Sono in missione, come Austin Power, a tifare la compagine del Texas con i due connazionali (Messina e Belinelli) in mezzo a circa 15 mila persone che la pensano in maniera sicuramente diversa da me.

Il problema vero non è la minoranza numerica, è che il film comico con Mike Myers non ha inspirato solo il titolo di questo pezzo, ma proprio tutto l’andazzo della partita:

No DeRozan, no Lamarcus Aldridge, no White. Tutti fuori per gestione dei carichi di lavoro, e si ha come la sensazione che questa partita Popovich l’abbia data via. Tanto tempo anche per Eubanks, Pondexter e Metu, anche se non so bene chi siano (salvo qualche presenza nella summer league) e c’è Walker IV, ventenne di talento, che immagino abbia un potenziale smisurato se a San Antonio gli permettono quella acconciatura…

Quindi nel pregame, non potendo ovviamente chiedere a “Pop” il motivo del riposo forzato dei suoi migliori giocatori, il reporter di ESPN gli offre un assist insperato chiedendogli che ne pensa dello Step-Back-Three di Harden:

“You mean when they jump backwards and travel and shoot a three. I guess it has been made legal. I don’t know. It’s very difficult to guard. They are great at it, that’s for sure. Take nothing away from them.[…] They didn’t just wake up and all of a sudden be able to do that. They put in the time and the effort for sure.”

(Ah ma dici quella cosa di quando uno salta all’indietro poi fa passi e tira da tre. Ahh, credo l’abbiano resa legale da poco. Non so, è molto difficile da difendere e loro la fanno molto bene. Non lo dico mica per togliere qualcosa a loro […] non si sono alzati e di colpo hanno imparato a farlo, ci hanno messo tempo e fatica di sicuro.)

Classic Pop.

La gara inizia ma dopo 80 secondi è già time out Spurs.

Durant oggi sembra particolarmente smooth: 4-4 senza mai toccare il ferro, solo retina tutte le volte. In generale le due squadre iniziano bene e gli attacchi risplendono o, come sempre in questi casi, le difese non sono proprio attentissime. Dopo tutto l’all star game è dietro l’angolo e questo 70% (7-10) Warriors dal campo e 75 % per gli Spurs nei primi 5 minuti di gara, insospettisce abbastanza.

Bisogna aspettare quasi 10 minuti prima di un errore di Durant (arrivato ad un irreale 6-6 prima di sbagliare una tripla). Belinelli sta su Curry.

La vera notizia è che sembra reggere bene. L’altra notizia è che nonostante tutto siamo 30-29 e sembra che ci sia una partita. Sarà l’effetto del Rodeo Trip, la trasfertona classica che impegna gli Spurs nel mese di Febbraio.

Giovedì gli Spurs giocheranno il back-to-back a Portaland, poi Utah, Memphis, Torono e New York, senza mai rientrare fra le mura amiche fino al 27 Febbraio.

Come mai il nome “Rodeo Trip”? Beh il Texax è comunque uno di quegli stati americani, come la California del resto, anche se per ragioni ovviamente differenti, che fa un po’ nazione (o continente) a sé. Fa nazione a sé perché una sua buona fetta ancora vive intrappolata fra cappelli alla John Wayne, un amore viscerale per le armi da fuoco, una alimentazione chiaramente squilibrata verso le bistecche di manzo e un background Repubblicano, nell’accezione Trumpiana del termine.

Quindi chi se ne frega, anche se sei una fra le franchigie più vincenti dello sport americano e/o mondiale, quando c’è il rodeo smammi e smammi praticamente tutto febbraio, tutti gli anni, dal 2003 (primo anno in cui il palazzetto è stato occupato “abusivamente” da tori e cowboy).

Il rodeo, mah.

33-31 alla fine del primo quarto.

Nel secondo la storia cambia: In un battito di ciglia Spurs sotto di 11 con una transizione pazza di Thompson, che conclude una serie di errori goffi di entrambe le squadre.

La gara è decisamente noiosetta ma sembra che sia proprio la tattica di San Antonio, addormenare i padroni di casa e non farli scappare per poi magari, verso gli ultimi dieci minuti provare il colpaccio.

Si va all’half-time in una situazione non disperata per i texani (-8) ma poi arriva il solito terzo quarto dei Warriors che salgono di colpi e “sgamano il bluff degli Spurs” che hanno semplicemente troppo poco fra le mani per andare a vedere il rilancio dei padroni di casa: Warriors a +20 in nemmeno 4 minuti di gioco.

Time-out Popovich: stavolta trovare qualcosa da dire è tosta anche per lui.

Anche i Warriors hanno già capito che San Antonio oggi fa la vittima sacrificale e fanno girare un po’ la palla allargando anche le rotazioni, innaffiandole di basket champagne fatto delle solite triple e di tantissimi extra pass: +30 per Golden State.

I padroni di casa non sono esattamente la squadra capace di non infierire contro un avversario in difficoltà: quando iniziano a divertirsi senza perdere troppo la concentrazione, si ha la netta sensazione che tirino dentro una piscina olimpionica: entra tutto.

Arrivano a +31 in relax, 23 KD con il 75% da tre, 26 Thompson con l’80% da tre e “fanalino di coda” 19 Curry con il 60%. Il tutto, tra le altre cose, con 9 assist per Durant, 6 per Kay, 7 per Steph. Il tabellone dice 115 per i Warriors; un punteggio alto anche se fosse già finita la gara, peccato che manchino ancora una dozzina di minuti buoni.

Quando sono così per fermarli non serve una buona difesa, serve la SWAT. Sicuramente non San Antonio che issa bandiera bianca e mette dentro la panchina come segno definitivo di resa.

Ci aspettano 12 minuti di monnezza (chiamarlo garbage time è troppo gentile per questa roba) con gli Spurs sotto di “almeno” 30 punti.

Cunningham-Walker-Eubanks-Pondexter-Metu contro McKinnie-Jerebko-Cook-Bell-Derrickson. A “Derrickson”, anche Steve Kerr, come me, deve ricontrollare due volte le lettere quando scrive il suo nome. Mi sono alzato e sono andato giù a mangiare un paio di biscotti: quando è troppo è troppo.
Sono un po’ deluso e arrabbiato per le due ore di fila in macchina, per una partita mai giocata. Figuriamoci se avessi pagato il biglietto.

Non sono il solo: mancano più di 7 minuti e fiotte di persone si lanciano verso i parcheggi per evitare le code.

Finisce 141-102 con la Oracle mezza vuota ed una quarantina di punti a dividere le due squadre. Nessuno festeggia; San Antonio perché non ne ha ragioni, i Warriors perché non hanno nemmeno più il pubblico con cui farlo.

Altra gara da 140 punti della giornata (Brooklyn ne ha rifilato 135 a Denver, Houston 130 circa a Sacramento e Milwaukee 148 a Washington). Contro il prossimo che mi fa un’altra comparazione con i campioni del passato basata su numeri assoluti, ve lo giuro, userò tutta la mia cattiveria.

Capisco che lo spettacolo vada incentivato, ma confondere la parola “spettacolo” con 150 punti nel tabellone non sempre produce “divertimento” -vedere per esempio la decadenza degli ultimi All Star Game.

Fine della polemica ed anche dell’articolo. Almeno per me, visto che c’è qualcun altro abbastanza “caldo” oggi:

Ci risentiamo per una analisi del post trade deadline per capire gli umori della lega e le configurazioni dei nuovi roster!

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