Intrigante, futuribile, divertente. Sono tanti gli aggettivi che si possono legare ai Minnesota Timberwolves edizione 2014/15.

Una squadra che sembrava destinata a figurare solo come il lato debole della trade più importante dell’anno e che invece, per uno strano boomerang emozionale in pochi giorni è passata dall’essere una squadra obiettivamente sfortunata, piena d’infortuni e alle prese con le bizze della propria star, al diventare la mina vagante dell’Ovest, la squadra simpatia, soprattutto la franchigia con il più alto aumento di abbonamenti dell’anno!

Conference: Western Conference
Division: Northwest

Arrivi: Anthony Bennett (Cleveland), Andrew Wiggins (Cleveland), Ronnie Turiaf (LA Clippers), Thaddeus Young (Philadelphia), Mo Williams (FA Portland), Zach Lavine (13° scelta da UCLA), Glenn Robinson III (40° scelta da Michigan)

Partenze: Kevin Love, Alexey Shved, Luc Mbah a Moute

Probabile quintetto:
PG: Ricky Rubio 
SG: Andrew Wiggins, SF: Corey Brewer, 
PF: Thaddeus Young,
 C: Nikola Pekovic

GUARDIE: Ricky Rubio, Andrew Wiggins, JJ Barea, Zach Lavine, Kevin Martin, Glenn Robinson III, Mo Williams

ALI: Anthony Bennett, Corey Brewer, Chase Budinger, Robbie Hummel, Shabazz Muhammad, Thaddeus Young, Dante Cunningham

CENTRI: Kyrylo Fesenko, Gorgui Dieng, Nikola Pekovic, Ronny Turiaf,

HEAD COACH: Flip Saunders

Ebbene sì, lungi dall’essere una squadra perfetta, è infatti troppo giovane, sbilanciata decisamente per il basket d’attacco, probabilmente non particolarmente ben bilanciata a livello di roster, l’ex squadra di Kevin Love e prima ancora di Kevin Garnett riparte da un pezzo consistente del suo passato prossimo e più lontano: con il ritiro di Rick Adelman infatti, la panchina è tornata a Flip Saunders, già head coach per i primi 10 anni della franchigia e non più allenatore da queste parti da altrettanto tempo.

L’ex tecnico anche di Detroit e di Washington ha fra le mani una quantità di talento tale da mettersi in competizione con le migliori franchigie del lotto, ma come si è visto spesso, non è con il talento (almeno non solo con quello) che si vincono titoli o si fanno i playoffs.

Applicazione, amalgama di spogliatoio e ruoli ben definiti dovranno essere le parole d’ordine di una squadra che nella sua versione precedente aveva raggiunto il capolinea senza mai veramente riuscire ad esprimere fino in fondo le sue potenzialità.

Colpa degli infortuni probabilmente, di un’attitudine non vincente (questa è la vera grande accusa che viene mossa all’ormai ex stella da UCLA, Kevin Love) colpa di un progetto che doveva essere di crescita sui tre anni, come Spurs insegnano e che invece non si è sviluppato nemmeno per tre mesi.

Ora però le stelle sembrano essersi allineate in altro modo. Archiviata la combo Spagna/California, la squadra ha in roster due prime scelte del draft consecutive, cosa che obiettivamente non si vede spesso.

Ha giovani che a livello universitario hanno fatto vedere di avere le potenzialità per essere di un livello diverso dalla media.

Ha tanto per gradire, una reale prima scelta 2014 palesemente non pronta per la NBA, ma con mezzi atletici “spregiudicati” e tanti buoni giocatori in ogni reparto.

Come potrebbero giocare quindi i rappresentanti di quella che è stata ufficialmente votata come la squadra preferita dei Lebron-haters?

Lo spot di play maker è saldamente nelle mani di Ricky Rubio.

La guardia titolare anche della nazionale spagnola è al suo vero terzo anno di gioco nella NBA. E’ già il leader per assist (più vicini ai 9 che agli 8 per sera) e per palle rubate: 2.3 nel 2013/14.

Il suo problema sono le percentuali al tiro, ma è di questi giorni l’assunzione per lui di un coach all’uopo, che lavori esclusivamente su meccanica e tempo.

A fargli da riserva sarà ancora JJ Barea, sempre alla ricerca della magia che lo ha portato ad essere una delle pedine fondamentali della finale vincente con i Dallas Mavs, ma certamente non l’ultimo della fila quando c’è da dettare i ritmi di gioco.

