In seguito alle vicende dell’ultima free agency, la Southeast ha rafforzato la sua posizione di peggior division di tutta la NBA. Se fino a qualche anno fa poteva mandare ai playoff anche tre team, oggi le cose sono molto diverse e il livello medio è sceso ulteriormente.

Washington è passata dall’essere una potenziale contender a trovarsi in una situazione da non augurare neppure al peggiore dei nemici e l’atavico masochismo degli Charlotte Hornets si è manifestato per l’ennesima volta, spingendo verso il basso la qualità di una division privata per un motivo o per l’altro di uomini del calibro di John Wall e Kemba Walker.

Per il 2020 il ruolo del frontrunner spetta ai Miami Heat di Jimmy Butler senza però sottovalutare la possibile crescita dei Magic, piacevole sorpresa dell’ultimo campionato.

Le altre tre franchigie si apprestano a disputare una stagione senza pretese, anche se per ovvi motivi il clima in quel di Atlanta è certamente differente rispetto al grigiore tendente al nero di Wizards e Hornets e per alcuni gli Hawks potrebbero addirittura essere la rivelazione della Eastern Conference.

MIAMI HEAT

Starting five: Goran Dragic (G), Dion Waiters (G), Jimmy Butler (F), James Johnson (F), Bam Adebayo (C)

Panchina: Tyler Herro (G), Derrick Jones (G/F), Justise Winslow (F), Kelly Olynyk (F), Meyers Leonard (C)

Coach: Erik Spoelstra

In: Jimmy Butler, Meyers Leonard, Tyler Herro, KZ Okpala

Out: Dwyane Wade, Josh Richardson, Hassan Whiteside

Punti di forza: un roster consolidato e un allenatore che da anni gode della fiducia di Pat Riley e della franchigia rappresentano una buona base di partenza per un progetto che punta nell’immediato ad elevare l’asticella della squadra oltre la semplice ricerca di un posto ai playoff.

La difesa di Spoelstra è ai vertici della NBA ormai da anni e il coach di Miami ha avuto l’abilità di pianificare una transizione oculata nel momento in cui si è capito che l’esperienza in Florida di Hassan Whiteside sarebbe finita di lì a poco.

Nonostante la rinuncia a Richardson gli elementi per continuare un trend virtuoso in questo senso ci sono tutti. Inoltre la squadra ha finalmente trovato il go-to-guy che mancava da anni. Jimmy Butler ha voluto a tutti i costi vestire la maglia di Miami, dove sarà il punto di riferimento indiscusso e l’uomo in grado di rivitalizzare un attacco che ha faticato molto nel 2019.

Punti deboli: nell’ultima stagione a Miami hanno fatto i conti con una quantità spropositata di infortuni che hanno sabotato la corsa alla postseason. La tenuta fisica di alcuni elementi chiave, in particolare Goran Dragic è un punto interrogativo. Il play sloveno con trentatré primavere alle spalle e reduce dall’operazione al ginocchio del dicembre scorso, non ha più la brillantezza degli anni migliori e la fiducia nei suoi confronti non sembra essere propriamente ai massimi storici, considerando l’insistenza con cui il front office sta cercando di portare a South Beach Chris Paul.

Ad oggi permangono ulteriori interrogativi riguardo ad altri elementi importanti come Waiters, non proprio la shooting guard dei sogni per un team ambizioso, e James Johnson, giocatore molto importante per Spoelstra per via della sua versatilità, presentatosi al training camp in una condizione fisica per così dire discutibile.

Analisi: nonostante il roster non sia mutato in maniera radicale, i cambiamenti di questa estate sono stati molto pesanti. La megatrade che ha portato in Florida Jimmy Butler ha fatto sì che la franchigia acquisisse un All-Star dal valore tecnico indiscutibile e un uomo al quale affidarsi nell’ultimo quarto.

Allo stesso tempo bisognerà capire come si evolverà il compromesso tra le caratteristiche del loro nuovo giocatore franchigia e la motion offense di Eric Spoelstra. La continuità offensiva e la circolazione predicata dal coach urtano con l’esigenza di Butler di fermare la palla. Sarà interessante capire in quanto tempo riusciranno a trovare un punto d’equilibrio.

