Chi sa che ho fatto di buono in vita per meritarmi il privilegio di essere qui alla Oracle come corrispondente di Play.it USA per vedere gara 5 del primo turno dei Playoff NBA fra Golden State e San Antonio Spurs.

Il clima qui è sensibilimente diverso rispetto ad una gara di regular season, sarà perché i biglietti costano uno sfacelo, o perché l’anno scorso non hanno visto una gara 5 fino alle Finals, ma così è: tutti con la maglia gialla e livello sonoro ancora più loud del solito.

Sono tutti abbastanza eccitati ma io ci vedo un po’ di grottesco nelle loro facce.
Oggi, in questa piazza, più che una partita di basket ci si aspetta una esecuzione in stile militare o rivoluzione francese, o magari una corrida, lascio scegliere a voi, tanto il finale di questa storia è più scontato di quello di The Passion di Mel Gibson.

Il “boia” si aggira qui fra di noi e non vede l’ora che passino questi 48 minuti effettivi di gioco per entrare in azione però a me un po’ dispiace; un po’ perché tifo Spurs da una vita, un po’ -forse ancora di più- perché questo sembra inevitabilmente il finale di qualcosa di più di una stagione, sembra il paragrafo finale di un’epoca, e di un gruppo che sta uscendo di scena in un modo che non mi va proprio giù.

Per la cronaca, siamo ancora qua, a guardar giocare gli Spurs, per una questione di orgoglio: lo sforzo collettivo della gara 4 di San Antonio, descritto da molti -secondo me correttamente- come un “canto del cigno”, è stata una prova da ultimo samurai ma nessuno, inclusi i giocatori e sicuramente le  20000 anime qui alla Oracle Arena in maglia gialla, credono realmente che questa serie possa continuare oltre stasera.

Sono, siamo, tutti qui un po’ crudelmente per vedere l’esecuzione.

Perché crudeli? Guardate questa sintesi di gara 1 e 2 per capire di cosa parlo:

Battute a parte, sarebbe bello affrontare tematiche di basket più pure, missmatch, adattamenti, inerzia della serie ma sarebbe pura ipocrisia. Lo spettacolo delle prime 4 gare ci ha fatto capire semplicemente che San Antonio non ne ha abbastanza.

Ad oggi, aprile 2018, gli Spurs non appartengono alla stessa lega di Golden State, pure quando il loro miglior giocatore è fuori con dei problemi al ginocchio.

Per “colpa” di Leonard (ne parliamo dopo), perché in panchina da tre gare non c’è Pop a causa della morte della moglie, perché gli anni passano, ma, alla fine, San Antonio sembra proprio un pesce fuor d’acqua in questa serie e in questa nuova NBA che modifica molto velocemente i suoi equilibri.

  • Live game
    Iguodala parte in quintetto, gli altri degli Warriors li sapete già; non spreco lettere. San Antonio riprova con l’unica line up “sensata”: Green, Gay, Aldridge, Mills e Murray con i due “big three” Parker e Ginobili in panca.

    Golden State parte forte giusto per non creare false attese: 7-0.

    Thompson, Green e Durant sembrano i cugini di quelli di gara 4. Il loro linguaggio del corpo e la loro partenza roboante serve per mettere le cose in chiaro da subito.
    Time out per coach Messina, probabilmente più per smorzare il ritmo e riunire la squadra che non per qualche disamina tecnica. Anche oggi la grafica (stasera la diretta tocca a Nbc & TNT) indugia molto sui trofei europei di Messina. Questa cosa che il basket esiste anche in Europa, qua in US,  proprio non riescono a digerirla e per validare la presenza di un “alieno” in una panchina così blasonata l’unico modo è fare quello che qua è una sorta di religione: sfoggiare CV e titoli. Mah.

Ma allora quali sono i problemi di San Antonio in questa serie?

