Anno nuovo, Dallas Mavericks nuovi.

Rivoltata come un calzino la più che buona edizione targata 2013/2014 in seguito ad un’estate all’insegna delle grandi manovre orchestrate della coppia Cuban-Nelson, i texani si preparano ad una stagione che li vedrà nei panni di una delle mine vaganti all’interno della combattutissima Western Conference.

Probabilmente non avranno il pedigree e la freschezza per potersela giocare fino a giugno inoltrato, ma c’è da star certi che nel selvaggio Ovest i Mavs saranno un osso durissimo da masticare per chiunque voglia ambire ai gradi di contender.

Conference: Western

Division: Southwest

Arrivi: Chandler Parsons (sf, Houston), Tyson Chandler (c, New York), Raymond Felton (pg, New York), Jameer Nelson (pg, Orlando), Al-Farouq Aminu (sf, New Orleans), Richard Jefferson (sf, Utah), Greg Smith (pf, Chicago). (Lamb, Johnson, Villanueva)

Partenze: De Juan Blair (pf, Washington), José Calderon (pg, New York), Vince Carter (sf, Memphis), Samuel Dalembert (c, New York), Wayne Ellington (g, Los Angeles Lakers), Shane Larkin (pg, New York), Shawn Marion (sf, Cleveland).

ROSTER

Guardie: Monta Ellis, Jameer Nelson, Raymond Felton, Devin Harris, Gal Mekel, Ricky Ledo, (Doron Lamb)

Ali: Dirk Nowitzki, Chandler Parsons, Al-Farouq Aminu, Richard Jefferson, Jae Crowder, Greg Smith, (Ivan Johnson, Charlie Villanueva)

Centri: Tyson Chandler, Brandan Wright, Bernard James

Quintetto base

PG: Jameer Nelson

SG: Monta Ellis

SF: Chandler Parsons

PF: Dirk Nowitzki

C: Tyson Chandler

Head Coach: Rick Carlisle

La nuova edizione dei Dallas Mavericks riparte dal punto di arrivo della scorsa stagione, in ideale continuità con l’impresa sfiorata al primo turno degli scorsi playoff.

L’ultima partita ufficiale che ha visto i Mavs sul parquet è infatti coincisa con gara 7 di uno splendido derby texano valido per il primo turno della postseason, che vide i futuri campioni dei San Antonio Spurs faticare non poco per avere la meglio sul coriaceo manipolo capitanato da Dirk Nowitzki.

Rendere migliore una squadra arrivata a giocarsi i playoff nel girone dantesco di una Western Conference quanto mai competitiva non era impresa da poco, ma gli ingredienti che bollono in pentola ai nastri di partenza di questa stagione sembrano preludere a un’annata se non di eccellenza quantomeno di alto livello.

Dopo aver sorpreso un po’ tutti durante la passata stagione, grazie al sempiterno talento di Nowitzki e alla inaspettata trasformazione di Monta Ellis da mangia-palloni a ideale spalla del fuoriclasse tedesco, Dallas si presenta ai nastri di partenza del campionato ormai alle porte facendo leva su un’organizzazione ormai collaudata, guidata da un coach tra i più preparati della lega (con un anello al dito a testimoniarlo, per chi si fosse perso le puntate precedenti), alla quale sono stati aggiunti nuovi ingranaggi che sembrano avere le caratteristiche per inserirsi alla perfezione in un meccanismo ben oliato.

Il contrattone offerto a Parsons, giustificato dall’esigenza di dover mettere mano al portafoglio per strappare ai “cugini” di Houston uno dei free agent più appetibili sul mercato, ha indubbiamente aggiunto un tassello molto importante al roster dei Mavs: coach Carlisle avrà a disposizione una sorta di coltellino svizzero, un giocatore in grado di incidere grazie alla freschezza atletica, alla grande versatilità in entrambe le metà campo e a una più che discreta dose di punti nelle mani che, quando il gioco si fa duro, non guastano mai.

Insieme all’ex Rockets sono arrivati, via Knicks, il figliol prodigo Chandler accompagnato dal sempre più curioso caso di Raymond Felton.

Il ritorno del vecchio Tyson riporta nel pitturato dei Mavs l’antica presenza che fu una delle chiavi della splendida corsa al titolo del 2011; magari non si tratterà del totem ammirato negli anni belli, ma se gli dei del basket concederanno una tregua dai tanti acciacchi che lo hanno tormentato nelle ultime stagioni a New York la difesa texana sarà destinata a fare un notevole passo in avanti in termine di presidio dell’area e di protezione del ferro.

