Tre giorni fa, alla mezzanotte, è scattata ufficialmente la Free Agency.

Tantissimi sono stati i cambi di maglia, le firme e i contratti offerti (enumerarli tutti sarebbe azione impossibile).

Ecco allora le 5 squadre a mio parere più attive, nel bene e nel male, in questo periodo fondamentale della stagione.

1) BROOKLYN NETS

Sembra assurdo, e forse lo è. Sono sopra il salary cap di circa 30 milioni, il che porta la società a pagare annualmente intorno agli 85-87 milioni di multa, eppure hanno avuto una delle offseasons più attive?

La perdita di Dinwiddie (direzione Washington) non è certo fonte di rammarico per i bianconeri, in quanto non avevano evidentemente sufficienti risorse per poterlo rifirmare. In cambio di questa inevitabile defezione, Sean Marks ha rinnovato Blake Griffin e Bruce Brown, due note positive della stagione passata, e a loro ha aggiunto il veterano James Johnson.

Sembrava quindi una squadra destinata ad avere come effettivi creatori da palleggio solo Harden, Durant e Irving (come se si dicesse poco…). Invece, in una delle più magistrali firme della free agency a mio avviso, ecco che si accasa a Brooklyn l’australiano ex-Spurs Patty Mills con un contratto da 10 milioni per due anni, un ottimo affare.

Insomma, i Nets non sono diventati più deboli, anche perché Dinwiddie non aveva giocato per infortunio tutta la seconda parte di stagione, e anzi al contrario hanno portato un pezzo pregiato come Mills a completare le rotazioni della panchina di Nash. Sulla carta sono sempre più forti.

2) CHICAGO BULLS

Avevano tanto spazio salariale, una stella di nome Zach LaVine che aveva già dichiarato l’intenzione di rimanere a Chicago solo dietro dimostrazione da parte della società di poter costruire una squadra degna di un posto nei playoff. La risposta si è fatta sentire già a partire dalla trade di metà stagione scorsa che ha portato Vucevic a Chicago, ma non si è fermata lì.

Chicago era in disperato bisogno di una PG titolare, dopo gli esperimenti falliti di Satoransky e Coby White, ed ecco che arriva da New Orleans Lonzo Ball (85 milioni per 4 anni), che è sicuramente un netto miglioramento rispetto alle opzioni che Billy Donovan aveva a sua disposizione lo scorso anno.

Dopo la PG, un’altra necessità era quella di migliorare la difesa, che l’anno scorso era stata un vero e proprio colabrodo. In questa ottica, allora, possono essere spiegate le firme del lungo Tony Bradley, che va a sostituire Theis mandato a Houston, e di Alex Caruso (37 milioni per 4 anni), che sembra aver ottenuto il ruolo di vero e proprio specialista 3-and-D.

Da ultimo, con una trade a parer mio esagerata per la contropartita fornita, DeRozan si accasa in quel di Chicago (firmando un contratto da 85 milioni per 3 anni), in cambio di tre scelte e di Thaddeus Young, la nota positiva per eccellenza della scorsa annata dei tori ma in scadenza di contratto la prossima estate.

Insomma, LaVine ora si trova in quintetto con Ball, DeRozan, Williams e Vucevic. Direi che dovrebbe ritenersi almeno soddisfatto.

3) NEW YORK KNICKS

Sono stati la sorpresa dell’anno passato, con un miglioramento esponenziale garantito soprattutto dall’assetto difensivo del corrente Coach of the Year Thibodeau. Inoltre, erano la squadra con più spazio salariale disponibile e che avrebbero dovuto sfruttare al massimo, in quanto avevano il lusso di avere Randle sotto contratto per ancora un anno in termini molto favorevoli monetariamente parlando.

Mi sento, però, di dire che sono abbastanza deluso dalle scelte del front office newyorkese. Due erano i punti fondamentali che necessitavano un evidente intervento diretto: le guardie e i centri.

Per quanto riguarda i secondi, i Knicks si sono limitati a rifirmare Noel e Gibson, accontentandosi di ciò che avevano già in casa insomma. Per quanto riguarda le guardie, nonostante io abbia apprezzato il rinnovo triennale da 43 milioni dato a Rose, le altre tre firme mi convincono poco.

Rifirmare Alec Burks per 3 anni a 30 milioni mi sembra una follia, contando anche che è stato in grado di fornire buone prestazioni l’anno scorso solo quando era costretto, per via di infortuni nel suo reparto, a giocare tra i 30 e i 35 minuti. In più quest’anno il front office ha portato in maglia arancio-blu altre due guardie in più, rendendo abbastanza inutile questo investimento. Ecco, avrei preferito investire quegli stessi soldi su Reggie Bullock, che invece è stato lasciato andare.