C’è un po’ di tutto, credo.
Si accoppiano male tecnicamente e fisicamente: o troppo bassi  o troppo leggeri o troppo lenti su tutti e due i lati del campo e soprattutto -tranne qualche sprazzo di Aldridge e Rudy Gay- hanno mostrato una totale inefficienza offensiva. I tiri sarebbero anche buoni  -l’esecuzione è ancora del livello che ha reso celebre questa squadra ed il suo coaching staff– e giocano con tutto il cuore che hanno, ma gli interpreti sono veramente troppo poveri.
Un buon copione, scritto bene, ma recitato da cani.
Specialmente se dall’altra parte ti ritrovi i Golden State Warriors che hanno un buon sistema di gioco e, soprattutto, talento da buttare via. Magari può bastare per sorprendere il mondo ancora una volta ed arrivare ai playoff per l’ennesimo anno di fila, ma non per avanzare in questo Wild Wild West.

È crudele quanto la differenza di talento scavi un fossato fra le due squadre che giocano un buon basket.

  • Live game
    Riaffiorano da subito i problemi delle altre 4.
    Oggi il copione sembra lo stesso: 9-0 in un battito di ciglia poi gli Spurs accorciano sul 9-5 con due fiammate di Aldridge e Gay.
    San Antonio non ha praticamente mai un missmatch, e raramente dei vantaggi tecnici: bisogna aspettare qualche minuto di Cook o qualche cambio improvvisato che coinvolga Livingston.

    Pure Javalone risulta spesso indigesto a Lamarcus Aldridge, specialmente nella metà campo offensiva.

    Ginobili -inizialmente in forse per un problema al piede destro- entra a metà del quarto e prova alzare il ritmo dei padroni di casa, i campioni come lui non vogliono mai lasciare qualcosa di intentato. Specialmente perché oggi potrebbe essere la sua ultima gara in maglia Spurs, sono onorato di essere qua ma non particolarmente per il contesto…

Ma se allora oggi si conclude un’era, da oggi in avanti dove si va?

Il nodo gordiano sembra essere l’affare Kawhi Leonard ma onestamente la vicenda oramai ha dei connotati da poliziesco noir. Permettetemi di riassumerla, alla buona e per punti, prima di dire la mia:

  1. Il ragazzo inizia a farsi rappresentare in modo più diretto dallo zio e le comunicazioni con gli Spurs si incrinano.
  2. Dall’infortunio alla caviglia degli scorsi playoff, Leonard gioca solo 9 partite per una lesione di terzo grado all’inserzione del tendine che connette quadricipite e ginocchio.
  3. Inizio del drama.
  4. Due mesi fa circa lo staff medico degli Spurs da il via libera, ma l’atleta ha ancora fastidi/dolori e non se la sente di riniziare e chiede un secondo parere medico esterno.
  5. Inizia la girandola dei secondi pareri e rimpalli fra lo staff medico Spurs e dei medici privati assunti da Kawhi nella città di New York, dove esegue anche privatamente e completamente separato dalla squadra una riabilitazione “specifica”.
  6. Iniziano i problemi con squadra e coaching staff: Fra riunioni di soli giocatori (convocate dai senatori Ginobili e Parker) e le mezze parole dette da Popovich in conferenza stampa, appare certo che il rapporto, che sembrava idilliaco, con il giocatore che dopo Duncan doveva portare la fiaccola della franchigia più vincente di tutto lo sport americano fosse definitivamente cambiato.
  • Live game
    Spurs avanti di uno (17-18) e non capisco bene perché.
    Cioè, ok fuori copione, ma così mi sembra troppo.
    Che poi lo so perché: GS senza Curry gioca proprio male. Non sono nemmeno parenti lontani della quadra in ciabatte vista nell’ultimo mese di regular season ma il loro gioco, il loro famoso flow proprio non esiste senza Steph.

    E ci sta: è Stephen Curry non il conte Mascetti. Normale che se è lui ad orchestrare il gioco di un squadra con questo talento, i fuochi d’artificio siano garantiti. L’unica cosa sospetta è che in tutto questo tempo i Warriors non siano riusciti a costruire delle alternative decenti facendomi ribadire la mia vecchia certezza che se Steph Curry non rientra almeno al 70-80% e rimane stabile, questa squadra dalla Western conference non ci esce.

    Dove è finito il Danny Green che sapeva tirare da tre? Così per chiedere, eh, se non è cataratta io non ho altre spiegazioni a riguardo.

    Primo quarto finisce 22-20 Warriors. I texani giocano male, specie nella metà campo offensiva, ma il 14% dalla lunga distanza degli Warriors tiene ancora in vita una flebile San Antonio.

