Come tutti gli anni a ridosso, e poi mica tanto, della preseason NBA inizia il classico sermone: l’Est fa ribrezzo, se ad Ovest potessero andare ai playoff in base al record, altro che otto squadre etc etc.

Dati alla mano, erano otto (!!) anni che la squadra di LeBron, Miami o Cleveland non fa differenza, era ospite fissa alle Finals strapazzando tutti i concorrenti ad Est, con un pizzico di sadismo in più per i poveri Raptors (su cui torneremo).

Per dovere di cronaca bisognerebbe anche segnalare le quattro finali consecutive di quelli della baia, che ad Ovest hanno fatto e faranno ancora la voce grossa.

Dato per assodato che il prossimo anno la finale non sarà Warriors-Cavs, il vero punto di domanda è: cosa lascia il post LeBron in termini di nuovi equilibri ad Est?

Prima di cercare di dare una personale opinione a questo arcano dilemma mi sembra doveroso ricordare ai più sbadati che il commissioner Silver a febbraio ha iniziato a ventilare dei possibili cambiamenti per evitare quanto sopra, il che non significa 14 squadre dell’Ovest ai playoffs bensì la tentazione di consentire una finale tra i migliori due team, fossero entrambi della stessa conference.

Non me ne vogliano i singhiozzanti tifosi di Cleveland ma forse Warriors – Rockets in finale con CP3 sano sarebbe stata un poco più interessante.

Detto questo, torniamo ai giorni nostri e cerchiamo di mettere un po’ d’ordine nell’Est cestistico degli Stati Uniti. Come dicevamo la grande certezza è che il Re per la prima volta giocherà ad Ovest nella ben più glamour e ricca Los Angeles, sponda cool gialloviola naturalmente. Per dover di cronaca inizio dai quattro volte finalisti.

CLEVELAND CAVALIERS

Scioccati, anche se c’era da attenderselo. Il futuro, molto remoto, è rebuilding puro cercando di chiedere qualcosa di buono ad una stagione in cui si cercherà di sviluppare il più possibile Sexton con Love che torna prima opzione e sarà da top 5 al fantabasket.

Il resto è pura noia in una squadra ingessata dal monte salari che il precedente general manager Mr Lebron James aveva generosamente elargito ai suoi vassalli. Love ha 24 milioni di motivi per sorridere e restare, ma i 19 milioni di Hill, i 17.5 di tristano ed i 14.7 (sigh! Sigh! Sigh!) di JR sono una zavorra che non augurerei al mio peggior nemico.

Speranze di Playoff pari a zero, chi ci scommette è un pazzo scatenato ma ha tutta la mia stima per come getta i suoi guadagni. Reso un doveroso omaggio all’unico team che ha battuto i super Warriors.

Vediamo ora come si può mettere ordine dal Canada alla Florida, se mai il concetto di ordine sia appropriato, iniziando con le franchigie che sorridono.

BOSTON CELTICS

Già quest’anno sono arrivati vicinissimi all’obiettivo che si erano prefissi grazie al cervello di Brad Stevens, stratega che sa spremere i limoni meglio del Bravo Simac. I celtici sono riusciti a sopperire alla mancanza di Hayward prima, e di Kyrie nei playoffs.

Stevens è il comandante che ha alzato bandiera bianca solo davanti ad un LeBron “Space Jam version”. I ragazzi terribili dei Celtics sono invece una realtà frutto di oculate scelte passate e del classico effetto C che non guasta mai.

Tatum è esploso come nessuno si sarebbe mai aspettato. Giocatore di un’eleganza innata, a mio modo di vedere il più agile in circolazione grazie al fisico da gazzella e con margini spaventosi di miglioramento. Difficile immaginarselo da sesto uomo dopo la passata stagione visto anche il suo mentore.

La truppa del Massachusetts pare destinata sulla carta a rigiocarsi le prossime Conference Finals. I dubbi sono la tenuta di Irving e le voci che lo vogliono in partenza per altri lidi come free agent, e il recupero di Hayward, soprattutto psicologico dopo il terribile incidente dello scorso anno.

Ma i giovani di Boston sembrano avere le carte in tavola per crescere ulteriormente ed ambire a sfide più ambiziose, senza trascurare il fatto che sono una squadra verde ed hanno asset da giocare anche sul mercato, il che li rende contender ad est per i prossimi anni a venire.

Ridono invece un po’ meno dopo la free agency, ma comunque hanno un sorriso a trentadue denti, i loro rivali divisionali.

PHILADELPHIA 76ERS

Hanno fatto più di un pensiero a LeBron prima e Kawhi poi, ma ne sono usciti in entrambi i casi con un bel pugno di mosche. Persi i due pezzi da novanta, hanno pensato bene di rifirmare JJ Redick ed hanno lasciato andare per motivi di cap il Marco nazionale.

L’affare Colangelo invece è una brutta storia, finita nel peggiore dei modi per il modo in cui il presidente ha criticato giocatori e team di allenatori. Possibile che non si sia ancora capito che ciò che si deve rendere conto di ciò che si scrive sui social?

