La città di Boston e l’intero New England sono avvolti da sentimenti contrastanti per quanto riguarda le franchigie sportive locali: da un lato, la consapevolezza che la dinastia dei Patriots si avvicina al termine per via dell’invecchiamento inevitabile della stella Tom Brady ormai quarantunenne. Dall’altro, l’enorme buzz attorno ai giovanissimi e talentuosi Celtics.

La formazione di Irving e company ha finito la scorsa stagione con tanta voglia di premere il pulsante “fast-forward” e di iniziarne una nuova al più presto.

Una stagione quella del 2017/18 prima di tutto segnata dagli infortuni: dopo 5 minuti nella prima partita il povero Gordon Hayward si frattura la caviglia. Ad un mese dall’inizio dei playoffs, Kyrie Irving getta la spugna per il dolore al ginocchio e decide di operarsi per rimuovere la “ferraglia” inserita qualche anno addietro per riparare la frattura alla rotula subita durante le finali.

Eppure, nonostante questi (ed altri) infortuni, i Celtics arrivano a gara 7 delle finali di conference contro Lebron.

Tuttavia, gli infortuni hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo dei giovani talenti dei Green. Primo su tutti, il rookie Jayson Tatum (SF), terza scelta assoluta nel draft del 2017, che si è ritrovato titolare fisso durante la scorsa stagione.

Il ventenne proveniente da Duke University ha veramente tutte le qualità per diventare una superstar dell’NBA. Prima di tutto, le doti fisiche: alto 2 metri e 3 centimetri, Tatum ha un jump shot fluido e letale sia dalla media distanza che da dietro l’arco. Inoltre, riesce ad andare a canestro contro chiunque – famosa la schiacciata nei playoffs su Lebron.

In difesa il ragazzo deve ancora metter su qualche chilo per poter avere più presenza sotto canestro, dunque il margine di miglioramento c’è e si materializzerà nei prossimi due o tre anni.

A mio avviso la sua dote migliore è sul piano mentale: Tatum è un ragazzo umile e pacato, consapevole del suo ruolo in questi Celtics, freddo e capace di gestire la pressione nei momenti decisivi.

Nella sua prima stagione nell’NBA, ha riportato una media di 13.9 punti durante la stagione e di 18.5 punti durante i playoffs. Tatum è una pedina fondamentale del futuro dei Celtics, Dannie Ainge ha realmente vinto al superenalotto in quel draft.

Altri giovani giocatori ad aver beneficiato degli infortuni della scorsa stagione sono Jaylen Brown (SF), Terry Rozier (PG) e Marcus Smart (PG), che hanno inanellato tanti minuti durante la stagione e tanta esperienza durante i playoffs.

E finalmente ci siamo, la stagione è iniziata, e con il botto: Kyrie dichiara apertamente che rifirmerà con i Celtics. L’intera estate infatti è stato un tormento di indiscrezioni che davano Irving verso New York in tandem con Jimmy Butler.

Kyrie è sotto contratto questa stagione, con un’opzione per la prossima: nella NBA va di moda per le superstars fare opt out e firmare un nuovo contratto un anno in anticipo per massimizzare il proprio ingaggio.

Inoltre Kyrie a quel punto avrà giocato nei Celtics per due stagioni e sarà dunque idoneo per un contratto “super max”, ovvero con un ingaggio che sfora il contratto “max” impostato dalle regole della NBA.

L’aspettativa per questa stagione è altissima. Sia a livello nazionale che locale, i Celtics sono dati come favoriti nella Eastern Conference. Molti opinionisti di spicco – vedi il buon Steven A. Smith – si sbilanciano addirittura nel pronosticare una finale combattuta contro Golden State, ancora decisamente i favoriti nella Western Conference.

Per Brad Stevens si prospetta la stagione più difficile: aspettative altissime – le finali o “bust” – e tanti giocatori che per motivazioni personali si aspettano di ricevere minuti di gioco importanti: Marcus Smart (sotto nuovo contratto), Terry Rozier (che non ha rinnovato e sarà restricted free agent a fine stagione), Gordon Hayward (che prima dell’arrivo di Irving sarebbe dovuto essere il giocatore di spicco dei Celtics), Brown e Tatum (due talenti giovani e molto promettenti).

