Lo spettacolo non è mancato nella parte occidentale del tabellone playoff nella NBA.

Siamo a metà delle quattro serie e di queste una sola, quella tra i Golden State Warriors e i Denver Nuggets, sembra avere già un padrone; riguardo alle altre è vero che il fattore campo è ancora nelle mani di chi lo aveva al termine della stagione regolare ma gli appassionati hanno potuto apprezzare molte partite combattute, diversi ribaltamenti di inerzia e una lotta per le NBA Finals appassionante ed agguerrita.

Addentriamoci quindi nel raccontare e analizzare quanto abbiamo visto in questo inizio di postseason nella Western Conference.

PHOENIX SUNS (1) vs NEW ORLEANS PELICANS (8): 2-1

Il testacoda dell’Ovest sembrava avere un pronostico piuttosto chiuso dato che da un lato abbiamo gli spettacolari Phoenix Suns leader indiscussi della regular season e campioni di Conference in carica e dall’altro i New Orleans Pelicans orfani per tutto l’anno di Zion Williamson, partiti 1-17 e per i quali lo sgambetto ai Clippers (privi di Paul George) al play-in tournament aveva tutta l’aria di un buon punto di arrivo per la stagione in attesa di capire le condizioni della loro stella designata per il prossimo futuro.

Gara-1 ha in effetti visto pienamente rispettato il copione con i Suns vincenti 110-99 grazie al trentello tondo con 12/16 di Chris Paul affiancato come sempre dai punti di Devin Booker e dall’imponente presenza in area di un DeAndre Ayton da 10/15 dal campo con tanto di tripla. La partita successiva però ha visto cambiare molte cose.

Nella seconda metà del terzo quarto Phoenix ha visto abbandonare il campo un Booker che fino a lì aveva segnato la bellezza di 31 punti con 7/11 da tre in 24 minuti a causa di uno stiramento al tendine del ginocchio che potrebbe tenerlo fuori per almeno due settimane. Una tegola pesante di cui i Pelicans, che erano peraltro stati abili a mantenersi a contatto, hanno immediatamente approfittato strappando l’1-1 per 125-114 grazie al miglior Brandon Ingram della stagione (37 con 13/21 dal campo per l’ex Lakers) a un CJ McCollum da 6/10 da tre e all’ottimo contributo del supporting cast tra cui spiccano le doppie cifre di Herb Jones e addirittura di Larry Nance Jr.

L’approdo della serie in Louisiana per la prima serie playoff dei Pelicans dopo quattro anni vedeva quindi i Suns con un bel fardello di pressione sulle spalle e la gara è stata tirata e incerta quasi fino alla fine. Nel momento del bisogno però ha risposto presente CP3.

Il tabellino di gara-3 per Chris Paul recita 28 punti sporcati solo dall’1/6 da tre ma con 14 assist di cui ha beneficiato soprattutto un Ayton ancora una volta straripante che piazza anche lui 28 punti con 17 rimbalzi e sta vincendo nettamente il confronto con Jonas Valanciunas. Non è servita quindi un’altra gara sopra i trenta (ma molti dei quali nel finale con Phoenix che aveva già un vantaggio più o meno rassicurante) per Brandon Ingram così come l’eroico contributo di Josè Alvarado che nell’ultimo quarto ha cercato di ribattere colpo su colpo alle magie di Paul. Vittoria 114-111 per i Suns e fattore campo riconquistato ma serie che non può ancora dirsi chiusa.

I Pelicans infatti hanno dimostrato di essere vivi e soprattutto di aver aggiustato la difesa lavorando pazientemente durante la stagione e approfittando sicuramente di poter lavorare senza troppe pressioni dato che il mood era probabilmente quello di aspettare che la stagione finisse per recuperare poi Williamson (e nel frattempo hanno firmato anche McCollum) Phoenix dovrà concludere la serie senza Booker e occorreranno prestazioni da vera contender per chiudere la pratica New Orleans, a partire da gara-4 in programma questa notte.

MEMPHIS GRIZZLIES (2) vs MINNESOTA TIMBERWOLVES (7): 2-2

Malgrado Memphis e Minnesota non siano storicamente delle big mi aspettavo che questa fosse la serie più “televisiva” data la presenza di tanti giocatori emergenti e affamati di successo e di contro il confronto tra le due difese peggiori in regular season riguardo alle partecipanti ai playoff della Western Conference. Da questo punto di vista le aspettative sono state soddisfatte con una serie ricca di highlights, grandi prestazioni offensive e capovolgimenti di fronte.

