Ci risiamo. Un’altra volta.
Miami Heat – San Antonio Spurs è la finale NBA.
Di nuovo, un anno dopo.

Questa volta sarà San Antonio ad avere 4 partite in casa, non ci sarà più il formato 2-3-2 (ma il 2-2-1-1-1), ma la cosa certa è che gli attori saranno (quasi tutti) quelli della passata edizione: Duncan, Parker, Ginobili (con l’aggiunta del primo italiano alle Finals, Marco Belinelli) nelle fila texane, James, Wade e Bosh e il sempre decisivo Ray Allen dall’altra.

“We’re back here now and we want to get it done this time” (“Siamo tornati di nuovo qui e questa volta vogliamo portarla a termine.”) ha affermato Tim Duncan nella conferenza post gara 6 ad Oklahoma, dopo aver eliminato i Thunder in OverTime.

“They wanted this, they wanted us, and we’ll be ready for the challenge” (“Volevano questo, volevano noi, e noi saremo pronti alla sfida“), è stata la risposta di LeBron.

Parole che rispecchiano il rammarico degli Spurs per la sconfitta dell’anno scorso, che senza il famosissimo canestro da 3 di Ray Allen al termine dei tempi regolamentari avrebbe assegnato l’anello ai texani.

Ma quali saranno le chiavi tattiche che permetteranno agli Spurs di ribaltare il risultato dell’anno scorso? Premesso che dipenderà molto dalla presenza di Tony Parker fin da giovedì notte, abbiamo analizzato i punti di forza di entrambe le squadre e gli aggiustamenti che possono essere fatti per mettere in difficoltà gli avversari.

L’idea principale che si è vista a partire dalle ultime gare delle finals 2013 e in questi playoffs è che i quintetti, quando conterà veramente, saranno “piccoli”, ovvero Bosh e Duncan unici lunghi di ruolo.

Ne beneficeranno le spaziature, con 4 tiratori (addirittura 5 per Miami) sul perimetro pronti a far fuoco in ogni momento (Green, Leonard, Chalmers, soprattutto Allen, ma anche il nostro Marco quando sarà in campo, ringraziano) e le penetrazioni di Parker, Ginobili, Wade e James.

L’anno scorso, nelle prime gare della serie Finale i quintetti prevedevano Splitter da una parte e Haslem dall’altra, decisioni poi abbandonate nelle ultime partite, con Splitter utilizzato come cambio di Duncan (decisione identica vista anche in gara 5 e 6 quest’anno contro Oklahoma) e Haslem (utilizzatissimo contro i due lunghi di Indiana l’anno scorso) che in gara 4 venne declassato come riserva (Miller in quintetto) e addirittura non utilizzato nelle ultime due partite.

La chiave principale per Miami sarà (come contro Indiana) il tiro da 3 di Bosh; la capacità del lungo di Miami di essere efficace anche fuori dall’arco permetterà maggiori penetrazioni dei vari James e Wade, area vuota e quindi maggiori distanze da percorrere per gli aiuti difensivi degli Spurs.

Non è un caso infatti che quando Bosh giochi da centro, ne risenta tutto il sistema offensivo degli Heat; con Bosh da 5 infatti l’Offensive Rating (il numero di punti segnati per 100 possessi) di Miami è vicino ai 110, con Bosh e Haslem in campo insieme ad esempio questa statistica scende impietosamente a 85,8 (con -33 di differenza punti fatti e subiti per 100 possessi).

Ecco spiegata la decisione di Spoelstra di schierare Lewis da 4 contro Indiana in gara 5 e 6, proprio per poter “allargare il campo”.

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È chiaro quale sia la differenza enorme che i Miami Heat mostrano quando Bosh è in campo con un lungo non perimetrale e quando è in campo con un ala tiratrice. Con Haslem in campo infatti le percentuali di tutti i Miami Heat crollano vistosamente, e in particolare l’impatto della coppia evidenziata sulla squadra (PIE).

L’altro fattore determinante per le sorti di Miami sarà Dwayne Wade; l’anno scorso partecipò attivamente alle Finali, ma era in evidente condizione fisica precaria. Quest’anno è arrivato alle fasi finali in una forma che non si vedeva da qualche anno, merito del lavoro svolto durante la stagione dallo staff medico degli Heat che gli ha permesso più riposo per le ginocchia (54 gare giocate quest’anno).

Il fattore Wade influisce sia difensivamente che offensivamente nei giochi di Miami. Se offensivamente sarà in grado di attaccare di più il ferro con le penetrazioni, permetterà maggiori spazi a LeBron e agli altri tiratori disposti sul perimetro (57% dei canestri di Miami con Wade e James in campo insieme sono assistiti, meglio di chiunque altro); ma è difensivamente che Wade può cambiare la serie. Parker (se giocherà) sarà il più grosso grattacapo difensivo, in grado di attaccare Chalmers, Cole, Allen a turno.

Ecco allora che se Wade lo vorrà, potrà far staffetta con LeBron per marcare il franco-belga, per non dargli mai occasioni facili, soprattutto a San Antonio.

L’ex Marquette ha anche le caratteristiche ideali per aiutare gli Heat a sviluppare la difesa che contraddistingue Miami: fisicità, velocità, (anche confusione a volte), che può portare l’attacco avversario a palle perse e quindi contropiedi facili.

