Scrivo questo pezzo ancora con il cuore in gola per aver trascorso una delle più belle nottate di sport di sempre. Dopo una partita che rimarrà a lungo nella mente mia e di tutti dli appassionati, sono gli Warriors a trionfare in Gara 5 e a riportare nell’amata California una serie finale che sembrava ormai agli sgoccioli, grazie al loro enorme cuore e alla maestosa mentalità di chi sa riemergere dalle proprie ceneri quando tutto sembra ormai perduto. Questa entusiastica premessa è però persino riduttiva, perché le tre ore di grande basket a cui abbiamo assistito sono state un lungo e meraviglioso film fatto di gioia, eccitazione e adrenalina ma anche di drammi, comunione e sportività.

Quando agli albori del secondo quarto di gioco Kevin Durant, il protagonista più atteso e al rientro da quasi un mese di assenza, si è accasciato mestamente a terra decretando la fine anticipata della propria partita e delle sue Finals in generale (rimescolando inoltre in un istante tutte le carte della prossima free agency NBA), per i fan dei Dubs tutto è sembrato perduto, nonostante il vantaggio che in quel momento sul tabellone segnapunti arrideva agli ospiti della Scotiabank Arena.

Rimasto in campo per 12 dei primi 14 minuti, KD aveva riacceso la fiamma offensiva della sua squadra confermandosi una minaccia letale anche senza essersi allenato praticamente per un mese. Sei punti nei primi due palloni toccati e successivamente un altro paio di canestri pesanti sembravano dimostrare la totale assenza di problemi al polpaccio malandato. Ma un appoggio del piede sbagliato in un tentativo di penetrazione contro Ibaka gli è stato fatale e i suoi compagni – Iguodala e Curry su tutti – lo hanno accompagnato in locker room a spalla tra gli applausi del pubblico di Toronto (molto sportivamente incitato in tal senso da quel galantuomo di Kyle Lowry).

In conferenza stampa un Bob Myers sull’orlo delle lacrime ha parlato di rottura del tendine d’achille, anche se solo gli esami di oggi potranno dare il responso definitivo. Una mazzata, l’ennesima per i plurifenomeni della Oracle, che però sono riusciti ancora una volta a reagire e a venirne fuori da veri maestri.

Coach Kerr ha come sempre ceduto le redini delle proprie trame offensive agli Splash Brothers che lo hanno ripagato con 57 punti combinati, con Curry inarrestabile nel primo tempo (23 pts) e Thompson a prenderne il testimone nella ripresa per chiudere con un complessivo 7/13 dalla lunga distanza. Sempre solido il contributo di Draymond Green (10 punti, otto rimbalzi e otto assist), insperato l’apporto di un redivivo Cousins (14+6) mentre gli altri hanno fatto il possibile per rendersi utili in difesa.

Nei Raptors Kawhi Leonard è stato insolitamente impreciso per tre quarti di gioco, ma nel finale si è preso letteralmente il proscenio con un parziale di 10-0 che ha portato i suoi sul +6 nel momento decisivo. Ma proprio quando lo striscione del traguardo, a circa tre minuti dall’ultima sirena, appariva a portata di mano, i canadesi non sono riusciti a conservare il break decisivo a causa di un canestro che di colpo pareva stregato (gli unici punti nel parziale finale sono arrivati su un’interferenza di Cousins) e vedendo il tiro della vittoria di Lowry spegnersi sulla struttura laterale del tabellone grazie al miracoloso intervento in extremis di Draymond Green.

La partita

Gara 5 potrebbe essere non soltanto una partita di basket per assegnare il titolo di campione del mondo, di per sé già una grande prerogativa per tenere sulle spine milioni di affezionati, ma se indirizzata nel binario casalingo significherebbe in pratica riscrivere i libri di storia dell’NBA e del panorama sportivo a stelle e strisce in generale. Il successo della formazione di casa darebbe infatti all’orgoglioso popolo dell’Ontario una rivincita inimmaginabile verso tutto l’establishment statunitense, usurpandone il trono in un gioco che per quel popolo è importante e seguito con grande passione.

Un po’ quello che a fine anni ’80 accadde a parti invertite nella NHL, con quella migrazione della maggior parte dei talenti canadesi verso la terra dei sogni che tolse in pratica ai team a bandiera bianco rossa il loro giocattolo più bello, lasciando dal 1993 ad oggi l’unifoliè senza Stanley Cup. E’ in quel periodo che proprio Toronto fu la prescelta dal destino per la prima “invasione del campo nemico”, con la doppietta in MLB compiuta dai Blue Jays nel biennio 1992-1994.

