La settimana scorsa la NBA ha ufficializzato le “nomination” per i suoi classici premi stagionali, che a partire da quest’anno verranno consegnati ai vincitori durante una serata speciale a loro dedicata. Il primo NBA Awards Show si terrà quindi a New York nella serata di Lunedì 26 Giugno 2017, con diretta televisiva sul canale via cavo TNT. Nell’attesa, abbiamo provato a fare le nostre previsioni su quelli che potrebbero essere i vincitori per ciascuna categoria. E voi cosa ne pensate? Fateci sapere la vostra opinione nei commenti in fondo all’articolo.

EXECUTIVE OF THE YEAR

Andrea Cassini: Danny Ainge / Daryl Morey / Bob Myers.

Meritato o no, i Celtics hanno agguantato il primo posto a est in netto anticipo sulla tabella di marcia. Warriors e Cavs restano su un altro scalino, ma la quantità di pick e pedine di scambio a disposizione della franchigia testimonia la bontà del progetto di Ainge, a partire dalla guida tecnica affidata a Brad Stevens.

Barbareschi Giorgio: Daryl Morey / Danny Ainge / BobMyers

Vorrei dare questo premio a Morey, che personalmente ho criticato aspramente per la sua scelta di puntare su D’Antoni come nuovo allenatore dei suoi Rockets. La mossa si è invece rivelata vincente e ha permesso ad Harden di liberare tutto il suo enorme potenziale come creatore di gioco. Ainge lo meriterebbe ugualmente per come si è mosso nelle ultime stagioni, vedremo se quest’estate riuscirà a concretizzare quanto costruito con pazienza. Per Myers il solo arrivo di Durant a Golden State vale l’inserimento sul podio.

Francesco Arrighi: Bob Myers / Daryl Morey / Danny Ainge / 

La corsa è a due, tra Daryl Morey e Bob Meyers. Se il primo ha portato a Houston il coach perfetto per le sue idee, completando un progetto cestistico che è tornato ai vertici, il secondo è riuscito nel colpo del secolo, aggiungendo Kevin Durant alla sua collezione di stelle. Per farlo, Myers si è preso un bel rischio, agendo con lucida spregiudicatezza, e rinunciando a Bogut e Barnes. Il record dei Warriors gli ha dato ragione, in più Golden State ha aggiunto David West e vinto la scommessa con JaVale McGee. Far di meglio era oggettivamente difficile.

COACH OF THE YEAR

Andrea Cassini: Mike D’Antoni / Gregg Popovich / Erik Spoelstra.

Diversi i coach che si sono messi in mostra quest’anno, sia riconfermandosi ad altissimi livelli dopo abbandoni illustri che emergendo dalle retrovie. Nel primo caso Gregg Popovich, nel secondo Mike D’Antoni e Erik Spoelstra. L’ex-baffo, prima di infrangersi sulla solita nemesi in nero e argento, ha riadattato il suo credo cestistico su un roster cucito su misura per Harden, con risultati superiori alle aspettative.

Giorgio Barbareschi: Gregg Popovich / Erik Spoelstra / Mike D’Antoni

Se Miami fossero arrivati ai playoff avrei invertito le prime due posizioni della mia classifica, perché quanto fatto dall’allenatore degli Heat ha quasi del surreale. Purtroppo però Dragic e soci hanno guardato la postseason dal divano in virtù di un tiebreaker perdente, quindi vado con la scelta più scontata. Popovich, un po’ come LeBron con il premio di MVP, meriterebbe questo riconoscimento praticamente ogni anno (in caso vincesse sarebbe comunque la quarta volta, non poche). Bravissimo anche D’Antoni a zittire molti suoi critici, me compreso, con una stagione eccellente dei suoi Rockets.

Francesco Arrighi: Gregg Popovich / Mike D’Antoni / Erik Spoelstra

Premio sempre difficile da assegnare, perché non è mai facile distinguere tra meriti di un coach, e quelli del gruppo che allena. Il nostro preferito sarebbe stato Brad Stevens, con, in subordine, un sorprendente Scott Brooks, ma tra i menzionati è difficile non andare con Gregg Popovich, all’ennesima stagione da 60 vittorie della sua leggendaria carriera. Vittorie, per giunta, accumulate andando in controtendenza e giocando con due torri.

