Il countdown per i playoff NBA 2021 dice meno 7 giorni, siamo quasi arrivati al momento di fare sul serio. E la Western Conference promette spettacolo e scintille come non mai.

Ad oggi si conoscono già ufficialmente le squadre sicure di non partecipare alla postseason neanche passando dalla porta di servizio del play-in tournament e così Zion Williamson dovrà rimandare il suo appuntamento con la storia data l’inconsistenza dei suoi New Orleans Pelicans in questa stagione.

Ad affiancarlo tra le escluse i derelitti Sacramento Kings, i Timberwolves in ricostruzione ormai da anni (e i cicli precedenti non hanno portato granchè alla causa del Minnesota dato che i lupi dalla finale di Conference del 2004 con Garnett hanno partecipato ai playoff solo una volta con un secco 4-1 subito da Houston al primo turno) gli Oklahoma City Thunder che ripartiranno verosimilmente dai prossimi draft NBA e gli Houston Rockets abbandonati da James Harden e di conseguenza anch’essi condannati a un rebuilding che era comunque nell’aria.

Dal decimo posto in su, però, davvero tutto è possibile. O quasi.

Sembra davvero poco probabile infatti che i San Antonio Spurs del Gran Maestro Gregg Popovich possano tornare ai playoff dopo aver interrotto, lo scorso anno, più di venti stagioni consecutive ai playoff (dal 1997-98 al 2018-19, anni nei quali si sono portati a casa 5 anelli su 6 finali disputate).

Gli speroni sono già sicuri di occupare l’ultimo posto del torneo play-in che li porterà ad affrontare una tra i Memphis Grizzlies in piena ascesa e i Golden State Warriors di uno Steph Curry versione “uomo in missione” al primo turno. Difficile che gli Spurs riescano già a superare questo ostacolo, più probabile che si inizi anche qui un percorso di ricostruzione che vedrà il payroll di San Antonio libero dai contratti di DeMar Derozan e Rudy Gay (tra gli altri) nonchè Dejounte Murray come punto di partenza, se non altro dal punto di vista contrattuale (64 milioni fino al 2024)

Detto quindi di chi è tagliato fuori dalla corsa alle NBA Finals, ufficialmente o virtualmente, iniziamo a parlare delle pretendenti a una deep run per arrivare a giocarsi il Larry O’Brien Trophy.

Il trofeo NBA, intitolato al commissioner di allora Larry O'Brien dal 1984

Il trofeo NBA, intitolato al commissioner di allora Larry O’Brien dal 1984

CONTENDERS

LOS ANGELES CLIPPERS

Il cammino dei Clippers in regular season non sarà stato propriamente da schiacciasassi ma in ottica playoff la squadra allenata da Tyronn Lue appare sicuramente molto preparata e attrezzata. Forse più delle rivali.

Certo, anche l’anno scorso sembrava che i Clips fossero pronti a una cavalcata verso le Finals e invece hanno ottenuto solo un sofferto 4-2 al primo turno contro Dallas e poi l’eliminazione per mano di Denver senza mai convincere nel loro percorso all’interno della bolla di Disneyland. Da quello che è stato a tutti gli effetti un fallimento è arrivata la fine del ciclo Doc Rivers ma non la rinuncia alla principale ossatura della squadra, a partire da Paul George.

E’ lui l’osservato principale della truppa di Lue e l’uomo da cui dipende il salto di qualità definitivo per consentire ai Clippers di imporsi come la favorita a tutti gli effetti della Western Conference. L’ex Pacers e Thunder ha detto a chiare lettere di voler cancellare la nomea di giocatore perdente e superare l’impatto traumatico con la bubble di Orlando e nella stagione regolare è arrivata finora la dimostrazione che George vuole far seguire i fatti alle parole.

