Si va a gara 6. Miami vince 111-108 una partita bellissima, tirata fino alla fine. Il merito di questi Heat sta tutto nel carattere. Non mollano mai, sono tosti, stanno onorando degnamente queste Finals.

Sono lo specchio del loro leader, Jimmy Butler, autore in replica dopo gara 3 di una prestazione fantastica. 35 punti, 12 rimbalzi, 11 assist, 11-19 dal campo con 5 recuperi, un’altra tripla doppia per restare nella storia del gioco, comunque vada a finire.

Ora i Lakers avranno doverosamente un po’ di paura, di sicuro non vogliono giocare delle Finals che in cuor loro avevano già vinto in una eventuale ed alla vigilia improbabile gara 7.

Forse ha ragione chi ha fatto notare anche un piccolo particolare, insignificante per molti tranne che per un uomo. Sono scesi in campo con le maglie nere “Mamba edition”, sicuri di vincerla e di festeggiare il titolo in memoria di Kobe.

E’ stata solo benzina sul fuoco per Jimmy Butler che non aspettava un regalo più grande. Una motivazione ulteriore per ribadire una volta di più che queste Finals non hanno il destino già segnato.

La festa dei Lakers è stata rovinata. Di nuovo, con tutta sincerità, onore a questi valorosi Heat.

LA TAVOLA APPARECCHIATA

Era tutto apparecchiato per bene. Ultimo possesso per i Lakers è anello che si può vincere all’ultimo tiro. LeBron va dentro, su di lui collassa tutta la difesa e scarica fuori oltre la linea dei tre punti.

C’è Danny Green, uno specialista, pagato per questo. Se la mette dentro è finita e i Lakers sono campioni. E’ solo in posizione “top of the key”, ovvero centrale, si prende la tripla ma sbaglia.

Capita, anche se la sua ragione di stare al mondo è proprio segnare questi tipi di tiri in queste situazioni. Non va criminalizzato ma è un errore grave. Non è entrato dalla porta giusta della storia.

Il rimbalzo sarebbe anche dei gialloviola ma Morris la butta malamente via. A LeBron sarà passata in mente la sbadataggine di JR Smith alle Finals contro i Warriors.

Quei Cavs non si ripresero più da quella sciocchezza. Ora i Lakers hanno ancora il coltello dalla parte del manico ma per il momento è cambiato qualcosa. Giocheranno con dentro di sè qualcosa di cui non potevamo immaginarne l’esistenza fino a pochissimo tempo fa. Chiamatela anche paura di vincere.

JIMMY EROICO

Non c’è che dire, Butler sta giocando delle Finals al limite del magnifico. Anche ieri è stato marcato quasi sempre da AD ma ha giocato ancora col cuore e con la testa.

Il suo jumper dalla media è diventato infallibile, va dentro e assorbe bene il contatto fisico per poi finire cadendo a terra.

Spesso va in penetrazione ed elude la guardia dei Lakers più alti e più robusti con dei floater un po’ old style ma forse proprio per questo anche più belli, di sicuro efficaci.

E dire che i numeri sono davvero nulla. Ha una capacità di motivare i suoi compagni che davvero rimarrà nella storia. Su questo in particolare raramente abbiamo visto un giocatore più decisivo.

LEBRON AD UN PASSO DALLA GLORIA

Ad un passo. Ieri abbiamo visto LeBron in versione Michael Jordan NBA Finals 1992 contro i Portland Trail Blazers, ovvero la gara dove si tira quasi infallibilmente da tre.

Ci ha preso proprio gusto. 6-9 dalla distanza, alla fine saranno 40 punti, 13 rimbalzi e 7 assist. Il titolo di MVP era già pronto per lui, sicuro al 100% ma come minimo dovrà aspettare ancora un po’. Su questo la competizione con AD è svanita.

Davis si è dedicato alla difesa di Butler, diremmo a prima impressione senza enorme successo ed è stato limitato questa volta non dai falli ma da un problema al tallone.

28 punti e 12 rimbalzi ci raccontano di una gran bella partita ma LeBron ormai è lontano. Male il supporting cast (14-46 al tiro per tutti tranne LeBron e AD) con la notevole eccezione di Caldwell-Pope, 16 punti con tre triple e dell’intelligenza sopraffina di Rondo, impalpabile per le statistiche ufficiali.

Gara 6 domenica notte. Miami è stata in vantaggio per quasi tutta la gara ed ha meritato ampiamente la vittoria.

Sono ancora convinto che i Lakers la possano chiudere ma è già un reato che la serie si sia protratta fino alla sesta con tutti i favori del pronostico di cui godono.

Non hanno avuto il killer instict e questo di solito si paga, vedremo, coach Spoelstra ha limitato i punti in transizione degli avversari e si è fidato, ripagato, di un Bam Adebayo non al meglio ma che ha garantito quella presenza fisica minima che né Olynyk né Leonard possono mettere in campo.

Quest’ultimi non hanno giocato del tutto, 0 minuti, Spoelstra si fida della sua rotazione ridotta a sette giocatori e finora ha avuto ragione lui. Butler è l’MVP degli Heat sul campo non tanto di meno del suo coach già campione ai tempi di LeBron, Wade e Bosh.

Ora il fattore stanchezza è decisivo. Abbiamo visto le due superstar, LeBron e Butler, letteralmente piegati in due nel finale di partita.

Vincerà chi è più fresco e chi è più lucido. Incredibilmente abbiamo una competizione autentica. Non vincerà più semplicemente chi ha maggiore talento.

 

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