Siamo arrivati al primo mese di regular season ed è già tempo di bilanci. Ok, forse è un po’ troppo presto, ma è giusto dare un’occhiata a ciò che la classe di rookie ha combinato in queste prime settimane.

Proviamo, quindi, a stilare una sorta di ranking che si basa sulle prestazioni oggettive, ma anche sulle sensazioni più personali di quella che promette essere una delle migliori ondate di matricole degli ultimi anni. E non abbiamo ancora visto niente!

1. Evan Mobley – Cleveland Cavaliers

La brutta prestazione contro i Celtics dell’altra notte – in cui si è anche infortunato al gomito e rimarrà fuori per almeno due settimane – non può rovinare quanto di buono fatto vedere dall’ex USC in questo primo mese.

Mobley non guiderà tutte le voci statistiche tra i rookie, ma è comunque, a parer mio, il candidato numero uno a vincere il premio di matricola dell’anno, al momento. La personalità con cui è entrato in campo sin dalla prima partita è impressionante, oltre che la sicurezza che ci mette ad ogni allacciata di scarpe.

Il centro dei Cavs sta già giocando come un veterano e l’ennesima riedizione delle torri gemelle, proposta da coach Bickerstaff, con lui e Jarrett Allen, sta funzionando alla grande proprio perché i due non si pestano i piedi.

Intanto Cleveland sogna i playoff, mentre il futuro si prospetta interessante proprio grazie all’arrivo del ragazzone da San Diego.

2. Scottie Barnes – Toronto Raptors

Della spiccata capacità di Masai Ujiri nello scovare talenti sapevamo già. Ma che avessero un impatto così immediato, credo non fosse mai successo. Eppure l’ex Florida State si è già preso in mano le chiavi della squadra, coadiuvato da un gruppo di giovani eccezionale che ha ridato repentinamente speranza ai tifosi dei Raptors, accelerandone la ricostruzione post titolo 2019.

Al momento in cui scrivo, Barnes guida i rookie in punti per partita (16.3) e rimbalzi (8.3), oltre al fatto che tira con il 51.2% dal campo! Insomma, un impatto notevole per la quarta scelta assoluta e non è primo in questo rankingsolo perché Mobley mi ha convinto di più. Ma ne vedremo delle belle da Barnes, eccome.

3. Franz Wagner – Orlando Magic

Prima del draft (in cui è stato scelto alla 8) Franz Wagner era visto come il classico ragazzo bianco che tira bene da fuori e nulla più. Probabilmente è ancora così, ma almeno ha iniziato a far ricredere un pochettino gli scettici visto il suo primo mese da professionista.

L’ex Michigan Wolverines è reduce da alcune prestazioni poco convincenti, a dire la verità, ma è l’inizio sprint che va premiato con addirittura otto prestazioni consecutive in doppia cifra per punti con un massimo di 28 contro Minnesota.

Ok, il tiro c’è, soprattutto da tre punti, ma il tedesco dovrà migliorare in alcuni fondamentali di gioco, uno su tutti è l’abilità nel prendersi falli, cosa di cui molti giocatori hanno fatto un arte. Questo è dovuto anche alla sua ridotta fisicità e alla poca consistenza nelle penetrazioni, ma le basi per diventare un ottimo giocatore ci sono tutte.

4. Chris Duarte – Indiana Pacers

Chris Duarte ha dimostrato di essere uno dei rookie più “NBA ready” portando personalità e voglia di dimostrare, senza strafare, però. Tutto questo non è passato di certo inosservato in casa Pacers e la fiducia ripostagli da coach Carlisle lo sta di certo aiutando a tirare fuori il meglio di sé.

Da un punto di vista prettamente statistico, l’ex guardia di Oregon sta tenendo medie di 14.3 punti (terzo tra i rookie), 4.4 rimbalzi, 2.1 assist, tirando con il 43.1% dal campo. Non propriamente cifre da rookie of the year, ma Duarte può ancora crescere tanto e già il fatto che si sia preso il posto da titolare è una grande dimostrazione del suo impatto positivo.

5. Josh Giddey – Oklahoma City Thunder

Se c’è una cosa su cui tutti sono d’accordo su Josh Giddey, in questo primo mese di regular season, è che non è un tiratore. Almeno non lo è nella definizione più pura del termine. Allora cosa rende così tanto speciale questo ragazzo australiano da metterlo addirittura tra i primi cinque rookie del momento? La risposta è: tutto il resto che non è tirare.

Giddey non arriva nemmeno ai 30 minuti a sera e, detto delle percentuali disastrose, sta comunque realizzando 9 punti tondi di media, a cui aggiunge 6.6 rimbalzi e 6.2 assist – gonfiati anche dal fatto che non fidandosi del proprio tiro, forse è meglio passarla.

Ma sono le statistiche avanzate ad essere impressionanti. Per 36 minuti di gioco, la guardia dei Thunder (a cui va tolto l’appellativo shooting o point che sia, almeno per ora) sarebbe in doppia cifra per punti segnati e oltre gli 8 rimbalzi e 7 assist di media. Volete di più?

Per 100 possessi avrebbe una tripla-doppia ogni sera, o quasi, senza grossi problemi. La sua possibile, e non tanto difficile, progressione nelle percentuali e, di conseguenza, a livello realizzativo, potrebbe portare ad una lieve flessione in quanto ad assist, ma lo renderebbe un giocatore altrettanto interessante in ottica futura.

Gli altri

Chiudiamo questa breve rassegna e andiamo a commentare gli altri rookie lodevoli e meritevoli di attenzione da parte nostra, fino a questo momento. Come non iniziare dalla prima scelta assoluta Cade Cunningham che ha saltato le prime partite per colpa di un infortunio e non ha brillato nelle sue iniziali uscite, ma il quale sta prendendo fiducia, specialmente nel suo tiro che ancora fatica ad entrare con facilità. Non appena lo farà e risulterà più costante, la point guard dei Pistons sarà senza dubbio tra quei primi 5.

Stessa sorte dovrebbe spettare a Jalen Green, seconda scelta assoluta da parte dei Rockets, che ancora fatica a buttarla dentro con continuità ed efficacia. Il ragazzo ha talento da vendere ed esploderà quando meno ce lo aspetteremo, almeno così sperano in quel di Houston.

Male, malino, Jalen Suggs. La quinta chiamata assoluta nello scorso draft ha finora teso una trappola a tutti coloro che puntavano su di lui. Eppure i minuti li sta avendo, ma non sta avendo l’impatto che si sperava e Cole Anthony ha preso ben presto il sopravvento nella gestione del team. Vedremo cosa succederà, ma per ora Suggs deve ancora ritagliarsi il suo spazio all’interno, non solo della lega, ma anche dei Magic stessi.

Tra le note positive di questo inizio c’è, invece, sicuramente Bones Hyland. Scelto alla numero 26 dai Nuggets, l’ex VCU ha conquistato rapidamente la fiducia di coach Malone e del suo staff ripagata da un incremento progressivo del minutaggio, arrivato anche a 23 minuti di gioco. Tanti, considerando che nelle prime cinque ne aveva collezionati appena 19 con ben tre DNP.

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