I nuovi volti al Madison Square Garden saranno Evan Fournier e Kemba Walker. Sono firme che non mi convincono molto perché rinnegano il carattere guerriero e difensivo impostato da coach Thibs, sono creatori di livello dal palleggio ma non forniscono alcuna intensità nella propria metà campo.

Certo, sono due aggiunte molto differenti. Kemba proviene da stagioni difficili a Boston ma comunque prolifiche, e quindi garantisce punti rispetto ad un Elfrid Payton, ed inoltre è un contratto che ha due vantaggi: il romantico ritorno alla Grande Mela di un newyorkese, il valore di soli 8 milioni di dollari di questo contratto.

Fournier, dalla sua, è un giocatore molto simile a Walker, forse con una maggiore propensione all’assist rispetto all’ex-Charlotte. Ha, però, le stesse profonde lacune difensive, nonché è stato strapagato dai Knicks: 78 milioni in 4 anni, troppi. Sono sicuramente entrambi giocatori in grado di alzare il livello offensivo del reparto rispetto all’anno scorso, ma mi aspettavo una New York più ambiziosa.

4) MIAMI HEAT

Dopo lo sweep subito da Milwaukee e l’assenza di scelte al draft, sono bastati pochi minuti di free agency a Pat Riley per far sentire la sua voce.

In primo luogo, Jimmy Butler, anima della squadra di Spoelstra, ha firmato una estensione ricchissima da 184 milioni in 4 anni a partire dal 2022. Sono davvero tanti dollari, ma questo è un investimento che sottolinea l’importanza che Riley da ad un giocatore tutto cuore e grinta e che è senza dubbio il punto di riferimento dello spogliatoio.

Subito dopo, è stato ufficializzato il già a lungo preannunciato approdo a South Beach di Kyle Lowry (30 milioni in 3 anni), in cambio di Dragic e Achiuwa. Lowry, a lungo corteggiato da Miami, fa parte di una serie di firme che vanno esattamente nella direzione dell’estensione di Butler: formare una squadra di dawgs, di cani rabbiosi (evidentemente non soddisfatti delle pessime prestazioni difensive dell’anno scorso).

Su questa linea si pongono le aggiunte di PJ Tucker, fresco campione NBA, a 15 milioni in 2 anni, così come quella di Markieff Morris, ormai ex-Lakers, nonché il rinnovo annuale di Oladipo, che ha rinviato al 2022 la possibilità di ricevere un contratto corposo anche a causa dell’infortunio che lo costringerà a tornare in campo probabilmente solo a dicembre-gennaio.

Dopo queste mosse di mercato “esterno”, Riley ha deciso di non rinnovare Nunn (accasatosi ai Lakers) e invece di puntare sul formidabile tiratore Duncan Robinson, che è stato letteralmente coperto d’oro con 90 milioni in 5 anni, puntando evidentemente anche sul suo notevole -ma non ancora sufficiente- miglioramento difensivo nell’ultima stagione.

Oltre al prodotto di Michigan, sono stati rinnovate le due giovani guardie Gabe Vincent e Max Strus e il lungo veterano Dewayne Dedmon. Tutto questo, però, con l’impressione che Pat Riley abbia tutt’altro che finito. Mancano almeno ancora una guardia, due ali ed un lungo, e il cap space si sta pericolosamente assottigliando.

Miami ha sicuramente speso troppo, però chiudere con un possibile quintetto Lowry – Oladipo (o Robinson, pronto a punire dalla distanza) – Butler – Tucker – Adebayo farebbe comodo a qualunque squadra NBA, soprattutto nella metà campo difensiva.

5) LOS ANGELES LAKERS

Dopo la delusione della stagione passata, anche se condizionata da infortuni, Pelinka non ha atteso un attimo (come dimostrato dalla trade che ha portato Westbrook a LA in cambio di Kuzma, Caldwell Pope e Harrel). Nella free agency si è buttato a capofitto alla ricerca della vera necessità dei gialloviola, cioè tiratori che possano circondare le tre stelle. Ecco allora facilmente spiegate le aggiunte dei veterani Wayne Ellington, Kent Bazemore, Trevor Ariza e Carmelo Anthony (quanto è bello vederlo al fianco di LBJ!).