Io per l’affare Leonard ci sono rimasto parecchio male e credo di incarnare molti umori dei sostenitori neroargento o anche di chi solo ama questo sport e stima questa franchigia per il modo unico di gestire l’affare NBA.

Ho sempre stimato Kawhi Leonard e l’ho sempre ritenuto il personaggio perfetto per questa franchigia per il suo modo di essere in campo e fuori dal campo. La più naturale possibile estensione di Popovich e Duncan, come guardare una palla su un biliardo che segue la direzione della stecca e del braccio del giocatore.

Prima di lanciarmi in insulti, un’altra premessa è doverosa: San Antonio è quella che qua viene definitia una first class organization non solo per i successi, le scelte nei draft, lo sviluppo dei giocatori e gestione sportivo/manageriale della franchigia ma anche perché sono stati sempre all’avanguardia a livello di staff medico e gestione dei giocatori/infortuni.

Sono arrivati molto prima di Lebron a reclamare i riposi programmati dei giocatori nelle stagione da 80+ gare e hanno letteralmente sacrificato intere stagioni e postseason per tutelare Duncan, pensando sempre e comunque, come in una partita a scacchi, almeno alla mossa successiva, con l’unico obiettivo di arrivare alla posta più grossa, che puntualmente è arrivata (5 titoli, più di qualsiasi altra squadra nel passato recente)

Quindi anche l’idea che volessero affrettare il recupero del giocatore su cui gli Spurs si stanno giocando tutte le carte importanti non mi è mai sembrata una cosa particolarmente plausibile.

Proprio per tutto questo che ho appena detto era doveroso andarci piano prima di crearsi una idea dell’accaduto.

  • Live game
    Warriors allungano con lo sforzo minimo per 31-26.
    Il livello fisico sale, i panchinari sembra ne abbiano di più dei quintetti base: oggi West è un fattore.
    Una interruzione prolungata dell’attacco Spurs porta i padroni di casa al comando sul punteggio di 35-26. Il boia si rimette il cappuccio.

Altra info supplementare: Kawhi ha ancora un anno di contratto e poi dovrebbe firmare quello “grosso”, ovvero il max player contract. Cifre che nemmeno sto a sciorinare: un fracasso di soldi. La cosa interessante è però che, per farla semplice senza stare ad entrare nei tecnicismi dei contratti NBA, San Antonio può offrirgli più soldi di tutte le altre franchigie, regola NBA di buon senso per permettere ai mercati minori di tenersi i loro talenti e non essere abbandonati.

L’offerta, che sembrava quasi una formalità, adesso sembra invece il bivio più grosso degli ultimi 15 anni per la franchigia texana.

Offrire tutti quei soldi ad un giocatore con cui il rapporto è da ricostruire e fiducia da ricreare e che -a quanto dimostrato- ha perso il dialogo con la società e con l’intera squadra (non si è presentato a San Antonio nemmeno per stare in panchina nelle gare casalinghe dei playoff, cosa non molto importante da un punto di vista “pratico”, ma dettaglio fondamentale che tutti quelli che hanno fatto sport possono capire) adesso assume dei connotati completamente diversi.

La rete, come sempre, è più avanti di tutti:

Un altro problema è che anche l’appena citato “gruppo” non è solido e di belle speranze -per essere gentili dovremmo definirli “arrivati”- ed è quindi difficile preferirli ad una stella nel suo prime, almeno se l’obiettivo finale è avere nel minor tempo possibile una squadra che possa competere per il titolo. A guardare bene il roster dei texani abbiamo: Ginobili oltre i 40 e Parker che li approccia velocemente, Gasol nemmeno sto a dirlo, Aldridge che non si capisce bene cosa voglia fare e soprattutto quanto possa valere, vista la sua età (32) in questa nuova NBA dove i lunghi hanno nomi tipo Embiid, Towns, Davis e chi più ne ha più ne metta.

Sgomberiamo anche il campo da un altro paragone che è spesso stato fatto in questi mesi:

“Ha fatto bene a fermarsi. Giocare sugli infortuni è rischioso, nessuno pensa per te nella NBA, devi tutelarti da solo. Guarda Isaiah Thomas che da giocatore franchigia è diventato lo zimbello di tutta la lega.”

