Alla Oracle Arena la quinta puntata della sfida tra Warriors e Rockets è finita come tutti presumevano, e in fondo, com’era inevitabile; troppo divario (anche senza Stephen Curry in campo) tra la lucida visione dei Golden State Warriors, e la farraginosa concezione di basket di Houston, per pensare ad un epilogo diverso.

A vincere non sono state le prodezze dei singoli (anche se ce ne sono state), quanto il dislivello tecnico tra due diverse concezioni di basket.

Houston ha chiuso i propri Playoffs con un secondo tempo inguardabile in Gara 4, dinnanzi al pubblico amico, per poi proseguire sulla medesima falsariga anche in Gara 5, tirando persino peggio di come fatto fin qui (ma la percentuale sulle conclusioni, spesso dipende da come si costruiscono i tiri, ed è lì che Houston deve chiedersi dove ha sbagliato).

6-32 da tre non è la percentuale di una squadra che lotta per vincere, ma di una formazione che si accontenta del poco che l’attacco concede, e infatti, i Warriors hanno preso vantaggio immediatamente, fino al +17, per poi chiudere con il 114-81 finale, che consente ai Dubs di accedere al secondo turno e apre una serie di interrogativi cui i Rockets dovranno trovare risposta nel corso di un’estate che non potrà essere come le precedenti.

Howard è rimasto in campo fino alla fine, e Bickerstaff ha commentato: “Non voleva arrendersi, non voleva darla per persa e abbandonare la lotta… è questa l’immagine che voleva lasciare nelle menti di tutti”, frasi di circostanza, che potrebbero diventare anche il presagio di un addio (quest’estate Dwight può uscire dal suo contratto e diventare free agent senza restrizioni).

James Harden ha risposto di nuovo presente, con 35 punti e 12-23 dal campo, ma il resto della squadra ha tirato 19-73, ed è chiaro che così, non si va da nessuna parte. Ariza ha segnato solo 6.6 punti nella serie, Dwight Howard ha chiuso la partita con 21 rimbalzi, è vero, ma anche con un agghiacciante 3-13, Beverley è stato offensivamente irrilevante, Terry addirittura dannoso (0-8, e aveva “garantito” che ci sarebbe stata una Gara 6) e non basta la generosità di Corey Brewer (2-8), i cui limiti andrebbero coperti dall’apporto dei suoi compagni più talentuosi, e non viceversa.

Nessuno di noi può farcela da solo”, diceva Klay Thompson prima della gara; l’avvessero ascoltato anche nello spogliatoio biancorosso, forse avremmo visto una partita, e invece, con buona pace di chi pensava che bastasse togliere Curry per livellare le due squadre, è emerso il diverso spessore tecnico dei due staff, la preparazione dei giocatori, e soprattutto, la dedizione alla causa da una parte, e una sconcertante piattezza dall’altra.

Il debole meccanismo offensivo di Houston è rimasto imbrigliato dalla strategia di Ron Adams, che ha tolto conclusioni facili agli “altri”, facendo tutto sommato un buon lavoro su Harden, e provocando una pioggia di palle perse (18.8 nella serie) che hanno tolto ogni speranza ai Rockets, mentre Curry, non pago di fare il cheerleader, si lavorava anche gli arbitri.

Dal canto loro, i Warriors saranno certamente galvanizzati dall’aver vinto con facilità anche senza il loro MVP, e hanno davanti a loro un secondo turno contro, alternativamente, i Blazers (che sono fastidiosi ma attaccabili) oppure i Clippers, privi di Blake Griffin e Chris Paul. Diciamo quindi che, se proprio doveva infortunarsi, Steph ha scelto il momento migliore per farlo.

Un altro aspetto positivo è che, senza Curry, tutta la squadra ha elevato il proprio gioco con l’occasione; Shaun Livingston ha cominciato Gara 5 con 6-6 dal campo, e ha disputato una partita accorta, solida e concreta, così come Brandon Rush, autore di 15 punti in 18 minuti di gioco, e Leandinho Barbosa, con 9 punti su sei tentativi.

Ovviamente però, la parte del leone l’hanno avuta Draymond Green e Klay Thompson, le due stelle in pectore di questa versione di Golden State. Green ha collezionato 15 punti, 2 stoppate, 8 assist e 9 rimbalzi, mentre Thompson si è esibito in una sensazionale serata al tiro, chiusa con 27 punti (e solo 14 conclusioni!).

Stephen Curry ne avrà per altre due settimane, prima di poter tornare in campo, e quindi è probabile che Livingston dovrà prendere il suo posto nel corso di tutto il secondo turno, e se nessuno a Oakland è eccessivamente preoccupato da Portland o Los Angeles, è chiaro che quando arriveranno gli Spurs (o i Thunder?), servirà il genietto di Akron al suo meglio.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.