A qualche giorno di distanza dal termine della stagione più lunga di sempre, è arrivato il momento di dare i voti alle squadre che hanno reso comunque entusiasmante anche questa strana e irripetibile (speriamo) postseason NBA.

WESTERN CONFERENCE

Honorable mention: Phoenix Suns e Memphis Grizzlies – VOTO 7

Né i Suns né i Grizzlies sono riusciti ad entrare nel novero delle migliori 16 della stagione 2019-2020, ma entrambe hanno di che essere orgogliosi di come l’hanno chiusa. I primi per la striscia di 8 vittorie e 0 sconfitte con cui hanno terminato l’esperienza nella bolla di Orlando, che non sarà servita per qualificarsi alla postseason ma che può essere un solido punto di appoggio per una prossima stagione che in Arizona sperano, finalmente, possa segnare l’inizio della rinascita. I secondi alla postseason ci sono arrivati per il rotto della cuffia e con qualche patema di troppo, ma anche se sono stati eliminati nel primo seeding game nella storia della Lega il futuro sembra promettere bene anche in Tennessee, con un Ja Morant già leader e decisamente in rampa di lancio.

Utah Jazz – VOTO 6

I Jazz hanno perso una serie di primo turno in cui erano in vantaggio per 3 gare a 1. Questo toglie sicuramente mezzo voto alla stagione della squadra guidata da Quin Snyder, ma il fatto che la rimonta sia stata operata da una Denver che per circa un mese ha avuto le stigmate della squadra del destino ammorbidisce un po’ la loro posizione, anche perché in gara 7 il tiro della vittoria di Mike Conley è uscito solo per pochi centimetri. Utah è una squadra solida, ben allenata, con un Mitchell che si è esaltato nella sfida contro Jamal Murray e che con il ritorno dall’infortunio di Bojan Bogdanovic punta a scalare un altro gradino nella iper-competitiva Western Conference. L’impressione però è che manchi ancora il classico centesimo per fare il dollaro.

Portland Trail Blazers – VOTO 6,5

I Blazers si sono (molto) ben comportati nelle otto partite della bolla che hanno preceduto l’inizio dei playoff (6 vinte e 2 perse, più la vittoria contro i Grizzlies nel seeding game), ma nel primo turno contro i Los Angeles Lakers lo scontro era troppo sbilanciato per pensare di poter opporre qualcosa di più di una onorevole resistenza alla forza d’urto di LBJ e compagni. Portland ha trovato il modo di portare a casa una gara, prima che l’infortunio di Lillard (in forma smagliante in quel di Orlando) ponesse fine ad ogni residua speranza. Il vero problema è che la franchigia dell’Oregon sembra finita, ormai da un po’ di tempo per la verità, in un limbo da cui è difficile uscire: troppo forti per tankare, troppo deboli per essere una contender. Lillard e McCollum sono uno dei migliori backcourt dell’intera NBA, l’esperimento Anthony è andato bene e Nurkic è offensivamente un gran bel giocatore. Ma la difesa di squadra resta un grande, enorme problema e lo spazio salariale per operare miglioramenti è sostanzialmente zero.

Oklahoma City Thunder – VOTO 6,5

Si può definire deludente la stagione di una squadra che a inizio anno sembrava destinata a raccogliere una manciata di vittorie e che invece di W ne ha raccolte ben 44 (su 72 gare totali)? Sicuramente no, infatti OKC merita il massimo rispetto per essere riuscita a trovare un equilibrio insperato nel mix di giovani e meno giovani che componevano il roster di questa stagione. Però sono rimasto un po’ amareggiato dalla sconfitta in Gara 7 del primo turno contro i Rockets. Non perché Paul e compagni partissero favoriti nella serie, ma perché ad un certo punto mi sono sembrati avere in mano le redini della sfida senza riuscire ad affondare il colpo del KO. Di certo non ha aiutato la causa la pessima serie giocata da Danilo Gallinari, che arriva alla free agency nel modo peggiore e vede sicuramente complicarsi la sua ricerca di un ultimo, remunerativo contratto con cui chiudere la sua carriera. Sam Presti avrà comunque a disposizione la bellezza di 15 scelte al primo round del draft da qui al 2026, quindi i tifosi dell’Oklahoma hanno di che essere ottimisti.