Considerazione vera, ma solo parzialmente, e vale sempre spendere qualche parola extra per non scambiare c**zi per palazzi: il conflitto femoro-acetabolare di IT non ha nulla a che vedere con il problema muscolo-tendineo di Leonard dal punto di vista della prognosi, effetti, e possibili conseguenze di medio-lungo termine e quindi non dovrebbero mai essere messi nella stessa frase. Se poi consideriamo che già quest’anno Kawhi non sia stato proprio sottopagato (19 milioni per 9 partite) la similitudine la terrei proprio lontana.

Iniziamo allora con le valutazioni “squisitamente” personali:

Da quello che è trapelato la mia idea sulla faccenda è che  il giocatore ed il suo staff non se la siano giocata bene, danneggiando l’immagine del giocatore, alimentando un giochino probabilmente per aumentare l’interesse delle squadre durante l’imminente mercato estivo. Il rimpallo di responsabilità che inizialmente aveva messo in cattiva luce la squadra dell’Alamo è finito per ritorcersi contro il giocatore stesso, facendolo passare lui come un menefreghista e tutta la vicenda come uno stratagemma per “uscirne puliti” già da questa estate.

Per quanto riguarda i problemi medici credo che il secondo parere sia sacrosanto (sempre) ma che non sia allo stesso modo credibile che lo staff Spurs si sia sbagliato di tre mesi (!) sul rientro di un giocatore e che, fosse anche questo il caso, un bollettino, un chiarimento, un termire per il rientro vada fornito, come prova di correttezza nei confronti della franchigia che su di te ha investito e reso il giocatore che sei e anche nei confronti di un gruppo che ti ha sempre tutelato e portato sul palmo della mano (e non è la prima volta che Kawhi salta numerose gare di regular season) e, perché no, anche per noi tifosi che aspettiamo speranzosi da mesi.

Credo anche che lo spessore ed il valore di un giocatore non siano unicamente legati alle statistiche (sempre ottime quando parliamo di Leonard) ma che fra gli intangibles ci sia anche il saper essere l’immagine di una franchigia con tutto quello che questo comporta: tanti soldi, meriti extra quando trionfi, insulti extra quando le prendi e soprattutto un sovraccarico di responsabilità per cui ogni tanto devi stringere i denti e stare vicino alla TUA squadra.

Se non lo fai dimostri solo che con questo gruppo e società vuoi darci un taglio e allora che taglio sia.

Io non vorrei vedere Leonard in maglia Spurs l’anno prossimo.
Anche se è un fenomeno, anche se è il miglior two-way player della lega quando sta bene.

  • Live game
    Finisce il primo tempo con un irreale canestro di KT che brucia la sirena 49-38.
    Halftime.
    Nel campo allestiscono il solito show di ballerine e saltimbanco (oggi biciclette acrobatiche) ma a me sembra che stiano portando dentro una gigliottina affilata. Il solito boia se la ride e scherza, un po’ come Klay all’intervista prima di rientrare negli spogliatoi per il meritato riposo. 
    Il boia non c’è veramente, ma se ci fosse -qui nella Silicon Valley- sarebbe una cosa del genere…

Ma questo – il voler cancellare Leonard dalla galassia Spurs- è solo il parere di un tifoso ferito.

A guardare la situazione con distacco, sembra che tutti i rospi ingoiati da Pop e le mezze dichiarazioni di R.C. Buford siano focalizzate nel tentativo di non rovinare definitivamente il rapporto con il giocatore e provare a ricucire le cose a palle ferme (quelle da basket e quelle di Pop) durante l’estate.

Dopo tutto San Antonio ha spazio salariale ed anche il rapporto con Aldridge sembra sistemato (aveva chiesto la trade per poi essere convinto da Pop a restare durante una cena dove hanno discusso la questione con la solita bottiglia di Chianti) e soprattutto Lamarcus sembra finalmente essere a suo agio nel sistema nero-argento. Rudy Gay potrebbe essere un altro su cui contare ed i miglioramenti di Murray ogni tanto fanno pensare che se arrivasse uno o magari due giocatori giusti questa squadra potrebbe continuare a dire la sua ad Ovest. Ma chi?