Nel ruolo di guardia l’abbondanza regna e con essa un po’ di incertezza. Il ruolo dovrebbe essere di diritto affidato al possibile futuro dominatore della lega Andrew Wiggins.

Il prodotto da Kansas non ha fatto in tempo ad affermare di essere stato scelto da una franchigia che realmente credeva in lui e della quale poteva essere la futura bandiera, che si è trovato sul primo volo per Minneapolis, spedito come un pacco regalo con il collega Bennett.

Le sue doti di realizzatore sono illimitate, sulle capacità di leadership e sul fisico ci si potrà lavorare.

Minuti in rotazione arriveranno da Kevin Martin, Mo Williams e perché no, da Glenn Robinson III, firmato solo il 17 settembre e nemmeno ancora nel roster ufficiale, ma con un nome e una provenienza che ne fanno uno da tenere d’occhio.

In ala piccola, lo spazio dovrebbe essere tutto per Thaddeus Young (peraltro il suo ruolo sarà da 3 o 4 a seconda del tipo di quintetto) altra pedina del megascambio estivo con punti, fisico e talento giusti per giocarsi la migliore stagione della carriera dopo 7 anni di crescita nei 76ers.

A fargli da riserve ci saranno la duttilità di Corey Brewer, che però potrebbe spesso partire da titolare proprio al fianco dell ex 76ers, il tiro di Chase Budinger, altro infortunato di lusso nella sfortunata stagione scorsa e Shabazz Mohammad: un giocatore questo che doveva essere un crack, ma che uscendo davvero anzi tempo dal college non ha completato un percorso tecnico che altrimenti avrebbe potuto farne una stella (giudizio puramente personale).

Nel reparto lunghi, a sostituire Kevin Love ci sarà la voglia di rivincita di Anthony Bennett. In dodici mesi la prima scelta da Nevada Las Vegas, è passato in un tunnel che lo ha portato dallo status di next big thing a Cleveland, a delusione, a pedina di scambio e infine a candidato a giocatore più migliorato solo per quanto si è visto nella summer league.

Un’altalena di situazioni che se da un lato lasciano tanti dubbi sulla sua reale consistenza nel ruolo di ala grande titolare di una squadra dell’Ovest, intrigano al contempo per quanto potrebbe avvenire in positivo.

Non è detto che parta sempre titolare, ma i suoi minuti saranno tanti. A fargli da scudiero nel ruolo probabilmente meno coperto del roster (a meno che non si dirotti Young verso lo spot N.4), Dante Cunningham, uno dei giocatori che hanno tenuto insieme la baracca lo scorso anno.

Infine sotto le plance la sicurezza si chiamerà Nikola Pekovic, uomo da quasi 19 punti e 9 rimbalzi che dopo quattro anni sembra sempre più un centro solido e affidabile anche in una lega di superatleti.

Prima riserva sarà, viste le indicazioni della pre-season, Gorguy Dieng che sarà chiamato a confermare in tempi brevi i miglioramenti fatti vedere nel corso del suo anno da matricola, mentre limitati ma importanti minuti saranno ad appannaggio di Ronnie Turiaf, ormai un giramondo della lega, con esperienze a NY e nelle due sponde di LA.

In concreto però, dove potranno arrivare i Twolves?

Difficile credere in una cavalcata da favola. L’obiettivo più realistico, se tutto dovesse andare per il verso giusto, potrebbe essere quello di portare a casa la prima stagione con bilancio vincente dal 2004/05 e non è detto che questo basterà per accaparrarsi un posto nella post season.

In fondo, l’obiettivo vero dei Woves è già stato conquistato, abbandonare l’oblio per cercare una nuova via, forse rischiosa ma diversa: ci sarà da divertirsi?

3 thoughts on “Minnesota Timberwoves: Preview 2014 2015

  1. “a contendergli il ruolo, potrebbe essere Kevin Martin, che dopo le esperienze di Sacramento, Houston e del mezzo passo falso in quel di Oklahoma porterà la sua esperienza e il suo tiro alla corte di Saunders. La sua dote parla di quasi 20 punti a partita, ma nell’eliminazione dei Thunder di qualche mese fa, anche lui è stato fra gli imputati eccellenti.” Kevin Martin è a minnesota già da un anno, se proprio sarà stato corresponsabile dell’eliminazione per mano dei grizzlies di 2 anni fa, ma non diamogli colpe di partite che nemmeno ha giocato :)

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