dm_130619_Spurs_Heat_Game_7Si alzi il sipario su gara 6 delle NBA Finals 2013. Da oggi si fa davvero sul serio: il trofeo è fisicamente in palio, in una partita per uomini duri e per cuori forti. I quintetti piccoli che si sono fronteggiati nell’ultima sfida vengono confermati; per Miami è il dentro o fuori che può sancire il “fallimento” dell’era Big 3, per San Antonio un’occasione da non perdere per festeggiare il quinto titolo nelle ultime 14 stagioni.

La partita segue le abitudini degli incontri precedenti e il ritmo è altissimo fin dai primi possessi: Bosh è molto attivo in avvio, con un piazzato e il solito tap-in a rimbalzo offensivo, Miller ritrova il tiro da tre dopo due partite a secco (coincise con lo spostamento nel quintetto titolare); San Antonio però risponde presente, affidandosi al duo Parker-Duncan che, come sempre, non tradiscono le attese.

Si vive quindi un equilibrio sostanziale: James smazza assist a ripetizione con Chalmers da principale beneficiario per una tripla dall’angolo e un canestro in backdoor, gli Spurs restano a contatto con un ottimo Leonard, che ruba e converte il gioco da tre punti in contropiede, e un superbo Duncan che domina il pitturato avversario.

Gli Spurs cavalcano la vena del numero 21, che imperversa su Bosh che non trova soluzione al rebus del caribe: l’uomo da Saint Croix manda a bersaglio tutte le sei conclusioni tentate nei primi dodici minuti di gioco, e insieme all’apporto di un Boris Diaw ottimo in difesa su LeBron e efficace in attacco gli ospiti accennano un tentativo di fuga. James riporta prontamente a contatto i suoi grazie a un jumper in mezza transizione, e trova il fondamentale aiuto dei suoi gregari: Chalmers è in una delle sue serate da esquimese volante e spariglia le carte con un tiro dal palleggio e una tripla, Battier trova l’aiuto del tabellone e scrive tre punti sul suo tabellino per il +3 Miami (27-24).

Un libero di Splitter e una super difesa individuale di Diaw chiudono il primo quarto sul 27-25 in favore dei padroni di casa, non prima di una standing ovation per l’entrata in campo di Chris Andersen, che viene scongelato dopo due partite da zero minuti complessivi.

Gli Spurs inseguono malgrado un abbacinante 60% dal campo, i portatori d’acqua di casa sembrano in palla e danno la scintilla giusta per il momentaneo vantaggio degli Heat.

Il secondo periodo si apre con un’altra tripla di Battier, stavolta sul prediletto scarico in angolo; risponde con la stessa moneta Danny Green, fresco di record di triple segnate in una serie finale che gli comportano onori e oneri quale quello di essere costantemente francobollato dalla difesa avversaria, che se lo lascia sfuggire assai raramente.

Wade si mette in partita con un bellissimo canestro in “euro step”, e con la complicità di Chalmers e Bosh i padroni di casa allungano sul +7 (40-33). La difesa di James su Parker sta togliendo i rifornimenti all’esecuzione offensiva ospite, e allora tocca ancora a Tim Duncan risolvere i problemi e fare la voce grossa: il caraibico è un uomo solo al comando in area avversaria, facendo ammattire Bosh e conquistando fischi che vanno a gravare di falli più di un avversario. Diaw è ancora una volta grande in difesa su James, e altri due canestri di Duncan (prima con fade-away morbidissimo, poi per una schiacciata su invenzione del califfo d’oltralpe) riportano gli Spurs al comando sul 46-44.

Tredici punti in fila per Timmy, che splende come ai bei tempi e tocca il massimo in carriera per punti realizzati in un tempo in finale. San Antonio chiude il secondo quarto con un parziale di 17-4, impreziosito da un gran canestro di Diaw e da un tap-in di Leaonard che con le sue braccia infinite indirizza un rimbalzo d’attacco nel canestro avversario.

Alla sirena dell’intervallo la situazione vede gli ospiti avanti 50-44: esecuzioni da manuale per gli Spurs, che si attestano sulle percentuali da fantascienza tenute in gara 5 (58% al tiro) dominando il pitturato avversario (32 a 12 il computo dei punti in area).

