Premessa

Tim Duncan si è ritirato. Tim Duncan vivrà per sempre.

Un’alba timida sorge sul pianeta NBA illuminando un nuovo giorno, una nuova era storica. Non è cambiato niente, ma è profondamente cambiato tutto. L’addio di Tim Duncan rappresenta la fine della Dinastia Spurs per come la conosciamo, per come l’abbiamo vista plasmare la realtà concettuale dello sport americano e dei nostri amori giovanili.

Si è aperto un nuovo warmhole spazio-sentimentale-temporale nel quale si intrecciano i destini del Gioco, quelli della franchigia e quelli di chi ha scandito i momenti della sua vita con i fondamentali puliti della Power Forward più forte di sempre. La stagione degli Spurs sarà una della cose più interessanti da seguire: può sembrare paradossale ― visto che comunque San Antonio rimane tra le migliori squadre della lega ― ma non lo è. Parliamo sempre della più grande organizzazione sportiva americana degli ultimi vent’anni, costruita su fondamenta silenziose e allineamenti planetari, che inizia a chiudere un ciclo che sembrava infinito.

Seguire la prima stagione aD (after-Duncan) di San Antonio è un must per tutti coloro che nel corso degli anni si sono innamorati dei colori nero-argento, e più in generale per tutti quelli che amano questo benedetto Gioco. Ho deciso di provare a scomporre, analizzare, capire, vivere tutto quello che succederà nei prossimi dieci mesi nella franchigia texana, e per rendere il mio viaggio ― e spero quello di tutti voi ― più completo ho chiesto quindi a Francesco Tonti di accompagnarmi in questo processo, confidando nei suoi occhi colmi d’amore consapevole.

Confesso che la mia relazione con gli Spurs ha radici profonde, avvinghiate a scompartimenti della mia anima impossibili da penetrare, o spiegare. È qualcosa di ancestrale, viscerale. È un fuoco che cammina con me. Per non parlare di Francesco, che forse più di chiunque altro sa cosa voglia dire lasciarsi trascinare nel mondo Spurs. Se la mia è una relazione impercettibilmente divoratrice, la sua è divinamente eterea.

Nel corso della stagione cercheremo di tracciare una linea diretta per capire dove sta andando la franchigia, come si evolve; per vedere se c’è vita dopo Duncan e come continuerà a cambiare, visto che nella prossima stagione saluterà anche Manu Ginobili e il cerchio continuerà a chiudersi. Perché infondo di questo parliamo, di sopravvivere ad un’estinzione che nella ciclicità del sistema-NBA sarebbe inevitabile ma alla quale San Antonio continua a sottrarsi. Ma cosa ci attende il futuro? Scopriamolo insieme. Quello che sappiamo con certezza ad oggi è che Tim Duncan si è ritirato. Ma Tim Duncan vivrà per sempre. E forse anche gli Spurs.

Quelle che leggerete è una storia vera.

I fatti esposti sono accaduti tra Golden State Warriors-San Antonio Spurs del 25 ottobre e Utah Jazz-San Antonio Spurs del 4 novembre.

Francesco

Abbiamo sorpreso i crucchi (o Golden State Warriors) immersi in un sonno profondo. Il morale delle truppa dopo la conquista della Baia nella prima fatica del 2016/2017 ha completamente spazzato via i dubbi sollevati dalle incerte prestazioni sfoggiate in pre-stagione. Lo scalpo conquistato nella Baia ha originato una sorta di velenosa e quanto mai efficace Blitzkrieg con cui gli Spurs hanno archiviato la primissima parte della regular con il vento in poppa, guidati da uno spietato e quanto mai glaciale Kawhi Leonard (Prime partite di un livello terrificante).

L’infortunio di Green ha spalancato le porte ad una rotazione più ampia del previsto (10 uomini, in discreta controtendenza con il resto della lega) ed ha subito portato alla superficie i problemi di floor spacing su cui sta alacremente lavorando nella stanza dei bottoni. Pop ha mostrato di non gradire le brutte spaziature delle prime esibizioni nonostante i buoni risultati, tanto da rivedere completamente la rotazione (work in progress) nella prima trasferta stagionale ad Utah, complice la prima sconfitta patita tra le mura amiche. Tony Parker (in crisi di identità) è rimasto in panchina per via di un problemino al ginocchio (qualcuno sussurra puramente diplomatico), mentre ha trovato minuti e fiducia David Bertans (talmente sorpreso da concludere con un inopinato 0-4 dal campo) che ha rivoluzionato la composizione dei minutaggi di Lee e Dedmon (fin qua un fattore clamoroso per difesa, intensità selvaggia e pura fisicità).