Il compito perfettamente riuscito all’epoca al leggendario Roberto Alomar oggi viene richiesto ad un altro tipo di icona sportiva: Kawhi Leonard, il leader silenzioso (ma non certo invisibile) di questi Raptors. C’è voluto lui, già MVP delle Finals nel 2014, per cambiare la mentalità e la storia del club rossonero, mai così in alto dal suo avvento nella Lega.

Con lui Nick Nurse, altro eroe normale e piccolo grande uomo, che vincendo oggi diverrebbe il nono capo allenatore a conquistare l’anello al primo anno in panchina (eguagliando così fra gli altri proprio Steve Kerr). Per questi motivi la Scotiabank Arena trabocca di carica emotiva, orgoglio e di un senso di responsabilità dovuto a quel che quasi tutto il pianeta basket e probabilmente la Lega stessa chiede loro: sconfiggere i campioni e riaprire nuovi equilibri in tutta la NBA.

In casa Warriors con il ritorno di Kevin Durant si rivede lo starting lineup dei sogni, che Kerr “rimpiccolisce” lasciando in panchina un Cousins visibilmente affannato e preferendogli Iguodala. Golden State, assenze a parte, è sembrata di recente sciogliersi progressivamente sia a livello di fiducia che nell’aggressività ed è proprio da lì che secondo il suo coach i Dubs devono ripartire stanotte.

Si cerca una rinascita storica, avvenuta nella storia della NBA solo ai Cleveland Cavaliers del 2016, che ribaltarono in finale il 3-1 di vantaggio proprio dei gialloblu della Baia fino alla vittoriosa gara 7 sul parquet della Oracle. Sempre in epoca recente i GSW sono già riusciti a ribaltare una simile situazione di punteggio nelle finali di Conference del 2016 contro i Thunder, ma di certo il compito non è reso più semplice dalle precarie condizioni fisico-atletiche di KD, Thompson, Cousins, Iguodala e Looney.

I Raptors rispondono col quintetto ormai standard più i due “affiliati” titolari Ibaka e VanVleet che combineranno 26 punti con ottime percentuali. Curry parte forte bucando la retina dalla lunga al primo possesso, gasato forse da un KD più mobile e fluido del previsto al suo fianco che regalerà ai suoi il primo consistente vantaggio con due bombe per l’8-2 prima e 11-6 poi. Lo stesso farà Thompson per il 19-12 fino a quando sarà Siakam tre minuti più tardi (a 4:10 dalla fine del primo parziale) a completare le procedure di riaggancio per i Raptors e a portare avanti i suoi con il jumper del 23-21.

Un minuto di buone difese e poi i Warriors ricominciano a macinare con KD e Curry, che conclude il suo primo quarto con un rimbalzo offensivo e susseguente floater vincente. Il parziale si conclude 34-28 per Golden State e le statistiche sono premonitrici di quel che sarà il prosieguo della gara: gli Warriors tirano col 57.9% dal campo e 70.9% dal long range, convertendo 7 dei loro 10 tentativi da tre mentre i Raptors chiudono il frame col il 45% dal campo ma tirando 1 su 6 da oltre l’arco. Curry è già a quota 14 punti e il “povero” KD ha un sontuoso 3/3 dalla distanza, mentre dal lato opposto i migliori per il momento sono Gasol (team high con 10 pts) e Leonard (6 + 3 assistenze ai compagni).

Dopo l’infortunio shock di cui vi abbiamo già raccontato, il secondo quarto prosegue sulla falsa riga del primo coi Dubs avanti di 8 (43-35) grazie a un Cousins insperatamente positivo, per poi arrivare fino al +13 con i liberi di Curry. La rimonta dei canadesi è affidata a Leonard e ad un tiro da tre di Gasol che riporta a -6 i locali: si va all’halftime sul 62-56 Warriors. Steph al momento è incontrastato leader di giornata con 7 su 11 dal campo, mentre Leonard ha sì già 13 punti ma non riesce ancora a trovare il ritmo giusto offensivo (4 su 12 per lui). Per i Raptors ottimo l’apporto dalla panca di Ibaka, letteralmente trasformato rispetto alle prime gare di questa serie, con 7 punti e 3 rimbalzi.

Nel terzo periodo ci si aspetta una scintilla casalinga grazie alla maggiore profondità del roster ma i campioni in carica partono meglio e mantengono le distanze, sempre con Thompson dalla lunga che riporta a 9 i punti di vantaggio (67-56), prima di subire il ritorno Raptors con Lowry, VanVleet da tre e Siakam per il meno 4. Sarà però ancora il decisivo tiro da fuori (con Iguodala) e un facile canestro di Klay a riportare sul +12 (secondo miglior vantaggio di giornata) per gli Warriors.