I Memphis Grizzlies forti del secondo posto dopo una stagione regolare esaltante non hanno certo iniziato nel migliore dei modi la postseason perdendo subito il fattore campo dopo la sconfitta per 130-117 in gara-1 che ha visto i Minnesota Timberwolves dominare in trasferta, buttarsi su ogni pallone e dimostrare di essere ancora carichi dell’inerzia conquistata al play-in tournament. Sugli scudi un sempre più sorprendente (ma presto non sarà più una sorpresa) Anthony Edwards da 36 punti con 12/23 nella sua prima partita ai playoff e un maestoso Karl-Anthony Towns che piazza una doppia-doppia da 29+13 rimbalzi e distrugge letteralmente Steven Adams, tra i pochissimi giocatori di esperienza dei Grizzlies.

Ja Morant però non è certo disposto ad arrendersi così facilmente dopo le meraviglie messe in mostra in regular season e riprende subito in mano i suoi guidandoli al netto successo in gara-2 e andando a un rimbalzo dalla tripla doppia con 24 punti, 10 assist e appunto 9 rimbalzi. I Timberwolves durano un quarto prima di crollare per 124-96 sotto i colpi di Morant e del suo supporting cast che vede altri 5 Grizzlies in doppia cifra tra cui le riserve Xavier Tillman (6/6 da due!) Tyus Jones e Ziaire Williams. Towns dal canto suo si ferma a 15 (comunque doppia doppia con 11 rimbalzi) ma promette vendetta per l’approdo della serie in una Minneapolis che non assisteva ai playoff dal 2018, unica volta in quasi vent’anni.

Si arriva nel Minnesota sull’1-1 quindi e la partenza dei Timberwolves è un diretto in pieno volto. 39 punti segnati e +18 al termine del primo quarto, distacco che aumenta addirittura al +27 di fine terzo quarto. Poi l’incredibile: i Wolves non segnano più, Towns che poco prima urlava “We are in Minnesota now!!!” resterà inchiodato a soli 8 punti e 4 rimbalzi condizionato come molto spesso è accaduto quest’anno dai 5 falli e un pazzesco Desmond Bane da 7/15 da tre presenta il conto. Parziale di 37-12 nell’ultimo quarto e Grizzlies che si riprendono il fattore campo in maniera totalmente inaspettata approfittando del fatto che, come avevamo sottolineato nel nostro articolo sui Wolves, le certezze di Minnesota crollano molto facilmente.

Serie spettacolare e incerta e gara-4 lo ha confermato: partita punto a punto con i Timberwolves in vantaggio ma Memphis tenuta costantemente a contatto da un grande Dillon Brooks (24 punti con 10/20 dal campo senza mai mollare un centimetro) e da un Bane che continua a bombardare senza pietà le retine del Target Center piazzando un 8/12 da tre e una performance da 34 punti. KAT però stavolta c’è eccome: terza doppia doppia della serie con 33 punti, 3/5 da 3 e 14 rimbalzi affiancato da un quintetto che va tutto in doppia cifra, dai 24 di Edwards con 7/14 dal campo e da un D’Angelo Russell affidabile nel finale: vittoria di misura per Minnesota 115-114 e serie in parità. Il risultato finora più giusto.

Morant ha parzialmente steccato gara-4 in cui ha messo a referto 15 assist ma anche 4/13 dal campo per soli 11 punti ma il vero assente nella serie finora è stato Jaren Jackson Jr. che condizionato dai problemi fisici di quest’anno non ha avuto per niente un impatto incisivo in questa serie (10.3 di media con solo 6 rimbalzi e un pessimo 37.8% dal campo) Si torna a Memphis nel segno dell’incertezza e con un pizzico di consapevolezza in più su come il fatto che Minnesota difenda in modo aggressivo solo quando motivata e i Grizzlies dal canto loro continuino a giocare a farne uno in più degli altri non abbia offerto certo margini di tranquillità a nessuna delle due squadre in questa serie.

GOLDEN STATE WARRIORS (3) vs DENVER NUGGETS (6): 3-0

Dopo due vere e proprie battaglie tiriamo un attimo il fiato per occuparci dell’unica serie a Ovest che come accennavamo sembra avere un risultato già scritto: è ufficiale, i Warriors sono tornati e fanno sempre più paura alle altre contender dominando le prime tre partite con i Denver Nuggets e apparendo sempre in controllo della situazione anche in una partita come la gara-3 dell’esordio della serie in Colorado vinta solo di 5 punti.