I punti a gara sono saliti dai 21.5 dello scorso anno ai 23.3 della stagione corrente, tra l’altro con un minutaggio più alto (33.7 minuti contro i 29.6 del 2019-20) i rimbalzi sono saliti da 5.7 a 6.6, gli assist da 3.9 a 5.2, quest’ultima statistica ancora più importante se si pensa che il ruolo di PG-13 è molto più da finalizzatore che da costruttore di gioco. In sede di analisi pre-playoff quindi ci sono gli elementi per credere in George, anche perchè un altro anno di poca consistenza nelle gare che contano macchierebbe forse definitivamente il suo status di superstar.

Ad affiancare George ritroviamo giocatori come Morris e Beverley deputati al lavoro sporco e rispetto allo scorso anno si sono aggiunti Serge Ibaka, che ha già vinto con i Raptors da sfavorito e sarà prezioso sotto i tabelloni in un frontcourt che comprende anche l’abituale starter Ivica Zubac e DeMarcus Cousins, e Rajon Rondo che potrà costituire un’importante alternativa a Beverley e se adeguatamente motivato aggiunge una sostanziosa componente di leadership. L’allungamento delle rotazioni col coinvolgimento anche di Luke Kennard (45.6% da tre in stagione) e Terrance Mann completa un importante supporting cast a George e soprattutto a Kawhi Leonard.

Se oggi esiste un giocatore da playoff per eccellenza è lui. Lo scorso anno è insolitamente uscito da perdente dopo aver vinto con San Antonio e con Toronto ed è molto difficile che accetti di farlo per il secondo anno di fila, non senza aver lottato fino all’ultimo possesso perlomeno. The Claw non mostra segni di cedimento nel suo rendimento personale e continua ad essere il go-to-guy nei momenti decisivi delle gare dei Clippers, nonchè il solito mastino in difesa. Se Paul George manterrà le promesse ci sono tutti gli elementi affinchè quest’anno accada ciò che non è avvenuto lo scorso anno: la prima finale di Conference nella storia dei Clippers.

Paul George e Kawhi Leonard; le fortune dei Clippers passano sempre da loro

Paul George e Kawhi Leonard; le fortune dei Clippers passano sempre da loro

LOS ANGELES LAKERS

Ebbene sì, come l’anno scorso è la Città degli Angeli la favorita dai pronostici pre-postseason. Eppure i Lakers partiranno con molta probabilità dal play-in tournament dove potrebbero peraltro ritrovarsi contro, al primo turno, i Golden State Warriors; ciò nonostante analizzando l’accidentato percorso della stagione regolare ci sono vari elementi che fanno pensare a un ribaltamento della situazione ai playoff.

In questi giorni i Lakers stanno vivendo un’affannosa lotta per strappare la qualificazione diretta ed evitare il torneo play-in ma questo è avvenuto soprattutto a causa dei lunghissimi stop delle loro due stelle.
Anthony Davis ha saltato ben due mesi di stagione regolare tra febbraio e aprile e non si è fatto in tempo in casa Lakers ad esultare per il suo ritorno che subito c’è stato il brutto infortunio alla caviglia di LeBron James. Di conseguenza il rendimento della squadra è inesorabilmente calato fino a farla sprofondare al settimo posto attuale.

Questo però ha fatto in modo che molti elementi di supporto abbiano vissuto un’importante responsabilizzazione nel dover giocare senza i loro due leader e comunque mantenere i Lakers vivi nella corsa alla postseason in una Conference sempre difficile e combattiva. Così su tutti è emerso Talen Horton-Tucker che ha messo in mostra le sue qualità di attaccante al ferro per aprire spazi sul perimetro all’esperto Wesley Matthews e ad un sempre pericoloso Kyle Kuzma, per citarne due. Sotto canestro, poi, a un elemento di esperienza come Marc Gasol per il quale vale lo stesso discorso di Ibaka con i Clippers e a un Montrezl Harrell da 13.6 punti in 23 minuti di media, si è aggiunto anche Andre Drummond alla prima vera occasione per puntare alla finale NBA.