Nelle prime partite, i Celtics non brillano – anzi – faticano molto anche contro squadre sulla carta molto inferiori come gli Orlando Magic. I giocatori a tratti sembrano completamente “out of sync”, come se queste fossero le prime partite giocate assieme.

Inoltre, Kyrie e Hayward non sono decisamente al top di forma – specialmente Hayward. Nelle ultime gare tuttavia si è cominciato a vedere decisamente qualche miglioramento sia sul piano del gioco collettivo che riguardo la performance personale di alcuni giocatori chiave.

Kyrie Irving

Affetto dalla “sindrome di Sansone al contrario”, Kyrie con il suo nuovo taglio di capelli afro è decisamente partito in sordina. Durante le prime gare, Kyrie sembra preoccuparsi più di distribuire la palla piuttosto che andare a canestro e mostrare il suo solito stile di gioco ubriacante.

Anche il suo tiro è piuttosto arrugginito: non solo il jumper non entra in maniera consistente, ma anche nei tiri liberi Kyrie è decisamente sotto la sua media personale. Irving sembra anche un po’ appesantito: qualche giorno fa Tommy Heinsohn, 84-enne ex giocatore e allenatore dei Celtics e commentatore sportivo nella TV locale che trasmette le partite dei Celtics “NBC Sports Boston” affermava che Irving fosse 3 o 4 chili in sovrappeso, il che lo rendeva “mezzo passo più lento” rispetto agli anni passati.

Irving in una recente intervista prende atto e concorda con la critica di Heinsohn, affermando che si concentrerà nell’immediato futuro sulla sua condizione fisica.

Nella seconda partita contro i Detroit Pistons, Kyrie – finalmente – si presenta al TD Garden in versione vintage – senza l’afro – e segna 31 punti: in quella occasione Irving sembrava il fenomeno della scorsa stagione, il che è decisamente incoraggiante per i tifosi in green di Boston.

Resta da vedere se Kyrie riuscirà e vorrà ripetere questo tipo di performance nelle prossime partite, è possibile che il campione stia anche dosando le energie in questo avvio di stagione in ottica playoffs. Il punto fondamentale riguardo Kyrie è che il ginocchio operato lo scorso Marzo sembra essere a posto. Il resto verrà col tempo.

Jayson Tatum

Decisamente il giocatore attualmente più in forma per i Celtics, con una media di 16.6 punti a partita e 8.1 rimbalzi. Tatum è ormai – giustamente – titolare inamovibile del quintetto di Brad Stevens.

Durante l’estate ha anche trascorso qualche giorno a Los Angeles ad allenarsi sotto la guida di Kobe Bryant: nelle prima gara contro i 76ers, Tatum ha messo in mostra un paio di nuove “mosse” che ricordando chiaramente Kobe – vedi il “fade-away jumper” che lo ha reso famoso.

Tatum è veramente un portento, ogni volta che “fakes it, takes it, makes it!”, ricorda all’intera NBA chi è la vera prima scelta del draft 2017/18. Magic Johnson deve avere certamente qualche rimpianto nell’aver scelto in quella occasione Lonzo Ball invece di Tatum.

Gordon Hayward

E’ palese che la presenza di Gordon Hayward abbia in qualche modo scombussolato non poco gli equilibri e le gerarchie in campo. Hayward è ancora lontano da una forma accettabile: non è solo una questione di condizione fisica ma anche mentale, il che è comprensibile visto il terribile infortunio subito un anno fa.

Brad Stevens lo ha incluso sempre nel quintetto iniziale, tuttavia il totale dei minuti in campo è piuttosto ridotto – una media di 24.5 minuti per partita. Mentre in fase offensiva i numeri di Hayward non sono pessimi – 10 punti a partita – in fase difensiva Gordon è decisamente il punto debole, non avendo ancora quella mobilità e freschezza necessaria per reagire alle finte dell’avversario di turno.

