tmac35356Si spengono le luci sulla carriera di uno dei giocatori più talentuosi ma più controversi degli ultimi vent’anni. Tracy “T-Mac” McGrady dice basta e saluta la NBA, continuerà a giocare, probabilmente in Cina, dove i ritmi di gioco permetteranno al suo fisico ormai logoro di preservarsi ancora per qualche anno.

Non fatevi ingannare dagli occhi da “Dormiglione”, Tracy ha sempre avuto i suoi tempi, fuori e dentro il campo. Tutto ha inizio nel 1997 quando salta direttamente nella NBA senza passare dal College ma fatica ad imporsi e deve crescere a Toronto dietro l’ombra del cugino Vince Carter, uno spettacolo itinerante che da solo mette sulla cartina del basket che conta anche Toronto.

Specialista difensivo sentenziano a Toronto e T-Mac non fa nulla per smentirli nelle prime due annate in Canada. La stagione della svolta è la terza dove finalmente fa intravedere tutto il suo potenziale.

La doppia cifra di media è superata abbondantemente e Tracy si fa conoscere al grande pubblico alla gara delle schiacciate del 2000, quella da molti considerata la più bella di sempre con Carter che infila una dopo l’altra una serie di inchiodate che rimarranno nella storia.

McGrady arriva terzo, dietro anche a Francis anche perché ha puntato  tutto su una schiacciata che giurano avergli visto fare al campetto. Dopo aver fatto rimbalzare la palla la riprende ad altezza ferro, lateralmente e con un colpo di reni tenta, passando sotto il ferro stesso, di schiacciare dall’altro lato sfidando la legge di gravità. Ci prova 1,2,3,4 volte ma si deve arrendere al cugino,  ma questa sarà l’ultima in cui Carter ha la meglio.

La voglia di cambiare e di dimostrare tutto il suo valore lo porta a casa, in Florida, sponda Magic. La squadra è discreta ma in panchina c’è Doc Rivers che sorprendentemente nell’annata precedente li ha condotti ad 42-42 di record impensabile alla vigilia.

Dal Draft arriva Mike Miller ma uno dei fattori che influenza maggiormente la scelta di McGrady è la firma di Grant Hill, fenomenale ala che con T-Mac ha la possibilità di formare la coppia di esterni più forte della Lega.

Qui arriva il primo “se” della carriera di T-Mac, perché se Grant Hill non si fosse fatto male alla caviglia forse la storia di McGrady e degli Olrando Magic sarebbe stata diversa, ma Hill sostanzialmente non riesce a giocare. Una serie infinita di operazioni e il rischio tangibile che non possa mai più giocare ci privano di un duo potenzialmente inarrestabile.

Gli anni ad Orlando per McGrady sono quella della consacrazione. Ha una facilità di realizzazione impressionante. Il tiro è morbido, in post-basso per il ruolo è sopra la media con i suoi 203cm ma è rapido e ha un’infinità di soluzioni che gli permettono di segnare in qualsiasi situazione.

Fioccano i premi individuali, due volte miglior realizzatore della lega, pluri All-Star, primo quintetto All-NBA, Most Improved Player of the Year dopo la prima stagione ad Orlando che chiude con oltre 26 di media, grazie anche all’assenza di Hill diventa la prima opzione offensiva della squadra.

Durante l’All Star Game del 2002 è autore di una schiacciata che rimarrà nella storia. Non siamo allo Slam Dunk Contest ma Tracy decide che la gara non è ancora finita, prende palla dopo il rimbalzo, avanza indisturbato fino in area avversaria, due passi dopo la linea da tre e con il sinistro scucchiaia la palla al tabellone sopra la testa di Nowitzki che non può far altro che guardare T-mac fulminarlo di lato e riprendere la palla ad altezza ferro per un’inchiodata di potenza. McGrady s’iscrive di diritto tra i grandi della sua epoca ma le prime ombre s’allungano su una carriera in rampa di lancio.

Nei primi tre anni Orlando esce sempre al primo turno dei play-off , nonostante delle grandissime prestazioni del suo numero 1. Le critiche piovono su T-Mac considerato un giocatore non professionale, fama che la sua indole calma non fa che ingigantire. I numeri però sono dalla sua parte. In post season ad Orlando ha una media abbondantemente sopra i 30 punti per gara ma la mancanza di un secondo leader in squadra rendono il gioco dei Magic prevedibile.

Nel 2003 sta letteralmente dominando i Detroit Pistons. Orlando si trova sul 3-1 e a McGrady scappa una frase sui Magic già al secondo turno che non fa che alimentare i dubbi sulla possibilità di fondare una squadra da titolo. Detroit recupera e vince a gara 7, McGrady è additato come principale colpevole della sconfitta, non  in grado di reggere la pressione.

La stagione 2003/04 è quella della rivoluzione in casa  Magic. Via allenatore e GM, la squadra falcidiata da infortuni chiude con un record 21-61 e  la prima chiamata assoluta con cui selezionerà Dwight Howard. Il feeling con la franchigia però ormai è logoro e T-mac accetta di buon grado lo scambio che lo porta ad Houston.

