“Credo siano la squadra con più potenziale offensivo che io abbia mai affrontato in tutta la mia carriera”. Ecco, in questa dichiarazione rilasciata da LeBron James nel post-partita di Gara 3 sono racchiusi lo sconforto, la frustrazione, ma anche l’ammirazione del Re di Cleveland per quella che è, senza grossi dubbi, una delle squadre più forti mai apparse su un parquet.

Come spiegare altrimenti il fatto che i Golden State Warriors abbiano portato a casa anche una partita come quella giocata mercoledì notte alla Quicken Loans Arena? Come spiegare che non siano bastati i 39 punti di un sontuoso James, i 38 di un favoloso Kyrie Irving, le 5 triple di un ritrovato JR Smith, i 10 rimbalzi offensivi catturati o le 18 palle perse forzate agli avversari? Cleveland ha gettato in Gara 3 tutto quello che aveva in termini di energie fisiche e mentali… ma ancora una volta, questo non è stato sufficiente.

Il 15-0, con vista su uno storico percorso netto nei playoff, dice chiaramente che Golden State è stata in questa stagione la miglior formazione della Lega con ampio distacco su tutte le altre e, a mio modesto parere, una squadra che ha pieno diritto ad entrare in qualunque “GOAT discussion” si voglia fare nei peggiori bar di Caracas o di qualsivoglia altra città del globo. Perché va bene che le parecchie franchigie quest’anno erano (anche a Ovest) indiscutibilmente sottotono rispetto al recente passato, ma quello che rischia di passare in secondo piano è la qualità dei Cleveland Cavaliers, i quali rischiano di andare a casa anche loro con un brutale sweep ma sono forti. Cavolo se sono forti.

Bruciati dai due -20 rimediati nelle partite alla Oracle Arena, sin dall’inizio di questa Gara 3 i Cavs hanno fatto capire di voler seguire alla lettera il loro slogan (Defend the Land) e di voler difendere il terreno di casa a tutti i costi, iniziando con estrema aggressività (seppur spesso un po’ confusa) in difesa e con grande decisione in attacco, anche con i giocatori che fino ad oggi erano stati poco incisivi in queste Finals come JR Smith.

In uno dei primissimi possessi di Gara 3, Smith si libera sui blocchi della marcatura di Curry, e anche se esce con i piedi non perfettamente a posto, ha il tempo di girarsi, mettersi in ritmo e tirare. Decisione e velocità di esecuzione, qualità latitanti per JR in quel di San Francisco.

Ma prima di tutto, era proprio Sua Maestà a non essere particolarmente d’accordo sul rinunciare così presto ad un trono tanto faticosamente conquistato. Nel primo tempo di Gara 3, James ha sfiorato l’onnipotenza cestistica: 27 punti (!) con 11-14 (!!!) dal campo. Nemmeno un durissimo colpo al volto preso contro la spalla di Tristan Thompson (che verrà ricordato in queste Finals sostanzialmente per questo episodio e… basta) è riuscito a rallentare la marcia del 23. Letteralmente un gigante tra i bambini.

Questo è il possesso immediatamente successivo alla tranvata presa dalla faccia di LeBron contro Thompson. Una botta che avrebbe steso un elefante, ma James evidentemente dev’essere fatto di un altro materiale. O forse è un T1000 venuto dal futuro per uccidere Sarah Connor.

Ma nonostante l’incredibile apporto numerico del Prescelto, alla sirena di metà gara i Cavs sono sotto di sei punti, causa soprattutto il fatto che i Cavs che non si chiamino James o Irving stanno tirando 3 su 14. Dall’altra parte invece le bocche da fuoco sembrano infinite, con Klay Thompson che è già a 21 dalla metà del secondo quarto (sic.). Comincia quindi il secondo tempo e Cleveland ha già le spalle al muro. Ma se il terzo parziale fino a ieri era stato il momento in cui i Warriors prendevano possesso della gara e piazzavano il break decisivo, stavolta il fedele scudiero Kyrie Irving risponde presente alla chiamata del suo Re. E che risposta! Il terzo quarto da 18 punti con 8 su 11 dal campo di Uncle Drew è stato una sorta di esperienza mistica, con canestri al limite della fantascienza e un controllo di palla che se visto in una partita alla Playstation farebbe pensare ad un bug del gioco.

Ah, come preview di quello che stava per accadere Irving aveva chiuso il primo tempo con questa roba…

LeBron e Kyrie alla fine hanno combinato per 77 punti, facendo ricordare ai Cavs quella clamorosa Gara 5 della passata stagione in cui entrambi scollinarono oltre quota 40. Grazie al dynamic duo i Cavs sono riusciti a cominciare l’ultimo quarto in vantaggio, anche se solo di 5 punti, ma non era pensabile di poter continuare a far canestro su ogni possesso. Occorreva un ultimo parziale di grande applicazione difensiva, perchè i Warriors avrebbero fatto di tutto per portare a casa questa gara. E infatti lo hanno fatto, in una serie di ondate che hanno demolito il fortino dei padroni di casa.