Per il resto non si scappa dai due big che ai Lakers sperano ovviamente di trovare nelle migliori condizioni dopo la stagione regolare. Anthony Davis ha avuto tante partite per ritrovare la forma dopo lo stop forzato e così nelle ultime 10 gare è andato 9 volte in doppia cifra con la perla della doppia doppia da 42+12 rimbalzi nella vittoria del 10 maggio contro i Phoenix Suns secondi classificati. Per quanto riguarda LeBron James non c’è bisogno di troppe presentazioni nè di analisi approfondite per parlare della sua voglia di vincere e dell’importanza che ricopre nel suo roster; lo staff tecnico lo sta centellinando in queste ultime battute di regular season proprio per consentirgli di arrivare ai playoff quanto più possibile pronto.

Dovranno anche passare dal play-in, ma i Lakers non hanno alcuna intenzione di abdicare.

LeBron James e Anthony Davis, trascinatori della Los Angeles campionessa in carica

LeBron James e Anthony Davis, trascinatori della Los Angeles campionessa in carica

UTAH JAZZ

In tanti sono convinti che gli Utah Jazz, così come i Phoenix Suns su cui ci soffermeremo più avanti, non riusciranno a confermare ai playoff quanto di buono hanno mostrato nella stagione regolare che concluderanno con molte probabilità al primo posto nella Western Conference che occupano ormai da mesi. Se è legittimo ipotizzare che partano un gradino sotto le due losangeline bisogna però stare attenti a non dare troppo presto i mormoni per spacciati.

Se non altro perchè comunque una squadra prima in classifica per così tanto tempo nella Conference probabilmente più dura difficilmente lo è per puro caso.

Anche analizzando la stagione della squadra di Salt Lake City si può affermare che i Jazz siano arrivati all’apice del loro difficile percorso di ricostruzione partito dal termine dell’epopea dello storico coach Jerry Sloan nel 2011 e che ha già portato la franchigia ai playoff negli ultimi tre anni. Oggi tutti i tasselli sono al loro posto e i giocatori di riferimento scelti negli anni sono cresciuti al punto da formare, tutti insieme, una vera e propria contender.

Rudy Gobert è al suo anno migliore sia per percentuale dal campo (67,4%) che per rimbalzi (13.5 a pari merito con lo scorso anno) e stoppate, specialità della casa per il francese che quest’anno francobolla 2.7 volte a gara i tentativi avversari. Jordan Clarkson ha prepotentemente affermato la sua candidatura a Sixth Man of the Year con il career high, a sua volta, per punti segnati con 18.2 a gara, mentre Mike Conley svolge alla grande il suo ruolo di play d’esperienza con 16.3 punti e 5.9 assist di media.

L’infortunio di Donovan Mitchell, ai box dal 16 aprile per problemi alla caviglia, è stato sicuramente una tegola pesante ma il fatto che i Jazz abbiano mantenuto comunque la prima posizione è anche esplicativo del rendimento del supporting cast, da Bogdanovic a Joe Ingles passando per un Royce O’Neale perfettamente calato nel ruolo di 3&D essenziale per avanzare nei playoff.

Prima della distorsione e del conseguente stop Mitchell viaggiava a 26.4 punti e 5.2 assist di media che tanto per cambiare è il massimo nell’ancora giovane carriera del 45. Tutti questi career high sono indizi che portano a una sola conclusione: questo è l’anno buono per i Jazz per puntare davvero al titolo NBA, vedremo se Spida rientrerà in buone condizioni e se Utah sorprenderà tutti così come ha fatto in stagione regolare.

Donovan Mitchell; se rientrerà in forma sarà dura per tutte le avversarie di Utah

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OUTSIDERS

Tra le squadre pronte a fare strada nei playoff partendo dalla seconda fila nei pronostici della vigilia è inevitabile partire dai Phoenix Suns secondi classificati e dai Denver Nuggets di Nikola Jokic e Mike Malone.

