Oracle Arena, GSW contro Milwaukee Bucks.
No Curry, no Thompson, mezzo Green e tre quarti di Durant, al rientro dal recente infortunio al costato che l’ha bloccato nelle ultime gare.
In pratica, come aver prenotato tre mesi fa all’osteria francescana di Bottura, arrivare lì, sedersi per la cena e trovarsi di fronte un piatto di pasta e fagioli. Sicuramente fatto a modo, ma, voglio dire, uno va in certi posti per provare altri sapori…

Ah, a proposito di cibo: mi sono accorto di non avervi nemmeno mai parlato della media room che ospita i giornalisti (quelli veri e gli impostori, tipo me) e dove lo staff dei PR degli Warriors prepara (oltre a pasti e spuntini in funzione dell’orario della gara) un tavolo con le più disparate statistiche e organizza le postazioni stampa (all’interno del palazzetto) e di lavoro (nel retro della sala stessa).

Dalle precedenti esperienze posso tranquillamente dire che anche qui  il menù molto probabilmente non è gestito da Massimo Bottura, come si può intendere dalle foto.

Non è per fare sempre il solito italiano snob e schizzinoso che “il cibo buono ce l’abbiamo solo noi” MA non credo che quando il Signore abbia inventato il cibo e le papille gustative i baked beans e l’arrosto di porchetta con i pomodori pelati sopra, fossero nel menù principale…

Il buffet, come al solito, viene servito alla solita soprendente cifra di 7 $, che non ho ancora capito se sia una mancia per chi cucina o una presa in giro.
Mi spiego meglio: in questa parte del mondo ti può capitare (per davvero) di finire a pagare 8.69 $ più tasse per un pezzo di pane (ovviamente vuoto) in un minimarket di San Francisco, per capirci.

9 $ per una pagnotta, peraltro vuota.

Non che mi lamenti, sia chiaro, ma decidetevi: o me lo date gratis o, ‘sta meravigliosa porchetta con i pelati sopra, me la fate pagare 50 dollari. Queste vie di mezzo mi confondono e basta (e nemmeno ho tirato in ballo lo sfavillante “Apricot BBQ Chicken”, almeno per ora).

A proposito di gesti snob: oggi rimango seduto un po’ più a lungo e mi perdo un pezzetto del primo quarto.

Motivo?

Perché in posti come questi può capitare, come oggi, di guardare in diretta il finale di Spurs-Okc con la troupe di TNT alla destra e PJ Carlesimo, ex Spurs, a sinistra, quindi me la prendo con calma…


Ad ogni modo siamo agli sgoccioli di questa regular season ed in momenti come questo a me viene sempre da fare una sintesi. La domanda principale potrebbe essere:

Cosa abbiamo capito di questo finale di stagione?

Veramente poco. Fra infortuni, cambi di roster, streak e flop il quesito è difficilissimo da risolvere.

Se circoscriviamo il discorso ai giocatori che ho sotto gli occhi adesso, mi sento di dire che Green, senza Curry in giro, non è un all star, che questi Warriors -non al completo- alle Finals NON CI ARRIVANO e che per far rosicare Durant basta veramente poco, ma poco poco poco.

 

  • #LiveGAME

    Siamo partiti da 3 minuti, siamo 7-0 per i Bucks con due cappellate di Javale che viene preferito a Pachulia che, in pratica, altro non è che la versione cestistica della scelta fra il pulled pork e l’apricot bbq chicken.

    Ok che è iniziata da poco, ma del bel gioco, per me e gli altri 19596 della Oracle (oggi tutto esaurito) manco l’ombra.

    Curry rende questa squadra i Warriors, con la W maiuscola, punto.

    Senza di lui sono una roba con tanto talento, magari i warriors (minuscolo) ma non quei Warriors. L’occasione sarebbe buona per KD per prendere il timone e ingrandire il suo mito per assurgersi a miglior giocatore del pianeta MA, più che di basketball vero, questo sembra il copione di una americanata. Avvincente se la gira Christofer Nolan, l’americanata, ma qui, sul piano del basket la differenza è immensa se KD che è grandioso, perché pur essendo un 7 feet può ANCHE portar palla, è invece costretto a portare SEMPRE la palla.

    Nel cambio, rinunciando all’eccezionalità di Stephen Curry e a Durant che alterna le altre 3 posizioni, si perdono i due fattori principali che rendono questa squadra unica.