Duncan è divino e sprigiona tutta la sua classe in un primo tempo da dominatore assoluto concluso con 25 punti (11-13 al tiro) e 8 rimbalzi. Timmy segna la metà dei punti realizzati dai suoi, coadiuvato da un Leonard sempre più in crescita autore di 10 punti e 5 rimbalzi. I padroni di casa paiono in evidente imbarazzo difensivo sul centro avversario, con Bosh che le prova tutte ma viene regolarmente scherzato dal caraibico.

Ci pensa Chalmers, il Super Mario dall’Alaska, a tenere a galla gli Heat, grazie a 14 punti molti dei quali assistiti d James che segna solo 9 punti tirando male (3-9 dal campo) ma servendo 5 palloni vincenti ai compagni. Wade appare in gravi difficoltà fisiche (6 punti con 3-7 dal campo), Bosh (6 punti e 5 rimbalzi) non trova contromisure allo strapotere di Duncan e Battier segna due triple fondamentali dalla panchina. Ci si gioca una stagione, forse anche un pezzo di storia: i prossimi 24 minuti ci diranno se sarà apoteosi Spurs o se gli Heat riusciranno a forzare un’epica gara 7.

La notizia iniziale della ripresa è l’assenza di Wade: il ginocchio malconcio necessita di un trattamento extra, e il posto in quintetto è preso da Ray Allen. Manu Ginobili, fin qui quello balbettante delle prime partita che la versione scintillante di gara 5, segna il primo canestro della sua partita con una tripla in step-back; Chalmers è puntuale nella replica, mandando a segno un’altra tripla dall’angolo.

Wade ritorna dagli spogliatoi mentre Duncan continua la sua serata di grazia trovando però la risposta di Bosh, che va a bersaglio col piazzato dalla media. Salgono in cattedra le difese, con James che forza la quinta palla persa di Ginobili e guadagna il fallo che manda Miami in bonus già nelle fasi iniziali del terzo periodo; Green fa un ottimo lavoro su James e Wade, ma una prenotazione centrale di Miller permette agli Heat di accorciare sul -1 (57-56). San Antonio si scuote e torna ad eseguire in attacco, con un gioco da tre punti a testa per Parker e Leonard e due liberi di Duncan che costano il quarto fallo personale di Miller, Andersen e Wade; un altro “and one” di Timmy chiude un break di 11-0 in favore degli ospiti, che ora comandano 68-56 (primo vantaggio in doppia cifra della serata).

Miami fa una fatica tremenda in attacco: il tiro dalla media non entra, e gli Spurs hanno buon gioco nel chiudere l’area fermando qualsiasi tentativo di penetrazione dei padroni di casa. Wade tira fuori tutto il talento di cui dispone e dimentica per un attimo i dolori al ginocchio: prima stoppa Neal allo scadere dei ventiquattro secondi, poi dopo una tripla dall’angolo firmata ancora da Battier va a segno con un tiro dal palleggio preso con la giusta convinzione.

Parker e Neal riallargano il margine, leggermente ridotto da due liberi di James che chiudono il terzo periodo sul punteggio di 75-65 in favore degli Spurs: gli uomini di Popovich sono a dodici minuti da un trionfo storico e sembrano avere la partita in pugno, gli Heat chiedono risposte a un James fin qui protagonista in negativo e prigioniero delle sue vecchie paure.

Un Eric Spoelstra in un bagno di sudore viene intervistato da Doris Burke prima dell’inizio del quarto decisivo: sembra un uomo con un piede nella fossa, ma in realtà il coach di origini filippine è il primo a crederci, e infonde nei suoi la convinzione per provare il tutto per tutto. La squadra risponde con un’ottima partenza: Chalmers imbuca di nuovo dall’angolo, James arriva al ferro come mai era riuscito nei primi tre quarti di gioco e Miller martella da tre con una scarpa sola ai piedi.

San Antonio resta avanti grazie a due autentici goal di Tiago Splitter, col centro brasiliano che in qualche modo inventa due conclusioni nel pitturato che tengono i suoi a +4. La difesa ospite adesso fa fatica e non riesce più a compattarsi al centro per chiudere l’area ai padroni di casa: James sfrutta la momentanea assenza di Duncan per banchettare a piacimento, andando al ferro in ogni situazione e contro qualunque avversario.

Coach Pop cerca di mangiare possessi e minuti con Parker seduto in panchina, ma Lebron adesso imperversa a tutto campo e pareggia a quota 82 dopo essersi concesso il lusso di cancellare Duncan con una stoppata pazzesca.