Come avrete potuto leggere nel pezzo dedicato alle dieci domande della redazione sui playoff i Suns, così come i Jazz, sono secondi non per caso con la leadership di Chris Paul, il lavoro sporco di Jae Crowder finalista lo scorso anno da underdog con Miami e soprattutto con il talento cristallino di Devin Booker e la crescita definitiva di DeAndre Ayton pronto ad affermarsi nell’elite dei centri NBA. La franchigia dell’Arizona ha tutte le carte in regola per non fare da comparsa al ritorno ai playoff dopo la finale di Conference del 2010 nell’era Steve Nash, ma potrebbe essere penalizzata dal possibile accoppiamento con i Los Angeles Lakers al primo turno.

Il veterano Paul e l'astro nascente Booker, punte di diamante dei Suns

Il veterano Paul e l’astro nascente Booker, punte di diamante dei Suns

Riguardo ai Nuggets, sicuramente la rottura del crociato sinistro di Jamal Murray, dominatore degli scorsi playoff per la squadra del Colorado, rappresenta una perdita pesante. Nikola Jokic però ha davvero strabiliato tifosi e appassionati con una regular season da stropicciarsi gli occhi.

Il serbo, ancora 25enne (è bene ripeterlo vista la sicurezza da veterano consumato con cui guida la sua squadra) è sempre stato un giocatore d’èlite ma quest’anno ha piazzato un career high di 26.4 punti a gara che supera di 6 lunghezze il precedente massimo ed è paurosamente vicino alla tripla doppia di media aggiungendo 10.9 rimbalzi e 8.4 assist, tutti massimi in carriera. Un anno spettacolare per un giocatore spettacolare che ai playoff vorrà dire a gran voce la sua con i suoi Denver Nuggets.

Nikola Jokic, potenziale MVP nell'anno migliore in carriera

Nikola Jokic, potenziale MVP nell’anno migliore in carriera

Dietro a Denver e Phoenix troviamo i Dallas Mavericks, vincitori della Southwest Division, e i Portland Trail Blazers, che lottano con Dallas e i Lakers per aggiudicarsi la quinta posizione. Due squadre con una situazione di franchigia opposta: i Blazers non riescono ad andare lontano malgrado il talento cristallino di Dame Lillard che anche quest’anno ha messo su 28.9 punti e 7.5 assist a gara a suon di giocate spettacolari e potrebbero trovarsi alle soglie di una rivoluzione di una squadra che non sembra poter garantire più di un primo o secondo turno playoff alla sua stella, dal canto suo arrivata ai 30 anni d’età.

Dallas, invece, è nel pieno del ciclo Luka Doncic e ha vinto la sua Division ma è ancora presto per poter puntare davvero in alto per la squadra allenata da Rick Carlisle, alle prese coi problemi fisici di Kristaps Porzingis (che quest’anno ha saltato 29 gare tra un infortunio e l’altro) e con una certa mancanza di consistenza difensiva che non è riuscita di fatto a migliorare dallo scorso anno.

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A giocarsi l’accesso alla postseason nel play-in tournament saranno infine i Memphis Grizzlies, in costante crescita nonostante anche per loro ci sia stata la tegola dell’infortunio a uno dei giocatori più importanti come Jaren Jackson Jr., e i Golden State Warriors, scottati dalla perdita di Klay Thompson prima ancora di iniziare la stagione ma che hanno dalla loro uno Steph Curry che ha ripreso da dove aveva lasciato prima del suo lungo stop, piazzando il massimo di punti in carriera (31.8, capocannoniere della NBA) con il consueto quanto fantastico 42% da tre su 12 tentativi a gara. Difficile per ambedue le squadre andare troppo lontano (Memphis è ancora all’inizio del suo percorso verso l’èlite NBA, Golden State non ha molto da affiancare a Curry, stante anche l’infortunio di James Wiseman) ma nella postseason tutto è possibile.

La competizione per le NBA Finals a Ovest sarà quindi potenzialmente spettacolare, combattuta e dall’esito incerto mancando una vera e propria dominatrice; buoni NBA Playoff a tutti.

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