L’addio di Whiteside significa luce verde per Bam Adebayo, il quale nei primi due anni nella NBA ha fatto intravedere grandi potenzialità ma indubbiamente necessita di raffinarsi tecnicamente soprattutto dal punto di vista difensivo, considerando che uno stile non proprio duncaniano abbinato alla grande fiducia nei propri mezzi atletici lo espongono spesso a falli ed errori evitabili. Da lui ci si attende un passo in avanti notevole, come del resto ci sarà da capire se Justise Winslow riuscirà a trovare la continuità per mettere a frutto il proprio talento e diventare un riferimento per la squadra su ambedue le metacampo.

Per la stagione a venire, per quanto il livello medio della Eastern non sia paragonabile all’Ovest, ci sarà parecchia concorrenza dietro Sixers e Bucks e i dettagli segneranno la differenza tra un ottavo e un terzo posto.

Record 2018-2019: 39-43

Previsione 2019-2020: 45-37

ORLANDO MAGIC

Starting five: D.J. Augustin (G), Evan Fournier (G), Jonathan Isaac (F), Aaron Gordon (F), Nikola Vucevic (C)

Panchina: Michael Carter-Williams (G), Markelle Fultz (G), Terrence Ross (G/F), Al-Farouq Aminu (F), Mo Bamba (C), Wesley Iwundu (F), Khem Birch (C)

Coach: Steve Clifford

In: Al-Farouq Aminu, Chuma Okeke

Out: Jerian Grant, Jarell Martin

Punti di forza: i Magic ripartono dall’uomo che ha reso possibile il ritorno alla post-season dopo sette anni di digiuno. Coach Steve Clifford, dopo le critiche e le difficoltà della prima parte di stagione, è stato il vero MVP del 2019 di Orlando. Lavorando con pazienza ha fatto sì che la squadra, in particolare dopo la pausa per l’All-Star Weekend, cambiasse passo trovando un’inattesa solidità difensiva che abbinata ad un’equilibrata pallacanestro a metà campo ha permesso ad Orlando di guadagnare a sorpresa un posto tra le prime otto dell’Est.

Per quanto manchi una vera stella, Clifford dispone di un roster lungo che gli permetterà buoni margini di manovra nelle rotazioni soprattutto per ciò che riguarda il frontcourt. L’aggiunta di Aminu porta ulteriore qualità in difesa, inoltre i giovani Isaac e Mo Bamba sono entrambi in predicato di progredire nel mettere a frutto il proprio indubbio potenziale.

Punti deboli: rispetto a Brooklyn, Miami o alla stessa Indiana, la squadra registra l’assenza di un leader offensivo di primo piano. Aaron Gordon ha disputato un 2019 sorprendente in difesa ma nell’altra metà campo non si è vista alcuna crescita rispetto a ciò che ha mostrato nel contract year. Lo stesso D.J. Augustine, concentrato puro di voglia ed energia, presenta delle lacune palesi e qualità della sua regia non è propriamente quella di Steve Nash. L’unico giocatore in grado di mettere insieme numeri importanti nel 2018/2019 (20.8 di media in stagione) è stato Nikola Vucevic, non per nulla rinnovato in estate.

Analisi: nel suo primo anno ad Orlando coach Clifford è stato abile nel trovare un punto di equilibrio per la propria squadra. Il coach ha implementato una difesa particolarmente efficace riuscendo a ricavare il massimo da uomini mai troppo brillanti in carriera sotto tale aspetto come Gordon e Augustin.

In estate Orlando ha provveduto a rifirmare a cifre importanti Nikola Vucevic. In teoria si poteva pensare ad un possibile sacrificio per lanciare in quintetto il giovane Mo Bamba ma il montenegrino è considerato un elemento indispensabile dal punto di vista offensivo e i 100 milioni che la franchigia gli verserà nei prossimi quattro anni lo testimoniano.

L’anno scorso abbiamo apprezzato l’abilità dell’allenatore nella gestione delle rotazioni sicché il senegalese da University of Texas avrà modo di ritagliarsi comunque un ruolo importante e continuare il suo percorso di crescita all’interno della squadra. E a proposito di giovani in crescita staremo a vedere se Jonathan Isaac, già solido difensore, eleverà il proprio apporto in attacco.

Dalla panchina avranno minuti importanti Terence Ross e Aminu, senza sottovalutare il ruolo di alcuni rotational player come Wes Iwundu e Khem Birch.