Parlando invece di basket, Simmons e Gioele sono una bella coppia che per essere la più bella del mondo necessita di due elementi chiave: un tiro affidabile per l’australiano ed una salute di ferro per il centrone, che in estate si è divertito con le solite spacconate, quali schiacciate contro gente di 180 cm scarsi e stoppate a bambini dell’asilo: sovente sopra le righe, o lo ami o lo odi… no other way.

Fondamentale sarà lo sviluppo di Marquelle Fultz, vero oggetto misterioso. Da lui ci si aspetta parecchio dopo gli infortuni e la fatica della scorsa stagione.

I 76ers sono un team solido e daranno del filo da torcere ai Celtics, ma se Simmons non mette in arsenale il tiro come sopra citato e Fultz non contribuisce difficilmente faranno molta strada. Insomma, il #process al momento è ancora ongoing.

Le due mine vaganti come contender per la finale ad Est sono a mio modo di vedere Raptors e Bucks.

TORONTO RAPTORS

I canadesi hanno preso l’ennesima scoppola nei playoffs e Masai Ujiri ha deciso di rimangiarsi la parola tradando DeRozan per Leonard, uno che se sta bene è tra i top 5 NBA. La guardia californiana l’ha presa malissimo, ma per i Raptors è una mossa che ha molto senso.

Così com’era impostata Toronto andava bene in regular season ma arrivava spompata ai playoff, perciò via coach Dwane Casey e fuori DeRozan, promosso Nick Nurse e dentro Kawhi, spedito da Pop il più lontano possibile.

Se Leonard è quello di due anni fa ed ha voglia di giocare senza considerare Toronto un anno di purgatorio, allora i Raptors sono la mina vagante per eccellenza, perché un trio di difensori sul perimetro come Leonard, Lowry e Anunoby non riesco a trovarlo in nessun’altra franchigia NBA.

Vedremo se il chiacchierone in arrivo da San Antonio sarà un costoso affitto o un affare d’oro, al momenot sembra che sia finalmente riuscito ad abbozzare un sorriso.

Greg Monroe a 2.2 milioni è un’ottima presa, servirà per completare quello che Valanciunas non è in grado di dare.

MILWAUKEE BUCKS

Sì i Bucks, proprio loro. Perché del greco e del suo essere uno degli atleti più forti della lega si è parlato in tutte le salse, ma finalmente hanno un coach “serio” con Mike Budenholzer che a sua volta avrà a disposizione del materiale intrigante.

Su Giannis posso solo dire che è fortissimo e che se corregge alcuni difettucci, tipo affidarsi troppo al suo primo passo anche quando è raddoppiato, e se lavora sul tiro allora per gli avversari sono dolori. Incredibile quanto abbia lavorato in estate, basta confrontare le sue braccia con quelle dei tempi da rookie…

Il vero dilemma per i cervi è la cabina di regia, con Bledsoe che non ha dato quanto ci si aspettava dopo la trade con i Suns. Vedremo se il coach saprà valorizzarlo in questo team, cha in sordina ha aggiunto un ottimo centro come Lopez a prezzi modici. Da verificare ma i presupposti ci sono eccome.

INDIANA PACERS

Lo scorso anno furono la vera sorpresa della stagione, con Oladipo che stupì tutti per attitudine e miglioramenti portando i Pacers ai playoff, in quella che doveva essere l’annata di transizione in seguito all’addio di Paul George. Invece Indiana è una squadra ben allenata e uno dei team che gioca più di squadra, che oltretutto non ha avuto il migliore Myles Turner da cui ci si aspettava molto di più. Ripetersi sarà complicato ma se lo yoga aiuta Turner ed Oladipo+Sabonis crescessero ancora potrebbero dare fastidio a molti.

In particolare Oladipo dopo aver raccolto i frutti del lavoro a Miami con David Alexander si è ripresentato immediatamente in palestra appena finita la stagione per continuare il suo percorso di crescita, non solo in campo musicale.

MIAMI HEAT

Spoelstra non si discute, ma in attesa di capire se Wade vorrà riprovare un’altra stagione la franchigia della Florida ha un grande dubbio: il contratto di Whiteside è stato un errore? Credo che Riley abbia pochi dubbi in merito ma oramai la frittata è fatta e questi Heat possono nel migliore dei casi possono  mirare ad una qualificazione ai playoff e ad un onesto primo turno… o poco più.

Peccato che da queste parti i palati si siano abituati a ben altri scenari, ma purtroppo anche in questo caso la dipartita del 23 di Akron ha creato un buco difficilmente colmabile in tempi brevi. Adebayo è un lungo futuribile ma con Hassan avrà meno spazio di quanto merita, facile secondo me che gli Heat cerchino di disfarsi del 21 anche se non sarà impresa facile. Da rivedere.

Ora è arrivato il momento delle squadre “vorrei ma per ora non posso”.