Tocca a Ray Allen, come in un Lakers-Celtics di qualche anno fa, corona la rimonta degli uomini di South Beach col reverse dalla linea di fondo che vale il sorpasso Heat. Leonard prova a prendere per mano i suoi con un canaestro in corsa centrale, James e Wade rispondono ancora ma, dopo due liberi di Ginobili, Parker inventa una tripla in step back in faccia e LeBron che riporta gli Spurs in parità con un minuto e trenta da giocare.

Il francese vuol mettere la firma su partita e titolo, e pareggia i conti con un magico canestro in spin nel pitturato. Miami perde lucidità e testa, Duncan ruba palla e lancia il contropiede per i liberi del sorpasso firmato da Ginobili con 37 secondi da giocare; James sbaglia tutto, con una via di mezzo tra un tiro e un passaggio in lob che viene raccolto dagli avversari, ma Ginobili tiene aperta una tenue speranza per gli Heat, facendo uno su due ai liberi e portando agli Spurs sul 94-89.

L’attacco disegnato da Spoelstra è tutt’altro che fluido, e la tripla di LeBron è ben fuori misura; Miami però conquista il rimbalzo e stavolta James non sbaglia: 94-92 Spurs con 20 secondi da giocare. Duncan esegue una rimessa perfetta e recapita il pallone a Leonard, prontamente fermato con una fallo dagli avversari: il giovane di ghiaccio sente la pressione fa uno su due, mettendo solo un possesso pieno di distanza tra gli Spurs e gli avversari. 19 secondi alla fine: San Antonio vede il traguardo, Miami va all-in e si gioca tutta la batteria di tiratori.

Popovich decide di lasciare seduto Duncan, un errore che si rivelerà fatale: Miami sbaglia, ma Bosh cattura il rimbalzo offensivo e arma la mano di Ray Allen appostato in angolo; “HE Got Game” ne ha viste tante in carriera, ma un pallone così pesante lo ha avuto in mano poche altre volte.

I piedi si mettono a posto, le caviglie esplodono e l’elevazione è perfetta; il rilascio, beh quello è poesia leopardiana: solo rete, pareggio Miami con 5 secondi sul cronometro. Gli Spurs non hanno più time-out e il tentativo alla disperata di Parker non tocca neppure il ferro; si va all’overtime, degna conclusione di una partita pazzesca che è già storia del basket NBA.

Nel supplementare gli Spurs si affidano a Leonard, che ha la forza della gioventù per poter spingere ancora dopo una partita in trincea; Bosh pareggia ma fallisce il tiro libero aggiuntivo, e dopo un altro canestro di Leonard un libero di Parker porta San Antonio sul +3.

Allen decide che è la sua partita, e il suo tiro in avvicinamento è morbidissimo ed è accolto dal ferro; James imperversa e impone la legge del più forte, spazzando via gli avversari e volando a canestro per l’appoggio del controsorpasso Miami (101-100).

Gli Spurs sono alla canna del gas, Parker è stoppato da Bosh e gli arbitri non sanzionano un fallo di Allen su Ginobili lanciato a canestro; è il numero 34 di casa a subire un’infrazione, e con due tiri liberi a segno con 1,9 secondi da giocare mette una seria ipoteca sul successo degli Heat.

L’ultima, disperata rimessa degli Spurs capita tra le mani di Danny Green, che vede la sua conclusione dall’arco stoppata ancora dall’eroe a sorpresa Bosh. C’è il sospetto di un contatto ai danni del giocatore degli Spurs, ma tant’è: Miami risorge dal baratro e si prende gara 6 col punteggio di 103-100.

Miami vince una partita ormai persa, salvando capra e cavoli e guadagnandosi la possibilità di giocarsi il titolo a gara 7 tra le mura amiche: un quarto periodo stellare di LeBron James, riscattatosi dopo una partita abbondantemente sotto il par che aveva riportato alla memoria i fantasmi di un passato di sconfitte che pareva ormai archiviato, guida la riscossa degli Heat che però si concretizza grazie all’uomo del destino, Ray Allen.

La sua tripla è il simbolo di una stagione iniziata col controverso addio a Boston, e marchiata indelebilmente dal tiro del pareggio che salva i suoi. James scrive un altro primato, iscrivendosi alla ristretta élite di giocatori capaci di una tripla doppia in una gara di finale (32 punti, 11 assist e 10 rimbalzi per lui), Chalmers è fondamentale con 20 punti e Bosh chiude in doppia doppia da 10 punti e 11 rimbalzi ma è l’eroe con le ultime due stoppate che cancellano i tentativi di pareggio degli avversari; Wade fatica ma chiude con 14 punti, mentre Battier e Allen ne portano 9 a testa dall panchina (con annessa tripla da annali di Sugar Ray).

