Golden State vince una travagliata gara 7 a Houston contro i Rockets (orfani di Chris Paul) con il punteggio di 101 a 92 ed accede per il quarto anno consecutivo alle NBA Finals.

In casa Rockets decisiva l’assenza della point guard del North Carolina.
Golden State parte male, ma riesce a rimanere a contatto e rimettere la testa avanti con un incredibile terzo quarto da 33 punti a 15.

I campioni in carica, nonostante le enormi difficoltà dei due quarti iniziali, ritrovano la regolarità nel loro attacco, mancata nelle gare centrali della serie e conquistano l’accesso alle Finals per il quarto anno consecutivo.

Ottime le prove di Durant (34), Curry (27) e Thompson (19) per i californiani. Per Houston buone le prestazioni di Harden (32), Capela (20) e Gordon (23).

Golden State

Stephen Curry:  27 pts, 10-22 fg, 7-15 (3pts), +/- +13
Kevin Durant: 34 pts, 11-21 fg, 5-11 (3pts), +/- +10

Houston Rockets 

James Harden: 32 pts, 12-29 fg, 2-13 (3pts), plus minus -13
Eric Gordon: 23 pts, 9-22 fg, 2-12 (3pts), +/- -5

 

Il pre-game:

La gara 7 di una serie playoff NBA. Come si racconta una cosa del genere?

È una di quelle cose che non puoi spiegare a chi non segue questa lega. Troppe emozioni, troppa intensità per riassumere in breve che significhi non avere un verdetto dopo 6 inutili partite, 24 quarti di basket, 288 minuti effettivi di gioco, botte e in and off-court trash talking.

Già perché, alla fine, conta solo il risultato finale, quello di oggi. Delle altre 6 in pochi si ricorderanno ed è proprio per questo che le gare 7 sono lo spartiacque in cui si creano o distruggono miti e leggende, si azzardano compazioni, si alimentano o si zittiscono whitnesses ed haters.

Dopo tutto, Il formato che la NBA ha scelto è così diverso dal resto che si trova in giro, che anche fare esempi per i non addetti ai lavori è difficile. In Europa la cultura dei playoff è prerogativa degli sport minori (quindi tutto ciò che non è il calcio) e anche nel calcio, al massimo, si fa andata e ritorno, senza la bella, con quella fregnaccia del gol in trasferta che vale doppio, che qui negli Stati Uniti nessuno capisce mai per davvero.

Niente serie, niente scontro “finale”, nessuna chance per i campioni e per le squadre di dimostrare, in via definitiva e oltre qualsiasi chiacchiere da bar, chi sia il più forte. Meno occasioni anche per noi, poveri spettatori, per vedere i migliori atleti del pianeta, con tutta la pressione del mondo sulle spalle.

Tutto questo e molto molto, ma molto altro è una gara 7 dei playoff NBA e, ovviamente, quella di stasera non fa eccezione.

Questa sera, non ci sarà (prevedibilmente) Chris Paul: A volte gli Dei del basket mostrano una crudeltà disarmante.

Ci sarà James Harden, che dopo la brutta prova in gara 5 non può sbagliare. Come ha detto giustamente la stampa: può anche perdere, ma deve farlo con una prestazione incredibile.

Ci sarà Kevin Durant. Anche per lui i “discount” sono terminati. Se dovesse sbagliare anche questa gara -ed in particolar modo se i campioni in carica dovessero essere eliminati con una serie così opaca da parte del 7 piedi di Washington- il suo lascito cestistico verrebbe irrimediabilmente compromesso.

Non ci sarà Andre Iguodala. Se siete di quelli “Avete Durant, Curry e Thompson, non potete frignare per Iguodala” date uno sguardo sotto per provare a cambiare opinione:

Ci sarà Klay Thompson, il vero eroe di gara 6 e, probabilmente, la chiave di volta per scardinare la serratura della difesa Rockets con i suoi tagli ed i movimenti off-the-ball.

Ci sarà tutto il supporting cast dei Rockets, nessuno escluso, a cui coach D’Antoni chiederà uno sforzo e un minutaggio senza eguali. Per non perdere la definitiva gara 7 e non doversi far ricordare che “he’s a good coach but not a championship coach“.

Ci saranno i 18 mila e qualcosa del Toyota Center; etichettati inizialmente come un pubblico tranquillo, ma che durante la serie si sono rivelati un supporto fondamentale per la franchigia texana.

Ci saremo tutti noi infine, trepidanti come al solito ogni qual volta arriva la ghigliottina di gara 7, per goderci lo spettacolo e per dare un giudizio definitivo sulla stagione delle due corazzate della Western Conference.

Provate a spiegarlo voi a chi non ne ha mai visto una, cosa diavolo si perde.

1° Quarto

Kerr prende da una parte KD, gli vuole parlare in privato. È uno di quei momenti che dovrebbe rimanere di proprietà esclusiva dei due ma (s)fortunatamente si vede il labiale e i microfoni sono vicini. Impossibile non curiosare dopo un:

When MJ was with the Bulls…

Houston inizia subito forte, spinta da un pubblico di casa caldissimo.