Felton, invece, spera che durante le gare di sospensione per guida in stato di ebbrezza (che insieme a un problema alla caviglia ne posticiperanno l’inizio di regular season) le praterie dello stato della stella solitaria possano restituirgli l’ispirazione dei tempi d’oro e, magari, che qualche centimetro cubo della sua ormai caratteristica adipe possa asciugarsi sotto il caldo sole texano.

Il buon Raymond potrebbe infatti concorrere ad un ruolo importante nella rotazione, che nel ruolo di point guard lo vede impegnato in una corsa a tre con l’altro nuovo acquisto Jameer Nelson e Devin Harris; sarà l’ex Magic ad avere per primo le chiavi della squadra, ma conoscendo la storia recente dei tre giocatori non è semplice ipotizzare chi dei tre potrà essere il titolare da qui a fine stagione.

Donnie Nelson ha poi investito il budget messogli a disposizione da Cuban per portare a casa giocatori in grado di dare un contributo piĂą che apprezzabile dalla panchina: Al-Farouq Aminu sarĂ  chiamato ad essere un fattore con le sue abilitĂ  difensive, Richard Jefferson ha dimostrato di essere ancora in grado di dire la sua e dovrĂ  provare a replicare il buon impatto dal pino fatto registrare da Carter nella passata stagione.

Per poter sognare una stagione ad alto livello, però, tutto dovrà funzionare alla perfezione in casa Mavs. Non potrebbe essere altrimenti, vista la potenza di fuoco della Southwest Division che ospita i texani: San Antonio, Houston, Memphis e New Orleans sono tra le avversarie più insidiose da affrontare, per di più per quattro volte ciascuna, durante la stagione regolare.

Il rendimento degli uomini di coach Carlisle dovrà rasentare la perfezione e per farlo, oltre al felice inserimento dei nuovi acquisti, ci sarà bisogno di un’altra annata di eccellenza da parte dei due tenori. Monta Ellis dovrà confermare che il salto di qualità compiuto nella passata stagione non è stato solamente frutto del caso, e dovrà essere magistrale nel consueto ruolo di scorer elettrico, in grado di incendiare da solo le partite, evitando però gli eccessi visti spesso e volentieri in passato, quando in molte serate sarebbe stato necessario un pallone apposito per far divertire il Mississipi Bullet in maglia numero 11.

E poi c’è Dirk: l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine della storia di una franchigia legata a doppio filo con la carriera del meraviglioso giocatore nativo di Wurzburg.

Dopo una stagione condizionata da problemi fisici, WunderDirk ha mostrato a tutti di poter ancora insegnare basket a molti dei suoi colleghi nella lega piĂą famosa del mondo.

Con quasi 22 punti ad allacciata di scarpe e medie sui 36 minuti molto vicine a quelle tenute negli anni al top della carriera, Nowitzki può contare su un privilegio concesso solo ai campioni: quello di fare match pari con lo scorrere del tempo, un avversario che ad oggi risulta tutt’ora imbattuto.

Il tedesco è classe pura, con uno stile di gioco che invecchia difficilmente e una tecnica di tiro unica nel suo genere che lo rende ancora sostanzialmente immarcabile anche a trentasei anni suonati.

Come se non bastassero le prestazioni da fuoriclasse assoluto, anche per quest’anno requisito indispensabile per dai Mavericks da corsa nella postseason, in estate è arrivato anche un class act degno di un vero innamorato dei colori biancoblù: accettando un rinnovo a cifre ancora più basse rispetto a quelle inizialmente circolate (triennale da 25 milioni complessivi, per parlare di nude cifre un altro grande vecchio come Kobe se ne vedrà corrispondere circa il doppio in due anni dai Lakers), Nowitzki ha permesso ai suoi Mavs una flessibilità salariale che ha consentito di rinforzare la squadra e renderla più competitiva.

D’altronde Dirk vuol giocare solo per puntare al bersaglio grosso, e con un roster ancor più talentuoso costruito intorno a lui e la presenza al suo fianco di un giocatore come Parsons che, verosimilmente, allargherà le difese garantendogli più spazio e libertà offensive, la prossima stagione si annuncia ancora luminosa per l’uomo di Wurzburg.

Se così sarà, i Dallas Mavericks hanno tutto per essere gli underdog della Western Conference: roster equilibrato e talentuoso, discreta profondità della panchina e Dirk nei consueti panni del lider maximo. Nella tonnara del selvaggio West, i cowboy texani sono pronti a vendere cara la pelle e a recitare un ruolo da protagonisti.

L’obiettivo delle 50 vittorie, soglia che equivale ad entrare di diritto nell’eccellenza Nba, è alla portata considerato che lo scorso anno i Mavs si fermarono un gradino piĂą sotto (a  quota 49): a WunderDirk e ai suoi vecchi e nuovi scudieri il compito di riuscire nell’intento.

 

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