Prima settimana per cuori forti, quelli degli altri. Gli Spurs hanno rovinato l’inaugurazione del palazzetto dei Kings con tanto di tweet annichilito da parte dell’account ufficiale della franchigia californiana ed hanno strapazzato gli Heat con un Leonard emerso prepotentemente solo nel quarto periodo, appena in tempo per strappare la vittoria. Gasol ha mostrato i pregi (fase offensiva) e i difetti (fase difensiva al limite della complicità effettiva con gli avversari) attesi in estate, sopra le righe le buone cose sciorinate da un David Lee in cerca di riscatto e da un altalenante ma quanto mai decisivo Simmons.

 

Punti esclamat!v!!!

 

Non è facile trarre conclusioni dal primo ciclo vincente di partite. San Antonio è al secondo posto mentre scriviamo nella percentuale del tiro da tre nonostante l’assenza di Green e un inizio relativamente complesso di Leonard dall’arco (37%), ed ha buoni numeri su entrambi i lati del campo sebbene non di rilievo assoluto. Si lavora per estrarre ogni possibile elemento positivo di basket dall’esercito di role player in nero-argento e fin qua si è concessa carta bianca di astrazione dai meccanismi offensivi solo ad un luciferino Leonard. Non sono tutte rose e fiori ed appena cala la scintilla dell’intensità più di qualche limite di lettura emerge prepotente. Dedmon ha già sbagliato un numero impressionante di schiacciate, Simmons ha già fatto venire la tachicardia a Popovich in almeno metà delle partite giocate per delle terrificanti infrazioni di passi. Eppur si muove. Il numero 17 è un ciclone che è vitale per dare slancio ai veterani ed in estate ha conosciuto l’inevitabile processo di ristrutturazione del tiro in sospensione del santone Chip Engelland

Il nuovo lungo restituisce delle reminiscenze fisiche con qualche versione di David Robinson e finalmente dota la squadra di un rim protector di buon lignaggio. Ha cominciato a giocare tardi a pallacanestro, ma ha voglia di imparare, fame e qualche intagibles notevole. Potrebbe conquistare minuti e spazio nella fase avanzata della stagione. Il tempo ci dirà se l’esperimento si tramuterà in una sorta di Francisco Elson o se in qualcosa di più stuzzicante.

 

elson1

Francisco <3

 

Idealmente dietro la lavagna fin qua solamente un Parker (meno di 6 punti col 33%) che sta cercando di rimodellare il suo gioco verso una deriva da play ragionatore/passatore e un Anderson troppo timido e meno incisivo del previsto. In fase di assoluta esaltazione il buon Patty Mills (51% da tre) e l’intramontabile Ginobili che continua a mettere a soqquadro il pitturato avversario come ai bei tempi. Time will tell. Ma l’inizio fa ben sperare per questo primo anno senza il Nume Tutelare.

Niccolo’

Ogni numero di magia che si rispetti è composto di tre atti. La prima parte è chiamata la promessa, dove l’illusionista apre il numero mostrandovi un mazzo di carte, un uccellino, un uomo, a volte anche più uomini. Parker e Gasol vengono mostrati al pubblico, che applaude impressionato difronte a tanta regalità. L’illusionista ha bisogno di attrarvi nella rete e vi cattura coi nomi altisonanti, che incutono sempre rispetto nonostante l’inesorabile decadimento. Gli avversari mostrano una curvatura sadica di soddisfazione. Non hanno paura.

Il secondo atto è chiamato la svolta: è il comune passaggio dall’ordinario allo straordinario. Magicamente, con eleganza, le figurine gloriose scompaiono. Se stai osservando dall’esterno adesso stai cercando il segreto, vuoi capire cosa succederà, vuoi essere stupito. Tu, invece, che da vent’anni ti trovi davanti il Monolite nero-argento, che con costanza ogni anno si abbatte sulle tue possibilità di vittoria finale, inizi ad irritarti. Capisci che l’angoscia non è finita. Ma non ti disperi: pensi che stavolta sarà diverso, deve esserlo: stavolta i conigli dal cilindro sono finiti, e quasi ti viene da essere credere che finalmente la monarchia abbia abdicato.

