Viene da Siena la speranza futuristica tricolore: figlio di Pace, vecchia conoscenza del campionato italiano, dichiaratosi eleggibile al Draft 2020 e a caccia perciò di contratti pluriennali garantiti nella terra dei sogni, dopo una stagione NCAA scostante ad Arizona. Parliamo di Nico Mannion, che dopo aver chiuso l’esperienza all’ High School per essere un Wildcats ora agguanta l’opzione one-and-done per trasferirsi nella lega maxima!

Playmaker che fa del ritmo e della verve i suoi punti di forza, peculiarità che di solito attraggono e non poco le franchigie NBA, viene però da una stagione in chiaro scuro che lo ha leggermente ridimensionato rispetto ad inizio campagna. Lo stop anticipato per Covid-19 inoltre, gli ha tolto il proscenio finale che avrebbe potuto fargli guadagnare nuove attenzioni.

I problemi emersi in questa stagione

Le performance a fine torneo e ad inizio pandemia lasciano però dubbiosi gli scout sulla reale efficienza ad un livello superiore del giovane portento toscano/americano, partendo dai 14 punti, 5.3 assist e 2,5 rimbalzi per i Wildcats, deludenti nel 21-11 stagionale nonostante almeno due ipotetici first rounders (Josh Green l’altro).

Il freshman – non dimentichiamolo – arrivava in NCAA posizionato al nono posto del ranking ESPN top 100 e certezza da primo giro per la maggioranza degli analisti stars and stripes.

Purtroppo, concausa pure l’infortunio di Brandon Williams, che ha estromesso dal parquet uno dei maggiori fruitori del gioco creativo di Mannion, la sua tornata 2019/20 non può non definirsi altalenante e tra le ragioni della debacle (quinto record in Pac-12) per i ragazzi di Sean Miller, sotto media rispetto al talento abnorme a disposizione.

Per un leader e guardia ultra offensiva terminare col 39,2% dal campo e il 32,7 fuori dall’arco vuol dire essere andato non a regime, ancor di più se si analizzano le “storiche” problematiche nell’impattare in difesa, dovute ad un atletismo ancora carente.

Ciò forse contribuisce a delle stime adesso al ribasso che vedono il nostro nazionale allontanarsi dalle top pick (29° per The Athletic), pure per le ultime 10 uscite da 12,9 pts e 4.3 assist e l’ incostanza ad arrivare al ferro.

Tra i peggioramenti rispetto al liceo l’incapacità di penetrare costantemente, vera spada di Damocle e fonte principale dello stagnante game plan offensivo dei Wildcats, tutto fuorchè vario e versatile, e il calo dell’affidabilità dalla lunga, che ha visto Arizona uscire dalle migliori 30 per adjusted offensive efficiency! Il metro e 91 per 86 kg raffigurano la stazza perfetta per un playmaker, ma l’esigua apertura alare di cui dispone non lo aiuta alle estremità del perimetro, nella copertura off-ball e a protezione delle veloci point guard.

I pregi di un genio

Tra i pregi, oltre ad ottenere costantemente una spaziatura tra sé e il difensore, quello di una geniale visione di gioco, ottenuta forse studiando il suo mito Steve Nash, grazie alla quale permette ai compagni di segnare (primo tra le matricole per passaggi) e capire in anticipo chi sarà coinvolto nel fine azione.

Nico sa essere letale sia nel ball handling da pick and roll, dove si posiziona al 67° percentile nel paese, che nella difesa dello stesso, grazie appunto all’occhio smart nel saper gestire le attenzioni sul portatore rivale ed effettuare la scelta giusta, facendo fronte così ad una fisicità lacunosa: non poco questa doppia prospettiva per i front office a caccia di un piccolo.

Le peculiarità fatte vedere a Pinnacle nel tiro e nella meccanica del suo jumper, sebbene quest’anno al di sotto nelle medie, sono comunque un buon viatico per la lega maggiore, al pari del ranking al 71° percentile in situazioni da spot-up e all’82° in contesti unguarded, che gli garantiscono un ottimo 1,342 punti a possesso.

Quasi sfacciato nello sfidare e battere l’avversario per attaccare il ferro, Nico ha naturalezza pure a tirare dal palleggio, che ne fa un ibrido work in progress tra un regista e un attaccante. A parziale giustificazione delle medie non eccelse, l’attitudine a forzare continuamente per via di un’attacco di squadra poco performante, problematiche che in un lineup NBA dovrebbero svanire.

La recente associazione di Mannion ai Bucks, derivante sia dall’accennato scivolamento verso il basso dell’eventuale pick che dalla sua bravura in contropiede, fa capire quanto Nico non sia magari già pronto a divenire uno starter nella lega maggiore ma possa far comunque gola alla rotazione di franchigie d’elite, in cerca di un playmaker rapido capace di tenere alto il ritmo, con pace ampiamente sopra al 100.0!

One thought on “Nico Mannion alla conquista del sogno americano

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