SIXTH MAN OF THE YEAR

Andrea Cassini: Eric Gordon / Lou Williams / Andre Iguodala.

Da ex-giocatore, con le ginocchia di cristallo, a pedina insostituibile nello scacchiere di D’Antoni, autentico braccio destro di James Harden quando si tratta di fare canestro. Il premio sarebbe un bel riconoscimento anche alla sua perseveranza, dopo i tanti infortuni e gli anni bui di New Orleans.

Giorgio Barbareschi: Eric Gordon / Lou Williams / Andre Iguodala.

Due candidati nella stessa squadra? Certo, quando hai due giocatori che uscendo dalla panchina realizzano uno 16,6 (Gordon) e l’altro 17,5 (Williams) punti a partita. Miracoli dell’attacco dantoniano e della “Moreyball”. Personalmente voterei per Gordon, anche perché Williams questo premio l’ha già vinto in passato e mi piace far felici un po’ tutti… Terza moneta per il buon Iggy, per il quale i numeri come sempre non esprimono a sufficienza il valore aggiunto che porta in dote.

Francesco Arrighi: Lou Williams / Eric Gordon / Andre Iguodala.

Potrebbe vincerlo Eric Gordon, e non sarebbe certamente uno scandalo, anzi. Ma mi piacerebbe che venisse assegnato a Lou Williams, perché è stato capace di interpretare il ruolo di sesto uomo in due squadre diverse, in sistemi e contesti sideralmente distanti, avendo il medesimo impatto ai Lakers e ai Rockets.

ROOKIE OF THE YEAR

Andrea Cassini: Dario Saric / Malcolm Brogdon / Joel Embiid.

Se la giuria si accontentasse delle 31 partite di Embiid non grideremmo allo scandalo, ma è più verosimile che il croato agisca da proxy del camerunense, anche per premiare il rilancio, seppur abortito a metà stagione, dei Sixers. Malcolm Brogdon forse meriterebbe qualcosa in più per impatto sulla squadra, ma l’appeal di una scelta di basso secondo giro è poco.

Giorgio Barbareschi: Malcolm Brogdon / Dario Saric / Joel Embiid.

Partiamo dal presupposto che se Embiid avesse giocato qualche partita in più non ci sarebbe stata storia. Il problema è che 31 gare sono proprio pochine, mentre gli altri due qui citati hanno fatto a sportellate con gli avversari per tutta quanta la stagione. Dei due, Brogdon l’ha fatto (con risultati simili al rivale) in una squadra che è arrivata ai playoff, quindi a mio parere merita di più questo riconoscimento.

Francesco Arrighi: Joel Embiid / Malcolm Brogdon / Dario Saric

Trentuno gare sono un campione modesto, modestissimo. Avesse giocato più partite, non ci sarebbe storia: Joel Embiid è un giocatore spaziale, uno di quelli che cambiano la geografia di una partita per il solo fatto d’essere in campo, dove mi auguro possa far presto ritorno. Perché l’NBA ha bisogno di ragazzi veri come lui, che pensano e parlano con freschezza, e che giocano con una personalità innata che non si insegna e non si impara.

MOST IMPROVED PLAYER

Andrea Cassini: Giannis Antetokounmpo / Nikola Jokic / Rudy Gobert.

Il greco non era niente male nemmeno nel 2016, ma quest’anno è veramente salito nella stratosfera. Un giocatore totale, impressionante per il potenziale che ancora non ha espresso, guidato da un coach che sembra averlo capito alla perfezione.

Giorgio Barbareschi: Giannis Antetokounmpo / Nikola Jokic / Rudy Gobert.

Il premio di più difficile “lettura” quest’anno sembra invece abbastanza facile da assegnare. Il Greek Freak è diventato un giocatore totale, in grado di giocare (e difendere) cinque ruoli e di guidare i Bucks ad un record vincente che da queste parti non si vedeva dal 2010. Jokic è diventato in un’anno e mezzo un franchise player e Gobert forse il miglior centro puro della Lega, ma “ubi maior minor cessat”.

