Gara 2 si è giocata nella quasi indifferenza generale. Queste Finals hanno un padrone già segnato, la sola competizione è vedere chi tra LeBron e AD sarà incoronato MVP. Ma l’America era distratta, le notizie che arrivavano dalla Casa Bianca avevano il sapore della storia.

Ieri per l’America è stato il giorno in cui il Presidente Donald Trump è stato ricoverato in ospedale perché positivo al coronavirus. Un’immagine forte, non c’è stato tanto spazio per altro nelle news e sui social media, figuriamoci per queste Finals così squilibrate.

Twitter non aveva hashtag in tendenza negli USA dedicate all’NBA per buona parte della partita. Trump positivo, serie sempre più in negativo.

Gara 2 è stata comunque più onesta. Miami ha cercato di lottare, fino al quarto periodo avevamo una flebile speranza ma non si è mai andati oltre un confortevole vantaggio a favore dei Lakers.

MIAMI LOTTA MA NON BASTA

Dopo il blowout in gara 1 è arrivata una risposta d’orgoglio. Nonostante gli Heat non avessero due quinti del loro quintetto (Dragic e Bam out) la reazione c’è stata. La zona ha costretto i Lakers a trovare soluzioni diverse.

Peccato per loro questi gialloviola sono profondissimi e sono stati costruiti anche per punire col tiro da fuori. Hanno concluso col 51% dal campo e si sono presi 47 triple, record di franchigia, mettendone a segno 16.

Se “Playoff Rondo” è un lusso per la sua intelligenza “off the charts” non trovo aggettivi se ci aggiunge anche un 3-4 da tre, per totali 16 punti conditi da 10 assist.

La zona ha protratto la partita fino al quarto periodo ma i Lakers muovono troppo bene la palla, hanno avuto uno spacing eccellente e il loro supporting cast (11pts a testa per Caldwell-Pope e Kuzma, 3-3 da dietro l’arco per quest’ultimo) assomigliava già ad ottobre scorso a quello idealmente giusto per aiutare le due superstar a vincere il titolo.

Paradossalmente gli Heat hanno anche giocato bene, ma in attacco, non in difesa. Alcuni distrazioni a parte non si può però pretendere di più, zona o non zona.

Perdono a testa alta, nessuno si aspetta di tanto di più dalla quinta del tabellone della Eastern Conference per di più non al completo e con la loro star a poco più del 50%.

JIMMY, UN UOMO DURO

Alla fine sono 25pts, 13 ast e 8 reb, non male per essere azzoppato. Jimmy Butler non è Kevin Durant, non può portare da solo la squadra alla vittoria e questo perchè ha dei limiti tecnici.

Non ha tiro da fuori, e poi ci lamentiamo di Ben Simmons e di Giannis, questo nei playoff lo paghi. Ha dato tutto, ha giocato una gara intelligente, aggressivo ma non testardo, quando ha visto che non poteva andare a sbattere contro il muro difensivo ha favorito il gioco dei suoi compagni.

Quindi un plauso, sincero. Non mollerà, almeno una la vuole portare a casa e credo ci possa riuscire.

LA BILANCIA DELL’MVP PER ORA PENDE PER AD

Dopo due gare AD è in vantaggio su LeBron per il titolo di MVP. Ieri notte è stato maestoso e vi prego non fate gli scienziati della domenica, ha costruito gran parte dei suoi 32 punti col tiro, dalla media, anche da fuori (una tripla), non soltanto dominando sotto canestro.

Di nuovo, riecco il valore di questo fondamentale. Bussate di nuovo alla porta di Giannis e anche di Butler. Ci sono 14 rimbalzi anche, si, questi frutto certamente dell’assenza di Bam Adebayo “in the paint”.

C’è una statistica che però impressiona. Ha finito la gara con 15-20 dal campo e per buona parte aveva un solo errore con tiri quasi tutti costruiti col jumper e di una pulizia e di una bellezza senza pari.

LeBron è stato da subito più aggressivo, 33pts, 9reb, 9 ast, nemmeno ieri è riuscito a portare a casa la tripla doppia e se è vero che questo conta poco nel risultato finale conta invece tantissimo in termini individuali.

