La stagione dei Denver Nuggets non era cominciata sotto i migliori auspici, e le 4 sconfitte nelle prime cinque gare facevano temere il peggio. Del resto, nessuno si era stupito più di tanto, visto i massici cambiamenti a tutti i livelli.

Infatti, gli addii di George Carl e di Masai Ujiri avevano già fatto temere che in quel di Denver questa sarebbe stata la classica stagione di transizione. Ed in effetti così è stato.

L’arrivo in panchina di Brian Shaw, alla sua prima esperienza come capo allenatore, e gli addii di giocatori importanti, su tutti Iguodala, fanno tutti parte di un progetto di rinnovamento della franchigia che è appena iniziato, e che probabilmente non vedrà la sua realizzazione compiuta neanche nella prossima stagione.

Come detto, i Nuggets finora hanno attraversato momenti non particolarmente felici in questa regular season: le primissime partite o ancora un febbraio da incubo, con un record di tre vittorie e nove sconfitte.

Ma nonostante i suddetti problemi, questa stagione non è del tutto da buttare. I momenti negativi sono infatti stati alternati da momenti assolutamente migliori, come ad esempio un novembre da nove vittorie su quattordici gare, e nel mezzo una striscia di sette vittorie consecutive.

Le basi da cui ripartire, in ogni caso, ci sono, perché si intravedono alcuni elementi che fanno ben sperare per un risveglio ad alti livelli di una franchigia che soltanto un anno fa aveva concluso la sua stagione al terzo posto nella Conference, dietro soltanto a Thunder e Spurs.

La stagione non felicissima dei Nuggets è anche figlia, inutile negarlo, di defezioni illustri; a cominciare dal “nostro” Danilo Gallinari, che proprio dodici mesi fa giocava la sua ultima gara NBA e che dovrà aspettare la prossima stagione per poter tornare sui parquet.

Altra notevole tegola per la stagione di Denver è stata l’infortunio di JaVale McGee, sul quale la franchigia ha puntato molto. Anche per lui stagione finita dopo poche partite disputate.

Denver nella prossima stagione riparte innanzitutto da questi rientri importanti. Il Gallo, prima dell’infortunio, era sulla buona strada per diventare il giocatore franchigia e per quanto riguarda invece il centro da Nevada si ci aspettava un cambio di marcia che potrebbe solo essere stato rimandato di un anno.

Quello che di buono si è visto in questa stagione è anche retaggio della squadra che l’anno scorso era praticamente imbattibile in casa. Denver ha comunque mantenuto le sue caratteristiche fondamentali: una formazione atletica, forte in contropiede e con un roster molto profondo: la panchina produce 39 punti di media, di meglio fanno solo Lakers (…) e San Antonio; sono ben sette i giocatori in doppia cifra di punti a gara. Ty Lawson è cresciuto ancora, e con il riposo forzato di gente come Gallinari o lo stesso Nate Robinson, è diventato il faro indiscusso della squadra.

Wilson Chandler e Randy Foye stanno dando il loro contributo offensivo alla causa. Mozgov ed il neo arrivato JJ Hickson hanno assicurato protezione del ferro e fanno della formazione del Colorado una delle migliori squadre a rimbalzo della lega.

Anche Fournier è migliorato rispetto al suo anno da rookie. Faried, invece, ha vissuto un momento di appannamento nella prima parte di stagione, ma col nuovo anno sembra essere tornato se non altro ai livelli della scorsa stagione.

Le note dolenti, quindi non sono da ricercare nella produzione offensiva, comunque di tutto rispetto anche in assenza di vere individualità di alto livello. Il problema della stagione di Denver va ricercato soprattutto nella metà campo difensiva, nella quale i Nuggets concedono oltre 106 punti a gara, terzultimi nella lega (105 punti per 100 possessi).

Inoltre la qualità della gestione della palla non è stata sempre eccellente (quasi 16 palle perse su 100 possessi) e Shaw sembra non essere ancora riuscito a trovare la quadratura del cerchio.

Parlando del giovane coach, è difficile individuare in che percentuale Shaw sia colpevole di questa annata storta. Certamente il roster non è di altissimo livello, ma le prestazioni della squadra spesso non sono state soddisfacenti (le pesanti sconfitte contro Utah e Philadelphia).

In più Shaw ha attraversato brutti momenti anche all’interno dello spogliatoio, quando Andre Miller (ora ai Wizards) è stato sospeso per un alterco proprio con il suo capo allenatore.

Una cosa a Brian Shaw va però riconosciuta: non ha mai eluso le critiche piovutegli da più parti in vari momenti della stagione ed ha saputo rispondere ai critici con strisce vincenti.

In più ha avuto l’umiltà di mettere da parte la Triple Post Offence (il suo “credo cestistico” principale), dirigendosi verso un sistema fatto di pace and space, più consono alle caratteristiche degli uomini a disposizione. Il sistema offensivo ideato da Tex Winter necessita infatti di un realizzatore di altissimo livello (Jordan, Bryant) su cui Denver non può in questo momento contare.

Da cosa può ripartire quindi Denver? Innanzitutto dal Draft. Denver rimane detentrice di una prima scelta di New York, che si era accaparrata nella mega-trade che portò Carmelo Anthony ai Knicks.

Se la squadra della Grande Mela non dovesse raggiungere i playoff, Denver avrebbe quindi ben due picks in lottery, con l’opportunità di partecipare con scelte alte ad uno dei Draft più profondi del decennio.

In più il roster resta comunque mediamente competitivo, con una buona base di talento, a cui vanno però aggiunti innesti importanti, almeno per la difesa sul perimetro. Inoltre la dirigenza di Denver, nella sforzo di rinforzare la squadra, dovrà guardare attentamente quello che succederà in questa estate 2014, che si preannuncia caldissima e piena di giocatori di livello che potrebbero cambiare squadra: l’effetto “domino” potrebbe investire positivamente anche il Colorado, ed aggiungere al roster quella dose di talento in più che sicuramente manca.

In più i rientri importanti di McGee e Gallinari potrebbero completare il puzzle, in una stagione, quella prossima, che potrebbe segnare un nuovo cambio di marcia.

 

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