Negli ultimi anni, sono state regolarmente le 2 squadre più temute e meglio allenate della Western Conference, la stagione scorsa sono state le finaliste ad Ovest. Vederle quindi uno contro l’altra subito al primo turno significa che qualcosa quest’anno non ha funzionato, o per una o per l’altra. O per tutte e due, in effetti.

L’analisi della serie

Non aspettiamoci fuochi d’artificio. Senza Steph Curry da una parte, e senza Kahwi Leonard dall’altra, andare ad analizzare il talento residuo nei 2 roster per fare una previsione è sostanzialmente inutile.

Gli Spurs hanno giocato praticamente senza il proprio miglior giocatore per tutta la stagione, e sanno perfettamente cosa possono fare e cosa no, in particolare contro i Warriors: ritmo controllato, palla ad Aldridge, aprire il campo per i tiratori.

Senza lo small ball esasperato e i continui cambi che richiede la presenza in campo dello Chef, Popovich potrà dare più minuti a Gasol, sicuramente meno attaccabile dai pick and roll di Quinn Cook.

I Warriors, senza Curry in 16 delle ultime 17 partite a causa prima di una scavigliata e poi di una distorsione al ginocchio, sono 6-10 senza di lui, con alcune sconfitte assolutamente imbarazzanti sia a livello di impegno, specialmente difensivo, che di punteggio.

Storicamente i Campioni NBA, non solo i Warriors, sanno accendersi nei Playoffs, e l’ostacolo Spurs non è di certo ostico a livello fisico o di talento, ma di sicuro lo sarà a livello tattico, senza considerare le motivazioni dei nero argento dopo il 4-0 dello scorso anno arrivato principalmente a causa del fallo, forse intenzionale o forse no, di Zaza Pachulia su Kahwi.

Golden State spera nelle motivazioni del suo superstite trio di All Star: Draymond Green è apparso per lunghi tratti di stagione fin troppo in controllo, quasi cloroformizzato, mentre Kevin Durant al contrario ha preso da lui il testimone di giocatore nemico degli arbitri (14 tecnici e ben 5 espulsioni in stagione) ed in assenza di Curry è a volte sembrato ricadere nei suoi vecchi difetti in attacco, con troppi isolamenti per il sistema di Steve Kerr.

Quanto a Thompson, si sa, lui non è mai stato un trascinatore, ma un super gregario: non è da lui che si può sperare di trovare la scintilla che possa riaccendere la magia nel gioco dei Warriors; piuttosto è da Steve Kerr che i tifosi Warriors si aspettano risposte, in una stagione che finora non è affatto andata come tutti speravano.

Lo stato di forma

Come detto, si è visto di molto meglio. 4-6 nelle ultime 10 i Warriors, 5-5 gli Spurs.
In queste condizioni psicofisiche, e al netto delle assenze, il divario fra i 2 roster si è parecchio ridotto.

Popovich nell’indifferenza generale ha portato a casa l’ennesimo miracolo con una stagione ad Ovest da 47 vittorie con un solo go-to-guy (Aldridge, 23 punti a partita), 3 giocatori intorno ai 10 punti di media (Gay, Gasol e Mills) e tutti gli altri in singola cifra di media, con capintesta l’immortale Manu Ginobili il cui contributo è stato enormemente più importante di quanto possano dire i suoi 8,9 punticini realizzati però in 19 minuti.

Ma non sarà mai in attacco che gli Spurs potranno vincere una serie contro i Warriors: nessuno coaching staff nella lega conosce così bene cosa serve fare per mettere i bastoni fra le ruote ai giocatori di Steve Kerr, e anche quest’anno Popovich & Co. punteranno tutto sulla difesa e sulla tattica per mandare in confusione un gruppo che sembra meno compatto e meno ispirato rispetto agli ultimi anni.

In casa Warriors si aspettano di vedere segni di vita dai veterani della panchina: Livingston, Iguodala e West sono stati tutti rifirmati l’estate scorsa non tanto per il loro contributo in regular season quanto per questo specifico momento della stagione, ed ora devono dimostrare di avere ancora minuti di qualità da offrire alla causa.

Ci sarebbero in verità anche 2 come McGee e Young che vecchi non sono e che talento ne avrebbero, ma dover contare su di loro in ottica playoffs sarebbe un bruttissimo segno per la franchigia di Oakland.

I protagonisti

Aldridge contro Green è la sfida nella sfida: grande attaccante contro grande difensore, anche se sarà Pachulia per molti minuti a doversi occupare del centro Spurs.

LaMarcus, dopo un primo anno di alti e bassi, si è riscattato alla grande in questa stagione, aiutato anche dalle nuove soluzioni tattiche studiate per lui dal coaching staff: in coppia con Gasol riesce ad essere molto efficace in attacco, anche se poi tutto questo si paga in difesa.

Green teoricamente è un lungo più veloce e perimetrale, ma è maggiormente efficace in coppia con Curry mentre ai ritmi lenti dei playoff può anche patire la maggiore stazza fisica dell’avversario.

L’incubo in casa Spurs sarà la marcatura di Durant, che già era la loro bestia nera ai tempi dei Thunder: Rudy Gay è il suo marcatore designato solo a livello di ruolo, ma è più probabile che su di lui venga dirottato Danny Green, che però gli rende molti centimetri, e magari anche Kyle Anderson, anche lui non propriamente un mastino…

Le possibili sorprese

Quinn Cook all’esordio playoffs sarà sicuramente l’osservato speciale: non gli si richiedono miracoli ma un buon minutaggio si, perchè le alternative sono limitate.

Avrà di fronte uno dei più promettenti giovani playmaker del sommerso NBA, quel Dejounte Murray che altrove potrebbe già essere un uomo copertina ma che lo staff degli Spurs sta crescendo nell’ombra: forse per lui è arrivato il momento di esplodere.

Il pronostico

Difficile non dire Golden State, ma è più probabile un 4-2 rispetto ai consueti 4-0: il sistema Spurs potrebbe essere l’ultima wake-up call per i Warriors prima che i Playoffs entrino per loro veramente nel vivo.

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