Finalmente a Chicago ci si diverte. L’inverno è stato lunghissimo.

Intentiamoci, quest’anno non si vince il titolo, ma l’avvio promettente fa comunque sognare grandi cose. Non si andrà fino in fondo ma lo spettacolo è garantito. Un toccasana per una città che ama il basket e la squadra. Era dai tempi del miglior D Rose che non c’erano così tante vibrazioni positive nell’aria.

E’ una città che non potrà mai più toccare il cielo con un dito perché l’era targata Michael Jordan è stata troppo bella per potersi anche solo lontanamente ripetere. Ciò non toglie che un giorno potranno rivedersi su queste latitudini anche le Finals.

Dopo Jordan fu il vuoto assoluto, per certi versi comprensibile, per altri molto meno. Si decise di radere tutto al suolo. Ne sappiamo di più oggi grazie al documentario Netflix “The Last Dance”.

Krause scelse il suo pupillo in tale Tim Floyd per rimpiazzare Phil Jackson. Fu ovviamente un disastro. Record di 49-190 in quattro stagioni e tanti saluti. Poi venne Rose. La stagione da MVP, la concreta possibilità di un ritorno alla gloria.

Sappiamo purtroppo cosa è successo al ragazzo che proprio a Chicago è nato e cresciuto. Fine della storia e fast forward di alcuni anni fino ad oggi.

E se non fosse questa stagione l’anno giusto? I Bulls hanno registrato una partenza lampo, terzi ad Est ma di fatto anche loro in vetta essendo la classifica ancora corta. Di più, visto che i numeri per ora contano poco, hanno espresso un gran bel gioco, merito certo di coach Donovan.

Tenderei ad affrescare questa squadra come quella dei Big 4 in cerca di riscatto. Lonzo Ball, DeMar DeRozan, Zach Lavine e Alex Caruso si sono ritrovati col toro sulla maglietta avendo almeno una caratteristica in comune.

Sì, sono alla ricerca dunque del riscatto, chi più chi meno. Hanno tanta voglia di dimostrare al mondo che qualcuno si è sbagliato nel giudicare il loro gioco e la loro mentalità.

LONZO BALL: NON SONO IL FRATELLO PIU’ SCARSO

Penso che sia difficile accettare, ponendosi un attimo nella sua testa, di poter essere considerato il fratello più scarso della famiglia NBA, al netto di LiAngelo che è chiaramente fuori discussione perché inferiore per talento.

Quindi, senza giri di parole, è difficile per lui accettare che LaMelo sia meglio di lui. Lonzo è il primogenito e questo è già di per sé un peso.

LaMelo è più estroso ed ha oggettivamente più talento complessivo, ha più fantasia palla in mano e più istinto per gli assist. Lonzo però può essere più completo e se davvero proseguirà il suo miglioramento potrà impattare forse in maniera più decisiva una squadra da titolo con un ruolo magari non da superstar.

Quest’anno è migliorato tantissimo al tiro, per fare un esempio tra i più evidenti. Tira col 45% da tre (l’anno scorso si è fermato al 37%) e anche la sua meccanica è diventata più fluida. Onestamente era una delle più legnose, è ancora da oliare ma stiamo andando nel verso giusto.

ALEX CARUSO: NON SONO LO ZIMBELLO DI LEBRON

Non penso ci siano un giocatore che più di lui abbia sofferto di uno stereotipo duro ad estinguersi. Se lo guardate bene cosa avete di fronte? Un ragazzo bianco poco muscoloso, per di più calvo, con la faccia da fattorino UPS più che da atleta NBA.

E invece in questa lega che ha altri look dominanti c’è posto anche per lui. Non mi pare fosse giusto che LeBron si alzasse dalla panchina ogni volta gridando al miracolo guardando una sua bella azione o addirittura una sua schiacciata, solo per il fatto di avere questo aspetto fisico.

Alex è un giocatore NBA fatto e finito. Difesa ed energia soprattutto. Caruso è questo e anche di più e il suo impatto non si vede immediatamente nei numeri. Sembra motivato e penso sia cascato nell’ambiente giusto. Meglio i Bulls, meglio un altro modo di vedere gli uomini e il basket.

ZACH LAVINE: NON SONO SOLTANTO UNO SCHIACCIATORE

E’ entrato nella lega come atleta fenomenale. Un maestro della slam dunk. Ha vinto per due anni di fila la gara delle schiacciate (2015 e 2016) con esecuzioni onestamente tra le migliori della storia.

Quindi? Eccone un altro, hanno pensato in molti. Ecco un altro grande atleta e poco più. Zach non ci è mai stato a questo destino ingiusto e lentamente è cresciuto come vero giocatore.

Ha messo il turbo quando è arrivato a Chicago dal Minnesota. Viaggia col 50% da due e il 40% da tre con quasi 6 rimbalzi e 4 assist ed oltre a 26 punti di media. Il cambio di rotta è ufficiale e di certo non ha ancora perso nemmeno un centimetro in elevazione.

Va su ancora a suo totale piacimento. Semplicemente non si ferma a questo. Il vero leader della squadra è lui e la buona riuscita di questo sfizioso progetto Bulls 2021/22 passa dalla sua testa.

E’ nel suo prime ed ora ha legittimamente un bel po’ di pressione addosso. Un segno di riconoscimento per un ruolo che si è creato col tempo, nonostante giudizi affrettati.

DEMAR DEROZAN: NON SONO L’ETERNO INCOMPIUTO

Ho tenuto per ultimo chi a mio modo di vedere ha più da dimostrare o, volendola mettere in termini diversi, chi ha più da smentire i suoi critici.

DeRozan è un giocatore fantastico, assolutamente elettrizzante. Arrivato però ai suoi 32 anni non si è ancora affermato del tutto e, con un’espressione cara agli americani, non si è ancora scrollato di dosso la scimmia dalla spalla.

E’ uno dei migliori nel suo ruolo per la sua generazione ma ha raccolto poco per il suo talento. Una vita a Toronto nella periferia NBA, poi è scambiato per Kawhi e quello subito vince il titolo per i canadesi. Ma come? Allora il problema era lui? Non era quel primo violino intorno al quale costruire un’orchestra vincente?

Beh si, il suo problema è che ha passato la sua intera carriera clamorosamente sulla soglia tra l’essere una vera superstar e un gran giocatore di medio-alto livello. Non sottovalutate la botta psicologica derivante dall’affare Kawhi.

Ora ha una bella opportunità ed è quasi l’ultima. Non ha l’intero peso dell’attacco sulle sue spalle perché se lo divide quasi perfettamente con Zach. Anche lui sta sui 26 punti di media a partita. Di fatto sono equamente in due a condividere un ruolo di prima punta.

Alla maturità già acquisita ha aggiunto quest’anno una scioltezza che si era assopita, segnatamente negli anni del tenente colonnello Popovich a San Antonio. E’ più fresco, addirittura più sorridente.

Dove andranno questi Bulls? Di sicuro ai playoff, poi si vedrà. Miami, Milwaukee e Brooklyn restano squadre superiori ma è già tanta roba che al livello successivo si parli di loro invece che dei progetti finora incagliati di Boston e Philadelphia.

E’ la squadra delle smentite, dei tentativi di rivalsa dei suoi 4 giocatori principali. Di solito la tanta voglia di rivincita è un carburante che ti può portare lontano anche se ovviamente non è di per sé sufficiente.

Si torna comunque al punto di partenza. Questa squadra non vincerà subito ma ha portato una ventata di freschezza in città, volendo anche imprevista. Per una tifoseria come quella di Chicago, è già un successo dopo anni di sofferenze.

 

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.