Infine non possiamo non citare Markelle Fultz. Probabilmente non diventerà mai una stella ma in Florida potrà cercare di rimettersi in carreggiata e dare uno slancio alla propria carriera onde evitare di andare a far compagnia a Olowokandi e Kwamone Brown.
In definitiva ad Orlando hanno tutto per ripetere e, perché no, migliorare lo score dell’ultima stagione.

Quanto fatto nel 2019 fa sì che vi siano aspettative maggiori di quanto non ve ne fossero un anno fa. Staremo a vedere se i Magic riusciranno a portare avanti o meno un percorso virtuoso.

Record 2018-2019: 42-40

Previsione 2019-2020: 42-40

ATLANTA HAWKS

Starting five: Trae Young (G), Kevin Huerter (G), De’Andre Hunter (F), John Collins (F), Alex Len (C)

Panchina: Allen Crabbe (G), DeAndre Bembry (G), Cam Reddish (F), Jabari Parker (F), Damian Jones (C), Vince Carter (G), Evan Turner (G), Bruno Fernando (C)

Coach: Lloyd Pierce

In: Jabari Parker, Allen Crabbe, Evan Turner, Chandler Parsons, Damian Jones, De’Andre Hunter, Cam Reddish, Bruno Fernando

Out: Kent Bazemore, Taurean Prince, Dewayne Dedmon, Miles Plumlee

Punti di forza: nel terzo anno del progetto di Travis Schlenk gli Atlanta Hawks si ritrovano ad avere una squadra molto giovane, con diversi prospetti interessanti e allo stesso tempo poca pressione attorno e nessuna ansia di dover raggiungere chissà quali traguardi. Una combinazione interessante da cui potrebbe nascere qualcosa di sorprendente per la stagione imminente.

All’interno del roster di Atlanta spicca il nome di John Collins, reduce da una stagione notevole e troppo poco celebrata. L’ala da Wake Forest ha mostrato passi avanti notevoli rispetto alla sua rookie season in difesa come in attacco. Dotato di movimenti fluidi e formidabile in situazione di pick ‘n roll, qualora riuscisse a migliorare il suo gioco in situazione non dinamica porterebbe ancora più in alto i suoi numeri diventando di diritto un candidato per un posto all’All-Star Game.

Punti deboli: nonostante coach Lloyd Pierce sia un cultore della materia la difesa di Atlanta ha fatto molta fatica nell’annata scorsa, in particolare sul perimetro. Troppo spesso abbiamo visto Collins spendersi più del dovuto per coprire la porosità di Trae Young nel tenere la penetrazione. Quest’anno, per giunta, senza Bazemore risultano privi del loro miglior difensore in uno contro uno. Staremo a vedere quale sarà l’impatto di uno specialista come il rookie De’Andre Hunter e come verranno ruotati Bembry ed Evan Turner accanto a Young, considerando che un uso massiccio di Huerter accanto al ragazzo da University of Oklahoma può rivelarsi difensivamente impraticabile.

Analisi: la stagione di Atlanta lascia spazio a possibili sorprese. Non bisognerà però fare l’errore di misurare la loro annata in base alle W. I fari saranno puntati sulla crescita di Collins e Young come del resto sull’eccellente materiale ottenuto all’ultimo draft: Reddish è un fit perfetto per il gioco degli Hawks mentre De’Andre Hunter è un ragazzo con grandi doti difensive ma tutt’altro che disprezzabile in attacco.

Al di là dei singoli, si starà a vedere quale sarà la crescita della squadra e se ci sarà un evoluzione del contesto in generale. Per quanto interessante il progetto di Atlanta rimane un progetto ad alto rischio. Perseguire quanto fatto da Golden State è un’ambizione importante ma come ben sappiamo quel tipo di pallacanestro senza interpreti quali Curry, Thompson, Durant e Green tende ad essere meno brillante, per così dire. Ad Atlanta c’è da sperare che Young e Reddish possano diventare i nuovi “Splash brothers”.

