VOTI OTTENUTI: 1.604.463

ALL STAR GAME DISPUTATI: 0

STATISTICHE STAGIONALI: 23.7 punti, 8.7 rimbalzi, 5.6 assist, 2.1 stoppate, 53.8 % dal campo

The Greek Freak è all’esordio nella partita delle stelle, finora l’ha vista solo di striscio impegnato nel Dunk Contest e nella gara tra rookie e sophomore, e raggiunge New Orleans da titolare per acclamazione. Da quest’anno la spartizione dei voti è ripartita tra fan, giocatori e media ma invertendo l’ordine degli addendi il risultato non cambia: Giannis è al top in tutte e tre le categorie. Se l’affetto dei fan e l’attenzione dei media sono facilmente spiegabili – Giannis è un personaggio che sa farsi volere bene e uno dei fenomeni più intriganti per il futuro della lega -, la conferma del suo valore arriva proprio dal voto dei colleghi. L’NBA  è un neighborhood duro, per guadagnarsi il rispetto bisogna avere qualcosa di speciale.

I Milwaukee Bucks vivacchiano in attesa di trovare la quadratura del cerchio, magari rimodellando la squadra a immagine e somiglianza di coach Kidd prima della trade deadline di febbraio. L’assenza di Kris Middleton pesa ma l’esplosione del rookie Malcolm Brogdon non lo fa rimpiangere. Sotto canestro manca sempre un uomo di spessore, ma nel frattempo Jabari Parker si è finalmente sbloccato e ha incrementato la sua media realizzativa di 6 punti tondi. In tutto questo Giannis è il diavolo che fa pentole, coperchi e il resto dei suppellettili della cucina. Ha sposato in pieno il progetto di Jason Kidd, che lo voleva playmaker, e col pallone in mano ha mostrato la sua vera natura. Nonostante sia solo al quarto anno lo gestisce come un veterano, le difese devono rispettare le sue percentuali al tiro – strepitose per un esterno – e si aprono spazi per servire i compagni. A impreziosire la sua stagione ci sono triple doppie e buzzer-beater, se Harden e Westbrook non fossero su un altro pianeta si potrebbe persino parlarne per l’MVP.

All-Star Game è sinonimo di spettacolo e Antetokounmpo è un giocatore da fuochi d’artificio, ma non perché cerca la giocata a effetto. La sua pallacanestro è pratica, votata al successo; poi, quando hai leve così lunghe e corri così veloce, capita che la soluzione più comoda sia schiacciare staccando come un saltatore in lungo. Sul parquet di New Orleans ci aspettiamo che si esalti al cospetto di stelle più affermate di lui, su un palcoscenico che senza dubbio popolava i suoi sogni da ragazzino, sovrapponendosi allo sfondo dei playground di Atene; d’altronde il greco non è uno che ha problemi di timore riverenziale. E magari, tra un alley-oop e l’altro, chissà che non emerga il suo lato agonistico

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