Questa notte, subito prima della partita tra Raptors e Cavs, si terrà la NBA Lottery dalla quale dipendono i destini a lungo termine di tante squadre, visto e considerato che il Draft di giugno include due potenziali superstar, Ben Simmons (LSU) e Brandon Ingram (Duke) ma alle loro spalle sembra esserci veramente poco: niente premi di consolazione, quindi, sarà una top-two pick, oppure una mezza fregatura, sempre al netto di qualche Draymond Green o Isaiah Thomas nascosto tra le pieghe degli scouting report.

In realtà, tenetevi forte, la cerimonia cui siamo abituati ad assistere è una sciarada a favore delle telecamere di ESPN, perché il vero e proprio sorteggio avviene in privato, per poi consegnare ai media l’immagine patinata dei rappresentanti delle squadre seduti sui palchetti in attesa del responso dell’urna, secondo lo schema disneyano tanto caro a David Stern.

Poi, scatteranno i vari incroci, dovuti a scambi di scelte avvenuti magari molto tempo fa. Basti pensare che i Raptors hanno una pallina nell’urna grazie alla trade che spedì il nostro Andrea Bargnani a New York; se i Knicks dovessero ottenere la scelta numero uno, per accordi dovrebbero darla a Denver, che se dovesse avere la numero due, la scambierebbe con i Knicks, che però la perderebbero proprio in favore di Toronto!

Denver infatti ha la possibilità di scegliere tra la propria scelta e quella di New York, mandando l’altra ai Knicks, e questo è solo uno dei mille possibili, intricati incroci.

C’è da dire che i Nuggets non sono propriamente fortunati, visto che nella loro storia, non sono mai riusciti a scalare qualche posizione, oltre a non aver mai disposto della prima scelta assoluta (proprio come gli Utah Jazz).

Rimanendo nell’area metropolitana newyorchese, i Nets sono fin da ora certi di perdere la propria scelta in favore dei Boston Celtics, grazie allo scambio che spedì Kevin Garnett a Brooklyn. Più fortunati i Wizards, che perderanno la propria selezione solo se scivolerà fuori dalle prime nove posizioni, in favore dei Phoenix Suns.

I Sacramento Kings sono quasi certi di tenersi la propria scelta (la perderebbero solo uscendo dalle prime dieci, il che, per il numero di palline nell’urna a loro disposizione, è quasi impossibile), ma Vlade Divac deve però sperare di non essere troppo premiato dalla Dea Bendata, perché se dovesse arrivare la prima scelta assoluta, passerebbe automaticamente ai Philadelphia 76ers, complice la trade di Nik Stauskas, a meno che la seconda chiamata appartenga ai Sixiers.

Philadelphia è ovviamente ben collocata, complice l’eredità di scelte lasciata da Sam Hinkie, ma allo stesso tempo la loro situazione serve una volta di più a rimarcare come non sia possibile garantirsi dei grandi rookie.

Philly ha solo una possibilità su 4 di ottenere la prima scelta, e, come detto, alle spalle di Simmons e Ingram non c’è granché, e vien da chiedersi se non sarebbe stato meglio lavorare di cesello sull’esistente, anziché costringersi ad anni di prestazioni imbarazzanti, per ottenere poi un solo giocatore che forse –forse- diventerà una stella.

L’altra grande tankatrice seriale è Los Angeles (con un po’ più di dignità, glielo concediamo), che ha oltre il 50% di possibilità di tenersi la propria chiamata.

Se però dovesse trovarsi con la terza scelta, sarebbe una sconfitta quasi pari alla perdita del proprio pick, perché, come detto, non ci sono premi di consolazione per chi resterà escluso dalla corsa a Ingram e Simmons. Buddy Hield e Jamal Murray sono ottimi giocatori, Dragan Bender è il genere di oggetto misterioso che miete vittime tra i GM NBA, ma nessuno ha l’upside delle due ali destinate alle prime due scelte, già, ma in quale ordine?

Rimarremo col dubbio fino all’ultimo, giacché gli scout sembrano molto indecisi su chi dei due sia destinato ad avere più successo: il magrissimo diciottenne Ingram, con la sua apertura alare spaventosa, o Simmons, di un anno più grande, più definito nel fisico e nel gioco?

Ingram pare leggermente avvantaggiato, perché, con tutte le incertezze che lo circondano, ha tiro, ha inanellato buone prestazioni con i Blue Devils, e sembra più duttile di Simmons, che ha attirato paragoni con Lamar Odom (il mancino di Queens non è diventato il “nuovo Magic” preconizzato ai tempi di Rhode Island, ma è stato comunque un giocatore importante) e manca di tiro, quel fondamentale che, ci insegna Adam Filippi, può sempre fare la differenza.

Comunque vada a finire tra Ben e Brandon, alle loro spalle c’è il vuoto. Oddio, qualche buon prospetto ci sarà per forza (c’è sempre, da Jimmy Butler a Manu Ginobili), ma non ci sono giocatori capaci di far girare teste e strabuzzare gli occhi, il che equivale a una fregatura soprattutto per le squadre che “perderanno la lottery”, rimanendo intrappolate tra la terza e la quattordicesima selezione, dove, normalmente, ci si aspetta di poter chiamare buoni giocatori, e non solo scommesse.

A queste condizioni, qualcuno arrischierà la chiamata di Jaylen Brown, ala intelligente dal tiro ondivago, che ha frequentato Berkeley ma che, per assurdo, preoccupa perché ha troppi interessi extra-cestistici (chissà dove sarebbe finito oggi il povero Bill Bradley!). Per lui garantisce Shareef Abdur-Rahim, altro ragazzo del sud, ex alunno di Cal, che ha lavorato con Brown. Basterà per convincere gli scettici?

Ci sono poi Skal Labissiere (in uscita da Kentucky e forse non pronto per il piano di sopra), Denzel Valentine (l’immancabile prospetto solido in uscita da Michigan State), Kay Felder (guardia leader di assist in NCAA), Kris Dunn (point-guard di Providence, certamente la migliore di tutto il draft), DeAndre Bembry (che potrebbe convertirsi nell’ormai classica ala 3-D), senza dimenticare Malik Beasley, Furkan Korkmaz, Deyonta Davis, Jakob Poeltl e Domantas Sabonis, tanti giocatori che, per un verso o per l’altro, potrebbero valere una scelta alta.

Stanotte non scopriremo il loro destino, ma con una mappa chiara delle scelte, partirà la consueta bagarre di supposizioni e mock-draft che ci accompagnerà da qui ad un mese, quando, finalmente, le squadre faranno le loro scelte.

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