dungarn65Il tempo si è fermato, almeno per due dei migliori giocatori degli ultimi vent’anni, due lunghi che hanno a loro modo, ma in maniera opposta per stile di gioco e attegiamenti, marchiato indelebilmente la storia della pallacanestro. Da una parte l’aggressività di Kevin Garnett, dall’altra la calma di Tim Duncan.

Cosa gli accomuna? Un talento da fuoriclasse e la voglia a 37 anni di continuare a rincorrere il sogno dell’anello. Entrambi sono stati MVP della Lega e più volte All-Star, svariate volte primo quintetto NBA e primo quintetto difensivo. Non appagati dei numerosissimi riconoscimenti hanno deciso di provarci ancora forse per l’ultima volta.

Nati a pochi giorni di distanza nel 1976, Garnett cresce in South Carolina, talento assoluto per il gioco anche se inizia a giocare solo al liceo. Alcun scontri razziali in cui lo stesso Garnett è coinvolto anche se marginalmente lo costringono a trasferirsi a Chicago.

Alla Farragut Career Academy, nel suo ultimo anno al liceo, stupisce tutta America e viene nominato da US Today National High School Player of the Year. Al  McDonald’s All-American Game dove i migliori prospetti liceali giocano una gara d’esibizione viene nominato Most Outstanding Player.

La rampa di lancio per il mondo NBA è pronta e Garnett decide di non andare al College e fare direttamente il salto tra i Pro. Nel 1995 con la quinta chiamata assoluta Minnesota scommette su un giovane che cambierà la storia della franchigia.

Tim Duncan al College invece decide di iscriversi e di fare tutti e quattro gli anni necessari per prendere la laurea in psicologia. Se avesse voluto avrebbe potuto dichiararsi prima per il Draft ma la promessa fatta alla madre, morta durante la sua adolescenza, di laurearsi l’ha tenuto a Wake Forest per quattro anni.

La storia di Duncan è già nota ai più. Nato nelle Isole Vergini Americane, aveva il sogno di diventare un nuotatore olimpico ma un uragano distrusse l’unica piscina olimpionica dell’isola. L’amore per la pallacanestro non nasce subito ma esplode in poco tempo dopo un inizio difficile.

Dave Odom, allenatore di Wake Forest ad inizio anni novanta, non era totalmente convinto nel reclutare Duncan, sia per la scarsa competitività del campionato liceale delle Isole Vergini, sia per l’atteggiamento di Duncan durante gli incontri. Atteggiamento che in realtà Duncan non ha mutato nel tempo.

Il suo quasi totale mutismo è il suo modo per concentrarsi e analizzare le diverse situazioni in cui è coinvolto, siano queste azioni di gioco o una semplice chiacchierata. I quattro anni a Wake Forest passano tra due titoli ACC vinti e cocenti eliminazioni al Torneo NCAA dove Wake Forest non va mai oltre le Sweet 16.

Finalmente laureatosi Duncan si dichiara eleggibile per il Draft nel 1997 e San Antonio lo seleziona con la prima chiamata assoluta. Il sodalizio con Popovich ha inizio e Duncan si conferma già un grande giocatore vincendo il premio di “Rookie of the Year”.

Garnett non ha lo stesso impatto nella sua prima stagione tra i Pro. Chiude con buone cifre ma Minnesota a differenza di San Antonio, ha alle spalle diversi anni di sconfitte e a metà stagione subentra in panchina Flip Saunders.

San Antonio nella stagione 1996/97, con Robinson infortunato, ha letteralmente giocato a perdere pur di poter scegliere Duncan, ma la squadra era già strutturata e di buon valore. Minnesota doveva crescere sia come squadra ma anche come organizzazione.

Minnesota comunque è una squadra giovane e Garnett è in costante crescita. Al suo fianco Stephon Marbury, promettentissimo playmaker dal carattere difficile che però forma con lui una coppia potenzialmente inarrestabile. Dal secondo anno di Garnett i Twolves centrano sempre i play-off ma vengono sistematicamente eliminati al primo turno.

Marbury ottiene lo scambio che lo porta ai Nets dopo poco più di due stagioni e l’altro All-Star della squadra, Tom Gugliotta si accasa ai Suns. Nonostante un roster tutt’altro che irresistibile i Timberwolves migliorano anno dopo anno in regular season guidati da Garnett che firma un contratto da 120 milioni in sei anni, estensione sottoscritta al suo terzo anno da giocatore. Un contratto tanto lungo ed oneroso è una scommessa che fa di un giovane talentuoso il giocatore franchigia.