Dallas Mavericks – VOTO 7

Il domani è oggi. Luka Doncic è già diventato, a poco più di 21 anni e dopo sole due stagioni NBA, uno dei primi dieci giocatori della mondo. Un vero e proprio predestinato, che alla sua prima esperienza playoff ha innalzato ulteriormente il livello del suo gioco tenendo in piedi praticamente da solo i Mavericks nella battaglia contro i Los Angeles Clippers (impreziosita da una tripla allo scadere in Gara 4 che è già entrata nella leggenda di questo sport) dopo che Porzingis ha dovuto fermarsi per infortunio in Gara 3. Ora però è già tempo di guardare al futuro, perché in Texas c’è voglia di tornare al vertice ma alla squadra manca ancora qualche tassello per poter avere legittime ambizioni di titolo.  Il lettone è appena finito sotto i ferri per un intervento al menisco da cui dovrebber recuperare in tempo per il prossimo training camp, ma ai Mavs serve anche trovare qualcosa sul mercato per alzare il livello di competitività del roster. O, in alternativa, attendere l’estate 2021 per dare l’assalto a Giannis Antetokounmpo.

Houston Rockets – VOTO 5

I Rockets si ritrovano sul groppone un’insufficienza pur avendo superato il primo turno ai playoff. Non è questione di eccessiva severità, il problema è che il suddetto turno è stato superato con estrema fatica e più per demeriti altrui che per la qualità del basket giocato dalla squadra texana. Al secondo turno, i Lakers hanno disposto di Harden e compagni con disarmante facilità (se si esclude una gara 1 a cui sono arrivati senza allacciarsi le scarpe), mettendo la pietra tombale su una collaborazione con coach Mike D’Antoni il cui destino era comunque già segnato dall’inizio della stagione. È vero che l’infortunio di Russell Westbrook ha complicato le cose, ma la realtà è che gli Houston Rockets hanno deciso di andare all-in con l’approccio small ball perché altre possibilità non ce n’erano e tanto valeva buttarsi sperando nel miracolo. Un’occasione di arrivare fino in fondo Harden e compagni ce l’hanno avuta, ma è stato nel 2018 quando sono andati ad un bicipite femorale (di Chris Paul) di distanza da mandare a casa l’invincibile armata dei Warriors. Cosa fare ora? Scambiare Westbrook (auguri, visto il contratto)? Scambiare Harden (e per chi)? Scambiare tutti gli altri (e chi li vuole)? L’impressione è che le nuvole nere nel cielo di Houston siano presto destinate ad aumentare di numero e volume.

Los Angeles Clippers – VOTO 4

A inizio stagione (e a inizio playoff) i Clippers erano in cima alle preferenze di molti analisti, esperti e supposti tali (tipo me) quali possibili vincitori del titolo 2020. Invece se ne tornano a casa con le ossa rotte, prima sopravvissuti con fatica ad una serie contro i Dallas Mavericks in cui il divario di forze avrebbe dovuto invece condurre ad un comodo sweep e poi rimontati, affiancati e superati dai Denver Nuggets, con l’onta di una Gara 7 di finale di conference che definire disarmante è un eufemismo. Sul banco degli imputati vanno in particolare Doc Rivers, incapace di proporre un aggiustamento che fosse uno agli assetti tattici proposti da Carlisle e Malone (e infatti puntualmente accompagnato alla porta pochi giorni dopo l’eliminazione) e Paul George, che ha ammesso problemi di adattamento mentale alla clausura della bolla e che sul campo non è stato in grado di mantenere al soprannome Playoff-P (a questo punto della sua carriera, francamente un po’ fuori luogo). Ma anche le doti di leadership di Leonard escono ridimensionate dalla bolla, così come l’apporto alla causa del trio Morris-Harrell-Jackson che ha saputo distinguersi ad Orlando solo per le cose sbagliate.

Denver Nuggets – Voto 9

Cosa chiedere di più a questi Nuggets? Due rimonte da 1-3 contro Jazz e Clippers, Jokic che ha dominato in area e Murray che ha fatto sfracelli sul perimetro. Denver si è arresa solo alla maggiore esperienza dei Lakers in finale di conference, ma la qualità di gioco espressa ad Orlando dalle pepite del Colorado non ha avuto eguali tra tutte le altre squadre della bolla. Il futuro è roseo perché il roster è giovane e profondo e questa esperienza servirà sicuramente a costruire maggiore solidità. La prossima stagione dei Nuggets si annuncia estremamente interessante, soprattutto se i ragazzi di Malone riusciranno a limare qualche errore (come il pasticcio difensivo che ha permesso ad Anthony Davis di segnare il canestro decisivo sulla sirena di Gara 2) ed evitare partenze a rilento che alla lunga rischiano di diventare pericolose.