Gli Spurs invece gettano alle ortiche un titolo che sembrava ormai saldamente nelle loro mani, forti di un vantaggio di 5 lunghezze a 30 secondi dal termine della partita: due liberi sbagliati di Ginobili e Leonard e un paio di decisioni controverse della terna arbitrale fanno sì che gli uomini di coach Popovich (non incolpevole per le scelte, soprattutto difensive, del finale) arrivino corti e vengano raggiunti e superati dagli Heat.

Duncan (30 punti e 17 rimbalzi) si spegne alla distanza, Leonard è superlativo con 22 punti e 11 rimbalzi, Parker chiude con 19 punti e 8 assist ma con brutte percentuali al tiro (6-23); Ginobili è in versione “cugino di campagna” mandato nei primi atti della serie e Danny Green viene annullato ottimamente dalla difesa avversaria. Un ottimo Diaw non è sufficiente a fermare James: gli Spurs si mangiano le mani e si leccano le ferite, contendo le residue energie rimaste per affrontare la “bella” in gara 7.

Queste Finals continuano a regalare emozioni straordinarie, con un sesto atto al cardi palma che regala una conclusione a sorpresa.

La storia è ancora tutta da scrivere, perché non sono bastate sei gare dal filo logico quantomeno imprevedibile per decretare un vincitore. Ora ci aspetta una gara 7 memorabile: gli Heat adesso sono i favoriti, forti dell’inerzia ritrovata e del vantaggio del fattore campo.

Riusciranno gli Spurs a raschiare il fondo del barile delle energie e dell’orgoglio e a dare battaglia fino in fondo? Allacciamo le cinture: sarà una chiusura col botto.

7 thoughts on “Gli Heat risorgono dal baratro, San Antonio si butta via: si va a Gara 7

  1. La domanda è: hanno gli Spurs ancora energie per gara 7?
    Secondo me sono allo stremo, a meno di una partita globalmente perfetta di tutti con Duncan e Parker a riposo per i momenti cruciali, non vedo come LeBron e soci possano perderla, contando che quando il 6 si ricorda di essere l’MVP è davvero il più forte dopo Jordan

    • Prima di dire che è il più forte dopo Jordan facciamogli vincere gli anelli che ha Kobe… e magari non dimentichiamoci troppo in fretta le scene mute o quasi (almeno per quello che ci aspetta da lui) delle ultime uscite! Io andrò controcorrente ma secondo me gara 7 la vince San Antonio

      • AL momento nella classifica dei più forti tra Jordan e Lebron ce ne sono parecchi (almeno una mezza dozzina ) tra cui Duncan

  2. +5 a 30 secondi dalla fine. Porque non fanno fallo? Porque, porque, porque? Ai giocatori di basket spesso manca il senso della matematica. Gara 7 può andare solo in due modi: vincono gli Spurs se entrano nel 4° quarto sopra di 20. In ogni altro caso gli Heat hanno più benza. Occasione buttata nel water da coach Popovich per eccesso di gratitudine: Ginobili 8 palle perse andava panchinato molto di più.

  3. @Dolphinsforever non volevo aprire la discussione, l’ho un po’ buttata li dicendo che ora come ora mi sembra davvero il secondo dopo Jordan,però va confrontato con Kobe-
    Pop l’ha ciccata nel finale togliendo Duncan lasciando l’area in mano a Bosh.

  4. Grandissima serie!!!
    Finalmente una partita punto a punto…xò gli Spurs hanno buttato via l’occasione più “ghiotta”..adesso
    sarà difficile vincere gara 7…hanno dato tutto in questa…
    Ginobli andava panchinato prima…troppe palle perse in momenti cruciali…
    Su LBJ rmango dell’idea che sia il più forte di tutti per il semplice fatto che può giocare in tutti e 5 i ruoli!!!
    Poi Jordan e Kobe sono i migliori con un’altra decina di giocatori…
    L’unico problema di LBJ è che ha fatto cazzate poco simpatiche…ma come giocatore non si dovrebbe discutere…
    Speriamo in una gara 7 come questa…sempre fino all’ultimo secondo…

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