Nel senso, chi nel 2018 porterebbe il suo talento fino alla città dell’Alamo, senza Duncan, con Popovich oramai un po’ passato di moda, con un gruppo pesantemente da svecchiare, unitamente ad un mercato che non è proprio di primissimo livello e soprattutto preferendo San Antonio a franchigie con il vento in poppa come Boston, Phillie, Houston, LA che sta rifondando su tutte e due le sponde?

Una possibile soluzione allora, che sicuramente sta ronzando in testa al management Spurs è vendere Kawhi ed iniziare un processo di rifondazione più lungo (con Popovich non per forza nella posizione di allenatore, magari proprio con Messina) in cui gli scenari sono due:

Scenario A) Rifondazione veloce:
Dando per scontato che da un trade non prenderai mai un valore equo per Kawaii provare a scambiarlo per qualche superstar scontenta (John Wall?) e qualche buon role player giovane o assets importante in termini di scelta al draft e ricostruirre un gruppo che velocemente possa raggiungere i playoff.

Scenario B) Rifondazione più radicale:
Mi dimentico di cercare una superstar e scambio Kawhi per un gruppo di giocatori più giovani e qualche buona scelta (protetta) al draft.
La soluzione più naturale in quest’ottica potrebbe essere Boston per due ragioni. Il manager di Leonard è in contatto stretto con lo staff di Irving ed i due hanno anche un ottimo rapporto personale. Inoltre la transizione fra pop e stevens sarebbe forse la migliore possibile per il giocatore e gli assets di Boston sembrano i più idonei per ingolosire gli Spurs con i vari Tatum, Brown etc etc etc.
Unico problema al momento Ainge sembra che voglia giocarsi tutte le carte, compresa la mamma e qualche cugina di grado elevato per arrivare a Anthony Davis quindi ne vedremo delle belle.

  • Live game:
    Gli warriors senza Curry sembrano una ferrari con un cambio a tre marce. La carrozeria la vedi e lo senti che quel motore potrebbe girare diversamente ma… dopo lo spunto, rimangono perennemente ingolfati. Poche variazioni, circolazione approssimativa e prevedibile e troppo spesso finiscono in isolamento di emergenza negli ultimi 5-8 secondi dell’azione.
    San Antonio è rientrata in campo con l’idea di alzare la pressione difensiva e battezzare un po’ di più Draymon Green (che sta faticando in questo inizio di playoff).
    Però le poche volte che sembrano capirci qualcosa difensivamente, puntualmente  arriva Thompson a ricordargli come stanno le cose: Klay oggi è 9-13 dal campo e non sembra volersi fermare, tanto per capirci.
    I texani al momento (7.16 alla fine del terzo quarto) collezionano complessivamente 30.8% (16-52) dal campo e 26.1% (6-23) da tre:  troppo poco anche solo per provarci.
    Aldridge che in questo momento è a 2-9 e sembra il cugino di quello visto in gara 4, anche per colpa degli adjustment della panchina degli Warriors che lo marca con un mix di West, Durant, Looney, saltuariamente Green e Javale.
    Tanti, alti e sempre freschi.

    Entra in scena anche KD: tripla pazzesca e +16. Il pubblico della Oracle capisce che il momento è buono e si accende definitivamente fra 3°/4° e 4°/4°: vogliono vedere scorrere il sangue nero-argento.

    Il quarto quarto rinizia con i Warriors che giocano un po’ al gatto con il topo, ma senza mai mollare la doppia cifra e rendendo il tutto ancora più doloroso, come non dare il colpo di grazia ad un animale in fin di vita.

    Siamo a -11 con 8.40 da giocare prima della fine dopo l’ultimo canestro di Aldridge sulla marcatura Livingston-West, una delle poche con cui oggi sembra trovarsi un po’ di più a suo agio.
    Gli Warriors però continuano a tirare male ma gli Spurs non sfruttano la golosa e rara occasione di vedere i californiani tirare con il 20% scarso da tre in casa ed un duetto Durant-Green complessivamente da 8/22 da due e 3/14 dalla lunga distanza.
    Ma, come già detto, la voltontà ed il cuore in questa lega non sono abbastanza.
    Time out Warriors, rientro Warriors, schiacciata di Durant che affetta l’intera difesa di San Antonio.

    Time out Spurs.