La carriera di Garnett ha la svolta decisiva nel 2004 quando finalmente Minnesota gli affianca una squadra degna di un MVP, premio che ritirerà a fine stagione. Con Cassell e Sprewell finalmente superano il primo turno dei play-off arrivando alla finale di Conference dove si deve arrendere ai Lakers.

I momenti di gloria per i Timberwolves durano solo l’arco di una stagione. Inaspettatamente l’anno dopo mancano i play-off e smantellano la squadra. Nel 2007 Garnett ottiene la possibilità di essere scambiato e approda ai Celtics.

Duncan invece non raccoglie solo premi e consensi personali ma dal 1999 al 2007 vince quattro anelli disputando altrettante finali di cui tre volte è eletto MVP. La sinergia con Popovich e l’intera organizzazione Spurs si rafforza col passare degli anni e anche dopo l’addio di Robinson dopo il titolo del 2003 con l’arrivo di Ginobili e Parker si gettano le basi per la franchigia più vincente per percentuale di vittorie di tutti gi sport professionistici americani degli ultimi dieci anni.

L’evoluzione tecnica di Duncan è parallela a quella di Garnett. Entrambi iniziano la carriera da “ala grande”, Garnett anche grazie ad un fisico tutto nervi poteva essere anche utilizzato come “ala piccola” mentre Duncan per stazza era naturalmente anche un centro.

Entrambi hanno un tiro dalla media affidabile ma ad inizio carriera prediligono il post basso. Duncan è più tecnico, più completo, Garnett ha un’esplosività ed un aggressività fuori dal comune. In entrambe le metà campo le due personalità si esprimono al meglio. Duncan anche in difesa gioca più sulle letture e sul tempismo, Garnett toglie letteralmente il fiato agli avversari.

Col tempo hanno perfezionato il tiro dalla media e hanno ridotto gli isolamenti in post basso sia perchè con l’età hanno perso, come naturale che sia, velocità ed esplosività, sia perchè gradualmente sono stati schierati sempre più da centri e nel più classico del pick and pop allargandosi dopo il blocco si creano lo spazio per il tiro facilitati anche dalla scarsa propensione dei pari ruolo in marcature a seguirli fuori dall’area.

Anche se formalmente hanno sempre giocato a fianco di centri di ruolo come possono essere stati Perkins o O’Neal ai tempi di Boston e Splitter nell’ultima edizione degli Spurs, entrambi si sono adattati perfettamente  al l’evoluzione che sta subendo la pallacanestro e che sta stravolgendo la concezione classica dei due lunghi.

Nelle ultime stagioni Garnett e Duncan sono stati utilizzati  come unico lungo in uno schieramento con quattro giocatori perimetrali. Non hanno realmente mai aggiunto il tiro da tre punti al loro arsenale come invece hanno fatto giocatori più giovani dall’evoluzione simile come Bosh.

Duncan e Garnett hanno avuto pochissime occasioni di uno scontro diretto nei play-off, la prima nel 1999 e la seconda nel 2001, entrambe al primo turno ed entrambe le volte con gli Spurs vincitori.

Le carriere dei due sono state complementari, nei momenti migliori di uno l’altro per problemi fisici o per squadra poco competitiva non riusciva a competere ai massimi livelli sfidando l’altro. Nonostante si siano incrociati per quasi dieci anni nella Western Conference non hanno mai giocato una finale di Conference contro. Anche quando Garnett si è spostato ad Est ed ha vinto l’anello con Boston la sfida tra i due in Finale non si è mai concretizzata.

Adesso che Garnett ha deciso di riprovarci con Brooklyn non è detto che non possano trovarsi in finale. Ad Ovest molte squadre si sono rinforzate ma sono ancora giovani e i Thunder, i pretendenti più seri alla vittoria della Conference, non hanno rimpiazzato Kevin Martin e ad oggi partono indeboliti rispetto alle passate stagioni.

Ad Est i Miami saranno la squadra da battere ma già quest’anno hanno dimostrato di subire squadre con un reparto lunghi ben fornito come saranno i Nets della prossima stagione, senza dimenticare Bulls e Pacers.

Un pugno al petto, un urlo mostrando i canini da una parte, la faccia tranquilla di chi sa già come andranno le cose dall’altra, non ci sarebbe modo migliore di chiudere le rispettive carriere che con una sfida tra due delle migliori “ali grandi” di sempre.

2 thoughts on “Vite parallele: Tim Duncan e Kevin Garnett

  1. complimenti per il bellissimo articolo anche se personalmente ritengo il postino più forte di entrambi.

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