A questo punto è compito dell’illusionista rendere la conclusione dello spettacolo un autentico salto nel vuoto. Si trova davanti alla parte più difficile, la terza, quella decisiva. Ma se sei il deus ex machina dell’organizzazione sportiva più squisitamente complessa (e vincente) dello sport americano vuol dire che sai fare il tuo lavoro e dalle ceneri dei Parker e Gasol, riappaiono maestosi Patty Mills e Dewayne Dedmon. Il pubblico impazzisce, l’illusionista sorride, e mentre stai ancora cercando di capire cosa ti è successo, caro avversario, hai perso la partita e per l’ennesima volta ― in vent’anni ― torni a casa con le pive nel sacco. Questo è il prestigio.

 

 

Ci sono molti dubbi che andranno sciolti durante le prossime partite, ma gli Spurs sembrano aver già trovato una risposta solida per il nuovo loro corso. Il quintetto Mills-Simmons-Leonard-Aldridge-Dedmon ha giocato finora tre minuti assieme, e questo la dice lunga sulle abilità illusionistiche di Popovich che come Alfred Borden ha costruito la sua vita sui segreti. In quei tre minuti però quel quintetto ha fatto registrare un 136.1 di efficienza offensiva contrapposta ai 50 punti concessi (sempre su 100 possessi) agli avversari, con un NetRtg di 86.1 ― non male. Ovviamente ci sarà da tenere conto del rientro di Danny Green (attualmente infortunato), ma i primi exit poll hanno già fatto capire dove potrebbero andare le rotazioni future. Se poi questi primi sondaggi non vi piacciono potete sempre votare per Pedro.

 

poppedro

 

Nonostante l’inizio di stagione da emoji con gli occhi a forma di cuore da parte di KaWOW! Leonard, la rappresentazione moderna del lavoro passato di Pop nella CIA, l’inizio di stagione è rappresenta per me un momento molto importante. Come tutti gli anni infatti utilizzo le prime partite degli Spurs per individuare il mio giocatore-feticcio. Quello che Popovich incatenerà alla panchina per gran parte della stagione, per il quale gioirò nel caso di un ingresso a fine secondo quarto sopra di venti (ore 4-and counting del mattino); l’eletto in grado di esulare totalmente dai canoni statici della Spurs Culture ma di esserne al tempo stesso una logica affiliazione.

Considerando che il vincitore dell’anno scorso (ahimè) non ha più la residenza sull’Alamo ho deciso di rivolgere al mio cuore al nuovo arrivato Nicolás Laprovittola. Sarà la nostalgia che già mi assale per l’ultima stagione di Manu (sic), sarà la misticità albiceleste, sarà che ad una faccia così non so dire di no. Cosa sarà? Non lo so, ma la leggerezza del suo ingresso in campo contro New Orleans (nonostante i disastrosi Pelicans di questo inizio stagione, #freeAnthonyDavis) mi ricorda sinistramente qualcosa: argentino, artista, irriverente…No dai, non esageriamo. But still: il recupero con tuffo tutto latino, l’assist ad una mano in transizione con l’effetto, attaccare un recupero scaricando no-look per una tripla con spazio, infiltrarsi tra giganti il doppio di lui chiudendo con cameriere in sottomano così sfrontato da ricordare un quadro di Lucio Fontana, sono bastati per fare breccia nel mio cuore.

 

Mascalzonate latine may never dies.

 

Gli Spurs sono 5-1 e per adesso basta questo a reprimere la nostalgia. La stagione è appena iniziata e stiamo risalendo un fiume che porterà avversari complicati, ma niente paura: d’altronde il vero obiettivo di un illusionista è quello di inventare sempre qualcosa di nuovo costringendo gli altri a scervellarsi sul capire il trucco. Poi bisogna vedere se siete sempre disposti a continuare a credere nella magia degli Spurs.

One thought on “Educazione Spursiana S01E01

  1. Sorry, quest’anno no.
    Forse il prossimo, senza Gino + Parker a intasare il cap

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