  • 91-83 e 2.13 da giocare. Ora o mai più, penso che si siano detti in panchina, o qualcosa di simile.
    Controuscita disegnata da Messina e tripla di Bertans per il -5 Spurs e poi addirittura -4 con un circus shot di Aldridge che sta giocando un ottimo ultimo quarto, così come sta facendo Ginobili.

    La pelle, i texani, la vendono carissima.

    L’attacco degli Warriors si è fermato e gli Spurs ci provano cn un altro giro in lunetta del solito Aldridge. Il texano non tradisce (oggi 14-14 dalla lunetta) e abbiamo una partita.

    93-91 e time out Warriors che sembra davvero non sappiano più che fare con la palla in mano.

    In questi momenti, dove ti sembra che la squadra in trasferta abbia un po’ di inerzia, i Warriors, specialmente in casa, ti ricordano che con la casacca numero 35 hanno un alieno: Solita uscita ordinata, solita palla a Durant , solito canestro da fenomeno, sconforto, successiva palla persa, +4 e possesso Warriors.

    Che roba KD.

    Inizia il siparietto dei liberi. Fine lunga e dolorosa di questa partita e serie. 2 su 2 per KD al primo giro +6 Spurs e time out. Tre triple (una peggiore dell’altra) sbagliate per i nero-argento e finisce qua, con i due liberi di Green e la palla in mano a Manu che ci gioca un po’, aspetta lo scadere del cronometro e poi la lancia in aria più forte che può, ma questa volta non per festeggiare.

Il boia ha la sua testa che rotola fra i coriandoli giallo-blu e per gli Spurs si apre l’estate più difficile del ventennio.
Per capire se sarà rifondazione completa o parziale ci sarà da aspettare qualche settimana o mese credo.

Passo e chiudo.

4 thoughts on “FOCUS: La serie Warriors – Spurs (fra una partita live ed il futuro dei texani)

  1. “Duncan doveva portare la fiaccola della franchigia più vincente di tutto lo sport americano fosse definitivamente cambiato e 5 titoli, più di qualsiasi altra squadra nel passato recente”, mi sa che da tifoso Spurs ti sei lasciato prendere la mano…..

  2. Bell’articolo, leggero e divertente, ma scritto con competenza. Da Dubliers quale sono, godo per il risultato di questa serie, ma concordo con te che, se non rientra un Curry quantomeno decente, con il Barba si rimbalza.. e di brutto anche..
    Sugli Spurs c’è poco da dire, tutta la stagione è girata intorno a Kawhi, che all’epoca fu un clamoroso colpo di fortuna perché venuto fuori dal nulla. Ora davanti ad una ricostruzione vera e propria si vedrà la qualità della dirigenza..

    • Ciao Leonardo,

      grazie per le parole sul pezzo e il tempo che hai passato a leggerlo. Sugli Warriors sono un po’ deluso, nel senso che vista la prolungata assenza di Curry pensavo riuscissero un po’ di più ad ampliare il loro attacco, invece sembra che stiano solo aspettando con trepidazione il ritorno del 30 (cosa comprensibile).
      Sull’affare Kawhi ahimè si giocherà tutto il futuro degli Spurs. Differisco solo sul “colpo di fortuna” perché al tempo gli Spurs avevano fatto i salti mortali per arrivare a Leonard (e pianificato tutto bene perché Indiana in quel momento aveva bisogno di “altro” avendo scommesso tutto su George & Granger). Riguardando ora la trade ci viene da sorridere, ma al tempo per mollare Hill, Popovich aveva passato un paio di notti in bianco:)
      Ti copio un pezzo ricostruito da un bell’articolo sui momenti immediatamente dopo la pick di Leonard e l’immediata trade agli Spurs:

      — “Sometime near the moment Leonard stepped onto the draft lottery stage, Popovich, sitting in the Spurs draft room near Buford and Lindsey, picked up the phone. He wanted to tell Hill, whom he still calls “Georgie,” about the trade himself. It might have been the most vulnerable Buford had ever seen Popovich, Buford says. “It was so emotional. I was there. I saw it. He was incredibly emotional.” Buford wouldn’t get into the details, as is the Spurs way. “I wouldn’t do that,” he says. “But it was very difficult.” —

      Strani destini NBA:)
      Ciao!

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