Houston mantiene il fattore campo con una prova incredibile di Chris Paul e Eric Gordon (rispettivamente 20 e 24 punti) nonostante un Harden da 5/21 dal campo e 0/11 da tre(!).

I texani si aggiudicano per 94 a 98 un altro “close match” (16 scambi nella conduzione del match nei 48 minuti giocati) della finale della western conference che adesso conducono per 3-2.

Per i Californiani decisiva la prestazione opaca di Durant con 8/22 al tiro, le 16 palle perse ed i tanti errori nei momenti cruciali della partita.

La serie adesso si risposta in California, ad Oakland per gara 6 che si giocherà nel pomeriggio di Sabato. Fondamentale capire le condizioni delle infermerie; Thompson e Iguodala (a riposo anche oggi) da una parte, Chris Paul dall’altra (domani ci sarà la valutazione dell’infortunio al bicipite femorale)

Chris Paul: 20 punti, 6-19 dal campo, 4-9 da tre.
James Harden: 19 punti, 5-21, 0-11 da tre.

Steph Curry: 22 punti, 8-17 dal campo, 2-8 da tre.
Klay Thompson: 23 punti, 8-14 dal campo, 4-7 da tre.


Il pre-gara

Impresa di Houston o cazzata gigante di Golden State?
Ho sentito tante campane negli ultimi giorni, ma non sono riuscito a farmi una idea solida.

È che Houston ha giocato con il cuore ed ha avuto la calma, la forza e la tenuta mentale per non perdersi durante le mareggiate giallo-blù nel primo e nel terzo quarto.

C’è che aspettavamo Chris Paul e l’abbiamo trovato.
La sua prova, così come quella di James Harden, non la si può proprio rendere bene sciorinando i soliti numeretti. CP3 ha fatto un’opera d’arte, fatta di tante piccole cose, di canestri messi al momento giusto, di sguardi, di contatti e di tante lotte contro i demoni che ancora lo legano ad una narrativa che lo definisce un po’ cagasotto quando la palla pesa per davvero.

Houston non è stata solo Chris Paul però: tutti gli Ariza, tutti i Tucker, tutti i Gordon e i Green di questo mondo (che a dire il vero non sono poi tanti vista la ristrettezza delle rotazioni di D’Antoni) hanno dato il loro preziosissimo contributo in gara 4. Bravi. Bravi per davvero.

Però, come capita spesso nello sport e forse ancora di più nel basket, i meriti di uno sono spesso i demeriti dell’altro.
Quindi, quali sono state le colpe di Golden State? La risposta potrebbe richiedere tempo, ma se vogliamo provare a riassumere tutto in una parola, io direi “presunzione”.

Quella vecchia malattia della franchigia californiana che la porta, ogni qual volta si ritrova in una posizione dominante, a fare le peggio stracagate, cadendo in errori, palle perse banali e superficialità che fanno perdere a loro il filo della gara e indispettire chi li guarda.

Così quando partono 12-0 ma non riescono a scavare il fossato, nonostante Houston abbia impiegato 5 minuti per fare il primo canestro della gara.

Così Curry che dopo 7 minuti di onnipotenza cestistica si lascia andare ad uno dei suoi shimmy shimmy (che in inglese suona meglio di “balletto da pirla”) per poi tirare 1-11, in quello sfacelo che è stato il quarto quarto degli Warriors.

Così come tutti i suoi compagni -trovandosi sotto, in casa, nel quarto periodo- che se la sono fatta addosso non riuscendo nemmeno a prendere un tiro decente alla fine dei regolamentari. Roba da non credersi per una squadra con Durant, Klay Thompson e Curry insieme.

 

Insomma, Golden State l’ha fatta grossa e adesso deve provare a rimediare, o sono guai.

La gara:
1° Quarto

Quando ti aspetti le scintille da subito, difficilmente la realtà rispetta le attese: il quarto parte lento, punteggi bassi e fra le poche certezze che mi sembra di ritrovare c’è che per ora Curry e Thompson rimangono incostanti, che Iguodala manca da morire e che ogni volta che c’è una palla vagante Houston se la aggiudica (e di solito mette una tripla).

Gli sguardi degli Warriors sembrano un po’ impauriti e disorientati. Mi sembra di rivedere le facce della gara 7 persa contro Cleveland.