Leonard latita e i suoi faticano nonostante una evidente maggior freschezza. Sono ancora Gasol e il play di riserva con il cognome da ciclista fiammingo a mantenere a distanza accessibile i propri compagni. Il periodo termina sul 84-78 per gli ospiti, con gli Splash Brothers che combinano per 46 degli 84 punti totali di squadra e Golden State che domina dalla lunga con un eloquente 45 punti dall’arco contro 15.  Leonard non migliora le medie con 4 su 15 e appena 14 totali, mentre Marc Gasol è ancora lo scoring leader con 17.

Nell’ultima frazione Kawhi entra in modalità MVP e si carica sulle spalle i compagni (come in sostanza ha fatto per tutti i playoff) portandoli, grazie al parziale di cui abbiamo parlato più sopra, fino ad un vantaggio di 6 punti (103-97 Toronto) a 3:28 dalla sirena che sembra mettere la parola fine alla partita, alla serie e al campionato NBA 2018/2019.

Ma dopo un time-out di Coach Nurse (???), alla ripresa delle ostilità Thompson (due volte) e Curry realizzano nove punti in fila dalla lunga distanza e fanno capire ai 20.000 canadesi presenti che per battere questi acciaccati e sfortunati campioni ci vuole di più. Dopo un canestro in penetrazione di Lowry concesso per interferenza di DMC e una palla persa generata sempre da Cousin con un blocco in movimento, i Raptors sul -1 con quindici secondi da giocare hanno la palla che vale la stagione e il primo titolo per la franchigia. Leonard è raddoppiato e scarica su Lowry in angolo, che allo scadere lascia partire un tiro che con un guizzo decisivo Draymond Green sporca quel tanto che basta da variarne la traiettoria, con il pallone che finisce la sua corsa sul bordo del tabellone decretando la fine della partita.

106 a 105, i Warrriors vincono Gara 5 con un parziale decisivo di 9-2 e allungano la serie. Curry termina a quota 31 punti, 8 rimbalzi e 6 assist e Klay Thompson a 26-6-4. Leonard chiude il quarto conclusivo con ben 12 dei suoi 26 totali e il solito sostanzioso contributo all-around fatto di 12 rimbalzi, 6 assistenze, 2 palle recuperate e 2 stoppate, ma stavolta non basta per vincere.

Considerazioni finali

Le statistiche di fine partita danno un’idea dell’andamento generale e di come i Warriors si siano avvalsi per l’ennesima volta nella loro mitica epopea dell’arma che li ha resi più celebri: il tiro da tre punti. E’ stato infatti il clamoroso 20-42 dall’arco (47.6%) dei gialloblu contro l’8 su 32 (25%) dei canadesi a fare tutta la differenza del mondo e ad annullare il netto predominio in area dei Raptors (54 punti in area contro 32), mentre le altre statistiche (46.3% vs 44.7% complessivo dal campo, 37 vs 43 rimbalzi, 27 vs 19 assist, 5 vs 6 palloni recuperati e 7 vs 5 stoppate) testimoniano il sottilissimo divario finale che ha alla fine separato le due squadre nel punteggio.

La franchigia dell’Ontario esce da questo incontro rammaricata e conscia di aver perso l’occasione della vita, anche se il vantaggio è ancora consistente e Toronto resta favorita per il titolo finale, sia per il 3-2 nella serie che per l’ecatombe di infortuni (anche Looney ha dovuto nuovamente fermarsi per un’altra botta al pettorale ed è in forte dubbio per Gara 6).

Fa ben sperare soprattutto il dominio a livello di gioco degli uomini di Nurse fatto vedere da inizio terzo quarto in poi, quando sono stati capaci di riprendere in mano la partita dopo aver placato la sfuriata d’orgoglio dei rivali a seguito della dipartita del loro campione. Una supremazia di gioco che, a differenza di quanto accaduto in Gara 4, si è però ha lasciato comunque Golden State con un paio di possessi di vantaggio fino agli ultimi minuti. In particolare, nonostante i Raptors abbiano chiuso anche questa gara con ben sei giocatori in doppia cifra e messo in campo molte variabili offensive, l’idea che sia sempre e comunque Leonard a doversi prendere il tiro della vita è una sensazione che potrebbe rivelarsi pericolosa per il futuro della serie.

Il supporting cast dei canadesi anche oggi è stato notevole (Gasol 17 punti e 8 rimbalzi, Lowry 18 e 6 assist i migliori, con VanVleet che ha riportato sotto i suoi nel terzo quarto con una delle sue ormai classiche esplosioni offensive) ma non ha infatti convinto del tutto in clutch time, mentre stavolta è stato deludente l’impreciso Siakam con soli 6 canestri andati a segno su 15 tentativi.

Come detto Toronto resta ancora la favorita per la vittoria finale, Durant non rientrerà più e probabilmente Looney nemmeno. Ma dopo questa dimostrazione di resilienza sportiva, davvero sareste pronti a scommettere su una resa dei Warriors?

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