NEW YORK KNICKS

I Knicks sembravano già in crescita lo scorso anno, con la maturazione di Porzingis e la cacciata di Melo, ma l’infortunio del lettone ha sparigliato le carte di una franchigia che difficilmente avrebbe partecipato alla post season. Il recupero del biondo è essenziale, la presa di coach Fizdale pure.

Difficile anzi quasi impossibile che si raggiunga la postseason ma per una volta le mosse di mercato di NY sembrano oculate. Knox è un grande altleta ed avrà spazio, Ntilikina si spera faccia meno fatica, ma chi mi intriga davvero è Mitchell Robinson, che da atleta pazzesco qual’è potrebbe beneficiare dei minuti lasciati da O’Quinn. Hezonja potrebbe aver voglia di far ricredere molti, anche se sembra semplicemente di passaggio nella grande mela.

Se ne riparla il prossimo anno, specie se Kristaps recupera senza affanni. E poi si vocifera di certi free agent…

CHICAGO BULLS

Chicago è in perenne ricostruzione ma lo scorso anno ha pescato il jolly con il finnico, che nemmeno il più ottimista degli scout immaginava così completo (altro che lungo con mano educata e stop). I Bulls sono agli inizi dell’ennesima ricostruzione ma secondo me hanno fatto bene a non dare il supermax a Butler, che li avrebbe uccisi negli anni a venire.

Il contrattone a LaVine è sanguinoso ma potrebbe essere un asset nel futuro. Giusto per poter vantare a roster il duo di peggior difensori NBA è arrivato Jabari Parker, figliol prodigo della natia Chicago che però ha il secondo anno non garantito. Potrebbe essere una sorpresa. Squadra senza troppe ambizioni, si prenderà ciò che viene in attesa del futuro prossimo. Wendell Carter sarà produttivo da subito, segnare al fanta please.

Arriviamo alla sezione “Lasciate ogni speranza, o voi che entrate”.

ORLANDO MAGIC

I lazzaretti NBA per eccellenza di questi tempi sono Sacramento e… indovinate? Ecco, i Magic non sono né carne né pesce e probabilmente l’unico buon giocatore, strapagato, che anno a roster è Aaron Gordon. Al draft hanno pescato Bamba, che non ha certo entusiasmato in Summer League ma potrebbe essere uno dei pochi motivi per far sorridere i tifosi dei Magic. Alla fine Mozgov è finito qui dopo avere fatto il giro di mezza NBA, giusto per la cronaca.

ATLANTA HAWKS

Bottone rebuilding or busting è decisamente on. Hanno fatto trade down per Young lasciando ai Mavericks Luka Doncic e questa potrebbe essere una delle cappelle top degli ultimi anni. Però ci credono ed hanno pure spedito il tedesco a fare il lacchè di Westbrook per fare spazio a Trae. Coraggiosi, ma più guardo questo roster e più mi viene la cifosi. Vince Carter ha voluto provare anche la Georgia in attesa della meritata pensione in Florida. Vado con il peggior record NBA.

CHARLOTTE HORNETS

Melting pot per eccellenza. Dopo manco un anno hanno spedito altrove Howard ed ingaggiato il fantasma di Toni Parker a fare coppia con Batum. Una franchigia inspiegabile in una terra che vive di basket, ma Jordan non lo puoi contraddire. È la franchigia con più giocatori con la K in assoluto, per il resto saranno già rassegnati a Natale. Ci vediamo il prossimo anno.

BROOKLYN NETS

Sean Marks era un’anonima ala grande (comunque campione NBA) che si sta dimostrando un grande stratega. Ha preso in mano la franchigia con meno hype e peggio amministrata in NBA e sta facendo piazza pulita. Il roster non bisognerebbe manco guardarlo perché è a tutti gli effetti inguardabile, ma il coup de génie del neozelandese è stato l’aver rimesso in carreggiata una situazione colabrodo, racimolando scelte preziosissime per gli anni a venire. Howard l’hanno tenuto il tempo di un caffè, il cinese l’hanno spedito ad Atlanta.

Menzione d’onore per gli ultimi due team della nostra analisi.

WASHINGTON WIZARDS

Ah, ecco dov’è finito Dwight in tutto sto marasma, a Washington. Meglio di Gortat? I Wizard sono la squadra di Wall, ma Wall ama sé stesso e nessun altro e se si presenta ai nastri di partenza in questo stato la vedo durissima.

Brooks è un allenatore mediocre che potrebbe avere una squadra da settimo posto, sempre che prima non imploda tutto. Il talentoper carità c’è ma li vedo male male.

DETROIT PISTONS

Altro girone altro regalo. Dwane Casey saprà portare Blake e soci ai playoff? Sarebbe una bella impresa ma più che altro sembra una mission impossible, perché il quintetto sebbene male assortito è per tre/quinti buono, ma la panca è davvero da discount. I bicipiti di Blake faranno il miracolo di vendere qualche biglietto in più, ma saranno sul mercato già nella prossima stagione? Visti così sembrano un branco di scappati di casa.

Ma coach Casey è un duro e magari riuscirà ad estrarre dal cilindro un’ottava piazza ad Est.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.