In più, tiro dalla distanza sarà fornito anche dal rinnovato Horton-Tucker (32 milioni in 3 anni), e dalle firme dell’ex-Miami Kendrick Nunn (10 milioni in 2 anni) e Malik Monk, una presa fenomenale anche perché è un annuale al minimo salariale per un giocatore giovane che avrebbe sicuramente potuto fruttare più soldi altrove… ma questo è il grado di appeal che ha giocare in una squadra con LeBron, AD, Westbrook e Carmelo, questa è l’attrazione che ha il desiderio di avere un anello al dito.

Oltre a questi, nel reparto dei lunghi, abbastanza carente l’anno passato, è da notare il ritorno di Dwight Howard, che però, così come Gasol, riceverà meno minuti dato che sembra che Anthony Davis ricoprirà sempre più stabilmente il ruolo di 5.

I Lakers però non credo abbiano finito, e interverranno ancora ed ancora sul mercato grazie proprio alla loro fortissima attrattiva, riuscendo così a strappare contratti a basso costo a giocatori il cui unico obiettivo è quello di inseguire le Finals.

In tutto questo, soffrirà forse la difesa (si pensi alla perdita di Caruso) che si è più volte dimostrata la chiave assoluta per la vittoria finale… certo è che vedere quei 4 assieme con la stessa maglia gialloviola nello Staples Center farà venire i brividi.

ALTRE FIRME IMPORTANTI

– Cleveland ha rinnovato Jarret Allen per 5 anni a 100 milioni complessivi

– Reggie Bullock si accasa a Dallas per 3 anni (a 30 milioni), fornendo un necessarissimo tiratore a Jason Kidd e Luka Doncic. Dallas, inoltre, rinnova Hardaway per 4 anni a 74 milioni.

– Atlanta blinda le sue due giovani star: a John Collins un quinquennale da 125 milioni, a Trae Young un quinquennale da 207 milioni.

– Utah rinnova Mike Conley a 72.5 milioni per 3 anni.

– Golden State ricopre d’oro -giustamente- Steph Curry con 215 milioni in 4 anni (nell’ultimo anno guadagnerà 60 milioni)

– Washington, tramite una sign-and-trade, firma Dinwiddie per tre anni a 62 milioni

– OKC rinnova la sua stella Shai Gilgeous-Alexander per 5 anni a 172 milioni.

– Sacramento sbroglia l’unica difficoltà contrattuale di questa offseason rinnovando il centro Richaun Holmes per 4 anni a 55 milioni.

– San Antonio firma Sean McDermott per 3 anni a 42 milioni complessivi

– Portland mantiene Norman Powell per altri 5 anni a 90 milioni (pur avendolo scambiato “per risparmiare” con Gary Trent che è stato rinnovato da Toronto per 3 anni a 54 milioni, cioè la stessa identica cifra annuale). Non credo che questa scelta sarà abbastanza per convincere Lillard a rimanere, quindi attenzione ad ulteriori sconvolgimenti.

– Phoenix rinnova CP3 per 3 anni a 120 milioni (di cui solo 75 garantiti però), nonché la rivelazione Cameron Payne a 19 milioni in 3 anni

 

 

2 thoughts on “Focus: NBA Free Agency 2021

  1. Ma Stevens è stato preso per distruggere definitivamente e per sempre i Celtics? Ci mancava solo Schroeder! Non si fa tempo ad essere soddisfatti del benservito a Walker che ne arriva uno peggio…
    Di questo passo pure Tatum e Brown se la battono (Jayson ha la faccia di quello che vola a LA appena Lebbros appende le scarpette) e addio.

  2. Considerazioni personali:
    Chicago è quella che si è mossa di più e ha più rivoluzionato la squadra, a mio parere ha fatto bene perchè i Bulls parevano un po’ morti.
    Lakers: certo RW è una scommessa, può essere anche un fattore di rischio e rompere gli equilibri, ma mi pare un bel rischio calcolato, LA si mette in squadra un giocatore che è una macchina da tripla doppia, è affamatissimo di vittorie ed è ancora in grado di dare una scossa a qualsiasi partita, inoltre va in una squadra con gerarchie ben chiare e che non ammettono contraddizioni c’è un Re e poi i suoi uomini, se RW diventa un seguace di James mi sa che a Ovest i gialloviola saranno i favoriti.
    New York: pare incredibile ma la freeagenty non è pane per i denti dei Knicks, non riescono mai a fare il colpo decisivo, le due guardie arrivate non sono, secondo me, in grado di far fare il salto di qualità, buonissimi giocatori, ma con troppi limiti difensivi e non così devastanti in attacco per portarti in alto.
    Miami Heat: secondo me sono quelli che hanno operato meglio.
    Dallas e Boston escono con un sorriso di circostanza, non si sono indebolite, ma non si sono neppure rafforzate, per niente.

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