Tornando alla realtà, Stephen Curry è sideline per il ginocchio e salterà anche il primo turno di playoff (occhio alle sorprese…) e Durant non mi sembra proprio in uno di quei momenti della sua carriera dove abbia voglia di fare il responsabile.

Solitamente (commento squisitamente personale) faccio fatica a capirlo: prima tweetta come una tredicenne in tempesta ormonale, poi scende in campo e marca Giannis (che occhio e croce pesa il doppio di lui, tutto di muscoli) e contemporaneamente tira all’impazzata da subito, segnando un paio di triple da una distanza consentita solo ad alcuni tiratori scelti dei marines.
E con una costola mezzo fratturata. Ok, questa era ovviamente ironica, ma la riprendo dopo.

  • #LiveGAME

    Ma KD non basta da solo ad arginare i giovani e promettenti Bucks: qui alla Oracle siamo 27-29 per il Greco alla fine del primo quarto di gioco mentre sopra si va avanti a isolamenti e scorribande a canestro dei panchinari.

    I Warriors danno molti minuti a tutti i vari Cook/McCaw/Looney di questo mondo, mentre i Bucks, al completo, per me sono un mistero. È un mio problema, sono io che non arrivo a capire dove cavolo vogliano andare a parare.

    Il roster è buono, forse buonissimo: Antetokounmpo, Bledsoe, Snell, Parker, qualche veterano di livello  tipo il “Jet” Jason Terry  (che vale sempre la pena ricordare che si era fatto tatuare il Larry O’Brien trophy nell’interno del bicipite desto, in preaseason, prima di vincerlo) ed il mai abbastanza apprezzato Middleton. Hanno cacciato il colpevolissimo Jason Kidd (ironico) ma una identità di gioco ancora non si vede come ancora non si intuiscono le mosse future per fare il salto di qualità finale e, sopratutto, io mi sono stancato di passare i primi tre mesi dell’anno a cercare il nuovo MVP della lega fra gente come il greco, come Towns, come Davis che poi nei playoff contano quanto il due di briscola.
    È vero che la NBA è cambiata molto nell’ultimo decennio e che senza una pleiade di talenti nel roster alle Finals non ci si arriva, ma a volte questa mi sembra una scusa e soprattutto, se parliamo di Atetokoumpo, gioca pure ad East, che non è proprio il Vietnam di Ho Chi Mihn…

Parliamo della situazione della lega ad un battito di ciglia dall’inizio dei playoff:

Tolto Gig Lebron d’acciaio che continua a imperversare in campo e fuori, votandosi da solo per il titolo di MVP e facendo addominali su Instagram come un qualsiasi 50enne in crisi di mezza età che si fa i selfie in palestra, tante altre stelle stanno uscendo dalla gara o, se mi passate l’analogia motoristica- stanno rientrando di corsa ai box modificando inesorabilmente la corsa a pochi giri dalla fine.
Il commento su LBJ era ironico, ovviamente.
La considerazione vera è chiara: Lebron dimostra ogni anno di essere il più forte atleta di sempre, il più costante nelle prestazioni ed il più metodico nella gestione di quel corpo alieno da cui -leggende, rumors e allenamenti con ex-marines a parte- ottiene molto di più rispetto al milione e mezzo di dollari investito all’anno in conditioning e alimentazione. C’è pure da dire che finora ha avuto un culo bestiale perché sebbene tante cose si possano prevenire, storcere seriamente un dito, un gomito o una articolazione degli arti inferiori non è unicamente una questione di preparazione fisica MA non sono qui per tirarla a nessuno: bravo lui.

Ma le altre stelle? Tiriamo due somme fra east e ovest:

