I temporali che si stavano abbattendo sul Toyota Center, e che hanno costretto giocatori e pubblico a rimanere dentro l’impianto più del dovuto dopo la partita, erano il presagio di qualcosa di straordinario. E in effetti chi si aspettava una gara 4 giocata sul velluto da quei Warriors che un paio di giorni prima, sullo stesso parquet, avevano demolito i padroni di casa è rimasto sorpreso.

Sì, soprattutto perché Golden State non ha iniziato col piglio difensivo di gara 3, e questo gli è costato caro. Guidati da un Josh Smith ancora sugli scudi (5 canestri su 5 tentativi nel primo quarto, dei quali tre triple, più assist e rimbalzi a condimento) Houston ha ringraziato alla grande abbuffandosi di buoni tiri e mettendoli dentro con la freddezza di un cecchino, per niente disorientata dagli spazi che gli venivano offerti.

Quello che aveva cercato di fare per tutta la serie, e che gli era stato impedito, adesso era possibile. Alla sirena del primo quarto il tabellone segnava 45 punti per i Rockets, record di punti segnati in un quarto nella storia dei playoffs.

Frutto di una percentuale al tiro ben oltre il 70%, compreso un significativo 8 su 9 da tre punti, e senza che peraltro James Harden ci mettesse molto del suo. Incredibile di per sé, ma ancor più incredibile se si pensa ai soli 37 punti che i Rockets avevano messo a referto nell’intero primo tempo di gara 3. Mai Houston aveva segnato così tanto in un quarto in tutta la stagione, mai Golden State ne aveva subiti così tanti.

Tutto questo giustificava l’inusuale nervosismo di Steve Kerr con l’inviata Doris Burke, evidenziato da un paio di risposte liofilizzate alla Popovich. Dei suoi si salvava solo Steph Curry (tre triple di fila a segno per lui) e un buon gioco offensivo, fluido anche se mal finalizzato nelle percentuali.

Come se non bastasse, le speranze dei tifosi dei Warriors subivano un altro duro colpo a metà del secondo quarto, quando Curry cadeva malissimo dopo un contatto con Ariza e rimaneva fermo a terra per almeno un minuto. Seguivano attimi di incertezza, consapevoli tutti che questo episodio poteva cambiare la serie e gli interi playoffs.

Alla fine Curry se ne va negli spogliatoi con una sospetta commozione celebrale, mentre i suoi Warriors sono ancora sotto di 21.

Kerr però dimostrava ancora una volta di essere un ottimo allenatore, spiegando ai suoi che questa situazione (l’assenza di Curry) non era una disgrazia ma un’opportunità per cambiare, per fare qualcosa che gli avversari non conoscono. Pare una cose buttata lì, un po’ da manuale di self-help, e invece la cosa funziona, e Golden State senza Curry risaliva la china fino a -7 a pochi secondi dalla fine del primo tempo.

In conclusione la partita non era chiusa, nonostante il primo quarto monstre di Houston. Per fortuna dei Rockets, però, Harden iniziava a martellare con le sue penetrazioni tenendo gli avversari a distanza e facendo capire che stavolta non avrebbe fatto da semplice comparsa.

La stessa cosa invece non faceva Howard, che cercava di farsi espellere rifilando una gomitata a Bogut. A sorpresa (compresa l’opinione imbarazzata di Steve Jevie, l’esperto della ESPN ) gli arbitri decidevano di valutare il fatto solo come fragrant 1. Rimane in dubbio, e non è detto che la NBA non decida di squalificare il centro di Houston per gara 5.

Nel frattempo tutti attendevano notizie sullo stato di salute di Curry. Il protocollo NBA prevede che un giocatore che subisce una commozione celebrale non possa tornare in campo, ma quando le telecamere pescano il play di Golden State mentre si produce in qualche scatto davanti agli spogliatoi, si intuisce che con tutta probabilità il fresco MVP stagionale sarà di nuovo della contesa.

Torna però proprio mentre i Rockets si portano di nuovo al +19. Al primo tiro non prende nemmeno il ferro, poi subisce una stoppatona su un tiro da tre, ma almeno è in campo.

Nell’ultimo periodo Golden State ci proverà ancora, fino alla fine. Mette tre triple di fila (due di Thompson) all’inizio del quarto, e un’altra di Curry dopo il time out di McHale. Ma quando la potenziale tripla del -3 di Barbosa entra ed esce, Harden decide di non lasciare più occasioni agli uomini in canottiera blu, ricacciandoli da lì in avanti a un ritardo in doppia cifra ogni volta che proveranno a rientrare.

Il totale della serata conterà 45 punti e tanti canestri importanti per il Barba, per la prima vittoria in otto partite stagionali dei suoi Rockets contro i Warriors.

Era la quarta volta che Houston si trovava a una partita dall’eliminazione, e quattro volte ha rialzato la testa. Ma la strada per le Finals è ancora molto, ma molto lunga.

One thought on “L’orgoglio dei Rockets tiene viva la serie

  1. Giusto per pignoleria, i 45 punti dei rockets pareggiano il record di punti di un primo quarto dei playoff. Il record assoluto per qualunque quarto restano i 51 dei lakers ’72

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