Record 2018-2019: 29-53

Previsione 2019-2020: 32-50

WASHINGTON WIZARDS

Starting five: Isaiah Thomas (G), Bradley Beal (G), Davis Bertans (F), Rui Hachimura (F), Thomas Bryant (C)

Panchina: Ish Smith (G), C.J. Miles (G/F), Troy Brown (F), Moritz Wagner (F/C), Ian Mahinmi (C)

Coach: Scott Brooks

In: Isaiah Thomas, Davis Bertans, Ish Smith, C.J. Miles, Moritz Wagner, Rui Hachimura, Admiral Schofield

Out: Dwight Howard, Trevor Ariza, Tomas Satoransky, Bobby Portis, Jabari Parker, Jeff Green, Sam Dekker

Punti di forza: Nonostante le vicissitudini degli anni scorsi, i quasi 40 milioni che verseranno a Wall senza vederlo in campo forse neppure per un minuto, le difficoltà che si prospettano nel porre le basi per il futuro, ecc., ecc., ecc., sforzandosi un po’, qualcosa di buono per il 2020 dei Washington Wizards si può anche riuscire a vederlo.

La squadra di coach Brooks si approccerà alla nuova stagione senza alcuna pretesa di raggiungere alcunché a livello di W, pur dovendo preservare un livello minimo di decenza. In questo contesto ci sarà la possibilità di dare minuti a giocatori come Wagner, Troy Brown e il rookie Schofield nella speranza di capire se ci sia la possibilità di ricavarne degli asset interessanti per il futuro senza dimenticare Thomas Bryant e soprattutto su Rui Hachimura.

L’ala di origini giapponesi dopo le buone annate a Gonzaga, ha colpito molto sia agli ultimi mondiali che nella manciata di partite giocate in Summer League e rappresenta probabilmente l’elemento di maggior interesse per il 2020 di Washington.

Punti deboli: parlare di Washington ignorando la situazione di John Wall e il suo mastodontico contratto con tutto ciò che ne consegue per il futuro, è francamente impossibile. Non averlo in campo è un handicap enorme e il suo contratto rende inoltre molto complicato il processo di ricostruzione di una franchigia che sembra navigare a vista.

Il roster è stato rivoluzionato dagli scambi che nel corso dell’ultima stagione hanno allontanato dalla capitale elementi come Morris, Porter e Kelly Oubre e anche in estate sono diverse le facce nuove sbarcate a Washington, ragion per cui non sarà semplice per Scott Brooks trovare una qual certa chimica in un contesto così instabile.

La stessa posizione di Brooks sarebbe altamente questionabile. L’ex coach di OKC probabilmente in passato è stato graziato in situazioni in cui ad altri non sono state date le stesse opportunità e in questi casi sappiamo bene che c’è il rischio che quanto perdonato in precedenza venga poi scontato tutto insieme.

Analisi: con l’eccezione di Bradley Beal, il quintetto base che scenderà in campo nella prima stagionale sarà completamente rinnovato rispetto alla stagione scorsa. Ma non solo, il proprietario Ted Leonsis ha chiuso dopo sedici anni il rapporto con Ernie Grunfeld e rivoluzionato il front office della franchigia . Oltre al nuovo general manager Tommy Sheppard sono stati inseriti nella squadra dirigenziale l’ex GM dei Cleveland Browns Sashi Brown e John Thompson III.

La dirigenza dovrà maneggiare con cura la questione Beal, considerando che nel processo di rebuilding non si può escludere una dolorosa trade che porti altrove la stella della squadra.

Last but not least, Isaiah Thomas. Dopo il favoloso 2017 in maglia Boston Celtics gli infortuni hanno condizionato in maniera totale le sue due ultime annate. Thomas è arrivato nella capitale con lo scopo di tornare “back-on-track” e la sua missione rappresenta un buon motivo per seguire le avventure degli Wizards nella prossima annata NBA.

Record 2018-2019: 32-50

Previsione 2019-2020: 28-54

CHARLOTTE HORNETS

Starting five: Terry Rozier (G), Dwayne Bacon (G), Nicolas Batum (F), Miles Bridges (F), Cody Zeller (C)

Panchina: Devonte Graham (G), Malik Monk (G), Marvin Williams (F), P.J. Washington (F), Bismarck Biyombo (C), Michael Kidd-Gilchrist (F), Willy Hernangomez (C)

Coach: James Borrego

In: Terry Rozier, P.J. Washington, Cody Martin, Caleb Martin, Jalen McDaniels

Out: Kemba Walker, Jeremy Lamb, Tony Parker, Frank Kaminsky

Punti di forza: Ecco, qui ci vorrebbe il talento di uno di quei columnist politici capaci di riempire d’inchiostro le colonne senza dire sostanzialmente nulla. Riflettendoci a fondo si può trovare una nota positiva in qualche buona individualità tra i giovani presenti nel roster di Charlotte. Miles Bridges ha avuto una rookie season positiva ed è probabilmente il giocatore con più upside.