Ancora un “se” nella carriera di McGrady. Se fosse rimasto ad Orlando avrebbe potuto col tempo formare una coppia fortissima con Howard? In fondo a Houston c’è Yao Ming un centro di grande valore e ancora giovane, perché aspettare quando si possono avere gli stessi risultati prima?

Tracy è l’unico che può avvicinarsi come stile di gioco e talento a Bryant, l’ha dimostrato in questi anni. Due macchine da punti, T-mac avrebbe anche più propensione difensiva ma quello che fa la differenza tra i due è la testa. Bryant ha in testa solo l’idea di vincere l’anello, T-Mac gioca e prende quello che viene partita dopo partita.

A Houston Tracy matura ancora, ha una squadra più solida e l’intesa con Yao cresce giorno dopo giorno. Il 2004 sembra essere l’anno della definitiva consacrazione. I suoi 13 punti, con quattro triple, negli ultimi 35 secondi della partita con gli Spurs rimarranno per sempre nella storia. Una delle dimostrazioni di forza più impressionanti fatto da un singolo giocatore, un giocatore che da solo batte una squadra intera.

Ai play-off T-Mac guida i suoi Houston al 2-0 sui Mavs con 30 punti a partita ma ancora una volta deve arrendersi a gara 7 del primo turno.  Probabilmente questo è l’apice della carriera di T-Mac, non tanto per risultati di squadra ma quanto per prestazioni personali.

Nel 2005 si chiude la seconda fase della carriera, dopo l’inizio a Toronto, la consacrazione tra Orlando e Houston iniziano i problemi  alla schiena che gli rendono la stagione 2005/2006 un calvario. Houston vince solo 4 delle 31 partite in cui McGrady non gioca o non finisce.

La stagione seguente T-Mac ritrova la sua miglior pallacanestro ma l’infortunio di Yao è l’ennesima tegola su Houston che deve arrendersi ancora una volta al primo turno. Tracy si prende tutte le responsabilità ma è visibilmente emozionato nella conferenza post eliminazione che chiude l’ennesima post season deludente. “I tried, man, I tried” le sue parole. Ci ha provato ma non è bastato nemmeno questa volta.

La stagione 2007 inizia con Yao abile e arruolato ma il duo di superstar dura fino a Febbraio quando Yao si deve arrendere all’ennesimo infortunio al piede. La schiena sembra lasciare in pace Tracy ma a dare fastidio sono la spalla e il ginocchio. La quinta testa di serie ad ovest regala a Houston la rivincita dell’anno precedente contro i Jazz, non bastono i 40 punti di T-Mac in gara sei per evitare l’ennesima cocente eliminazione.

Tracy gioca con spalla e ginocchio a pezzi che non gli impediscono di segnare 27 punti di media. A maggio del 2008 si opera a spalla e ginocchio ma non riuscirà più a giocare una partita di play-off con i Rockets.

Chiamatelo destino, Karma o come volete ma nella stagione successiva i Rockets con Yao tornato a giocare ma senza T-Mac sottoposto all’ennesima riabilitazione post operazione al ginocchio superano il primo turno dei play-off battendo Portland 4-2. Per la prima volta in carriera la squadra di McGrady supera un turno di play-off ma senza T-Mac in campo il sapore è agrodolce.

McGrady resta ancora mezza stagione a Houston ma il 2010 è l’inizio della terza fase della sua carriera, quella post infortuni. Gli sprazzi di talento ci sono ancora. A New York debutta con 26 punti con un nuovo numero di maglia, abbandonando il suo numero 1 per il numero 3. Forse un nuovo inizio? In realtà per T-Mac inizia il declino.

Strappa un contratto annuale ai Pistons, ma come a New York niente play-off. Fa male vederlo faticare a reggere i ritmi dei più giovane, lui che a 31 anni non è poi così vecchio. Altra stagione e nuova maglia. Atlanta lo sceglie come sesto uomo ma nemmeno da comprimario riesci a passare giocando la sua prima serie di play-off.

Dopo gli Hawks arriva la Cina, dove il campionato permette al fisico di Tracy di risparmiarsi e continuare a giocare e segnare senza rischio di ulteriori infortuni gravi. L’inverno è calato sulla carriera ad alti livelli di T-mac ma gli Spurs gli concedono un’ultima possibilità a fine stagione.

Tagliato Stephen Jackson Popovich vuole chiudere il roster con un veterano che possa all’occorrenza dare pochi minuti di qualità. San Antonio arriva ad un passo dall’anello e Tracy riesce finalmente a passare un turno di play-off in cui ha giocato, anche se nel garbage time e per pochi minuti.

C’è un misto di felicità e tristezza vedendolo corricchiare per il campo senza provare nemmeno un tiro. Dai Tracy facci vedere che sei ancora in grado di battere l’uomo, non ti chiediamo una schiacciata ma un arresto e tiro con la palla che sfiora appena la retina ma niente, ogni pallone lo passa al compagno più vicino.

Anche la vittoria dell’anello non avrebbe aggiunto niente al valore del giocatore che con il suo modo sempre calmo tipico di chi nasce negli stati del sud ha approcciato qualsiasi aspetto della sua vita.

Se avesse avuto un’altra testa, se le ginocchia avessero retto più a lungo, se… se… se… non sarebbe stato Tracy McGrady. Grazie di tutto Dormiglione.

One thought on “Grazie di tutto T-Mac

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