Los Angeles Lakers – Voto 10

I Lakers erano tra i favoriti di questa stagione NBA? Certo. I Lakers sono stati agevolati dal fatto di giocare nella bolla? Mmmh, questo non direi. Tanto per cominciare, lo spostamento delle gare ad Orlando ha azzerato il vantaggio del fattore campo che i gialloviola si erano conquistati con una regular season chiusa con il primo posto a Ovest. In secondo luogo, l’atmosfera ovattata in cui si sono disputate le partite ha ridotto l’impatto emotivo con i playoff che le squadre più giovani (quindi non i Lakers) avrebbero sentito se si fosse giocato in condizioni normali. Infine, il ritmo più serrato delle partite avrebbe potuto causare problemi a un roster mediamente più attempato come quello degli angelini. Ma niente di tutto questo è riuscito a fermare la marcia di LBJ e compagni, che hanno sicuramente vinto un titolo che non può essere considerato uguale agli altri ma non per questo va considerato di minor valore. Onore ai campioni quindi… e lunga vita al Re (e ad Anthony Davis).

 

Eastern Conference

Philadelphia 76ers – Voto 4

Ricordate il famoso Process che secondo le idee di Sam Hinkie avrebbe dovuto, grazie ad una cospicua dose preliminare di annate di guano, riportare i 76ers nell’elite NBA? Ecco, Hinkie non c’è più e il Process nemmeno, idem per coach Brett Brown che è stato salutato senza troppi rimpianti subito dopo l’umiliante eliminazione per 4 a 0 subita al primo turno dai Boston Celtics. Il fallimento dell’idea del visionario ex-GM della franchigia della Pennsylvania non è ancora stato ufficialmente certificato, ma sembra difficile pensare che questo roster possa, anche con qualche variazione (peraltro molto complessa da realizzare), puntare nel breve periodo a un titolo NBA. Colpa soprattutto di un amore mai scoppiato tra Ben Simmons, che dopo tre anni pieni di NBA ha ancora un range di tiro che non supera i 4 metri, e Joel Embiid, fenomeno sui social media ma un po’ meno quando conta fare la differenza sul campo (in particolare nei quarti periodi). I due si pestano tecnicamente i piedi in campo e non sembrano nemmeno particolarmente affiatati fuori, e il resto del roster è azzoppato dai contratti-capestro di Harris e Horford. Il GM Elton Brand, anche lui all’ultima chiamata, ha detto che Simmons ed Embiid non si toccano, ma scambiare gli altri big (o supposti tali) sembra un’impresa impossibile e, Doc Rivers o non Doc Rivers, prevedere migliori risultati nella prossima stagione sembra ad oggi abbastanza improbabile.

Orlando Magic – Voto 5

Anche i Magic, che giocavano “in casa” solo per modo di dire, hanno avuto i loro bei problemi con gli infortuni. In particolare, spiace per il crack di Jonathan Isaac, terzo anno che aveva fatto intravedere lampi di importanti miglioramenti e che invece nella bolla si è spappolato un ginocchio in un modo davvero orribile da vedere. Isaac resterà ai box per diversi mesi, ma le brutte notizie per i tifosi della Florida arrivano soprattutto quando si guarda al monte salari, già impegnato per oltre 120 milioni di dollari nella prossima stagione da una serie di contratti che definire pesanti non rende a sufficienza l’idea.

Brooklyn Nets – Voto 5

Irving, Dinwiddie, Jordan, Beasley, Crawford, Claxton, Chandler e Prince. Anche senza considerare Kevin Durant, la lista degli infortunati con cui i Nets hanno chiuso la loro stagione fa paura e rende l’idea di quali fossero le possibilità dei rimanenti membri del roster di fare qualcosa di più di una semplice opposizione formale nel primo turno contro i Toronto Raptors. La verità è che i Nets si sono presentati a Orlando perché dovevano, altrimenti sarebbero rimasti volentieri a casa, per prepararsi ad una prossima stagione in cui il nuovo coach Steve Nash si troverà subito a dover rispondere ad aspettative molto alte in termini di risultati. L’accoppiata Irving-Durant è bellissima sulla carta, ma bisognerà vedere in quali condizioni KD rientrerà dal lungo stop per la rottura del tendine d’achille e (soprattutto) se e come i caratterini delle due superstar si integreranno sul parquet.

Indiana Pacers – Voto 5,5

Nelle prime due settimane di bolla, l’elisir di Panoramix con cui sembrava essersi abbeverato T.J. Warren ha mascherato la pesante assenza per infortunio di Domantas Sabonis, vero punto focale della squadra. Poi l’effetto della pozione magica è svanito e Warren e soci sono stati sonoramente sculacciati al primo turno dei playoff da Butler e i Miami Heat. Ora il problema principale è cosa fare con Victor Oladipo, che solo 12 mesi fa si pensava potesse essere il volto futuro della franchigia e ora vive da separato in casa, dopo aver richiesto a gran voce una cessione che è presumibile arriverà a breve. Il futuro dei Pacers dipenderà dal tipo di contropartita che riusciranno a portare a casa, ma è presumibile che la dirigenza cercherà di ottenere qualche scelta al draft per tentare di ricostruire sulle ceneri di un progetto che, con il licenziamento di coach McMillan, appare già defunto prima ancora di essere nato.