Già gara-1 dopo l’effimero vantaggio Nuggets al termine del primo quarto è stata sostanzialmente un monologo di Golden State che aveva l’incognita delle condizioni fisiche del rientrante Steph Curry ma ha potuto controllare il minutaggio della propria stella grazie a uno dei grandi protagonisti della serie: un Jordan Poole che alla prima di postseason si presenta con un trentello tondo con 9/13 dal campo. Dal canto loro gli Splash Brothers tirano da tre con 8/16 (5/10 per Klay Thompson e 3/6 per Steph in 21′) ed ecco servito un pesante 123-107 finale per la vittoria dei Golden State Warriors e il conseguente 1-0.

Il copione si ripete quasi identico in gara-2 che si conclude con un punteggio drammaticamente simile per Denver che stavolta perde per 126-106. A propiziare il ventello di scarto ancora una volta un Poole devastante da 29 punti, 10/16 dal campo e 5/10 da tre (in gara-1 invece 3/4 dall’arco, giudicate voi) e i soliti, meravigliosi, incontenibili Curry&Thompson.

Per Klay, di cui non dimentichiamo i due anni e mezzo di calvario vero e proprio prima del suo rientro in inverno, 21 punti e quasi 50% dal campo con 9/19 mentre Curry esce nuovamente dalla panchina e il suo nuovo ed estemporaneo ruolo di sesto uomo produce 34 punti con 5/10 da tre. 2-0 Warriors quindi con Nikola Jokic tenuto a 9/20 dal campo; sulle cause di questa parziale defaillance del Joker (che comunque ha una doppia doppia con 26+11 rimbalzi) ci soffermiamo più avanti.

Gara-3 vede già i Nuggets con le spalle al muro e chiamati a vincere per evitare quel 3-0 da cui nessuno è uscito sportivamente vivo nella pluridecennale storia recente della NBA. Jokic stavolta ce la mette tutta, piazza 37 punti con 14/22 e 18 rimbalzi propiziando il vantaggio di Denver sul +2 di fine terzo quarto, ma con questi Warriors non c’è davvero partita: ancora una volta Poole non fa prigionieri con 27 punti e 9/13 dal campo (e stavolta 3/5 dall’arco: sommato alle altre due gare fa 11/19 superando il 50% da tre!) ancora una volta Klay Thompson dimostra di essere lo stesso Klay Thompson di sempre con 26 punti e 6/13 da tre, ancora una volta Curry esce dalla panchina e ne mette 27. Ma dietro la pantagruelica abbuffata di punti di Golden State c’è un immenso lavoro oscuro che non è affatto un segreto: quello di Draymond Green.

L’importanza di Green non si vede dalle cifre ma da come ha tenuto Jokic a 9/20 in gara-2 e da come la sua aggressività e presenza costante continui ad essere la vera arma in più dei Warriors che infatti in regular season sono andati in difficoltà durante la sua prolungata assenza rinunciando alla lotta per il primo posto finale. Aggiungiamoci un grande supporting cast dove ognuno fa esattamente, e bene, quello che è chiamato a fare e avremo un altro capolavoro messo su in Oakland a cui Denver ha davvero pochissimo da opporre.

Nikola Jokic non è mai stato così solo come nei playoff di quest’anno ritrovandosi al suo fianco un Aaron Gordon assolutamente insufficiente (11 di media ma risollevati dai 18 in gara-3 e soprattutto un misero 25% da tre) e Jamal Murray infortunato da tanto, tantissimo tempo. Gli stellari esterni dei Warriors hanno fatto tutto ciò che volevano e in attesa di gara-4 in cui i Nuggets dovranno tener vive quelle pochissime speranze ci sarà sicuramente da discutere sul futuro del roster del Colorado con Jokic che l’anno prossimo vivrà l’ultima stagione del suo attuale contratto.

DALLAS MAVERICKS (4) vs UTAH JAZZ (5): 2-2

Chiudiamo questo viaggio nell’Ovest della NBA col botto: i Dallas Mavericks tornano infatti ad avere il fattore campo in una serie playoff dal 2011 (e ci ricordiamo come andò a finire) ma perdono Luka Doncic proprio nell’ultima, semi-ininfluente gara di regular season contro i San Antonio Spurs e si ritrovano ad affrontare senza la loro stella gli Utah Jazz che saranno in crisi da gennaio ma hanno comunque molta più esperienza playoff della squadra texana.