  • Leonard: Lo stanno cercando oltre il confine. Forse il muro con il messico l’hanno tirato su troppo in fretta e l’abbiamo perso così. O forse è solo a New York a continuare la pantomima per non giocare e prendere le decisioni importanti durante l’estate. Cambio di casacca in arrivo (aihmè).
  • Curry: Problemi seri. Un infortunio di quel tipo così vicino ai playoff, dopo le due recidive alla caviglia, è una cosa molto preoccupante per i Warriors, per la qualità dei playoff in generale e, cosa ben più importante, per le mie chances di vedere a scrocco più partite di playoff possibile qui alla Oracle Arena.
  • Thompson: Come sopra, con l’aggravante extra che quella mano, gliela martelleranno tipo bambino colto in fragrante rubando i biscotti.
  • Costole di Durant e Pelvi di Green: Silenzio stampa.
    Più in generale, secondo me i Warriors stavano dando un po’ di riposo alle loro stelle una volta capito che la prima posizione della conference era andata.
    Perché non dirlo allora al posto di inventarsi scuse posticce?
    La risposta più semplice? Date uno sguardo alla seating/price chart della Oracle Arena e vedrete che qualcosa la intuirete molto velocemente.
  • Irving: Per quanto l’ufficio di Boston continui a dire che non ci sono danni strutturali, che l’intervento era una “robetta” per rimuovere “solo” un filo che dava fastidio al ginocchio io vi ricordo che non esistono “interventini” alle ginocchia e che pensare di Vedere Irving al 100% fra 3-4 settimane è pura follia. Più probabilmente hanno capito che quest’anno non è quello giusto e siccome Boston pensa in grande (e ha imparato qualcosa dal caso Thomas) ha preferito l’approccio conservativo.
  • Embiid: Questa è recente, frattura al volto e dovrà operarsi. Fuori qualche settimana, playoff non a rischio.
  • Aldridge: Dopo che la risonanza ha scongiurato infortuni più seri è da ieri in day-to-day evaluation ma dopo l’ottima gara di oggi contro i Thunder possiamo considerarlo arruolabile.
  • Hayward: Continuiamo a soprenderci per il solo fatto che cammini quindi non credo sarà un fattore in questi playoff.
  • Wall: Avvistato dimagritissimo dopo l’intervento “volontario” di pulizia al ginocchio. Dopo qualche settimana scintillante la franchigia della capitale ha ripreso a puzzare come e più di prima. Non mi aspetto un happy ending qualunque sia la gestione del giocatore da qui alla fine.
  • Cousins: S’è fatto l’achille a 27 anni e c’è la gente in fila per dargli un max contract. O è davvero forte o girano troppi soldi, decidete voi. Out indefinitivamente.
  • Love: Attualmente in concussion protocol. Roba da qualche gara, niente di troppo serio ma l’interminabile serie di infortuni pone qualche dubbio su quanto poter contare sul californiano, specialmente con un playoff duro come probabilmente sarà quello di quest’anno.

Basta, no?

Nella Eastern in particolare il problema di Irving e la frattura di Embiid modificano sostanzialmente le carte in tavola e adesso Cleveland e Toronto sembrano le uniche con il vento in poppa anche se sono due venti molto molto diversi mentre il seeding fra la 4 e la 8 sembra ancora apertissimo con 4 squadre divise da una differenza minima.
Secondo me le uniche due che stonano in questa lista sono Indiana e Washington ma anche Miami non è fra le accreditate per arrivare al secondo turno, e poi ci sono i Bucks… eh i Bucks.

Non ancora, non quest’anno. Aihmè.

  • #Live Game
    La partita scorre in sostanziale parità (49-49) con il greco e Middleton decisamente sul pezzo.
    Poi i Warriors misteriosamente deragliano subendo un parziale di 9 punti e si va a riposo sul 49-58 per i Bucks e senza KD.

    Già, senza KD.
    Durant viene infatti sbattuto fuori dopo un drive abbastanza rude a canestro e un “mother…..” di troppo all’arbitro.
    Spettacolo finito e altra benzina sul fuoco nella discussione fra arbitri-lega-giocatori (sintetizzata benissimo in questo articolo del buon Francesco Arrighi) che anima gli opinionisti a stelle e strisce da qualche mese.

    Forse sono solo io che sono figlio del calcio europeo, in cui la pazienza verso i giocatori è smisurata, ma anche l’opposto, buttare fuori il giocatore più forte della squadra di casa, già mutilata, per una protesta verbale (legittima fra l’altro) durata meno di 5 secondi, mi sembra veramente troppo.

    Specialmente per i prezzi esorbitanti pagati dai 19mila e rotti seduti qui alla Oracle, specialmente perché l’arbitro dopo il primo tecnico non ha fatto nemmeno mezzo passo in direzione opposta al giocatore per provare un po’ a calmare le acque senza rovinare la serata a tutti.
    Nella foto sotto il duo protagonista della serata.

