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Molte delle chanche dei Thunder di tornare in Finale dipenderanno dal rendimento delle seconde linee…

Nel suo weekend italiano dal 6 all’8 settembre con tappe Milano e Roma, Kevin Durant ha semplificato un concetto sempre valido per i fans,“Time is now”, con apposite magliette a far da garante alla doverosa pretesa.

È naturale che la finale del 2012 bruci ancora, che la voglia di riscatto, l’esperienza acquisita, l’aver trattenuto quasi per intero il gruppo che strappò solo gara 1 ai Miami Heat, possa solo giovare alla squadra.

Con i Mavericks del 2011, è parso evidente come i fattori psicologici di un team non siano di poco conto. Salvo poi vedere gli Spurs , temprati da 4 finali vinte e con un sistema di gioco quasi impeccabile, beffati da un tiro di Allen, da un ferro di Duncan o se volete più semplicemente dalla sorte.

Sono le regole del gioco, se hai costruito bene e sei mentalmente pronto puoi entrare nel calderone delle contender, attese o meno che siano, e giocarti tutto, con la consapevolezza che l’ultimo ingrediente lo apporrà la dea bendata del basket.

La finale persa dai Thunder però ha un sapore diverso, nonostante la squadra fosse ed è tuttora giovane, tale da poter pensare che quella sconfitta facesse parte di una lezione di sport che tutti devono imparare. È altrettanto vero che, nei progetti di Sam Presti, quell’anno rappresentasse indiscutibilmente il miglior punto d’ incrocio tra tutti i fattori positivi auspicabili, nessun infortunio e una situazione contrattuale che permetteva la convivenza di tutti i big.

La lungimiranza ha poi avuto la meglio sulla tentazione di competere per il titolo al gran completo per un ultimo anno, con James Harden prudentemente spedito a Huston, e Kevin Martin in scadenza di contratto alla corte di Scott Brooks con Jeremy Lamb e 2 future prime scelte.

Torniamo al presente, a Oklahoma la regular season non desta certo apprensione, la squadra viaggia 12-3 al momento e in questa fase il giocattolo funziona, come da qualche anno a questa parte, splendidamente. Facile, quando puoi permetterti due superstar del calibro di Russell Westbrook e Kevin Durant, le perplessità quindi riguardano il contorno costruito attorno ai due campioni.

I Thunder sono e saranno molto probabilmente per molti anni ancora, una squadra con palesi ambizioni di titolo, non può essere altrimenti con una simile quantità di talento. Il paradosso più evidente giace nella bidirezionalità del progetto targato Presti.

Se da un lato il team scommette sui progressi dei giovani: Reggie Jackson, Jeremy Lamb, Steven Adams e Perry jones III, attesi a divenire comprimari di una squadra da titolo, dall’altro nel 2011 ha assestato un colpo di mercato atto a puntare al titolo e che, non provenendo da quell’ oasi felice chiamata draft, ha ingombrato seriamente e sin da subito il salary cap della squadra.

Stiamo parlando di Kendrick Perkins, arrivato in seguito allo scambio con Jeff Green. Se ci fosse un titolo per descrivere la situazione attuale questo saebbe:

“Perkins, ancora 2 anni di purgatorio”

Con un contratto di 8,477,437 dollari che scadrà nel 2015, non prima di arrivare a pesare sulle casse societarie 9,154,342 dollari , rappresenta il primo caso di ingestibilità nel breve termine, non avendo un mercato facile date le sue ultime prestazioni. Lo specialista difensivo con due finali sulle spalle, avrebbe dovuto portare ai Thunder esperienza, mentalità difensiva e soprattutto quel lungo che appariva l’unico tassello mancante di un mosaico altrimenti perfetto.

L’aggravante è il suo concorso di colpa con la partenza di Harden, la causa è la medesima, il suo contratto, che non risponde al valore effettivo del giocatore. Un twit scritto di recente e poi cancellato dallo stesso recita: “I’m sitting here thinking and it might be time for a change”. Vedremo.

Il suo oneroso e al momento ingiustificato contratto ha gravato anche sul mercato estivo. Dorell Wright, Marco Belinelli e Mike Miller sono stati i nomi accostati alla società, nessuno di questi è andato in porto e il roster di Oklahoma quest’hanno ha una coperta corta e tutta da sperimentare nei playoff.

Il modello Miami, oltre a rappresentare un cambio di tendenza all’interno della lega, vedi small ball e aggregazione di all-star sulla scia dei Celtic, ha messo in mostra durante tutto l’arco dei play off l’importanza dei comprimari, dei role players.

Una panchina da cui possano alzarsi specialisti difensivi e dall’arco degni di nota, insomma tutto quello di cui LeBron James così come Durant necessitano oltre ad una stella di supporto, nel caso Westbrook e Wade. Gli specialisti difensivi potenzialmente abbondano, la dimensione di Jackson (11.1 pts), dalla cui crescita dipendono anche i minuti di Russell come guardia, sembra tendere in questo senso ed è il più pronto fra i giovanissimi, ad aprile inizierà il vero test.

Più acerbo e da costruire Lamb, autore comunque di un’ottima Summer League. Interessante anche la dodicesima scelta del draft, Steven Adams ha saputo ritagliarsi il suo spazio, 17.4 minuti per gara in cui cattura 5 rimbalzi di media, praticamente gli stessi in cui Perkins (18.1MIN) ne totalizza 3.8, ma così si rischia l’accanimento terapeutico. Kendrick in tandem con Ibaka potrebbe costituire una frontline ostica per le squadre ben attrezzate in materia di lunghi, oltre a portare blocchi insostituibili.

Quel che manca è di sicuro un giocatore in grado di aprire il campo, opzione mai sondata fino in fondo con Martin, che con l’infortuinio di Westbrook , fu rilegato al ruolo improbo di secondo violino. Con due simili catalizzatori di gioco, ogni ritocco può risultare decisivo, ampliando un piano di gioco che per lunghi tratti rischierà di risultare prevedibile nel corso della serie, fatta di adattamenti difensivi e preparazione accurata della gara.

Ad Oklahoma sembra di vedere una corazzata a cui manca un pezzo, messi da parte i rimpianti e gli esperimenti falliti, tra cui Derek Fisher, quel che resta per l’anno corrente è un tentativo fatto di presupposti non molto incoraggianti.

Una squadra in transizione, in cerca del suo assetto definitivo e al contempo troppo talentuosa per non essere tra le favorite, se l’anello dovesse tardare più del previsto, dovrà anche fare i conti con la crescente fame di titolo di Durant e Wetbrook. Una contender monca, o magari più semplicemente, imberbe.

 

One thought on “Oklahoma City Thunder: Time is now?

  1. interessante… ma non si parla di Ibaka. Che è il vero motivo per cui non è stato riformato il Barba.
    Ibaka, con mega contrattone. Migliorato in attacco, gran fisico, ottimo stoppatore, ottime statistiche…. e per me overrated.
    KP è un’ottima spalla ad un grande 4, sicuri che Ibaka lo sia?

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