Per sua stessa ammissione, la caviglia infortunata lo scorso anno è spesso dolorante ed il ritorno alla forma ottimale avverrà poco a poco. In definitiva, con Hayward bisogna semplicemente avere pazienza. Fortunatamente, i compagni e l’allenatore sembrano tutti disposti ad aiutarlo al meglio, anche a costo di dover sopperire alle sue lacune evidenti, soprattutto in fase difensiva.

Sulla carta Hayward non dovrebbe far parte del quintetto titolare in questo avvio di stagione, tuttavia per via di una serie di fattori – la volontà di recuperarlo al 100%, l’ingaggio sostanzioso, l’ego del giocatore e una serie di obbligazioni di sponsor – Hayward rimarrà titolare fisso.

Jaylen Brown

Brown è sicuramente il giocatore che più di tutti sta subendo la presenza di Gordon Hayward in campo. Brown in fase di attacco sembra totalmente fuori dagli schemi, a volte si ritrova a fare gli stessi movimenti di Hayward ed in generale la sicurezza in se stesso sembra a tratti vacillare, causando anche problemi nei tiri dalla distanza.

Jaylen è finora in media per 11 punti a partita con un’efficienza di tiro del 36%, decisamente al di sotto dei numeri a cui ci aveva abituati la scorsa stagione. Anche in fase difensiva sembra piuttosto appannato: durante la partita contro gli Indiana Pacers per esempio, la regia ha mostrato in più di un’occasione Brad Stevens richiamare Brown per via di rotazioni in ritardo o di troppo spazio lasciato ai tiratori avversari dai tre punti.

C’è anche da dire che Jaylen non è attualmente all 100% per via di un infortunio al piede destro, il che potrebbe essere la causa principale delle sua performance difensiva non all’altezza. E’ plausibile che nell’immediato futuro Brown venga rimosso dal quintetto titolare, per trovare più spazio ed opportunità nella seconda squadra.

Comincia anche a serpeggiare qualche rumor riguardo un possibile trade, anche se a questo punto della stagione sono veramente voci di corridoio che non vale la pena analizzare nel dettaglio. Di certo, la situazione di Brown è tutt’altro che chiara in questo momento, decisamente da tenere d’occhio l’intera vicenda.

Al Horford

Horford è l’altra pedina insieme a Tatum che non sembra aver accusato la pausa estiva, riportando finora numeri praticamente identici alla scorsa stagione: efficiente nel tiro con un buon 43%, 12 punti e quasi 7 rimbalzi a partita. Anche in fase di blocco, Horford si sta comportando in maniera egregia, sia sotto canestro che nel perimetro.

In sostanza, Al Horford è ancora quel giocatore intelligente che si occupa di fare il lavoro sporco in fase difensiva, a sprazzi decisivo anche in fase di attacco. Importantissima anche la sua presenza in termini di “leadership” sia in campo che nello spogliatoio.

Nel tempo ha anche affinato il tiro dalla distanza, obbligando la difesa avversaria di turno a rimanere sul perimetro, aprendo dunque spazio in the paint per le penetrazioni a canestro di Kyrie e Tatum. Visto il suo ruolo di centro a volte va in difficoltà contro avversari di stazza come ad esempio Janis: in quelle occasioni Stevens sopperisce al mismatch inserendo Baynes per dare più presenza sotto canestro in fase difensiva. Horford è decisamente una delle pedine fondamentali per i Boston Celtics.

The Bench

La panchina è certamente una delle note positive di questo avvio di stagione. Marcus Morris è diventato il “go-to-guy” nell’attacco della seconda squadra, con una media di quasi 16 punti a partita e una percentuale di tiro del 53% da tre punti (!!).

Morris aveva già dato prova delle sue capacità in attacco durante i playoffs della scorsa stagione. Il fatto che questo stato di forma sia continuato in questo inizio di stagione la dice lunga sul lavoro di Brad Stevens e la coesione della compagine di Boston. Morris infatti non è nuovo a commenti in cui esprime la volontà di far parte del quintetto titolare. Stevens è riuscito finora a tenere sotto controllo la situazione, massimizzando il contributo di Morris, ormai acclamato leader della seconda squadra e beniamino dei tifosi in tribuna.