Prima ondata: attacco in transizione. Con Curry e Durant in panchina, Green raccoglie il rimbalzo sull’errore di James, apre per Clark che assiste Thompson per la schiacciata al ferro. 11-0 in transizione per i Warriors nell’ultimo quarto.

Seconda ondata: energia e penetrazioni al ferro. I Warriors nel finale avevano semplicemente più benzina nel motore rispetto agli avversari, e tale energia ha permesso a Curry e soci di andare a prendersi preziosi punti (12) dentro l’area.

Terza ondata: tiro da tre. I Warriors nell’ultimo quarto hanno segnato tre triple decisive: una con Thompson e due con Durant. Diciamo però che ce n’è stata una un filino più decisiva delle altre…

Game, set, match… e series? Nella storia della NBA, nessuna delle 126 squadre che in precedenza sono state sotto 0-3 è mai riuscita a vincere in una serie di playoff. Alzi la mano chi crede veramente che Cleveland possa essere la prima a farlo, a parte chi ha hackerato il profilo twitter di JR Smith… Che poi il problema non sarebbero nemmeno i Cavs, che per il talento e la qualità di cui dispongono avrebbero anche le armi per realizzare l’impossibile (e comunque lo hanno già fatto). È proprio che i Warriors appaiono un rebus talmente irrisolvibile che a questo punto sembra improbabile persino che possano perdere una partita, figuriamoci quattro di fila. Perché se riesci a limitare Thompson, ti fa a fette Green, se contieni l’impatto di Curry, ti punisce Iguodala. E in più c’è sempre quello là… quel lungo magrolino con il numero 35, che forse si può fermare solamente appostando un cecchino (meglio due) sul tetto del palazzetto. 

Nel corso di questa serie di finale, Durant è stato letteralmente immarcabile. Il tutto senza mai essere eccessivo, una specie di ninja invisibile che a fine primo tempo aveva già messo a referto i più silenziosi 16 punti che io abbia mai visto, lasciandosi dietro sul parquet il cadavere del povero Richard Jefferson (al quale probabilmente andava fatta pagare una certa schiacciata della gara di Natale) e di chiunque altro abbia cercato di mettersi sulla sua strada. KD ha chiuso con la terza partita consecutiva oltre quota 30 e al momento è stracandidato al titolo di MVP delle NBA Finals: è venuto qui per vincere e lo sta facendo, forse persino oltre le aspettative. 

I Cavs dal canto loro non sono ancora riusciti a sfruttare l’arma principale che li aveva guidati in carrozza fino a queste Finals, ossia il tiro da tre punti. Dall’arco dei 7 metri e 25 LeBron e soci sono passati dal 40% abbondante di squadra delle prime tre serie al 29% di media di queste finali. Anzi, proprio le triple sono state il paletto di frassino che Curry e soci hanno inchiodato nel petto della squadra dell’Ohio, visto che realizzano oltre 15 triple a partita con il 42,2%. 

È mancato stasera l’apporto di Love, che si è fermato a soli 9 punti con 1 su 9 dal campo, anche se ha cercato di darsi da fare a rimbalzo catturando ben 13 palloni. Tristan Thompson ha continuato a dipingere la sua personale galleria degli orrori, aggiungendo un’altra triste prestazione alla pinacoteca di gare anonime che sta collezionando in queste Finals. La panchina dei Warriors ha battuto quella dei rivali per 23 a 11 e ha tenuto botta anche in assenza dei suoi leader, cosa che i pariruolo dei Cavs non riscono assolutamente a fare (parziale di 10-0 Warriors nei due minuti finali del primo quarto in cui LBJ è andato a riposarsi in panchina).

Soprattutto, come detto, sono mancate le energie nel finale. Negli ultimi tre minuti di gara i Warriors hanno piazzato il parziale decisivo di 11-0, risultando infallibili (3/3 dal campo e 4/4 ai liberi) proprio mentre i Cavs si sono completamente bloccati (0/8 dal campo). L’impressione è che LeBron e soci siano più stanchi degli avversari, logorati da minutaggi troppo elevati e da una rotazione corta. Riusciranno a recuperare energie sufficienti a tentare un ultimo, disperato assalto? Oppure i Warriors completeranno l’impresa e festeggeranno il titolo sul parquet dei loro grandi rivali (pur dovendo rinunciare a qualche soldino extra)? Lo scopriremo tra meno di 24 ore…

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