Francesco Arrighi: Giannis Antetokounmpo / Rudy Gobert / Nikola Jokic 

Trofeo da assegnare a Giannis, a meno di voler far rientrare nella categoria anche le star già affermate, quale Isaiah Thomas certamente era già prima dell’inizio del suo strepitoso 2016-17. Antetokounmpo è passato da un Player Efficiency di 19.0 a uno di 26.2, impresa che, da sola, incarna la sostanza di “più migliorato”. Se non vi basta, sappiate che è il primo di sempre a essere tra i top-20 in punti, rimbalzi, rubate, assist, e stoppate. 

DEFENSIVE PLAYER OF THE YEAR

Andrea Cassini: Kawhi Leonard / Rudy Gobert / Draymond Green.

Interpreto questo premio come un “contentino” per la terza piazza su cui probabilmente Kawhi si assesterà nella corsa all’MVP. Un po’ ingiusta dato il valore della sua stagione, ma è capitato nell’anno sbagliato. Il nome non è dei più fantasiosi, sarebbe già il terzo alloro per Leonard, e Rudy Gobert è un altro serissimo candidato.

Giorgio Barbareschi: Kawhi Leonard / Rudy Gobert / Draymond Green

Leonard merita considerazione anche per il premio di MVP (e magari lo vincerà pure), ma qui la sua vittoria non dovrebbe nemmeno essere in discussione. Gobert è il miglior rim-protector della NBA e Green il più feroce agonista che ci sia in giro, ma entrambi dovranno inchinarsi al three-peat dell’uomo dalle mani più grandi del mondo.

Francesco Arrighi: Draymond Green / Kawhi Leonard / Rudy Gobert 

Lo meriterebbe certamente Draymond Green, fenomenale sulla palla, in aiuto e sui cambi, dove tiene botta con giocatori più potenti e con guardie più veloci. Riesce a fare cose che, da sole, valgono il prezzo del biglietto, il tutto all’interno di un contesto difensivo nel quale non può mai limitarsi a cacciare la palla o a giocare sulle linee di passaggio per gonfiare le cifre. È urticante, certo, ma fa parte del personaggio che gli consente d’entrare sotto pelle a qualunque avversario.

MOST VALUABLE PLAYER

Andrea Cassini: James Harden / Russell Westbrook / Kawhi Leonard.

Il winrate della squadra dice Leonard, le statistiche individuali dicono Westbrook. Il Barba è la perfetta via di mezzo. I suoi exploit nascono in un attacco più bilanciato di quello dei Thunder, ma quel che più impressiona è il record di 55-27 a cui ha trascinato dei Rockets poveri di talento, rinnovati nel roster e sulla panchina.

Giorgio Barbareschi: Russell Westbrook / Kawhi Leonard / James Harden

Lasciamo perdere per un attimo il discorso delle triple doppie. Westbrook quest’anno ha guidato fino a quota 47 vittorie una formazione in cui il secondo miglior giocatore si è rotto una mano picchiando una sedia… Serve altro? Harden ha fatto anche lui una stagione incredibile, ma il “Fattore D’Antoni” tende a gonfiare un po’ i numeri. Leonard sarebbe l’MVP tecnico ma i numeri degli altri due sono impossibili da ignorare

Francesco Arrighi: Kawhi Leonard / Russell Westbrook / James Harden

Se l’MVP è una questione di record, allora dovrebbe vincerlo Kawhi Leonard, che dei papabili, ha vinto più partite. Se è questione di numeri individuali, dovrebbe vincerlo… Kawhi Leonard, che ha cifre più complete di chiunque, tra attacco e difesa, e per di più i suoi Spurs hanno chiuso la stagione regolare con 61 vittorie. Difficilmente finirà così, ma in fondo, non ha importanza. O davvero pensavate che il vincitore dell’MVP fosse il miglior giocatore del mondo? 

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