Il prodotto di Michigan State, pur avendo un ottimo potenziale individuale non è dotato di un talento puro a livelli élite ma con lavoro e determinazione potrà diventare un buon protagonista all’interno della lega. Un altro ragazzo da tenere d’occhio è il rookie da Kentucky P.J. Washington, giocatore efficace both ends e reduce da una splendida stagione da sophomore all’interno di una delle edizioni meno brillanti dei Wildcats degli ultimi anni.

Punti deboli: negli anni scorsi gli Hornets galleggiavano ad un livello di mediocrità assoluta dovuto al fatto di avere un grande giocatore come Walker con attorno un materiale non proprio pregiatissimo. Andato via il grande giocatore è rimasto il resto, per cui si può tranquillamente dire che Charlotte abbia uno dei roster più poveri non solo dell’Est ma di tutta l’NBA.

Basti pensare che Marvin Williams e Cody Zeller con una mirabolante media di 10.1 ppg sono gli uomini che hanno fatto meglio nel 2018/2019 sotto il profilo realizzativo.

Inoltre la concezione di pallacanestro di James Borrego, ennesimo ramo del florido coaching tree di Popovich, non si incastra al meglio con le caratteristiche tecniche dei suoi uomini. E lo stesso Malik Monk, in teoria un fit ideale per un sistema di run ‘n gun, a causa della sua cronica mancanza di concentrazione e del giusto atteggiamento è stato marginalizzato e scavalcato nelle gerarchie da Dwayne Bacon.

A meno di improbabili passi in avanti di due-tre giocatori, fra cui il nuovo play Rozier, possiamo immaginare che gli Hornets saranno destinati a fare molta fatica a metterla nel cesto e se a questo aggiungiamo che le cose sull’altra metà campo risultano peggiorate rispetto agli anni con Clifford in panca, il quadro e completo e forse è preferibile fermarsi qui evitando di infierire ulteriormente.

Analisi: l’attuale situazione degli Hornets è il frutto degli errori (tanti) commessi in passato in sede di draft e degli azzardi contrattuali che continuano ad opprimere il monte salari. Per farsi un’idea basta andare a leggere le cifre del payroll accanto ai nomi di Marvin Williams, Michael Kidd-Gilchrist, Bismarck Biyombo e ovviamente Nicolas Batum, oramai quasi un sinonimo di “bad contract” da Merriam-Webster.

Del resto anche la gestione del dossier Kemba Walker può essere definita quantomento discutubile. La dirigenza non ha mai avuto l’intenzione di maxarlo e il perché non si sia scelto di esplorare una possibilità di trade fino a quando è stato possibile farlo rimane oscuro.

In tutto ciò, dopo anni di gestione “allegra”, non hanno ritenuto opportuno rifirmare Jeremy Lamb. Il prodotto di UConn nel 2019 ha disputato quella che è di gran lunga la sua miglior stagione e poteva rappresentare uno dei pochi appigli per orientarsi al futuro. Alla fine si è accasato ad Indiana per poco più di trenta milioni per tre anni.

Via draft sono arrivati giovani interessanti come P.J. Washington e Cody Martin, raggiunto poi dal gemello Caleb a caccia di un posto tra i 15, mentre il principale movimento in free agency è rappresentato dalla firma di Terry Rozier, a cui sono state consegnate le chiavi della squadra dopo essersi fatto notare in quel di Boston per una certa dissociazione fra ego e dichiarazioni e l’effettivo rendimento sul parquet.

L’assunto per cui si raccoglie ciò che si è seminato vale anche per le franchigie NBA. Gli errori commessi in passato dagli Hornets compromettono il loro futuro sia in termini di agibilità che di fiducia riguardo ad ogni possibile piano di ricostruzione e il quadro è quello di una squadra destinata a navigare in cattive acque.

Record 2018-2019: 39-43

Previsione 2019-2020: 18-64

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