Brutta anche la partenza di KD. Houston prende subito la doppia cifra di vantaggio grazie ad una prestazione solida del supporting cast, che di norma in casa mostra tutto il suo potenziale. Per ora Harden e Paul costeggiano la gara.

Continuano i problemi nella circolazione di palla degli Warriors, che anche in difesa ogni tanto si smarriscono. Houston non è a più trenta solo perché sta tirando male.

Verso il finale di quarto Durant inizia ad aggiornare il suo tabellino: è volitivo ma è volitivo “a isolamenti”, non una grande news, non un grande adjustment.

Finisce 17 a 23 per i Rockets e con Golden State che sembra già in un mare di guai.

0 su 2 per Curry e per Paul, di pura par condicio, e 1/5 di Harden, tanto per capirci.

2° Quarto

Si parte con due palle perse ed una intervista di Steve Kerr che riesce a definirsi di essere contento dei suoi sotto di 9. Contento lui…

Golden State ha ufficialmente il braccino e riesce a produrre pochissimo specialmete con il supporting cast. Fra tutti quelli in difficoltà, Draymond Green è quello che ci sta capendo meno in questa serie. Tanti assist, ok, ma il 23 di Golden State appare completamente sfiduciato al tiro, risentendone anche nell’altra metà campo dove appare meno deciso. Il barba ovviamente ne approfitta subito:

Nonostante questo la gara resta in bilico perché i giocatori di Houston non la mettono quasi mai (Harden 2/9, Gordon 2/6, Paul 0/5).

Harden e Paul per ora non riescono ad azzannare la giugulare della gara.

Gli altri non fanno di meglio: 8 turn-over per Golden State che resta a -6 senza Durant (che ha già 13 punti con 5/11 dal campo).

Si gioca un basket di un altro livello fisico rispetto alla regular season: welcome to the NBA Playoffs.

Harden rinuncia ad un po’ di conclusioni dalla lunga distanza (coscenziosamente visto l’inizio da 0 su 6 da tre) ed inizia ad attaccare il ferro con efficacia.
In questa fase finale del secondo quarto l’altra nota positiva per i Rockets è Capela.

Date uno sguardo:

Golden State, io non so davvero perché, è sotto “solo” di 5, con poco meno di 2′ da giocare prima dell’halftime.
Non so bene come spiegarvelo perché i Warriors ci sono, tutto sommato, e sono pure dove vorrebbero essere. Però sembrano la brutta copia della squadra che conosciamo: distrazioni stupide, poca cattiveria ed incapacità di punire gli errori degli avversari oggi la fanno da padrone. Evidentemente qualche spettro si sta riaffacciando e la loro testa proprio tranquilla non deve essere.
Non devono essere state due notti facili quelle del post gara 4..

Il quarto finisce addirittura con i Warriors a contatto e Houston che concretizza 0 degli ultimi 7 possessi. Una di quelle cose che Houston potrebbe pagare salatissima.

45-45 e tutto da rifare.

Harden e Paul insieme 11 punti (34 punti per tutti gli altri Rockets insieme). 25% da tre di squadra per i Texani.

Per i Californiani, numericamente buono Durant con 18 punti (6/13 dal campo) e solida la prova di Curry (11 pts).

3° Quarto

Dovrebbe essere il quarto degli Warriors. A vedere l’avvio, a me, sembra quello di CP3, anche se offensivamente è Golden State che sembra aver cambiato registro.

Si va via appaiati sul 56-54 per Houston e con le luci dei riflettori tutte su Chris Paul che mette un paio di triple irreali e, rientrando dopo l’ultima, tirata in faccia a Stephen Curry, facendo il verso con lo stesso “shimmy-shimmy” che il 30 di Golden State aveva fatto in gara 4, zimbellandolo.

I love this game.

Se Houston va avanti, ed elimina i campioni in carica, questo momento lo rivedremo spesso credo.

Le due squadre vanno avanti “a braccetto”: 62-63 per Houston con 4.22 da giocare. Curry e Durant non stanno tirando malissimo, ma Thompson è l’unico veramente efficace (7/11 dal campo 3/5 da tre con 17 punti totali) anche se non cercato con costanza dall’attacco dei Californiani.