Milwaukee Bucks – Voto 4,5

Come per i Clippers, la postseason dei Bucks non può che essere giudicata negativamente. La presenza del bi-MVP e il miglior record dell’intera NBA facevano presagire ben più di una misera semifinale di Conference, in cui tra l’altro non sono stati umiliati per 4 a 0 dagli Heat solo grazie ad una rocambolesca vittoria all’overtime di Gara 4. Né può essere da scusante l’infortunio del predetto Antetokounmpo, perché i Bucks erano già sembrati alle corde ben prima che la caviglia del greco si girasse in modo irrimediabile. Molti si attendevano una cacciata di coach Budenholzer che invece non è arrivata, ma tutto ruota attorno alle decisioni di Giannis, che la prossima estate potrebbe uscire dal contratto e non ha dato notizie certe della sua volontà di prolungare la permanenza in Wisconsin. Dovesse scegliere di dirigersi verso altri lidi per i Bucks sarebbe una tragedia paragonabile alla partenza di LBJ da Cleveland nel 2010, per cui è probabile che la dirigenza proverà a cambiare qualcosa nel roster (già, ma cosa?) per tentare nella prossima stagione un decisivo assalto al titolo NBA.

Toronto Raptors – Voto 8

I Raptors sono stati ad una manciata di centesimi di secondo dal finire sotto 3 a 0 nella semifinale dell’est e sembravano destinati a subire uno sweep da dei Boston Celtics più giovani, profondi e in salute. Invece il tiro sulla sirena messo a segno da O.J. Anunoby ha portato la serie fino a una Gara 7 da cui Toronto è uscita sconfitta ma a testa alta, altissima. La banda di Nick Nurse ha dimostrato che il merito del titolo 2019 non andava ascritto solo alla presenza di Kawhi Leonard, ma anche alla resilienza di un gruppo che ha in Lowry un vero, grande leader. Siakam invece ha deluso non poco e dovrà riscattarsi già nella prossima stagione, perché il contratto appena firmato è di quelli importanti e in Canada la fame di vittorie è ancora molto alta. Ma qualcosa sul mercato andrà pensato, perché Ibaka, Van Vleet e Gasol sono tutti in scadenza e il loro contributo non sarebbe certo facile da sostituire.

Boston Celtics – Voto 7,5

Ogni volta che guardo una partita dei Celtics mi innamoro alternativamente di uno tra Tatum e Brown. Ho una leggera predilezione per il secondo per le migliori qualità nella metà campo difensiva, ma in ogni caso è un bello scegliere. Boston ha passeggiato al primo turno contro i deludenti Sixers e superato in sette, emozionanti partite l’immenso orgoglio dei Toronto Raptors, prima di arrendersi alla maggiore solidità, soprattutto difensiva, dei Miami Heat. Una buona annata, ma sul palato degli esigenti tifosi biancoverdi è rimasto un sapore dolceamaro, perché nella finale dell’Est i ragazzi di Brad Stevens arrivavano da (leggeri) favoriti e invece sono un po’ mancati nel momento decisivo. La crescita rispetto alla passata stagione c’è stata e in una conference ormai orfana di LBJ i Celtics sembrano essere la squadra favorita ai prossimi nastri di partenza, ma ci sono diverse domande che ancora cercano risposta. Kemba Walker vale davvero i soldi del contratto che ha firmato? Quale sarà il destino di Gordon Hayward, pupillo del coach ma sempre più bersagliato dagli infortuni? Come rafforzare il roster sotto canestro? Domande a cui non è semplice dare risposta e che potrebbero condizionare le speranza di superare nuovamente i Lakers nel numero di stendardi con cui abbellire il soffitto del palazzo.

Miami Heat – Voto 9,5

Assieme ai Denver Nuggets, i Miami Heat sono indubbiamente da considerare la vera sorpresa di questi playoff. Anche loro sono stati eliminati dai Lakers, ma gli Heat hanno una finale NBA ad impreziosire l’album della loro stagione. Jimmy Butler, mai così decisivo e costante nel corso della sua carriera, è stato il leader di una squadra giovane, carica e affamata che si presenterà ai nastri di partenza della prossima stagione con l’ambizione di tornare a giocarsi il titolo. Hierro, Robinson, Adebayo saranno attesi alla stagione della consacrazione, mentre bisognerà capire cosa fare con Dragic (in scadenza di contratto) e come eventualmente migliorare la profondità del roster. Il punto fermo del futuro degli Heat non veste però né canotta né pantaloncini: Erik Spoelstra in questa stagione ha finalmente trovato il riconoscimento che meritava da anni e le sue lacrime dopo la sconfitta in Gara 6 di Finale non fanno altro che certificare la sua appartenenza all’elite dell’elite dei coach (e degli uomini) NBA.

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