in campo?) Jordan Poole sembra aggrapparsi deliberatamente al ginocchio di Ja a gioco fermo per poi subire anche il trattamento “punitivo” del veterano Kyle Anderson che viene espulso per doppio tecnico. Morant la prende male twittando he broke the code per poi ritrattare cancellando il post, in conferenza stampa Poole nega di aver voluto far del male all’avversario, in sostanza non si sa se la stella dei Grizzlies potrà continuare la serie.

Detto di quest’altro episodio registriamo comunque una partita mai in discussione e il 2-1 per Golden State che si mantiene stretto il fattore campo e mostra come accennato dei segnali concreti di poter puntare anche al bersaglio grosso in virtù del fatto che la squadra di Steve Kerr gioca una pallacanestro da corsa ma sempre con le idee chiarissime in attacco, cosa che non si può del tutto dire per Memphis che sembra piuttosto affidarsi alla giornata di Morant, di Jackson o di Desmond Bane senza avere un vero e proprio piano B (e infatti è arrivato il naufragio di gara-3) Siamo a metà serie e ovviamente tutto può accadere ma attualmente i Warriors sono senz’altro favoriti per giocarsi nuovamente la finale di Conference.

PHOENIX SUNS – DALLAS MAVERICKS 2-2

Molto si è scritto nel corso delle quattro partite di questa serie come accade sempre per qualsiasi evento sportivo di un certo rilievo e talvolta con toni sentenziosi attualmente smentiti dai fatti. In particolare sul 2-0 per i Phoenix Suns si è data già per morta Dallas e bollato come inadatto Luka Doncic a causa delle sue carenze difensive (che ci sono tutte, come vedremo) mentre ora che si è sul pari si sono già fatti vivi i paragoni con le NBA Finals dello scorso anno quando i Suns buttarono un vantaggio di 2-0 lasciando ai Milwaukee Bucks il titolo NBA.

Cercando di essere più equilibrati nell’analisi l’andamento della serie è stato finora quello che ci si attendeva: Phoenix ha fatto sue le prime due gare sul terreno amico per poi cedere in trasferta con altre due partite in cui è stata sempre sotto nel punteggio (anche se mai di moltissimo) e che sono coincise con le due gare peggiori da parte di Chris Paul che aveva invece dominato gara-1 e gara-2.

Al termine della prima gara però i Suns sembravano davvero poter controllare la serie più o meno agevolmente. Tutto è andato per il meglio per la squadra allenata da Monty Williams: quintetto base interamente in doppia cifra con DeAndre Ayton top scorer che ha fatto a polpette il povero Dwight Powell (il livello dei playoff non sembra chiaramente quello del canadese) il primo show balistico di Jae Crowder che inizia con 3/5 da tre la serie dopo non aver fatto quasi mai canestro dall’arco contro i Pelicans e soprattutto Doncic a 45 punti ma che trova il solo Maxi Kleber a dargli manforte con 19 e 5/8 da tre.

Su gara-2 il punteggio finale dice ventello tondo di scarto da parte di Phoenix ma va rimarcato come Dallas sia stata a contatto fino a fine terzo quarto prima di arrendersi alla sfuriata di CP3: 28 punti e 11/16 dal campo (ed era fresco dello storico 14/14 contro New Orleans) accompagnato dal trentello di Devin Booker con 5/8 da tre. A propiziare l’allungo definitivo le succitate difficoltà di Doncic in difesa con gli avversari a fare continuamente in modo che si trovasse contro Paul, che lo ha massacrato col midrange, e Booker che lo infilava continuamente in entrata.

Jason Kidd ha deciso già a metà ultimo quarto che la partita era persa e così Phoenix è arrivata sul +20 con le riserve in campo: 2-0 Suns, si torna a Dallas con la sensazione che la serie sia già decisa.

E invece all’American Airlines Center molte cose cambiano. A partire proprio dalla difesa di Dallas che torna a fare quello che aveva fatto dopo l’All Star Game portando la squadra texana al quarto posto: gli esterni tornano a ringhiare sul perimetro, i cambi sono di nuovo velocissimi e Doncic non cambia più su tutti i pickandroll. In pratica ciò che aveva richiesto Kidd ai suoi dopo gara-2: aiutare Luka tutelandolo in difesa.

Gara-3 vede la vittoria di Dallas nonostante gli ormai consueti scatti di nervosismo di Doncic che viene penalizzato con vari fischi dubbi ma ritrova ad assisterlo il Jalen Brunson visto contro gli Utah Jazz. Il play firma il primo allungo dei Mavericks nel primo quarto dopo il vantaggio iniziale di Phoenix e Dallas resta avanti tutta la gara anche a causa del primo tempo da record in negativo di Paul che perde 7 palloni mentre ne aveva persi 2 nelle intere prime due gare.

Brunson è addirittura il top scorer con 28 punti e 10/21 dal campo anche se 1/5 da tre (nella gara precedente aveva realizzato 9 punti con la miseria di 3/14) ma ovviamente non manca il solito Doncic a un assist dalla tripla doppia e che firma 26 con 13 rimbalzi e appunto 9 passaggi vincenti. I role players texani iniziano a scaldare i motori (15 per Reggie Bullock, 14 per Dorian Finney-Smith) mentre al contrario quelli dei Suns imbroccano una giornata stortissima con Mikal Bridges a sbagliare tutto lo sbagliabile, Cam Johnson fermo a 6 con 4 tiri e il solo Jae Crowder a continuare a far male dall’arco (5/8 da tre e 19 punti per l’ex, tra le altre, proprio di Dallas) Impalpabile inoltre Devin Booker malgrado i 18 punti con 6/13.

Si arriva quindi a gara-4 dove i Mavericks trovano il punto del 2-2 malgrado una delle partite a mio avviso più opache per Doncic da molto tempo a questa parte (26 con 11 assist ma 1/10 da tre intestardendosi a tirare e 4 palle perse) e con il 77 sempre più nervoso e sanzionato di tecnico già dopo un minuto. L’arbitraggio tuttavia stavolta penalizza Chris Paul che addirittura finisce anzitempo la partita per 6 falli di cui uno assolutamente non da lui al termine del secondo quarto per regalare due liberi a Doncic allo scadere.

Dallas vola su un pazzesco 11/16 da tre nel primo tempo e l’uomo del giorno non può che essere Dorian Finney-Smith. Secondo Maverick per anzianità di servizio dietro Powell, fresco di ricco rinnovo da 55 milioni, Doe Doe infila 8 triple su 12 tentativi e si sbatte come un matto contro Booker (losing effort per il figlio dell’ex Milano e Pesaro Melvin da 35 punti e 10/22 dal campo) C’è gloria nel secondo quarto anche per Davis Bertans che fa 4/4 da tre (ma in difesa è come al solito da censura tanto da non rientrare più malgrado la sparatoria) e per Frank Ntilikina che non ha paura di prendere e segnare il suo unico tiro (da tre) in uno dei tentativi di rientro dei Suns.

Serie in parità quindi con Phoenix sempre favorita ma che non potrà che accusare almeno un minimo di pressione. D’altra parte è difficile che Chris Paul (la cui famiglia è stata peraltro molestata da un tifoso Mavericks in un brutto episodio concluso con l’allontanamento del “supporter”) stecchi tre gare di fila e il Footprint Center è pronto a far sentire la sua voce anche dopo le punzecchiature di Reggie Bullock dopo gara-1 (che ha affermato che il pubblico di Dallas è molto più caloroso) Non ci resta che assistere al gran finale.

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