Dall’altro lato, Harden sta faticando (4/15, 0/9 da tre) ed è forse la vera cause del perché, con solo 45 secondi alla fine delquarto, i Warriors sono SOPRA di uno: 72-71 per i defender

4° Quarto

Curry e Paul partono fortissimo.
Houston mette la testa avanti e allunga a 4 lunghezze dopo tre minuti di gioco. CP3 sembra davvero in missione ora.

77 – 81 Houston, Time-out Steve Kerr.

Solo Klay Thompson frena un po’ la valanga rossa dei Rockets. Ma sugli errori, prima di Curry e poi di Durant, Houston allunga con Eric Gordon: 82-86 time-out Warriors con solo 5′ da giocare.

Nei prossimi 15 secondi c’è tutta l’essenza delle ultime gare: I Warriors guardano tutti la cartelletta di Kerr come al solito, escono, si dispongono, ma, invece della solita giocata brillante, perdono una palla stupidissima che genera il contropiede di Harden e altri due punti facili per Houston.

Golden State è in confusione totale. Pessima notizia quando stai giocando una gara 5 in trasferta.

Durant non risponde alla chiamata (ripetuta spesso, fra l’altro) ma Harden manca un altro fendente, dopo un numero infinito di palleggi, che poteva essere letale per i Warriors.

La mia sensazione è che anche oggi il buon James avrebbe fatto ciccare la sua sqaudra se non ci fosse stato CP3 a tenere saldo il timone. Sarà pure l’MVP della lega, ma l’MVP della sua squadra è quello basso con il tre sulla maglietta, punto.

La sensazione generale è quella di essere tornati al quarto quarto di due giorni fa.
Golden State è a contatto ma è smarrita. Non riesce a creare nulla e tutti i tiri sanno di toppe, di una emergency call. Non mostrano urgency, mostrano emergency e fa tutta la differenza del mondo

-3 con tre minuti

Altro errore di Harden. Altro canestro sbagliato da KD. Me ne frega poco delle statistiche, stanno giocando male già da un paio di gare e qualsiasi squadra perda, le loro colpe sono belle pesanti.

I Rockets riallungano con una bella tripla di Gordon (assist di Harden). Di nuovo 4 punti a separare le squadrema sembrano 40 a vedere le facce degli Warriors che non capiscono perché non funzioni niente di quello che fanno contro Houston e, soprattutto, dove sia finito il loro gioco fluido ed efficace.

Manca una manciata di secondi, siamo a +1 Houston: palla a CP3.

The point-god sbaglia, rimane a terra, fastbreak di Golden State per riacciuffare gli avversari ma… Cook sbaglia la tripla. Cook.

Ok, era libero per il mancato rientro di Paul.

Siamo sicuri che sia normale che in una squadra con Curry, Durant e Thompson il tiro della stagione lo debba prendere Quinn Cook?

Paul zoppica e si tocca il bicipite femorale destro ed esce.
Speriamo che non sia nulla di grave.
La palla torna agli Warriors, 22 secondi, CP3 è fuori, sono sotto di uno con la palla in mano: win or go home.

Curry sbaglia, period.
Si va ai liberi. La mano di Ariza non trema al primo libero, ma al secondo si.

10 secondi e servono due punti per andare all’halftime. Time-out per Steve Kerr sul 94-96.

Siamo di nuovo qui: win or go home. A questi livelli, non capita spesso di avere una seconda occasioni pochi istanti dopo aver buttato la prima.

Golden State ha eseguito male tutta la sera (specialmente dopo i time-out), ma questo è un possesso di importanza capitale. E dopo tutto sono i defender e hanno nel roster dei fenomeni assoluti.

Io davvero non saprei a chi darla. L’azione inizia da Curry, che la passa a Green, che perde palla senza mai controllarla. Golden State inciampa su se stessa e cade a terra fragorosamente, come Draymond Green.

Oppure, come qualcuno ha sottolineato su Twitter:

Brutto vederli così, onestamente. Così persi e insicuri da non riuscire per due gare di fila ad eseguire i loro giochi nei finali di gara.

Gordon va in lunetta: il primo è morbido, il secondo pure.

Houston è ad una partita dalle NBA Finals.

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