Marcus Smart è il solito cagnaccio difensivo tutto cuore, incapace di fare centro nell’oceano eppure così importante in fase difensiva nei minuti che contano. I Celtics potrebbero aver speso qualcosina in più del dovuto nel rinnovo contrattuale con Smart – 52 milioni, 4 anni – e le statistiche convenzionali certamente non giustificano tale investimento.

Eppure, guardando le gare dei Celtics, non si può fare a meno di pensare che il contributo di Smart vada ben oltre i numeri nello “stats sheet”, ed infatti spesso Stevens finisce le partite con Smart in campo. Il livello di energia e di intensità, la capacità di generare turn-over in fase difensiva, di sacrificarsi e prendersi le cariche offensive in pieno petto, sono solo alcune di quelle qualità che nel mondo degli sport Americani gli esperti amano definirle “intangibles”.

Terry Rozier è invece partito lento in questo avvio di stagione, con una media di 7 punti a partita e un’efficienza di tiro intorno al 37%. Rozier, pur giocando come point guard, non eccelle nel far circolare la palla e nell’orchestrare le azioni di attacco.

Nei playoffs della scorsa stagione Rozier ha giocato molto in squadra con Tatum e Horford, capaci di orchestrare la fase offensiva senza un regista puro in squadra, il che ha permesso a Rozier di mostrare le proprie doti nell’andare a canestro, nel tiro dalla distanza e nel jumper off-dribbling.

Quest’anno Rozier si ritrova spesso in formazione con Smart e Hayward, i quali finora hanno giocato molto senza palla. A mio parere Stevens cambierà la filosofia nella seconda squadra chiedendo a Smart e Hayward di portare più palla, permettendo così a Rozier di sfruttare al meglio le proprie abilità in attacco. Per Rozier c’è anche l’incognita del contratto: ad inizio stagione si parlava di un rinnovo che non è mai arrivato.

La verità è che Rozier ha giustamente l’ambizione di diventare titolare in una squadra dell’NBA. Dopo la dichiarazione pubblica di Kyrie Irving di rinnovare con i Celtics e dopo aver raggiunto un accordo con Marcus Smart per i prossimi 4 anni, la compagine di Boston difficilmente potrà/vorrà rinnovare anche con Rozier.

Scary Terry sarà “restricted free-agent” alla fine di questa stagione: è plausibile dunque che Dannie Ainge possa includerlo in qualche trade prima della NBA trade deadline il prossimo 7 Febbraio.

La panchina dei Celtics quest’anno è veramente “lunga”: Aaron Baynes riceve minuti in base al matchup con la squadra avversaria e si anche reinventato tiratore dalla distanza, avendo messo a segno finora circa il 39% dei propri tentativi da dietro l’arco. Infine Daniel Theis, che dopo l’infortunio al menisco nella stagione scorsa, ha avuto un inizio molto positivo e tuttavia si ritrova di nuovo costretto a rimanere fuori per via di un nuovo infortunio alla fascia plantare.

Conclusione

I Celtics dopo una manciata di partite si ritrovano al quarto posto nella East Conference dietro i Raptors, i Bucks e i Pacers. La vittoria più convincente è stata certamente quella in casa contro i Bucks del “Greek Freak” Janis, mentre la sconfitta più bruciante è senza dubbio la partita contro gli Indiana Pacers, persa negli ultimi secondi grazie a un gran centro dalla distanza di Oladipo.

In queste due partite, Kyrie Irving sembra aver ritrovato lo smalto – ed il taglio di capelli – della scorsa stagione. Anche Hayward sta facendo progressi in fase offensiva, rimanendo tuttavia un problema in difesa. Le prossime partite saranno “on the road” nella West Coast, il che è sempre un’incognita per via della stanchezza che si accumula a causa dei lunghi viaggi e del fuso orario.

In poche parole, il calendario in questo inizio di stagione non è amico dei Celtics. La parola d’ordine in questi giorni è “improve“, ovvero migliorare. I giocatori sono ben consapevoli che la stagione è lunga e che la squadra ha bisogno di tempo per creare l’alchimia giusta. Infortuni permettendo, non ci sono dubbi che i Celtics si presenteranno ai playoffs come una delle squadre favorite per il “golden ticket” alle finali.

 

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