Nella western conference invece i giochi sono ancora da fare e anche il primo turno non sarà cosa banale per le prime della classe. Ad oggi avremmo:

1)  Houston – Utah
2) Golden State – Minnesota
3) Portland – Pelicans
4) San Antonio – OKC

In estrema sintesi: giochi 82 partite e poi devi iniziare a fare sul serio, altrimenti rischi di essere sbattuto fuori al primo turno. Questa è la sublimazione dell’Ovest degli ultimi 15 anni di NBA.

  • #Live Game
    Rinizia la gara e mi concentro un po’ sul Greek Freak, Giannis Atetokounmpo, unica vera causa della mia ora e mezza spesa nel traffico per venire a Oakland da San Josè anche oggi. Una roba molto più dura del primo turno dei playoff ad ovest, ve lo giuro.

    Senza KD marcare il greco è un po’ più complesso. La ricetta della panchina prevede una dose abbondante di Iguodala, Green qb e alla fine un pizzico di Javale.

    Risultato?
    Vita facile per il greco nel primo possesso. 51-65 per quelli in trasferta e l’idea, profondamente impressa nelle facce dei padroni di casa che questa partita “sticazzi”.
    Altro time out per Kerr.
    57-72 con 6.58 nell’orologio del terzo quarto. Se il body language conta qualcosa questa partita è già finita.
    Bene ma non benissimo per gli spettatori che si ritrovano a guardare: MCCaw, Looney, Iguodala Bell e Young al modico prezzo di 300 dollari per stare circa in 20esima fila, di lato.
    Quando poi sentite qualche dibattito un po’ noioso sulla lega che si lamenta dei riposi delle star e pensate al vostro normale turnover della squadra di calcio ripetetevi questo mantra a voce bassa: 300 dollari e 40 $ di parcheggio per vederla in 20esima fila, nemmeno al centro.
    Date questo spettacolo a quel prezzo ai fan che portano milioni e milioni alle casse con i biglietti delle partite e capirete che il problema non è una cosa da poco, capirete che le obiezioni non sono poi così pedanti ed il forcing della lega non è così stupido.
    Nel mentre anche Green alza i toni con un arbitro e Kerr preventivamente lo toglie dal campo, ma nell’andare a sedersi in panca vola qualche parola non proprio gentile fra i due.
    Aprire la bocca per Draymond non è mai un problema.

    Fra quelli per cui mi sarei risparmiato l’ora di traffico per raggiungere la Oracle in un giorno feriale (credetemi: un inferno) si distinguono il vice-Curry Quin Cook, con un 3 su 3 dalla lunga distanza e 5-7 dal campo, Javalone con un irreale 6-7 fatto alla Shaq (molte schiacciate, pochi piazzati dalla media e 0 tiri liberi).
    Golden State però ha la coperta troppo troppo corta oggi: siamo 72-88 per gli altri, con gli spiccioli sul cronometro del penultimo quarto. Preludio di 13 minuti di garbage time con tanto di borbottii e qualche fischio dei milionari della silicon valley che già si avviano verso i parcheggi, lasciando lì 12 minuti e rotti di gara già pagati per evitare la ressa ed il relativo contatto con i normali esseri umani che guadagnano meno di 200.000 $ l’anno.

 

Smetto anche io di scrivere, tanto oggi il tweet di Durant non arriva e anche perché 21 minuti di Zeller sono davvero troppo. L’ultimo quarto è una cosa apatica, i Bucks alzano per un po’ le mani dal manubrio e da un rassicurante +20 arrivano quasi sotto la doppia cifra, ma poi segnano un paio di canestri ordinari e anche oggi finisce qui: i Warriors perdono, di nuovo.
Perdono senza Curry, senza Durant e con un quarto di abbondante monnezza (che suona meno cool di garbage time, ma secondo me descrive molto meglio quello che ho visto) venduta carissima.

Ciao:)

2 thoughts on “Ingiurie & Injuries (Live from the Oracle)

  1. La mia ragazza dopo una settimana a New York per lavoro è tornata traumatizzata dalla qualità bassa del cibo…ma per 7$ ci puoi stare! :D
    Comunque è sempre un piacere leggere i tuoi aneddoti sulla vita USA che inframezzano le considerazioni puramente tecniche/ludiche.

    • Grazie per quello che hai scritto riguardo al pezzo!
      Si dai, per quel prezzo chiedere anche un buon sapore mi sembra eccessivo uhauh

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