Ecco un video che analizza le principali situazioni difensive di Miami:

La squadra di Spoelstra predilige raddoppi sulla palla, trappole del secondo lungo in aiuto sul pick&roll, prerotazioni accentuate, difesa asfissiante sul portatore di palla, deflections (deviazioni); tutto per favorire stoppate e recuperi che possono portare a situazioni di contropiede o transizione offensiva.

Come è spiegato alla fine, è altrettanto chiaro che se la squadra non riesce a mantenere l’intensità adeguata per sviluppare questo tipo di difesa, soprattutto contro una squadra con lunghi passatori come gli Spurs (Diaw su tutti), le occasioni per gli avversari possono essere facili lay-up o tiri da tre senza pressione.

Miami tira ha tirato il 42% dei tiri in Area durante la stagione, con il 64% di realizzazione; il restante 58% viene diviso suddiviso equamente nelle altre aree di tiro, con menzione particolare ai tiri da 3 nell’angolo destro e nelle zone a 45°.

Questo è sintomo di un attacco dentro-fuori che funziona alla perfezione.

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Per quanto riguarda San Antonio le cifre sono simili: il 43% dei tiri avviene in mezzo all’area (complice Tony Parker che tira il 50,11% dei propri tiri nel pitturato), le zone utilizzate di più per il tiro da tre non sono né frontali, né dagli angoli, con una curiosità: nelle zone in cui gli Spurs tirano un numero di tiri inferiore rispetto alla media della lega (grigio a destra) hanno le percentuali maggiori rispetto alle altre squadre (in verde a sinistra).

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Entrambe le squadre nei playoff hanno tentato un numero da record di triple nell’angolo, di solito simbolo di un ottimo movimento di palla: 115 gli Heat e 99 gli Spurs (entrambe con almeno 43%).

Per i nero-argento sarà fondamentale sicuramente avere Tony Parker in buono stato fisico sin dalla prima palla a due. Senza il franco-belga infatti l’attacco degli Spurs perde tantissimo: le sue penetrazioni e i pick&roll con i lunghi sono devastanti per le difese avversarie che devono adeguarsi e aiutare con un terzo uomo, concedendo però a questo punto i tiri da 3 dei vari Green, Belinelli, Leonard (35 degli 88 assist di Parker nella post season sono per i tre citati).

Quando la palla peserà tanto, presumibilmente vedremo Duncan e 4 piccoli (diciamo Parker, Ginobili, Leonard e Green). Sarà fondamentale per Miami riuscire a contenere il palleggio di Ginobili e Parker senza lasciare spazio ai tiratori: per fare un esempio sugli 83 tiri presi da Danny Green nelle Finals 2013, solo 11 non sono stati assistiti, e dei 72 assistiti ben 38 sono arrivati dalla coppia Ginobili-Parker.

Una differenza sostanziale rispetto a quelle Finals la farà quasi sicuramente il fattore campo: San Antonio l’anno scorso ha tirato 70 triple complessive nelle tre gare casalinghe, contro le 80 delle quattro a Miami, con percentuali molto differenti: 47% all’AT&T Center, 35% alla Triple A.

Sicuramente Beli e compagni si troveranno più a loro agio tra le mura amiche, come hanno dimostrato anche quest’anno nelle gare casalinghe contro Okc: 67, 58 e 65 i punti segnati nei primi tempi delle gare in Texas contro Durant e compagni.

L’ago della bilancia per i nero-argento potrà essere, oltre a Parker e Duncan, anche Manu Ginobili. In condizioni ben diverse da quelle dell’anno scorso, può decisamente essere il playmaker aggiunto, entrando con la second unit, in sostituzione al francese (non disdegnando anche il tiro da tre).

Le sue percentuali si sono abbassate rispetto alla stagione regolare (46% in regular, 42% in post season), ma la sua incidenza nelle vittorie e sconfitte degli Speroni è sempre presente: +3 punti a partita, +1,5 assist, +2 rimbalzi e +/- personale +10,5 nelle W e -5 nelle sconfitte, con notevoli incrementi nelle partite casalinghe (55% da tre punti contro 22%).

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Come si vede dal video, nei pick&roll tra Ginobili e il lungo (che potrà anche tirare da tre), la difesa raddoppia, come probabilmente cercherà di fare Miami, cercando di mandare Manu lontano dai compagni, in un angolo del campo.

Qui l’argentino ne esce alla grande con uno dei più bei passaggi della stagione, ma la difesa ha fatto quel che doveva fare: costringere l’avversario a pensare e evitare il passaggio immediato a Diaw. Il ruolo chiave è l’attacco sul lato debole: Duncan blocca per Green che si fa trovare nell’angolo opposto libero per sparare la bomba. Solo San Antonio lavora così sul lato opposto alla palla: ed è per questo che l’attacco è il migliore dell’nba.

Si può parlare a lungo di altre statistiche e zone del campo nelle quali una o l’altra squadra hanno preferenze a giocare o difendere, ma la cosa che conta è… segnare!! Si può avere un tiro costruito piedi per terra senza difesa e sbagliarlo e invece segnare un tiro da tre dopo rimbalzo offensivo con tre uomini vicini (Ray Allen insegna). Insomma, come ricorda il nostro Marco, #itsallaboutwinning !!

 

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