La NBA è costruita dai grandi ego delle sue star e non ve lo diranno mai, ovvio, ma la competizione magari anche solo nell’intimo dei loro cuori per essere MVP delle Finals c’è. LeBron per ora la sta perdendo.

HASLEM IL MOTIVATORE

Non è bastato, non può essere sufficiente. Il discorso di Haslem ha lasciato però il segno perché in tempi duri come questi ci si aggrappa a chi ha più esperienza e chi ha più leadership.

Un piccolo appello a coach Spoelstra, fallo giocare. Sarebbe bello potesse segnare almeno un canestro nelle Finals a 40 anni suonati, alla sua sedicesima stagione.

ADAM SILVER, ABBI CORAGGIO

Di coraggio il Commissioner ne ha avuto già parecchio, devo essere onesto. La NBA è diventata la lega più politica del mondo, c’è scritto “Black Lives Matter” sul campo ed è pure enorme, i giocatori e lo staff indossano le maglie con scritto “Vote” per invitare ad andare a votare alle prossime presidenziali, ad occhio non per il Presidente ora in ospedale.

La NBA insomma non ha paura ad alzare la voce sui temi sociali se non prettamente politici. Il coraggio è stato enorme anche quando si sono inventati di creare la bolla per proteggersi da dentro il parco giochi della Disney non facendo penetrare questo dannato virus laddove lì c’erano prima Topolino e Paperino.

Non è cosa da poco, per adesso la soluzione è stata un successo e all’inizio sembrava un’idea folle, addirittura da deridere.

Ora ne serve ancora un po’. E’ tempo di eliminare i playoff costruiti rigidamente tra East e West e permettere che alle Finals ci arrivino le due squadre migliori, indipendentemente dalle conference di appartenenza. Seeding 1-16 e che arrivino fino in fondo le più forti.

E’ un’idea che circola da tempo, rilanciata anche da Greeny su ESPN Radio. Questa pandemia ha portato disastri in tutto il mondo ma se solo potessimo vedere anche solo per un attimo ad alcuni aspetti positivi dobbiamo constatare l’esigenza di adattarsi ad un mondo nuovo.

Oggi molti di noi lavorano in modalità smart-working per esempio, bene, è tempo che esperimenti prima impensabili possano essere proposti ed adottati.

Sono d’accordo con chi dice che lo squilibrio tra East e West è oggi meno evidente rispetto al passato, si veda ad esempio almeno al primo decennio 2000.

I tifosi però meritano di vedere delle Finals più belle ed equilibrate possibili, direi più giuste. Miami è la quinta ad Est, si merita tutto e non ha rubato nulla ma come Denver dall’altra parte è stata favorita anche perché si giocato “in the bubble”.

Bubble e Clippers in versione facciamoci del male a parte, lo squilibrio esiste e non vorrei più vedere delle Finali NBA già segnate in sede di preview.

Non cambia nulla ovviamente se finirà 4-0 o 4-1, non si andrà oltre, vinceranno i Lakers e lo sappiamo tutti. Ah, vero, anche escludendo gli infortuni degli Heat certo, ma questo fa parte del gioco, non penso che sarebbe cambiato nulla se anche fossero stati tutti al loro massimo.

Gara 3 è già domani. Troppo poco spazio per recuperare. Bam ci sarà molto probabilmente, coach Spoelstra si può inventare ben poco di più della zona per contenere i Lakers.

Manca il fattore campo, gara 3 in una Miami calorosa sarebbe stata ben diversa. “In the bubble” e con un solo giorno di riposo la vedo troppo dura.

Forse meglio finirla il prima possibile, in attesa di soluzioni future che forse non arriveranno mai. Continuo a pensare che almeno una gli Heat la vinceranno ma ci consoliamo delle briciole.

LeBron è un uomo in missione. Per il suo quarto anello, per il diciassettesimo dei Lakers. I Boston Celtics tra pochi giorni non saranno più la squadra più titolata della storia ma avranno come coinquilini gli odiati rivali dalla ridente California.

One thought on “NBA Finals 2020: Anthony Davis in stato di grazia per il 2-0 Lakers

  1. Regular season patetica, serie finale ridicola: giusto in questa Nba crepuscolare Lebbros può dominare.
    L’mvp è lui.

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