Golden State, invece, parte male, fra tiri affrettati, due falli di Thompson e con grandi difficoltà nel fronteggiare l’energia strabordante dei Rockets.

4-7 dopo due minuti e mezzo di gioco.

Eric Gordon in particolare sembra assolutamente dentro la partita. Sull’altro lato, KD trova continuità solo dalla lunetta (1-3 dal campo e 0-2 da tre per ora) e Thompson deve sedersi in panchina dopo il terzo fallo.

Non un bel modo per iniziare la gara decisiva della stagione.

Grazie agli errori di Ariza, Green, Bell e Curry la partita staziona con 4 minuti alla fine del quarto sul 14-18.

Molte energie spese sul terreno di gioco, ma di bel basket, per adesso almeno, manco l’ombra.

Arriva il primo parziare Houston: 24-19 dopo 12 minuti di basket grazie alla maggiore aggressività difensiva e ad un 40% buono da tre e ad un Harden  in “attack mode” (14 punti, 4 su 6 e 2 su 2 da tre).

2° Quarto

Anche questo quarto inizia nel segno di Steve Kerr -meno cool ed inspiring di prima- costretto ad un’intervista pre secondo quarto in puro stile Popovich:

Kerr rischia mettendo Thompson in campo da subito con 3 falli ma Houston parte fortissimo. Draymond Green, trascurato dalla difesa (per essere gentili), prova a prendere qualche conclusione in più, ma tutte fuori bersaglio.
La scelta azzardata del coaching staff dei Warriors paga divindendi sostanziosi perché nell’attacco bloccato di Golden State l’unico a rispondere è proprio Klay Thompson: 3-3 per lui.

Quando Harden e Curry rientrano con 9.21 sul cronometro dopo il mini-riposo, Durant è 1-6  il puntegio è 23-34 per Houston e i campioni in carica sbandano vistosamente.

Golden State scivola a -13: tripla di Klay, tripla di G. Green, canestro di Livingston, tripla di Gordon, poi Capela, poi KD. Tutti a segno.

Se le stanno dando di santa ragione adesso ed il supporting cast di Houston sembra che stia tirando dentro una piscina olimpionica:

60% per Tucker, 80% per Capela, 44% per Gordon e 50% per Harden.

Sono esattamente dove volevano essere: In vantaggio, in casa e con il pubblico in visibilio. Se continuano così, possono fare l’impresa.

In questo (pessimo) avvio i campioni in carica concedono addirittura 9 “second chance point” e 8 palle perse e sono costretti ad un altro time-out per frenare l’emorraggia sul 33-48.

Al rientro arriva una tripla salvifica di Curry che fa rinsavire un po’ tutta Golden State.

L’unica cosa che possono fare adesso, non trovando il loro gioco e schiavi delle insicurezze, è restare a contatto fino all’half-time e riordinare le idee.

Houston sembra semplicemente più cattiva, più attenta, più motivata. Il quarto finisce con Gordon che brucia il cronometro e rimette 11 lunghezze di distanza fra le due squadra in favore di quella del Texas.

Nonostante Houston abbia frenato sia con Gordon (5 su 12 al tiro) e Harden (5-15),  i Warriors non riescono comunque a rientrare pienamente in partita.

3° Quarto

Finora è stato il quarto in cui i Warriors hanno sempre dominato i Rockets ma questo inizia male, con il ritmo che non vogliono loro, con i tiri che non vogliono loro.

Dopo meno di tre minuti di gioco però in modo un po’ funambolico -fatto di qualche contatto non fischiato e  un paio di palle vaganti recuperate- gli Warriors sono a -5 sulla tripla del “prezioso” Nick Young (!).

Time-out Rockets. Ma si è già capito cosa sta per succedere…

Steph c’è. Altra tripla per il capitano di GS e siamo a -3.

Altro time-out D’antoni, ma chi parla stavolta è principalmente Chris Paul.
Il coaching staff di Houston prova con 4.34 da giocare nel terzo, a boccare l’emorragia che vede in questo periodo di gioco i Warriors avanti per 15-7.

Al rientro, altra tripla Durant: 61-61 e poi Curry, sempre da tre, per il primo vantaggio Warriors del secondo tempo.

64-61 per i campioni in carica. Incredibile.

Harden non ci sta, e in questo frangente spesso ricuce i tentativi di distacco di GS, ma Curry sfrutta bene il maggior spazio concesso dalla marcatura di Anderson e porta i suoi sul 72-63.

Curry, da solo, ne ha segnati 14 solo in questo quarto. Fate voi.

Nessuno l’avrebbe mai detto appena 15 minuti fa e invece Houston è ad un passo dal tracollo. Chris Paul, impotente in panchina, prende a botte le sedie.

Tucker è l’unico argine alla marea giallo-blù: anche se più basso di tutti continua a prendere rimbalzi in attacco e riesce a rimanere aggressivo difensivamente e offensivamente. Tutto il cuore del nativo di Raleigh in questo elimination game.

Durant finalmente sta giocando da Durant: Warriors a +7.
Il parziale finisce 29 a 11, giudicate voi.

