A scanso di equivoci partiamo dalla fine.

Ci voleva un tipo come Shaq per parlar chiaro e mettere a tacere tutte le discussioni che si stavano pericolosamente allungando dopo gara 4 fra Houston e Dallas. Ha guardato tutti quelli che aveva intorno e ha detto che i Mavericks non hanno possibilità.

Quando sei tre a zero sopra, quando sei più forte e giochi fuori casa, capita di calare di tensione, di metterci poca energia e fare una brutta partita, ma questo non sposta granché dell’ottica della serie. Lo ha detto Shaq, lo dicono le statistiche, lo dice l’esperienza.

Però che si trattasse di una serie diversa rispetto a quella fra Cavs e Celtics, per esempio, era chiaro fin dopo gara 3, nonostante i Rockets fossero 3-0.

Lo diceva la maniera in cui i Mavs avevano giocato il primo match casalingo, lo diceva la multa di 25mila dollari comminata a Carlisle per la sparata contro gli arbitri in conferenza stampa.

E lo diceva anche lo starting lineup dei Mavericks per gara 4: JJ Barea e Al-Farouq Aminu a sorpresa fra i cinque, a dimostrare che si voleva provare a fare qualcosa d’altro, di diverso, oltre che premiare la generosa panchina vista due giorni prima dare tutto su quello stesso parquet.

L’inizio per i Mavs non è stato dei più promettenti, come al solito. Il solito duo Harden-Howard a spadroneggiare dalle parti del canestro di Dallas per un fantascientifico 68% nel primo quarto, chiuso sopra di undici con 37 punti già in cascina. Più o meno in linea con il primo quarto di gara 3.

Ma quando finalmente Dallas si è messa a difendere i Rockets questa volta si sono spenti. Lo hanno fatto dalla distanza, una delle loro armi preferite, dove alla fine raccoglieranno un misero 7 su 31.

Howard, coinvolto come al solito nella solita lotta da playoff fatta di fisico, colpi (anche proibiti) e provocazioni, stavolta non tiene la tensione e lascia il campo agli avversari con la bava alla bocca che lo circondano ad ogni rimbalzo.

Lo stesso dicasi per James Harden, che si produce in un 1 su 7 da tre che esemplifica la sua serata. Ci sono i presupposti per un orribile 6 su 22 nel secondo quarto e un 5 su 18 nel terzo che sostanzialmente chiude la partita.

In più Houston anche stavolta non difende con la dovuta intensità (quanto avrebbe fatto comodo a questo punto Patrick Beverly?) e così i Mavs lasciano il segno in attacco anche a questo giro. Lo ha detto Howard a fine partita, non è così che deve giocare una squadra di campioni, ed  è vero. Unica nota positiva Josh Smith, che ha continuato a lottare a dispetto del naufragio dei suoi.

Dall’altra parte Monta Ellis si è dimostrato ancora una spanna sopra gli altri, grinta e classe fusi in un giocatore, eppure non è questo che ha fatto la differenza.

Piuttosto in una rotazione a dieci, compresi Felton e Jefferson acciaccati, in sei sono andati in doppia cifra (e Villanueva si è fermato a 8 punti), segno che tutti hanno dato qualcosa in più. Qui sta la differenza, almeno per gara 4.

Nel post partita Carlisle si è letteralmente incerottato la bocca davanti alla stampa per evitare altre multe causa arbitri, e si è limitato a dire più meno quello che ha detto il collega McHale, e cioè che si tratta di una questione di energia.

Meno conciliante JJ Barea, che a nome dei suoi ha detto senza mezzi termini di voler espugnare il Toyota Center. Insomma, questi non alzano bandiera bianca.

E allora potremmo stare a discutere ancora sulla difesa di Houston, su quanto incida Howard sotto canestro e sulla capacità della panchina di Dallas di tener viva ogni partita, almeno fino a quando Shaq non ci riporterà con i piedi per terra dicendoci che la serie è già chiusa.

E a quel punto potremmo solo dirgli che si tratta di un’interessante serie già chiusa.

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