Si inizia subito col piede sbagliato per i Mavs che perdono immediatamente il vantaggio del parquet di casa nella prima gara in cui subiscono i Jazz per tutta la partita grazie a un infuocato Bogdan Bogdanovic da 26 punti e 11/20 dal campo e ai 32 di Donovan Mitchell. Il rientro dei padroni di casa fino al -1 negli ultimi minuti è spento dalla tripla di Royce O’Neale per il +4 (unico canestro della sua gara) e così i Jazz si prendono partita e fattore campo per 99-93 approfittando di una Dallas che tira da tre sotto il 30% e facendosi una ragione degli zero canestri dal campo di Rudy Gobert che però prende ben 17 rimbalzi.

La reazione dei Mavericks in gara-2 è guidata però dai protagonisti che non ti aspetti: con Doncic sempre fuori causa a caricarsi la squadra sulle spalle è colui che da quando è stato scelto lo stesso anno dell’asso sloveno è sempre stato a tutti gli effetti il suo vice. Jalen Brunson corona una crescita costante negli anni e in un contesto in cui è anche in scadenza di contratto e quindi alla ricerca di un rinnovo principesco piazza 41 punti (magic number per Dallas) con anche 8 rimbalzi per uno che non arriva al metro e novanta.

Ad affiancare il play il miglior Maxi Kleber da quando Dirk Nowitzki lo ha portato a Dallas. Il tedesco veniva da un periodo post-All Star Game in cui tirava da tre con meno del 20% ed era reduce da problemi fisici: tutto questo è svanito in gara-2 dove ha messo 8 bombe su 11 tentativi, prima volta in tutta la sua carriera. Utah si tiene i 34 di Mitchell e i 26 di Bogdanovic (stessi protagonisti di gara-1: ci torneremo) ma paga stavolta il primo zero della carriera playoff di Mike Conley. 1-1, si va a Salt Lake City con Luka Doncic che ancora non riesce a recuperare.

I favoriti sarebbero i Jazz, il campo vede Dallas bombardare la retina da ogni dove. 3/6 da tre per Reggie Bullock, 4/5 per Kleber dopo l’8/11 precedente, 3/5 addirittura per il sophomore Josh Green et dulcis in fundo 4/7 nell’unica partita rilevante di Davis Bertans nella serie. I Mavericks volano sul +17 prima che Quin Snyder tenti la mossa della disperazione inserendo Eric Paschall che non era entrato nelle due gare precedenti al posto di un Gobert perfetto dal campo ma costantemente massacrato in difesa dove si è beccato un poster anche da Spencer Dinwiddie.

La mossa paga e Utah torna a -1 con una tripla di Conley ma a spegnere gli entusiasmi della squadra di casa è ancora una volta un Brunson maestoso da 31 punti e 12/18 da due oltre a due triple di Dorian Finney-Smith, uniche della sua gara. Dallas vince 126-118, si riprende il fattore campo e guarda con ottimismo a gara-4: Doncic è pronto a rientrare.

Lo sloveno esordisce così ai playoff 2022 in gara-4, appena entra fornisce subito un alley-oop per un Dwight Powell nullo senza di lui e fa subito 6 punti, ma il primo tempo è un monologo Jazz che con un grande Jordan Clarkson vola sul +16 approfittando ancora una volta di una Dallas che dall’arco non la mette mai. Dopo l’intervallo però cambia tutto: i tiri da tre entrano, i Mavericks iniziano la loro rimonta, la tripla dei 30 punti per Doncic vale il +4 a 31” dal termine.

Il finale però sa tantissimo di occasione persa per Dallas: Mitchell fa 2+1, Dwight Powell viene mandato in lunetta dove fa 0/2 in un ultimo quarto in cui l’hack-à-Rudy aveva riportato tutti ai tempi di Shaquille O’Neal e proprio Gobert si prende la rivincita personale schiacciando l’alley-oop del 100-99 definitivo alzatogli da Donovan Mitchell. Si torna quindi a Dallas sul 2-2 e la serie non ha ancora una favorita.

Le motivazioni sono diverse: Dallas non ha ancora il cinismo necessario per essere una contender malgrado gli indubbi miglioramenti rispetto allo scorso anno (e vivrà un’estate non facile tra il rinnovo di Brunson e un Tim Hardaway Jr. che, a mio personale avviso, non è adatto al gioco impostato da Jason Kidd quest’anno) mentre Utah è riuscita a pareggiare la serie ma ha ancora gravi lacune difensive, una comunicazione reciproca non perfetta e un Quin Snyder che non fa nulla per cercare di cambiare le cose riproponendo sempre lo stesso quintetto e la stessa impostazione di gioco. Può succedere davvero di tutto, ma intanto il fattore campo ce l’hanno ancora i Mavericks che potranno contare su Luka Doncic a pieno regime.

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