4° Quarto

Finora si è scherzato.
Tutto si gioca adesso: +7 Golden State, palla in mano e tensione ai livelli massimi. Ogni possesso sembra questione di vita o di morte.

Subito Harden e subito risponde Curry, che sente il sapore del sangue e vuole trovare la giugulare di questa gara e della serie.

I due capitani duellano ma sono i californiani a beneficiarne scappando sul +10  su una tripla di Thompson generata da una palla persa di James Harden.

Golden State non è perfetta, tutt’altro, e Houston potrebbe ricucire, ma spara a salve prima con Harden, poi con Ariza e Gordon.

87-73 il punteggio, time-out Rockets, la stagione gli sta scivolando via, secondo dopo secondo.

Durant continua a salire di colpi. KD ha iniziato male ma piano piano la sua prestazione è sempre più solida (26 con 8-16 dal campo ora e 5-11 da tre).

Le retrovie di Houston tentano un ultimo eroico sforzo con le triple di Gordon e Tucker. Time-out Kerr.

Al rientro Houston accorcia a -8 e poi a -6. I Rockets sembra che possano davvero riprendere questa gara quando invece Durant, inizia a fare il Durant (segnando a piacimento sulla marcatura di Gordon e Tucker) e rimette 11 punti di distacco fra le squadre.

In un attimo, con un paio di giri in lunetta e pochi canestri, mancano solo 60 secondi circa e sembra che Houston si sia arresa.

Trenta secondi sul cronometro, Golden State +7 (99-92) e Durant e Curry che si abbracciano: saranno alle NBA Finals anche quest’anno. In nessuna gara 7 una squadra ha vinto dopo essersi trovata sotto di 11 all’half-time

Il nostro giallo ha una soluzione. Nonostante i tanti dubbi, difficoltà e perplessità la finale sarà di nuovo fra i Golden State Warriors di Curry & Durant ed i Cleveland Cavaliers di Lebron James.

A giovedì sera per la gara 1 delle NBA Finals, alla Oracle Arena di Oakland!

4 thoughts on “Western Conference Finals – Game 7: GSW@HOU

  1. Tranquillo, non la capisco manco io la regola dei gol in trasferta.
    Comunque l’apatia dell’attacco di Houston è stata disarmante in quasi tutta la serie. Tanti possessi con 5 giocatori fermi, Harden che gigioneggia 20 secondi per poi spararla da 3 col difensore appiccicato. E infatti ne hanno sbagliati 27 consecutivi. Peccato perché erano motivati e combattivi

    • La partita di Gs prima del terzo quarto è stata inguardabile, poi si sono svegliati e soprattutto durant ha messo dei tiri che solo lui sa fare.
      Per quanto riguarda houston mi chiedo perché hanno continuato a sparare a salve da tre??
      I commentatori sky parlando di statistiche affermavano che hanno giocato cosi anche in Rs, ma secondo è stato un suicidio.

      • COncordo. Qui la stampa (specialmente FOX ed ESPN) a colpi di rumors mai affermati e mai negati che D’Antoni abbia volutamente negato le indicazioni degli scoutman per continuare a giocare il suo sistema. Alla fine è stato schiacciato in gara 6 e gara 7 nonostante la doppia cifra di vantaggio del primo tempo.
        Aspettiamo un altro anno o iniziamo a tirare qualche considerazione finale sul basket di D’Antoni?

  2. Alla fine tutto si potrebbe riassumere nella semplice costatazione che i GSW di oggi(e della scorsa stagione)sono semplicemente troppo forti, troppo profondi, troppo talentuosi e per batterli 4 volte devi essere 4 volte più bravo, pronto, fortunato, determinato di loro: operazione quasi impossibile oggi per tutte le altre squadre NBA in giro. Detto ciò Houston può recriminare di non aver potuto schierare il suo secondo miglior giocatore, ma anche con lui non era automatico che vincesse. Ho sempre avuto forti dubbi sul gioco di D’Antoni specie nei p.o., alla fine rischi di impiccarti fra tiri da 3 e Harden(o eventualmente CP3)palla in mano per 20 secondi e poi tiro. Ad un certo punto io avrei provato a mischiare le cose e provare a giocare qualche palla dentro per i lunghi o qualche p’n’r che coinvolgesse un lungo(…e ovviamente i lunghi li devi schierare), ma questo è una mia idea e non alleno nessuna squadra, D’Antoni ha portato fin lì i Rockets e ha pensato di continuare a quel modo.
    Sinceramente la serie con CLE mi pare scontatissima; i Cavs hanno un team buono ma niente di che se si esclude LbJ(a mio parere senza il 23 i Cavs sarebbero andati fuori al primo turno dei p.o) e comunque non paragonabile a GS che può schierare 4 all-star, 4 futuri HoF, 3 attaccanti praticamente immarcabili(al massimo limitabili)e Green che è un difensore eccezionale, può fare il play, è un leader e può segnare anche 20 punti in una squadra che ha già 3 realizzatori super: come fermarli?
    Difficilissimo.
    Dall’altra i Cavs hanno semplicemente il più grande del suo tempo: LbJ e questi p.o.hanno dimostrato che lo è, praticamente ha vinto tutte le partite da solo.

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